Autore: Redazione

  • OLI 292: REGIONE – Ingresso libero

    Frizza la primavera e la stagione del “mare d’inverno” sta finendo. S’intravede qualche vela solitaria che corre sulle onde e pochi appassionati passeggiare lungo la riva.
    Se possono, perchè spesso non si può.
    In tanta parte di Liguria il mare pare una meta irragiungibile, al più lo puoi guardare dall’alto, dalla strada, ma scendere in spiaggia no: cancelli, sbarre, alte palizzate che nascondono allo sguardo, barriere impenetrabili. Lontano il ricordo delle mani nella sabbia, delle pietre tirate nell’acqua, come si faceva da bambini.
    Stupisce la vista di oasi di spiagge libere, ma suscitano incredulità i cartelli che puoi incontrare in certa parte della Riviera di Ponente, magari meno pregiata o non divorata dai porticcioli. I cartelli recitano: Spiaggia comunale e, in più lingue, “ingresso libero”. Ingresso libero?
    Dal Secolo XIX del 15 febbraio si apprende che gli stabilimenti balneari comunali genovesi aumenteranno il prezzo d’ingresso giornaliero del 23,5% e le attrezzature del 17%, ovvero ai bagni Scogliera di Nervi di domenica si pagheranno 10 euro per entrare e 10 euro per l’ombrellone e 8 euro nei giorni feriali, come ai S. Nazaro.
    Ma l’assessore precisa che gli abbonamenti diminuiranno “Per assicurarsi la fidelizzazione dei clienti …” Il minimo dell’abbonamento è di 30 ingressi, ma quanti si possono permettere di andare trenta volte al mare? Per le finalità sociali, (che dovrebbero avere gli stabilimenti comunali), cioè agevolazioni per disabili o centri estivi, ci si è presi ancora del tempo per decidere.
    E ancora l’assessore assicura: “Più spiagge libere in corso Italia”.
    Intanto sono state aumentate le tessere invernali quasi del 50% : gli Scogliera alzano da 270 a 400 euro e l’estivo è di 1095 euro, mentre si scopre che il suo canone annuale allo Stato è di 8mila e 500 euro.
    Ma non soltanto i canoni degli stabilimenti comunali stupiscono: il Nuovo Lido paga la bellezza di 38mila euro, quando una cabina mediamente costa sui 3mila euro.
    Ed è notizia dell’8 marzo (Secolo XIX e Mercantile) che il progetto del Lido ha avuto il placet della Provincia.
    Si capiscono ora le proteste degli imprenditori del settore presso il Governo per l’imposizione della Ue di mettere a gara le concessioni. Con tutto il rispetto di chi fa impresa.
    Una pacchia, e appena una briciola delle succose entrate, il 10%, ricade sul territorio.
    Sarà per questo che non si vedono serie opere strutturali a mare? Le suddette sono riservate soltanto ai porticcioli , anche se qualche Comune un po’ di “pennelli” li ha costruiti.
    Intanto è passato a settembre il federalismo demaniale. Che non vorrebbe dire soltanto fare cassa vendendo caserme, forti o colonie in riva al mare.
    La Regione dovrebbe chiedere per il futuro il rispetto delle leggi Ue e verificare se oggi davvero si osserva la quantità di libere spiagge come è già nelle sue facoltà e senza mettersi a contare gli scogli come ha fatto finora per far quadrare le cifre, imponendo magari una nuova regola: che almeno in tutti gli stabilimenti pubblici si possa entrare gratuitamente come già avviene in alcuni casi in Liguria.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 292: CULTURA – Fenzi all’Università: un parere

    “Il professore ex brigatista torna in cattedra a Balbi 4” così titolava La Repubblica – Genova lo scorso 2 marzo l’invito della facoltà di lettere ad un convegno di studio al professor Fenzi nella sua qualità di “esperto riconosciuto a livello internazionale sul Petrarca”.

    La reazione dell’AIVITER, associazione delle vittime del terrorismo, induceva i vertici dell’Ateneo a prendere la soluzione ritenuta più confacente per mettere la parola fine alle polemiche: annullare il convegno. Peraltro Sabina Rossa, figlia del sindacalista assassinato, esprimeva senza mezzi termini il suo dissenso sulla soluzione adottata dall’Università.

