Autore: Redazione

  • OLI 276: SOCIETA’ – Ma il sole delle Alpi non riscalda tutti

    Le borse di studio solo ai piemontesi, e per chi arriva da fuori paghino le regioni di appartenenza”, annuncia in un video postato su yotube il governatore del Piemonte Cota.
    “Si deve sostenere i propri giovani”. Aggiunge il presidente leghista. Così il Piemonte, che con la Liguria e altre nove regioni garantiva al 100 % borse di studio agli studenti meritevoli, ribalta vent’anni di legislazione del diritto allo studio. La percentuale degli studenti fuori sede, ovvero italiani o stranieri, è del 35% per il Politecnico e più o meno la stessa quella dell’Università, un record che ha permesso di piazzarsi fra i primi atenei per capacità attrattiva: una fucina di talenti che non sembra importare al governatore (tanto presenzialista Tv, che già qualcuno comincia a chiedersi quando lavori per la sua regione). All’Edisu, l’ente per il diritto allo studio, i 7 milioni per il 2011 a fronte dei precedenti 25, poi ridotti a 17 del 2010, non copriranno probabilmente né borse di studio, né residenze per il futuro. (La Stampa del 24/10/2010)
    Anche se per quest’anno niente allarmismi, la musica dovrà cambiare “. E’ sempre Cota che parla. I tagli del governo sono rasoiate su tutta l’Istruzione. Su La Repubblica del 2/11/2010 si evidenzia il caso con “Addio alle borse di studio, tagliato il 90% dei soldi”, ma il criterio piemontese che si vuole adottare, pare contrario alle linee delle migliori Università nel mondo e le notizie sugli exploit di geniali talenti evidenziano molto spesso studi in un Paese non d’origine.
    Aiutare i ragazzi è una cosa seria, che siano i “propri” o no.
    Molti in Italia vi s’impegnano, volontari o per lavoro e con modesti salari, dagli insegnanti agli operatori sociali, dai centri culturali, a quelli sportivi di periferia, ai gruppi scout, alle comunità. Si aiutano giovani italiani e stranieri a misurarsi con le difficoltà, ad andare avanti nella vita, a sostenere chi vorrebbe farcela a scuola. Laici o credenti, lavorano in tutt’Italia da nord a sud per chi è del Sud o del Nord dello stivale, lanciando oltre lo sguardo, pensando all’arricchimento, alle messi che possono scaturire da giovani germogli, anche diversi tra loro: grazie alla contaminazione l’umanità si è evoluta.
    Poi spetterebbe alle Istituzioni supportare tutto ciò, destinando risorse a queste attività. Finanziando tra l’altro anche le borse di studio.
    Strane concezioni girano nel Governo, dal presidente del Consiglio che aiuta ragazze che hanno bisogno (senza distinzioni di provenienza), a chi vuole giustamente sostenere i propri giovani nello studio e nel lavoro, racchiudendoli però in un nazionalregionalismo posticcio di tutela, quasi un Dop. Impera dunque una cultura di preselezione, che dipende da strambi fattori. Un gioco dell’oca quasi crudele e iniquo: un passo avanti chi ha gambe belle e fianchi morbidi, un passo avanti se si è nati là piuttosto che qua.
    E’ vero lo spazio s’è ristretto ma un posticino piccolo magari c’è per tutti, così aveva imparato e sapeva pure la razza padana, quando dal Nor-Est si andava all’estero per poter mangiare. Dove oggi, secondo il rapporto Caritas sui migranti, calano maggiormente gli occupati stranieri, magari gli iscritti all’Inail, mentre si registra un nero per un’evasione nel Triveneto, che arriva a 7,5 milioni (Sole 24 ore Nord est del 27/ 10/2010). Nel Nord-Ovest un lieve aumento dei lavoratori immigrati, impiegati in mansioni non qualificate, anche se pure a Genova si è dato il via ai rimpatri assistiti: biglietto pagato e 400 euro per gli stranieri che se ne vanno come indennità di prima sistemazione e ulteriore supporto finanziario fino a tremila euro da erogare in patria.
    La crisi colpisce sempre di più, restano i capofamiglia, uomini o donne che siano e capita che bambini e ragazzi debbano tornare nel proprio paese d ‘origine, dopo anni di vita e di scuola in Italia. A Torino e provincia è diminuito il numero di stranieri iscritti a scuola, sarà contento il Governatore, risparmierà sulle borse di studio. Eppure “il sole delle Alpi” non riscalda tutta la razza padana, non tutti sono il nord che si fa trasformare in Padania.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 276: COSTITUZIONE ITALIANA – La Costituzione tra i banchi di scuola

