Autore: Redazione

  • OLI 289: ARTE – Disegnare l’acqua per i bambini

    Hai visto? Ha disegnato sull’acqua!
    E’ la voce di una bambina – quattro anni – che condensa lo spettacolo di Gek Tessaro a Palazzo Ducale sabato 5 febbraio.
    No, non è certo una folla oceanica quella che assiste alla magia. Ma un pubblico sofisticato di adulti e bambini – il piccolo accanto a me ha appena 6 mesi – che in silenzio si fanno portare in un mondo incantato.
    Lui di certo è uno che la magia la pratica, e gli basta poco: un telo bianco, l’acqua, i colori, un proiettore e il buio, nel quale tuffarsi insieme ai suoi spettatori.

    E tutto parte dalla storia che Tessaro racconta accompagnato dal gruppo musicale Extrapola che ritma con suoni africani gli istanti della narrazione. Gek mescola i colori, li stende nell’acqua e dà loro forma. E uccelli e alberi si trasformano in villaggi, cacciatori in nuvole e vento che scivolano sotto lo sguardo e mutano intensità e sfumature. E’ un mondo di grazia, suono, e colori mostrati sul grande telo.
    Gek Tessaro proietta le sue immagini mentre le dipinge e le racconta, come un cartone animato fatto all’istante, ma senza tv o case di produzione. Quindi la maga cattiva della sua storia “L’albero della strega” prende corpo in un istante sotto il pennello, gli occhi spietati, per poi sparire rabbiosa soffocata dalla pennellata successiva che la riduce in nuvola e pioggia.
    In una vaschetta d’acqua galleggiano e mutano colori e cose. E lo stupore dei bambini seduti in terra è identico a quello degli adulti.
    Peccato per chi non c’era.
    L’invito a chi ha figli, alunni, nipoti o solo fantasia è di tener d’occhio questo artista.
    http://www.gektessaro.it/
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 289: CITTA’ – Bucato story

    Il pezzo “La rivoluzione del bucato” di Monica Profumo, pubblicato lo scorso 8 febbraio su Oli, ha ricevuto il seguente commento: “Magari se avesse almeno tentato di chiamarmi la signora Monica Profumo avrebbe scoperto che questa notizia è una gran bufala ma già… basta scrivere… Francesco Scidone”.
    Lo stile del messaggio ci fa dubitare della autenticità della firma.
    Autentico o apocrifo che sia il commento merita comunque l’osservazione che nemmeno la stampa cittadina – da cui anche noi prendiamo le notizie – aveva evidentemente scoperto che si trattava di una “gran bufala”. Ripercorriamo le notizie:
    “Il comune, come il cavaliere, vieta i panni stesi … In tutta la città sarà vietato stendere la biancheria da finestre e balconi … Prima, esisteva un lungo elenco di vicoli dove stendere è lecito. Nel nuovo regolamento, stendere la biancheria è (in via generale) vietato ovunque se i panni sono visibili” (Il Secolo XIX, 3 febbraio)
    “Delirante, dovrà cambiare. Così Marcello Danovaro, capogruppo del Pd, interviene sulla norma del regolamento dei vigili che vieta di stendere i panni” (Il Secolo XIX, 4 febbraio)
    “Danovaro (Pd): vietare di stendere i panni all’aperto? Idea fuori dal mondo. … Pensare di recuperare il decoro urbano con un provvedimento come questo significa avere una idea davvero distorta di cosa è il decoro”; “Considerando che Danovaro è il capogruppo del partito più grosso della maggioranza di Palazzo Tursi è prevedibile che il regolamento che sarà approvato dal consiglio comunale sarà alla fine molto diverso da quello approvato dalla giunta” (Il Corriere Mercantile, 4 febbraio)
    “Nel nuovo regolamento, come raccontato nei giorni scorsi dal Secolo XIX, figura anche la norma in base alla quale sarà vietato stendere la biancheria o panni di ogni genere fuori dalle finestre se gli oggetti saranno visibili dal suolo pubblico, fatta eccezione per le località elencate. Ma quella norma, annuncia Scidone, sarà quasi certamente rovesciata: Il nuovo regolamento permetterà di stendere ovunque la biancheria … fatta eccezione per un elelnco di vie del centro, le piazze principali, le strade con chiese o palazzi di prestigio”. (Il Secolo XIX , 11 febbraio)
    Dunque, le notizie di stampa raccontano la seguente storia: la giunta vara un testo del regolamento di pulizia urbana che contiene una estensiva probizione di stendere i panni; a seguito di ciò vengono sollevate obiezioni, tra cui quella rilevante del capogruppo del Pd in Comune; qui si inserisce l’articolo di Oli 288; alcuni giorni dopo l’assessore Scidone dichiara alla stampa che questa norma sarà “rovesciata”. 
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 289: POLITICA – Schopenhauer, Gelmini e le radical chic