    Riprendeva l’intera questione il professor Coletti con l’articolo “Fenzi, la scienza, la memoria e le polemiche all’Università (La Repubblica, Genova 6 Marzo). Pacata e chiarificatrice presa di posizione del docente di Lettere, che dopo una sintetica descrizione degli anni di piombo a Balbi, le contestuali condanne espresse da Sanguineti e Croce, definite “stupende” le dichiarazioni di Sabina Rossa, precisa di considerare “sbagliato aver sospeso l’asettico convegno e assurdo che il rettore ed il preside di lettere abbiano, dopo averlo dato, ritirato il loro patrocinio”. Articolo che rifugge dal conformismo imperante anche all’università e che riafferma senza ambiguità quale dovrebbe essere la posizione nei confronti di chi, avendo sbagliato, ha espiato il suo errore. Il professore giustamente ricorda che “l’università è un luogo di studio e ricerca e l’annullamento di un convegno per ragioni non culturali è una sconfitta per la scienza”.

    Faccio parte anche io all’AIVITER e concordo con Sabina Rossa come pure con le argomentazioni del professor Coletti. Aggiungo che già anni fa non avevo condiviso il rifiuto dell’allora sindaco di Bologna di concedere nella città da lui amministrata gli spazi a Curcio che, espiata la sua condanna, doveva presentare una ricerca sulla grande distribuzione, commissionatagli dalla CGIL. Per questo ero presente alla presentazione fatta da Curcio a Genova, trovando molto interessante e documentato il suo studio, e appropriato concedere i locali nel Palazzo Ducale.

    Ritengo infatti che debbano essere pienamente reintegrati nel consorzio civile coloro che, dopo aver sbagliato, sottoposti a regolare processo, abbiano scontato la pena secondo la legislazione vigente. Mi restano invece molti dubbi su quanti, inquisiti o condannati in primo – secondo grado, possano continuare a sedere ove si gestisce la cosa pubblica, si legifera, si governa o, peggio, su chi facendosi scudo degli incarichi istituzionali possano sottrarsi alla giustizia.
    (Vittorio Flick)

  • OLI 292: RECENSIONI – Distanza di fuga

    Il caso vuole che a pochi giorni dalla querelle sulla presenza di Fenzi in facoltà, a Genova venga presentato, venerdì 11 Marzo, da Feltrinelli il nuovo romanzo di Silvia Bonucci “Distanza di fuga” ed. Sironi.
    E’ un libro coraggioso dove il passato del terrorismo, ostinatamente rimosso dalla protagonista, emerge con urgenza nel quotidiano chiedendo spazio.
    Ambientato a Genova, nella trama a noi nota dei vicoli, del Righi e Sampierdarena, il libro, pagina dopo pagina offre al lettore lo scorrere delle giornate di Zoe, fisioterapista, e delle sue relazioni con i pazienti, la sorella, la madre, il nonno, gli amici e il compagno. A sgranarsi lentamente sono gli istanti frammentati di una donna resa inerme da un trauma che è incapace di affrontare. Silvia Bonucci intreccia passato e presente, mescolando le pagine scolastiche di una bambina con i fotogrammi di un’intervista ad un ex brigatista ai quali si aggiungono citazioni del comportamento animale tratte da Konrad Lorenz. Zoe appartiene alla parte migliore di quel mondo, sia in attacco che in difesa. Così a tratti, commuove, irrita, e rimane isolata. In “Distanza di fuga” c’è spazio per riflettere su maternità, amicizia, relazioni in un universo dove il dolore è afono, ma potente.
    Questo è il terzo romanzo di Silvia Bonucci.
    I precedenti “Voci di un tempo” ed. E/O e “Gli ultimi figli” ed. Avagliano sono ugualmente intensi.

    (Giovanna Profumo)

  • OLI 292: PUBBLICITA’ – Eni, convincere od obbligare ?

