Autore: Redazione

  • Oli 283: COSTITUZIONE ITALIANA – Piero Calamandrei sulla scuola

    Qui di seguito alcuni passaggi del discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale (ADSN), Roma 11 febbraio 1950
    [Pubblicato in Scuola democratica, periodico di battaglia per una nuova scuola, Roma, iv, suppl. al n. 2 del 20 marzo 1950, pp. 1-5]

    Cari colleghi,
    […] Difendiamo la scuola democratica: la scuola che corrisponde a quella Costituzione democratica che ci siamo voluti dare; la scuola che è in funzione di questa Costituzione, che può essere strumento, perché questa Costituzione scritta sui fogli diventi realtà […].

    La scuola, come la vedo io, è un organo “costituzionale”. Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione. Come voi sapete (tutti voi avrete letto la nostra Costituzione), nella seconda parte della Costituzione, quella che si intitola “l’ordinamento dello Stato”, sono descritti quegli organi attraverso i quali si esprime la volontà del popolo. Quegli organi attraverso i quali la politica si trasforma in diritto, le vitali e sane lotte della politica si trasformano in leggi. […] Anche la scuola è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue […].

    Prima di tutto, scuola di Stato. Lo Stato deve costituire le sue scuole. Prima di tutto la scuola pubblica. Prima di esaltare la scuola privata bisogna parlare della scuola pubblica. La scuola pubblica è il prius, quella privata è il posterius. Per aversi una scuola privata buona bisogna che quella dello Stato sia ottima. Vedete, noi dobbiamo prima di tutto mettere l’accento su quel comma dell’art. 33 della Costituzione che dice così: “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”. Dunque, per questo comma […] lo Stato ha in materia scolastica, prima di tutto una funzione normativa. Lo Stato deve porre la legislazione scolastica nei suoi principi generali. Poi, immediatamente, lo Stato ha una funzione di realizzazione […].

    La scuola è aperta a tutti. Lo Stato deve quindi costituire scuole ottime per ospitare tutti. Questo è scritto nell’art. 33 della Costituzione. La scuola di Stato, la scuola democratica, è una scuola che ha un carattere unitario, è la scuola di tutti, crea cittadini, non crea né cattolici, né protestanti, né marxisti. La scuola è l’espressione di un altro articolo della Costituzione: dell’art. 3: “Tutti i cittadini hanno parità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali”. E l’art. 151: “Tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”. Di questi due articoli deve essere strumento la scuola di Stato, strumento di questa eguaglianza civica, di questo rispetto per le libertà di tutte le fedi e di tutte le opinioni […].

    La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito. Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. Credo che tutti qui ve ne ricordiate, quantunque molta gente non se ne ricordi più. Lo abbiamo sperimentato sotto il fascismo. Tutte le scuole diventano scuole di Stato: la scuola privata non è più permessa, ma lo Stato diventa un partito e quindi tutte le scuole sono scuole di Stato, ma per questo sono anche scuole di partito. Ma c’è un’altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime. Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci).

    Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private […].

    E c’è un altro pericolo: è di lasciarsi vincere dallo scoramento. Ma non bisogna lasciarsi vincere dallo scoramento. Vedete, fu detto giustamente che chi vinse la guerra del 1918 fu la scuola media italiana, perché quei ragazzi, di cui le salme sono ancora sul Carso, uscivano dalle nostre scuole e dai nostri licei e dalle nostre università. Però guardate anche durante la Liberazione e la Resistenza che cosa è accaduto. E’ accaduto lo stesso. Ci sono stati professori e maestri che hanno dato esempi mirabili, dal carcere al martirio. Una maestra che per lunghi anni affrontò serenamente la galera fascista è qui tra noi. E tutti noi, vecchi insegnanti abbiamo nel cuore qualche nome di nostri studenti che hanno saputo resistere alle torture, che hanno dato il sangue per la libertà d’Italia.
    Pensiamo a questi ragazzi nostri che uscirono dalle nostre scuole e pensando a loro, non disperiamo dell’avvenire.
    Siamo fedeli alla Resistenza.
    Bisogna, amici, continuare a difendere nelle scuole la Resistenza e la continuità della coscienza morale.