    Il prestigioso premio Arthur Schopenhauer, per chi esemplifica con
    maggiore efficacia l’idea di un mondo edificabile a propria
    “volontà e rappresentazione”
    è stato assegnato al ministro On. Mariastella Gelmini per la definizione di
    “solo poche radical chic”
    con cui ha piegato alla propria visione della realtà i 230 cortei organizzati
    dalle donne italiane nel giorno del 13 febbraio u.s.

    (Luigi Lunari – Movimento per la Rivoluzione nell’Ambito del Potere Vigente)

    Radical chic genovesi che si nascondono astutamente sotto gli ombrelli – Foto di Vinicio Vassallo

    Galleria fotografica a cura di Marvi Rachero, Ivo Ruello, Vinicio Vassallo

     
  • OLI 289: PAROLE DEGLI OCCHI – Genova faziosa e radical chic

    GBa
    GBa
    GBe

    “Una mobilitazione faziosa, una vergogna!”
    L’ira di Berlusconi per la manifestazione delle donne (e uomini) di domenica 13 febbraio si aggiunge al grottesco commento di Mariastella Gelmini che ha farneticato di “solo poche radical chic che manifestano per fini politici e per strumentalizzare le donne”.
    Per controbattere, stavolta bastano davvero soltanto le parole degli occhi: non occorre aggiungere altro alla potenza di immagini che parlano da sole.
    Foto di Giorgio Badi (GBa) e Giorgio Bergami (GBe)

