Genova – “Se avete fame guardate lontano…”

E’ pressappoco quello che ha detto la sindaco Vincenzi al momento della sua investitura. I mali di Genova – aveva detto – nascono dal suo provincialismo, dal credere di poter vivere di rendite di posizione. Ma le rendite di posizione sono frutto di egoismo e cecità perché il mondo che cambia le riduce ogni giorno. Perciò, alla Genova che l’ha eletta, Vincenzi ha promesso che avrebbe rotto gli egoismi privati, i veti incrociati che da anni paralizzano la città.
Un progetto impegnativo anche perché, per eliminare lobby e centri di potere politico, economico e finanziario che ad oggi hanno usato questa città a loro piacimento, si deve operare sul presente dove tali interessi sono fortemente incardinati.


E il presente, o almeno una sua parte che oggi prevale, è fatto di mattone, costruzioni, posteggi, porticcioli e di riflesso di imprese, banca, uffici pubblici, professionisti che attorno a quel business hanno cementato – è il termine – un sodalizio formidabile.
Su Repubblica del 20 settembre scorso nella rubrica “Lettere & commenti” (forse perché giudicato troppo personale o impegnativo per la testata?) Marco Preve ha scritto un pezzo bellissimo – “Cazzuola o rastrello il dilemma del sindaco” – rimasto a tutt’oggi senza risposta da parte degli amministratori della città. Il senso dell’articolo, tutto da leggere (insieme al successivo dello stesso autore di domenica 28 settembre “Tursi-Repetto (Fondazione Carige), il ballo del mattone”, è che una serie di vicende recenti – palazzi, box e parcheggi di Pegli, Sant’Ilario, Acquasola, Albaro, Quarto tanto per fare qualche nome – confermano come la pianificazione del territorio urbano sia solidamente nelle mani di potenti e aggressivi gruppi finanziari. Gli stessi che, forse non a caso, controllano i canali che alimentano fondazioni, teatri, progetti pubblici ed eventi a cui il comune affida la sua immagine oltre che buona parte della sua operatività.
Mettere le mani nella loro greppia vuol dire iniziare una guerra dura e dagli esiti incerti. Da qui le esitazioni che sino ad oggi hanno prevalso ma che non potranno durare a lungo pena il discredito politico di questa giunta. Ma -osserviamo- se guerra sarà, l’amministrazione Vincenzi dovrà organizzare le sue forze e scegliere i suoi alleati, magari cominciando dai “comitati” considerati fino ad oggi dei noiosi perturbatori dell’ordine. Insomma se guerra dovrà essere non basterà dire ai genovesi -come nella famosa canzone alpina – di guardare lontano.
(Manlio Calegari)