    Piero Calamandrei
    (a cura di Aglaja)
  • OLI 283: PAROLE DEGLI OCCHI – Buon 2011


    Foto di Giorgio Bergami ©
    Specchio dei tempi: calendari in esposizione dal giornalaio.
  • OLI 283: LETTERE – Opposizione laica alla giornata degli “Stati vegetativi”

    Nella deriva integralista che ci avvolge, ci toccherà tra poco (9 febbraio 2011) anche la “Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi” istituita lo scorso anno dal Governo per marcare, con una decisione macabra, strumentale, priva di rispetto, l’anniversario della morte di Eluana Englaro.
    Ma una opposizione sta nascendo, e la guida la Consulta torinese per la laicità delle Istituzioni (http://www.torinolaica.it/ ).

    La chiara ed esplicita difesa della libertà di seguire un’etica che non coincida con quella delle gerarchie cattoliche è, una volta di più, assunta da gruppi, associazioni, movimenti non partitici a cui pare ormai delegato il ruolo di assumere posizioni politiche sulla base di un pensiero, di una opzione etica, di un progetto culturale e sociale, e non di calcoli prevalentemente attenti alle possibili alleanze, o ai presunti futuribili consensi elettorali.
    La crescente separazione di questi due piani dell’agire politico sta sempre più indebolendo il ruolo e le prospettive della opposizione parlamentare, e in particolare quelli del P.D.
    Nel frattempo le persone inventano nuove modalità e spazi per fare informazione, cultura e politica. Può essere che la divaricazione di questa forbice diventi finalmente insostenibile, e inneschi un cambiamento profondo che riapra i giochi.
    Tra questi soggetti di politica diffusa c’è la Consulta torinese per la laicità delle Istituzioni (http://www.torinolaica.it/ ) che sta guidando l’opposizione alla giornata degli stati vegetativi, e ha lanciato il seguente appello:

    No alla tortura di stato.
    Proclamiamo il 9 febbraio “Giornata della libertà di scelta sulla propria vita”

    Per il prossimo 9 febbraio il Governo, su proposta della sottosegretaria Roccella, ha istituito la Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi. Decisione moralmente mostruosa, poiché offende la memoria di Eluana Englaro, che in quel giorno finalmente, dopo quindici anni di non vita, vedeva un anno fa rispettata la sua volontà sul proprio corpo, portata avanti con coraggio, determinazione e amore paterno da Beppino Englaro. Decisione istituzionalmente irricevibile, poiché ufficializza come “delitto” una sacrosanta sentenza della magistratura. Decisione che infanga la Costituzione, poiché con essa il governo intende addirittura solennizzare la pretesa che la vita di ogni cittadino, anziché appartenere a chi la vive, sia alla mercé di una maggioranza parlamentare.
    Di fronte a tutto ciò, diventa doveroso che tutta l’Italia democratica e laica proclami il 9 febbraio Giornata nazionale della libera scelta sulla propria vita, onorando così la memoria di Eluana Englaro, di Piergiorgio Welby, di Luca Coscioni, e dei tanti altri che oltre alla tragedia della condanna a morte per malattia hanno dovuto affrontare anche la violenza di coloro che vogliono costringere i malati alla tortura delle sofferenze terminali, quando essi non lo ritengono accettabile e dignitoso per se stessi.
    La Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni, in collaborazione con la rivista MicroMega, chiede a tutte le associazioni laiche, a tutte le testate giornalistiche e i siti web, a tutti i cittadini che si riconoscono nei valori della Costituzione, a tutte le personalità del mondo della cultura e dello spettacolo che sentono il dovere elementare di rispettare e far rispettare la decisione di ciascuno sul proprio fine-vita, di mettersi immediatamente in contatto per organizzare insieme, a Torino, la giornata del 9 febbraio come giornata di libertà , di dignità e di autodeterminazione per tutte e per tutti.
    A tale appello, che ha come primi firmatari Tullio Monti, Coordinatore della Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni e Carlo Augusto Viano, Presidente del Centro studi Piero Calamandrei, hanno già aderito il Comitato 19 giugno, il Coordinamento Torino Pride LGBT e Donne di Torino per l’autodeterminazione.
    Per sottoscrivere l’appello invia una mail a info@torinolaica.it
    (A cura di Paola Pierantoni)

  • AUGURI E ARRIVEDERCI

    Cari lettori, Oli va in vacanza. Ci rileggiamo a gennaio.
    Buone feste a tutti
    OLI
  • OLI 282: VERSANTE LIGURE – NUNTIO VOBIS CLAUDIUM MAGNUM

    Sei con l’acqua alla gola?
    Questa crisi ti spela?
    Fra i depressi sei in fila?
    Ogni sogno rincula?
    Per te c’è un colpo d’ala:
    è tornato Scajola.
    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA 
  • OLI 282: LIGURIA – Affari di mare