  • OLI 289: LETTERE – L’operazione Ist vista dall’interno

    Sono una ricercatrice, e delegata aziendale Cgil, dell’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova. Insieme ai lavoratori dell’IST sto portando avanti una battaglia contro l’accorpamento con l’Azienda Ospedaliera San Martino. L’IST è un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) oncologico in cui lavorano 650 dipendenti in ruolo, di cui 107 impegnati al 100% in ricerca, e 150 precari a vario titolo (circa 70 sono ricercatori precari). Gli IRCCS sono centri di eccellenza il cui compito è quello di coniugare assistenza e ricerca per portare innovazione al Sistema Sanitario. Fondamentale, è la loro indipendenza ed autonomia. Dal 4 agosto (giorno della delibera del Consiglio regionale n. 19 sul riordino della rete ospedaliera) ad oggi (a pochi giorni dal voto in Consiglio sul ddl n. 75 che applica la delibera nella parte che riguarda l’IST) i lavoratori dell’IST hanno più volte espresso la loro contrarietà al provvedimento e chiesto confronti con l’Assessore. L’hanno fatto, sempre motivando le loro critiche e facendo proposte alternative, attraverso comunicati, articoli di giornale ed interviste, perché mai l’Assessorato o la presidenza della Regione hanno aperto al dialogo. La domanda, più volte espressa e sempre rimasta senza risposta è: dov’è il piano di fattibilità economico/finanziario e organizzativo? La stessa domanda l’hanno posta i lavoratori dell’Ospedale di Santa Corona e di Villa Scassi, e la stanno ponendo ora i lavoratori dell’Ospedale di Voltri e quelli di Recco.
    Il fatto è che sull’IST è stata presa un decisione in maniera assolutamente pregiudiziale e su questa decisione l’Assessore è andato avanti come un treno senza ascoltare chi ci lavora e conosce bene l’Istituto. Stiamo parlando di una realtà, piccola, che aveva iniziato un percorso di ripresa, almeno nella sua componente assistenziale, dopo 10 anni di commissariamento che l’avevano portata vicino alla chiusura, al primo posto tra le strutture sanitarie liguri per appropriatezza delle prestazioni sanitarie (dati della Agenzia Regionale Sanitaria, ARS), nel 2008 al 14esimo posto per produttività scientifica tra i 42 IRCCS italiani, 25 dei quali privati. Ora, la fusione con un’Azienda Ospedaliera che ha, necessariamente, poca vocazione per la ricerca, rischia di dissolvere questa realtà nelle mille difficoltà di una riorganizzazione non pianificata, che sarà gestita dall’ARS insieme al Rettore dell’Università di Genova. Tutto questo non è giustificato in termini economici, dal momento che in delibera si parla di un risparmio in tre anni di 1.230.000 € ma poi si decide di chiudere l’high care appena quattro anni dopo l’inaugurazione. E nemmeno in termini di razionalizzazione perché l’IST poteva essere potenziato, come hanno fatto Regioni più accorte della nostra, aggregandovi le strutture oncologiche del San Martino e ponendolo al centro della rete oncologica ligure come proposto diversi anni fa.
    Come ricercatrice mi chiedo che fine farà la mia attività, già resa difficile da un governo che non investe in ricerca, all’interno di un Ospedale grande, con una struttura vecchia che ha già i suoi problemi organizzativi come si percepisce da vari episodi comparsi sui giornali. Probabilmente la ricerca sarà messa in un angolo, dove si trova ormai da almeno 10 anni, dimenticata in attesa di risolvere i mille problemi di un’assistenza che dovrà fare i conti con tagli di finanziamenti, mancanza di personale e gestione dei dipartimenti di emergenza. Gli IRCCS dovevano essere punti di eccellenza che producevano innovazione da trasferire al sistema sanitario, ma che innovazione si potrà fare se, come dichiarato dall’Assessore Montaldo, il personale dell’IST servirà a coprire le carenze di personale del San Martino?
    Come ultima riflessione rilevo che questo ddl passerà, seppure con qualche critica da parte di alcuni esponenti della maggioranza, grazie ad un accordo della nostra giunta di centro-sinistra con un governo di centro-destra che ha ampiamente dimostrato in questi anni propensione verso le privatizzazioni, scarso interesse per la ricerca pubblica e disinteresse verso i servizi ai cittadini. Del resto il Ministro Fazio ha mostrato chiaramente da che parte sta il suo interesse: nelle tre visite fatte a Genova in questi ultimi mesi mai una volta è venuto all’IST, è sempre e solo andato all’Ospedale Galliera.
     (Simonetta Astigiano)