    Sta accadendo da tempo su molte testate web che sopra il giornale appaia una “finestra” indesiderata di pubblicità quando si apre la pagina iniziale del giornale. Una volta queste pubblicità si chiamavano pop-up, oggi sono state sostituite da tecniche che aggirano i software di sicurezza ma ne mantengono lo scopo, quello di far apparire alla vista del lettore qualcosa che non desiderava, in un momento di massima attenzione visiva. E’ sicuramente una cosa sgradevole, ma fino a qui si tratterebbe di una lotta di furbizia confinata all’interno di quella discrezione che deve comunque accompagnare la pubblicità (convincere ma non obbligare), con la possibilità di eludere rapidamente il messaggio chiudendo la finestra con la classica “x” che viene posta in un qualche angolo dello schermo, prima che la stessa lo faccia da sola passato un determinato tempo. Così che il lettore, dopo un iniziale fastidio, si sente liberato e può considerare questa piccola intrusione come un qualcosa di necessario, per mantenere il web gratuito, per consentire al giornale di finanziarsi, insomma, alla fine, che la pubblicità abbia uno scopo “buono”. Mai un servizio come Facebook o Google Ads di sognerebbe di fare quello che ha fatto, invece, Eni.
    Infatti, la nostra primaria azienda nazionale propone una pubblicità sibillina, che è stata in onda sul sito del Secolo XIX per alcuni giorni partendo dal 2 febbraio 2011. La sua finestra ha sì la “x” presente in bella vista al solito angolo, ma è finta e non serve affatto a chiudere la finestra, ma come trappola per saltare direttamente al sito web dell’offerta (che non viene qui linkata come nostro solito per “pena del contrappasso”). Sembra insomma che abbia voluto puntualizzare che il proprio comportamento è sempre e comunque scorretto, inadatto, incurante degli altri fin dei propri consumatori/clienti.
    Peggio: con questa tecnica un utente inesperto, cercando di levarsi di torno il sito Eni apparso in modo inatteso, finirà per chiudere anche quello del giornale, restando disorientato. Un doppio effetto negativo, per Eni, che riceverà le maledizioni del consumatore, e per il giornale, che non controllando le funzionalità “maleducate” dei suoi inserzionisti lascerà un’alea di incompetenza se non di complicità da parte della propria direzione. Sarebbe auspicabile un comportamento più attento da parte della stampa, anche perché sono i loro direttori responsabili i possibili target di azioni legali volte a tutelare il diritto delle persone di non essere costrette a vedere una pubblicità.
    Una violenza paragonabile ad una specie di sequestro “a scopo pubblicitario” che si riscontra anche quando ci si reca al cinema, nei multisala, dove l’orario di ingresso è tassativo, ma solo per essere presenti davanti al megaschermo 3D all’inizio dei (minimo) 15 minuti di pubblicità obbligatoria che ci si deve sorbire senza alcuna possibilità di fuga. Ma non dovrebbe esserci la libertà di scelta in Italia? Il pubblico si lamenta, ogni volta dopo 10 trailer iniziano i primi commenti a voce alta, poi qualche fischio. Sarebbe utile un’iniziativa legale in tal senso, anche a tutela dei minori messi di fronte a immagini violente, sunto di altre pellicole non certo adatte ai bambini che sono in sala per assistere a ben altra proiezione.
    A conclusione, è intanto partito un messaggio al sito di Eni, per lamentarsi della stupida furbizia usata per “costringere” a leggere la pubblicità. Come ci si aspettava, ad un mese dall’invio ancora nessuna risposta, a conferma della cecità di questa azienda italiana, una volta simbolo del “buon made in italy” ed oggi ridotta a elemosinare qualche “hit” sul suo sito attraverso uno stratagemma un po’ troppo furbesco.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 292: PAROLE DEGLI OCCHI – Pensieri verso l’altra sponda del Mediterraneo

    Foto di Giorgio Bergami ©

    A Genova, davanti a Palazzo Ducale, con pochi mezzi si esprime spontanea solidarietà alle popolazioni in rivolta nel mondo arabo.
    In altre sedi, nei palazzi del potere della Nato e degli Stati Uniti d’America, si valuta se avviare l’ennesimo intervento umanitario – con militari e con sanzioni economiche – per salvaguardare gli abitanti della Libia e i cospicui approvvigionamenti di petrolio e di gas per l’Occidente.
    Al di là dell’Oceano, il presidente venezuelano Chavez, col sostegno del suo governo e di Bolivia, Cuba, Ecuador e Nicaragua, sta lavorando per costituire una commissione internazionale di rappresentanti di paesi di America Latina, Europa e Asia che permetta di trovare un’altra via d’uscita alla drammatica crisi di quella nazione araba, garantendovi la pace, i diritti umani e l’integrità territoriale.