    Con il racconto di onde alte tredici metri e vento a cento chilometri l’ora e l’avvenuto salvataggio si conclude l’avventura dei ventuno uomini della Jolly Amaranto, nave della flotta Messina con i motori in avaria da sabato 13 nel mare in tempesta davanti all’Egitto.
    L’armatore ci tiene a sottolineare di essere contento per il suo equipaggio, tutto in salvo. Un atteggiamento propagandato con sollecitudine sui media, foto di Ignazio e di Stefano, in apprensione nei loro uffici.
    “M’interessano i miei, del carico non m’importa” si dichiara sui giornali. E l’attenzione è così scivolata via, in sordina, sul carico, peraltro coperto da assicurazione e che di certo – si sostiene – non può provocare un disastro ambientale. Si tratta di vernici, resine, inchiostro; ma anche pitture speciali, sostanze chimiche e farmaceutiche, lacche, liquidi corrosivi.
    Dopo l’attracco al porto di Alessandria d’Egitto l’armatore fa la conta dei danni, almeno venti container persi, lamenta; non una parola di preoccupazione sul “genere” di merce dispersa.
    “Sono prodotti che ricadono nella categoria Imco3, controllati dalla Capitaneria di porto di Genova” spiega sbrigativamente.
    Ovvero?
    Nel sito http://www.egyshipping.com/resources/dgt.html si presentano varie classi di “Dangerous Good Transportation”: la 3 è quella dei liquidi altamente infiammabili per il trasporto, non certo profumi e bombon per Natale: un carico “speciale” ad alto rischio d’inquinamento se finisse in mare, com’è successo.
    Ma che importa? Non è davanti alle nostre coste. Stavolta.
    Dieci anni fa un’altra nave della flotta, la Jolly Rosso, si spiaggiò in Calabria con i suoi container e vi fu un’inchiesta archiviata per sospetto trasporto di rifiuti tossici.
    Per i loro ghiotti carichi finirono nel mirino dei pirati la Jolly Smeraldo e la Jolly Marrone e allora la società armatrice protestò per la mancanza di scorta, più volte invocata, alle sue navi, che spesso hanno come destinazione il continente africano: non solo meta di business, ma nota e inerme pattumiera del mondo.
    Soltanto una volta i Messina ufficializzarono la natura dei loro trasporti, quando nel 1988 la Jolly Rosso arrivò dal Libano con rifiuti tossici che “alcune aziende italiane senza scrupoli – si legge nel memoriale della nave dei veleni M/T Rosso, stilato dalla Linea Messina – avevano smaltito in Libano e in Paesi del Terzo Mondo”. Mai e poi mai la società si presta a simili trasporti, avvenne in quell’unica occasione, anzi la motonave venne poi ampiamente bonificata per procedere al trasporto di generi alimentari.
    Ce ne fossero di imprenditori così che a Genova portano lavoro.
    Per lavorare la Culmv non snobba i rifiuti speciali, si adatta a chiedere garanzie,vedi il prossimo imbarco delle big bags della bonifica dell’ex area industriale di Pioltello, Milano, in partenza per la Spagna (ancora ignoto l’armatore).
    In Italia ci sono cantieri navali, ma i Messina si fanno costruire le navi in Corea, a prezzi più convenienti, per carità, e protestano se gli si contesta la situazione di privilegio che hanno da decenni sui moli: non vorrebbero gare d’appalto, libera concorrenza.
    Perciò hanno contribuito a mandare in galera il presidente dell’Autorità Portuale Novi, prosciolto poi in giudizio e i Messina risponderanno per diffamazione.
    Persone discrete, che investono nell’edilizia, abbondantemente e sommessamente.
    Peccato essere finiti nei giorni scorsi sui giornali, persino nell’Amaca di Michele Serra su Repubblica: le due figlie eredi non sono state ammesse allo Yacht Club, rifiutate nel segreto dell’urna, forse per solidarietà all’ex presidente Novi (dell’Autorità portuale e per dieci anni dello Y.C.I.).
    Pare diranno addio al prestigioso club, portandosi via le loro nuovissime imbarcazioni, le più grandi ancorate lì, salutando i Moratti, gli Agnelli e i Tronchetti Provera.
    Che dispiacere, davvero un triste Natale.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 282: ILVA – L’intensa giornata di Claudio Burlando