  • OLI 289: LETTERE – Donne in piazza

    13 febbraio, Piazza De Ferrari, Genova, un boato accoglie la dichiarazione dal palco – Siamo in trentamila – Allegria ed entusiasmo elettrizzanti pervadono la folla di donne, neanche tante le giovani, qualche ragazzo e alcuni capelli grigi, ma pure mamme con carrozzine, striscioni e foglietti sventolanti una D: Dimissioni o Donna? Interpretazione a scelta.
    A condurre la kermesse è l’animatrice del suq, che si esibisce in pezzi letterari e invita a parlare persone “non note”, precisando che si deve dare spazio a chi normalmente non l’ha.
    Nel “recinto” accanto al palco intanto arrivano assessori, deputati… Personaggi pubblici insomma, soltanto tre donne con incarichi politici fermamente ne restano fuori.
    Si recita l’elenco delle donne per cui “se non ora quando”, da Rita Levi di Montalcini, a Sibilla Aleramo, Grazia Deledda, Nilde Iotti, Eleonora Duse, Serena Dandini… Sguardi un po’ interdetti. Serena Dandini? E le ricercatrici della Sapienza sul tetto, le operaie della Omsa, le badanti clandestine, le laureate medico che fanno le segretarie dal notaio e le donne, cui lo Stato ha delegato il welfare familiare, le lavoratrici tutte e le ragazze che non trovano lavoro?
    Sale sul palco, dopo aver scalpitato nel recinto, l’ideatrice ( insieme ad un uomo) di una manifestazione che si svolge tutti gli anni con grande successo. Donna in gamba, di solida carriera, da segretaria personale a direttrice di eventi, che arringa la folla con parole “di pancia”, chiedendo all’Innominato di dimettersi, che non si possono trattate così le donne, che lei non va più all’estero perchè si vergogna. Una che prima di approcciarsi al microfono sibilava di essere incavolata, di non poter tollerare che facciano strada giovani bellone senza cervello. Dubbio: per cosa era indiavolata, per B, per le giovani o le bellone che passano avanti?
    Si sa le elezioni in città sono vicine e il Sindaco è donna, fuori dal coro per di più e si susseguono interventi sinceri, ma anche tanti discorsi politici di sponda.
    Il pensiero corre ad altre piazze bipartisan, pure se la politica doveva rimanere ai margini.
    Su questo palco la questione femminile sembra interpretata con una tensione di risulta e non di scatto in avanti, una guerra di trincea, come se il tema riguardasse una parte di donne e non tutte, soprattutto il futuro delle nuove generazioni. Quelle che oggi e domani soffriranno per gli stereotipi vigenti, in un Paese diviso tra ipocrisia di un certo pseudo cattolicesimo ed etica comune a tutti i cittadini: una mercificazione dei corpi sì, ma pure deficit e sfruttamento del lavoro femminile senza servizi sociali di supporto, una delle principali cause per cui società e Paese restano al palo.
    Approda anche l’ex sindaco ed ex sindacalista, il mancato segretario di partito, candidatosi alle Europee al posto della governatrice del Piemonte, la quale a sua volta si è riproposta alle Regionali. Perciò il sindaco di Torino non si è presentato e il Piemonte è svaporato alla Lega, colpa di donna cocciuta (e non sostenuta, oltre ai voti grillini). E la filastrocca continua, chapeau, l’uomo è di un certo valore, migliore di tanti. Ma non aveva abbandonato tutto per fare il papà?
    Non soltanto la pioggia comincia a dare fastidio e la gente si affolla al bus.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 288: VERSANTE LIGURE – SCOSSE DI ANNIENTAMENTO

    Di un crollo hai l’impressione
    con tutto al suolo raso:
    valori, informazione,
    diritti, eros, leso
    ed in frantumazione
    è un ethos condiviso.
    E la ricostruzione
    (ironico buon peso
    che il mio mestier m’impone)
    la cura Bertolaso.

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA
  • OLI 288: POLITICA – Se non ora quando

    Logo della manifestazione del 13 febbraio

    E’ stata varcata una soglia: quella che spinge ad una azione collettiva donne di una marea di gruppi ed appartenenze diverse e donne di nessun gruppo e di nessuna appartenenza, collocate lungo l’infinita gradazione del loro personale rapporto con la politica e col femminismo.
    L’essere immerse ed immersi – come siamo da mesi – nella esibizione pubblica del rapporto malato tra questo uomo potente e le donne ha fatto scattare fastidio, esecrazione, indignazione, desiderio di opporsi pubblicamente.
    Ma circolano a piene mani anche invidia, connivenza, accettazione, indifferenza, compiacimento, desiderio di imitazione. Sia da parte degli uomini che delle donne, che sono gran parte della sua base di consenso.
    Berlusconi è il secondo problema, il primo siamo noi. La manifestazione del 13 febbraio coglierà il suo obiettivo se riuscirà – per il dopo – a mettere in moto energie, interazioni, pensieri per riflettere a chi siamo noi, cittadine e cittadini di questo disgraziato paese, cosa desideriamo per la nostra vita, come concepiamo il nostro personale rapporto con il lavoro, la famiglia, il denaro, il potere, la sessualità, la politica.

    Intanto qualche “istruzione per l’uso” per la manifestazione del 13: il concentramento è alle 15 a Piazza Caricamento, poi un breve corteo arriverà a De Ferrari dove ci sarà uno speak corner per dare voce – dicono le organizzatrici – “a tutte/i coloro che vorranno testimoniare un modello femminile (e maschile) diverso”.
    Sul sito nazionale http://senonoraquando13febbraio2011.wordpress.com/ potete trovare l’appello che ha convocato l’iniziativa, e una serie di indicazioni che ne definiscono carattere e modalità.
    Tra queste alcune meritano di essere sottolineate: “La manifestazione non è fatta per giudicare altre donne, contro altre donne, o per dividere le donne in buone e cattive. I cartelli o striscioni ne terranno conto… Siamo donne fiere e orgogliose. Chiediamo dignità e rispetto per noi e per tutte. Siamo gelose della nostra autonomia e non ci lasceremo “usare”. Per questo non ci devono essere simboli politici o sindacali nei nostri cortei: vogliamo che sia anche rispettata la nostra “trasversalità”… La manifestazione è promossa dalle donne, ma – come diciamo nel nostro appello – la partecipazione di uomini amici è richiesta e benvenuta”.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 288: POLITICA – Benvenuti ad Hardcore