  • OLI 292: LETTERE – Tricoloriamo i nostri balconi

    Mi ha colpito e sedotto, pur non essendo un nostalgico sentimentale, la proposta avanzata su Internet da più siti tra cui quello di “Giustizia e Libertà”: “tricoloriamo i nostri balconi”. Idea efficace e ad alta visibilità per esprimere consenso e adesione ai prossimi eventi “A difesa della Costituzione” (12 Marzo) e “150° anniversario dell’Unità d’Italia”.

    Inutilmente ho girato Genova alla ricerca di balconi colorati o di venditori di “tricolori”. Alle edicole mi hanno risposto non essere periodo di manifestazione sportive internazionali. Solo in via San Lorenzo, in un negozio di calzature, ho trovato quattro bandiere esposte nelle due vetrine. Un gentile signore mi ha precisato di averle comprate, a poco prezzo, a Savona in un’edicola di giornali, soggiungendo che tutta la città era imbandierata in particolare la via Boselli (a spese e cura dei commercianti).

    Ho trovato finalmente quanto cercavo in via Gramsci (Corderia Nazionale) ma ad un prezzo ben più salato di quallo richiesto a suo tempo per la “bandiera della pace”.

    Mi piacerebbe essere confortato, nei prossimi giorni, da molti balconi tricolorati per non sentirmi solo ma accomunato a quanti credono ancora che “Unità” – “Costituzione” – “Federalismo” siano valori sentiti e non taroccati per interessi personali o per motivi elettorali.

    (Vittorio Flick)

  • OLI 291: VERSANTE LIGURE – CONTROESODO BIBLICO

    Ho sogni ricorrenti:
    su fatiscenti scafi
    ci son mesti migranti
    di onde e vento stufi:
    Berlusca & C. piangenti
    che il mar pare si sbafi
    e invano richiedenti
    asilo a lui: Gheddafi.

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA
  • OLI 291: CITTA’ – Antidoti

    Credo che abitare qualche anno nel “Ghetto” di Genova (zona racchiusa tra Vico del Campo, Vico Untoria e Piazzetta Fregoso) o nelle sue prossimità potrebbe essere un formidabile antidoto, una splendida terapia psico-sociale, consigliabile a tutti gli spaventati, a tutti quelli che cercano protezione nella uniformità, perché anche i più refrattari, dopo un po’, si accorgerebbero dei regali che può dare vivere immersi nelle differenze, nelle contraddizioni, accettandone le spine.

    Quali siano queste spine viene detto dalle parole che fanno da sfondo, in trasparenza, al testo dell’opuscolo “contratto di quartiere 2 – Il ghetto di Genova”, e sono: marginalità, disagio sociale, illegalità, buio, povertà, conflitti culturali, droga, prostituzione. Solo che insieme alle spine c’è la rosa, e cioè una vitalità che percorre continuamente le strade. Non ci sono saracinesche chiuse, le attività commerciali tenute nei dintorni da italiani e immigrati se la cavano bene, c’è sempre gente per strada almeno fino alle 11, negozi aperti fino a tarda sera, domenica inclusa; il venerdì si popola di mussulmani festiti a festa per andare al centro di preghiera senza alcuna tensione col resto degli abitanti; un circolo Arci in una traversa di Via del Campo raduna alla sera decine di ragazzi per attività di musica, danza, teatro, canto, gioco; impiegati che lavorano nei pressi popolano i bar per il caffè di metà mattina o per lo spuntino del mezzogiorno. Una “realtà variegata” dice l’opuscolo. E’ vero: qui vivono a contatto molto stretto persone molto diverse. E siccome, alla prova dei fatti, anche se ci sono problemi non avvengono catastrofi, e uscire di casa è cosa allegra perché ti immerge in suoni e colori, questo contatto è profondamente terapeutico. Paradossalmente credo che sia difficilissimo diventare leghisti in un posto come questo.
    Certamente si tratta del filo di un rasoio. Senza interventi urbanistici, culturali e sociali, che leghino tutta la comunità ad un progetto, si fa presto a precipitare nel lato oscuro.
    Qui c’è stata davvero lungimiranza da parte degli amministratori pubblici, Regione e Comune, quando nel 2006, hanno avviato il progetto “Restauronet”, e realizzato un “contratto di quartiere” che riesce a dare risposta alle differenti esigenze di un quartere molto complicato.