     Burlando, 25/4/10

    Lunedì 13 dicembre 2010 visita di Claudio Burlando all’Ilva di Genova.
    E’ stato ricevuto, nel seguente ordine, da Emilio Riva e figlio per una “colazione”, il pranzo un tempo si definiva così. In seguito dalla RSU. E in fine da un gruppo di lavoratori – leggasi comitato – che nel mese di novembre ha condiviso con la stampa locale preoccupazioni sul futuro dello stabilimento siderurgico.
    Giornata intensa quella del presidente della regione, accompagnato nella vista da un collaboratore e da una collaboratrice. Anche perché l’attacco dei 112 aderenti al comitato era assai puntuale e sollevava domande precise su futuro di aree, lavoro e fabbrica.
    Giornata intensa poiché il presidente Burlando pareva avesse come obbiettivo quello di essere rassicurato sul lavoro svolto. Politicamente parlando.
    Giornata nella quale il solco tra sindacati e comitato di cento dei lavoratori rientrati dagli enti pubblici si è fatto più profondo vista l’agenda del presidente e la distanza ormai certificata tra i due gruppi. Ma nei due mesi trascorsi, purtroppo, non è stato possibile fissare un’assemblea sindacale di tutti i lavoratori, strumento assai utile per sciogliere i nodi che man mano venivano al pettine.
    Giornata inutile quella del presidente Burlando che occasioni di ascolto ne avrebbe potuto creare a dozzine nei cinque anni trascorsi e che si ritrova adesso a ricevere piccoli insiemi ognuno con le proprie verità.
    Vero sarà infatti che il gruppo Riva ha intenzione di far ripartire ad aprile il quarto altoforno a Taranto, con conseguente incremento di attività produttive sullo stabilimento genovese.
    Vera sarà la garanzia di salario – verificabile nei prossimi mesi – dei lavoratori rientrati dopo la loro attività in comune e provincia.
    Vera la preoccupazione di chi – dichiarato “esubero temporaneo” – fatica a scorgere un futuro.
    L’idea politica che è mancata a Burlando oggi – sono passate le stagioni elettorali di Maestrale – era quella di ricevere proprietà, RSU e comitato tutti insieme, pacatamente. Magari in una pubblica assemblea. Mettendo in condizione ogni gruppo di confrontare il proprio punto di vista. Valorizzando lo sguardo di ognuno. E fare sintesi.
    Perché di temi in agenda ce ne sono parecchi, disposti a ventaglio a partire da tutte le aree di Cornigliano per arrivare a centrale elettrica, amianto e mobilità.
    Scoraggiante, come delegata Fiom, è stato dover richiamare l’attenzione del presidente Burlando, che messaggiava sul suo cellulare mentre, in RSU gli esponevo il mio punto di vista.
    Mi chiedo se ha fatto la stessa cosa durante la colazione con la proprietà.

    (Giovanna Profumo)

  • OLI 282: TRASPORTI – AMT versus BVG: terrestri contro alieni

    Aeroporto internazionale di Berlino. Ritrovandosi in albergo (distante 12 km) a disfare la valigia esattamente quaranta minuti dopo essere uscita dall’aeromobile, la viaggiatrice prova la sensazione di essere atterrata su un pianeta alieno, visto che per compiere l’impresa ha utilizzato la rete pubblica (BVG), e che nei quaranta minuti sono inclusi il recupero del bagaglio, la canonica visita alla toilette, il guardarsi un attimo in giro, e l’acquisto del biglietto (2,1 €). Poi, la nostra nota altri dettagli. Ad esempio agli incroci non ci sono vigili che si sbracciano. E in effetti, pensa, che ci starebbero a fare? In questa città così grande c’è un bel silenzio, poche macchine, niente ingorghi.

    Di berlinesi in giro c’è pieno, con aggiunta di turisti, solo che stanno sugli autobus, in metropolitana, o a piedi. Tanto sanno che possono andare dove vogliono e tornare quando vogliono coi mezzi pubblici.
    Ecco spiegate le signore che vanno all’Opera armate di sacchetti di plastica: dato che non si fanno depositare sulla soglia dalle automobili, se ne arrivano e se ne partono con calzature da neve e, senza imbarazzi, indossano le scarpette eleganti nel foyer.
    Troppo impietoso e ingiusto un paragone con AMT? Vediamo.
    A Berlino il biglietto singolo costa quasi il doppio (2.1 €) del nostro. Ma presto noi arriveremo a 1.50, e in caso di integrazione con la ferrovia, a 1.80. A quel punto dal super integrato biglietto berlinese ci separerebbe solo una differenza del 14,3 %, che potrebbe scendere ulteriormente se si tiene conto della validità, che a Berlino è di 120 minuti a Berlino.
    Senz’altro più sensibile il divario di costo dell’abbonamento annuale ordinario: 612 euro berlinesi, contro i (previsti) 392 di AMT, ma l’utilizzo medio di mezzi pubblici a Berlino supera ampiamente il nostro. Infatti qui gioca la siderale distanza qualitativa del servizio: lì si va ovunque a qualunque ora con tempi massimi di attesa che vanno dai 3/4 minuti delle ore di punta, ai 15 della mezzanotte, fino a mezz’ora da notte fonda a nuovo giorno.