    La luce è assolutamente quella delle sagre di paese. Clima benevolo, un sole che schianta sui giardini dietro al palco e ammorbidisce l’intonaco giallo delle case. Mancano solo le collane di nocciole, ma un venditore di magliette propone gli slogan da portare a casa.
    Ci sono famiglie, passeggini, bambini, biciclette e maschere.
    Bavaglini sporchi di pappe invitano alle dimissioni con adesivi colorati.
    E se il paese è culla di creatività e fantasia qui, nel feudo del capo, la fantasia si scatena.

    Risorge anche Rosa, mamma di Silvio. E’ una befana in cerca del figlio: “Lo avete visto? Quello sporcaccione… Silvio sono tua madre!”.
    E ci sono nonni e nipoti che si palesano con cartelli. SONO IL NONNO DI TUTAKAMEN oppure MI CHIAMO IGOR, PRINCIPE DI KIEV, NIPOTE DI PUTIN! ZIO SILVIO AIUTAMI! SPASIBA.
    I tamburi dei Bandao, gruppo senese, danno ritmo alla protesta colorata di viola. E una donna utilizza il palo della sua bandiera per improvvisare una lap dance.
    Gli interventi dal palco, a tratti rabbiosi, si addolciscono quando si parla di futuro e speranza e possibilità di cambiare le cose.
    Nessuno dei presenti vuole fare a botte.
    Preferiscono buttare in aria mutande e reggiseni.
    E se l’Egitto viene richiamato da cartelli in inglese, i più sanno che l’Italia non è ancora l’Egitto.

    I RISULATI DEL MIO LAVORO LI VEDRETE, DOPO LA MIA MORTE, PERCHE’…SI RIBELLERANNO LE COSCIENZE DEGLI UOMINI DI BUONA VOLONTA’ ricorda uno striscione firmato Paolo Borsellino. Alcuni assemblano le facce dei politici in un unico manifesto che le contiene tutte, invitando i presenti a mandarli a casa.
    Altri son filosofi: LA VERGOGNA E’ L’ULTIMO OSTACOLO ALLA LIBERTA’ e poeti: FATTE NON FUMMO PER ESSERE TRATTATE COME RUBY.
    Tutti, nessuno escluso, sono consapevoli del puttanaio, diventato metafora di un paese a pezzi, e sono ad Arcore per chiedere le dimissioni del premier e cambiare rotta. Ma nessuno vuole fare a botte. Perché è il ghigno che regna in questa piazza, lo sberleffo, il pernacchio napoletano.
    SILVIO MINETITTITI! – NO AL GOVERNO PROSTITUZIONALE! – SE TI FACESSERO UNA STATUA AD ARCORE, SAREMMO I TUOI PICCIONI.
    Nessuno vuol fare a botte.

    E la villa del premier – in fondo ad un viale blindato ben prima che se ne possano scorgere i cancelli – è distante non solo fisicamente dai manifestanti, avvolta da una nebbiolina soleggiata, dimora del potere. La polizia a fare da ponte levatoio.
    Una bambina ciondola le gambe. Non tocca il marciapiede dal gradino sul quale è seduta. Una donna la imbocca.
    Volontari del Pd raccolgono firme, felici che a Milano ci sia Pisapia.
    Sul pullman che la riporta a casa una figlia parla dal cellulare con la madre distante
    – E’ andato tutto bene? Sai, ero preoccupata ci sono stati degli scontri…Qui i tg parlano di scontri!
    – Scontri? Nessuno scontro. E’ stata una manifestazione bellissima! Ma forse, non parlavano della stessa manifestazione.
    ( Giovanna Profumo)