    Il 24 febbraio è stata inaugurata una delle strutture previste, la “Casa di quartiere”, collocata in Vico della Croce Bianca, un tempo additato come luogo “impercorribile”. Ospiterà attività culturali, educative, di festa, ma anche riunioni di condominio, assemblee di quartiere, inizative interetniche. Il nome della casa è GhettUP, richiamo al ghetto, e ad alzarsi per i propri diritti
    L’inaugurazione è stata una festa, una vera festa.
    I volti di chi c’era raccontano questo quartiere: andate alla galleria di immagini.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 291: 8 Marzo – Svegliatevi!!!

    8 marzo 2011, dopo l’incredibile riuscita delle manifestazioni del 13 febbraio, l’appuntamento dell’8 marzo quest’anno può riservare l’insidia del confronto. Perché è facile prevedere che in parecchi si lanceranno, impropriamente, in questo esercizio.
    A Genova e in Italia le donne lo sanno e non se preoccupano eccessivamente. Il 13 marzo è nato da un appello delle donne, ma è stato il catalizzatore di un disagio politico generale verso questo insopportabile governo.
    L’8 marzo è l’appuntamento delle donne, a volte disertato, a volte partecipato nel tentativo di mettere a punto lo stato delle cose, di verificare obiettivi, convergenze, divergenze.
    Anche quest’anno gli eventi saranno tanti, si intrecceranno e si sovrapporranno, esprimeranno varietà di penseri, orientamenti, punti di interesse. C’è chi ne sta stilando l’elenco, per dare visibilità a tutti.
    Poi ci sarà, a Genova, come in tutte le altre città in Italia, l’appuntamento corale, quello che segna la continuità con il “Se non ora quando” del 13 febbraio. Un documento scritto dal comitato nazionale “Se non ora quando” lancia lo slogan di questo 8 marzo: “Rimettiamo al mondo l’Italia”, e mette a disposizione un documento che ha al suo centro il lavoro.
    A Genova l’appuntamento sarà in Piazza Matteotti dalle 18 alle 19, tutte con la sciarpa bianca e una sveglia. Una sveglia? Si, per suonare la sveglia all’Italia, dire che è l’ora di uscire da questo brutto incantesimo da brutti addormentati. E alle 18.30 in punto tutte le sveglie suoneranno.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 291 – SOCIETA’ – L’8 marzo che vorrei

    Vittorio Lingiardi, a Genova lo scorso 25 giugno durante un convegno sull’omogenitorialita’ ricordava come fosse stato fondamentale il ruolo delle donne nell’evoluzione dello stato sociale, non con un’accezione esclusivamente sessista, ma ampiamente democratica, che investisse le garanzie di tutti, uomini, donne, bambini, la famiglia, la salute, il lavoro. I diritti della societa’ e di tutti i suoi membri senza distinzione, facendo emergere problematiche volutamente sommerse.
    Negli ultimi tre anni la nostra citta’ ha ospitato e dato vita a tre momenti di partecipazione significativi, il 2009 ha visto il gay pride con la sua parata colorata e multi partecipata da genitori, figli, sostenitori della liberta’ di esprimere cio’ che si e’, curiosi stimolati non solo dal folklore. Il 2010 ha visto il primo sciopero dei migranti, un volto al sommerso, ma anche emerso come chi quotidianamente chiude un cantiere, accudisce con dignita’ un anziano parente, e’ ormai parte delle truppe dell’esternalizzazione aziendale. Il 2011 un appuntamento più grande, il 13 febbraio, piazza e strade affollate per un dignita’ civile di tutti, non solo delle donne toccate dall’affaire Ruby e dal push up o la microgonna come passaggio obbligato per scatti di livello e falsi diritti incipriati. La trasversalita’ dell’appuntamento del 13 e’ passata di bocca in bocca. Ma come darle vita, ragion d’essere, continuazione? Trovare una data emblematica? Perche’ non un 8 marzo trasversale, una data nella quale delle donne sono morte prive di diritti, ma hanno dato il via alla battaglia per i loro e quelli di tutti. Un 8 marzo migrante, che parli millelingue, che sia gblt e eterosessuale, uomo e donna e bambino a difesa di diritti acquisiti, primo di tutti al lavoro ed ad uno stato sociale che volutamente si sta facendo a pezzi.

    (Maria Alisia Poggio)