    Il fatto è che ci avviciniamo all’Europa sul piano delle tariffe, ma ce ne allontaniamo per qualità del servizio: infatti all’orizzonte ci sono tagli alle corse di autobus e treni. Forse, nell’emergenza, è una misura indispensabile. Solo che così non funziona e non funzionerà mai. Che il servizio pubblico sia tale da essere usato da tutti, e non solo dai poveracci, non è un lusso da ricchi, ma l’unica condizione per modificare davvero la vita in una città, e per avere un equilibrio di bilancio.
    Marta Vincenzi (Il Secolo XIX, 25/11) addossa la colpa a Tremonti, ma ammette che la privatizzazione di AMT “Non è servita a garantire gli obiettivi che si era posta. Miglioramento del servizio, razionalizzazione delle linee, manutenzione dei mezzi più efficace”. Motivo? “E’ mancata la riorganizzazione dei bacini di utenza”. Forse c’è un eccesso di sintesi nell’articolo, ma vorremmo capire meglio questa situazione AMT “Che ci sta scappando di mano” (Margini, Il Secolo XIX, 14/12), e in cui divisioni e liti attraversano tutti i soggetti coinvolti (idem).
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 282: SOCIETA’ – Buon Compleanno, Italia Nostra!

    La sezione genovese di Italia Nostra, nata nel 1960, compie 50 anni. Auguri!
    Il compleanno è stato festeggiato sabato scorso alla Biblioteca Berio, in una gremita sala dei Chierici, con la partecipazione di Alessandra Mottola Molfino, presidente nazionale, e dei responsabili locale e regionale, Alberto Beniscelli e Roberto Cuneo. Giovanna Rotondi Terminiello, già soprintendente per i Beni artistici e storici della Liguria nonché figlia di quel Pasquale Rotondi cui la nazione deve molto per la salvezza dei propri capolavori durante la seconda Guerra mondiale, ha espresso grande stima e affetto in una dissertazione sul tema “I Beni culturali per l’Italia”.
    La benemerita associazione aveva visto la luce a Roma nel 1955, creata da uomini di lettere, artisti, storici, critici d’arte, architetti e urbanisti che si unirono a difesa del patrimonio culturale e delle bellezze naturali sempre più minacciate, con un largo seguito di iscritti via via più numerosi. All’inizio fu una specifica azione per contrastare e sventare uno dei tanti scempi urbanistici nella Capitale, da cui prese il via un’attività di attento monitoraggio, conoscenza e salvaguardia che continua tuttora sull’intero territorio italiano.

    La stessa Biblioteca Berio ospita nella Sala lignea, fino a sabato 18 dicembre, un’esposizione di documenti, ritagli di giornali, manifesti, fotografie, pubblicazioni e altri materiali che testimoniano il mezzo secolo di attività di Italia Nostra in Liguria, tra battaglie vinte e sconfitte, ma in ogni caso producendo aumento di consapevolezza e partecipazione tra i cittadini.
    Una mostra “povera”, visitabile ogni giorno dalle 15,30 alle 18,30, messa su grazie al volontariato e con pochi mezzi, senza effetti speciali ma non per questo meno degna di essere visitata di tante altre. In una ventina di bacheche è presentata una rassegna di argomenti che non riguardano solo gli addetti ai lavori ma toccano tutta la società.
    Lo stesso ex Seminario arcivescovile, che oggi ospita la Berio, sarebbe stato distrutto e sostituito da un grattacielo ben più redditizio per la Curia che aveva intrapreso l’operazione, se Cesare Fera, Bruno Gabrielli e altri di Italia Nostra non si fossero messi in gioco investendo tempo, energie e competenze. Così per molte altre vicende, come ad esempio lo smisurato Cono di Portman che sarebbe dovuto sorgere al centro del porto antico ed è fortunatamente rimasto sulla carta, o il Palazzo dei Pagliacci a Sampierdarena, testimonianza di un bel liberty di primo Novecento destinata alla demolizione e invece salvata. Oppure, una decina d’anni fa, il mantenimento a liberi usi pubblici della Loggia di Banchi, in sinergia con altre associazioni coordinate nel Forum dei cittadini e delle associazioni del Centro storico.
    Più in generale, non si oppongono solo dinieghi ma soprattutto si propongono alternative concrete e ben argomentate alle attuali prassi in tema di mobilità dei cittadini e delle merci, gestione dei rifiuti, arredo urbano e via dicendo.

    Di fronte a tanto impegno civile, monta però una certa amarezza considerando quanto sta accadendo negli ultimi anni, con la ripresa alla grande del saccheggio del territorio e degli sfregi a quanto ereditato da chi ci ha preceduto. Come se anni di lotte non fossero serviti a nulla. Anzi, rispetto a mezzo secolo fa la situazione è ancor più grave: se un tempo poteva esserci almeno la scusa dell’ignoranza, oggi la speculazione procede arrogantemente tra mistificazioni e manipolazioni della verità, con normative compiacenti e incurante della crescita culturale e delle sensibilità sviluppatesi grazie anche a Italia Nostra e ad altre analoghe realtà. Sarà opportuno che tutta la società non stia a guardare ma riprenda la battaglia, in prima linea al fianco di Italia Nostra.
    (Ferdinando Bonora)

  • OLI 282: CULTURA – La notte più lunga dell’anno

    David Grossman racconta di quando, il 21 dicembre di molti anni fa, mettendo a letto suo figlio Yonathan, di tre anni, gli disse che quella sarebbe stata la notte più lunga dell’anno. Solo un’informazione curiosa per l’autore, ma di impatto enorme per il bambino che il giorno dopo mostrò grande sollievo per la fine di quel lungo buio.
    Al salone del Maggior Consiglio lunedì 13 dicembre 2010 David Grossman racconta di favole e paure alla grandissima platea. Spiegando quella dimensione incantata che si interpone tra giorno e notte e che permette a chi vuol essere genitore di cogliere la magia della narrazione di una favola al proprio bambino. E’ il momento in cui il bimbo non deve mettere in ordine, rispondere alle regole, fare questo o quello, ma andare in un posto altro e godere di fantasia e immaginazione. Occasione unica per genitori e figli. L’autore mette a fuoco le ombre che nel chiaroscuro della stanza scivolano sugli oggetti trasformandoli agli occhi dei bambini in mostri, e narra delle voci distanti e ovattate che provengono dalle alte stanze. Racconta delle paure dei bambini e reclama per loro la massima attenzione. Nel Talmud si racconta che quando il primo uomo vide il sole che tramontava divenne isterico, pensò che quella fosse la punizione all’oscurità voluta per lui da dio perché aveva mancato in qualcosa. Solo nei giorni successivi comprese che il tramonto faceva parte del ciclo della vita.
    Il bambino è come quell’uomo primordiale. Quando gli viene detto “papà domani vola in America”, non capisce, cerca di immaginarne le ali, il bambino è come un emigrante nel nostro mondo. Per questo l’universo dei bambini va preservato dalla brutalità. Non si può raccontare ai bambini qualsiasi orrore.
    Si ha la percezione che la notte più lunga, nell’incontro di Grossman con i genovesi, sia anche quella tra palestinesi e israeliani, votati alla guerra perché incapaci di immaginare la pace. E per questo condannati a sopravvivere e basta. Quando vengo in Europa – racconta l’autore – respiro a pieni polmoni. Quando sono in Israele respiro a metà. Sono sempre all’erta.
    Dalla letteratura per l’infanzia a quella per adulti si passa in batter di ciglia e nell’incontro, come per magia, si è trasportati nella narrazione del suo ultimo romanzo, dove guerra e destino del figlio al fronte spingono una madre alla fuga dalla propria la casa. La donna infatti scappa dall’unico luogo nel quale le può essere recapitata l’eventuale notizia della morte del giovane. E in questo viaggio i ricordi narrati ad un amico ripercorrono gli istanti di vita del figlio, fin dalla prima poppata e dai primi passi, dando voce alla fatica di forgiare un essere umano. Dando corpo alla facilità assurda con la quale un essere umano possa soccombere per la guerra.

    (Giovanna Profumo)