    (…)L’interrogativo di partenza è obbligato: a cosa serve conoscere la Costituzione? La risposta può essere costruita attraverso un sillogismo elementare.
    La Costituzione è regola e limite al potere: il costituzionalismo moderno di matrice liberale (cui appartiene anche la nostra Costituzione) ha sempre guardato al potere negativamente, ponendosi il problema di come contenerlo e controllarlo. Se la democrazia – come ha detto una volta Norberto Bobbio – è «il potere pubblico in pubblico», allora non c’è democrazia senza controllo dei governati su chi governa, e non c’è controllo senza cultura costituzionale, senza conoscenza dei meccanismi che regolano la vita delle nostre istituzioni. Ergo: conoscerne la Costituzione è una precondizione essenziale per la vita stessa di un ordinamento che voglia essere e conservarsi democratico.
    E’ un sillogismo dal quale, in primo luogo, dipende l’effettività dei diritti e delle libertà di cui il cittadino è titolare.
    Conoscere i propri diritti costituzionali è premessa per poterli esercitare. Sapere quali sono i limiti e le modalità per il loro esercizio significa praticare la cittadinanza, che non si riduce allo status giuridico acquisibile attraverso le regole prescritte nella legge n. 91 del 1992: oggi, la cittadinanza riassume in sé la condizione di titolarità di quelle libertà che la Costituzione proclama inviolabili e che – come insegna la Corte costituzionale – spettano «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani» (sentenza n. 105/2001).
    E’ un sillogismo dal quale, in secondo luogo, dipende lo stato di salute delle istituzioni, sempre a rischio di contrarre malattie virali, insidiose e recidivanti, come l’antipolitica e la cattiva politica.

    Questi due virus nascono da un ceppo comune. Come da altri è stato detto, antipolitica e cattiva politica derivano entrambe dal fatto che il cittadino poco conosce del meccanismo di un ordinamento democratico; non ha piena coscienza di quali siano i suoi diritti e doveri costituzionali; soprattutto ignora il legame tra quel meccanismo e quei diritti e doveri. E la reazione più comune di chi, posto davanti ad un marchingegno, non ne capisce il funzionamento, è quella di rifiutarlo: «Io di politica non capisco niente, dunque non me ne interesso». La trova detestabile perché incomprensibile. Ecco perché il primo antidoto all’antipolitica ed alla cattiva politica è una necessaria, adeguata e diffusa conoscenza della nostra Costituzione.

    Credo sia questa la chiave di lettura delle parole che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha recentemente espresso in tema, chiedendo che «la Carta costituzionale e le sue disposizioni vengano sistematicamente insegnate, studiate e analizzate nelle scuole italiane, per offrire ai giovani un quadro di riferimento indispensabile a costruire il loro futuro di cittadini consapevoli dei propri diritti e doveri» (…)
    Andrea Pugiotto (Ordinario di Diritto costituzionale, Università di Ferrara),  La Costituzione tra i banchi di scuola
    (a cura di Aglaja) 
    .
  • OLI 276 – PAROLE DEGLI OCCHI – Parole dei muri

    I muri dicono che…
    Le scritte, i murales, i graffiti,
    sui muri della città,
    sono un mezzo di comunicazione spontanea
    che tutti i cittadini possono adoperare per porre,
    in modo “trasgressivo”, e in “siti meno controllati”,
    domande idee proposte su problemi d’attualità
    che pesano sulla nostra vita e che i mass-media
    o non trattano o presentano solo dal punto di vista
    della classe sociale egemone.
    Il muro è a disposizione di tutti,
    su cui testimoniare e comunicare la propria
    presenza il proprio punto di vista sui problemi
    che coinvolgono tutta la vita sociale della città:
    il razzismo, la droga, lo sport, l’amore…
    La prima foto che mi ha sollecitato l’idea
    della raccolta l’ho scattata nel 1962 in via
    Pertinace dove avevo spostato il mio studio
    con sede in piazza Fossatello dal 1953…

    Foto Giorgio Bergami
  • OLI 275: VERSANTE LIGURE – TELE NON VISIONI

    Report, Santoro, Fazio,
    Saviano: ormai la lista
    di chi pagherà dazio
    s’ingrossa a d’occhio vista.
    E chi tace a ’sto strazio
    o è cieco o è Masichista.
     Versi di ENZO COSTA 
    Vignetta di AGLAJA
  • OLI 275: COSTITUZIONE ITALIANA – Aldo Moro: Costituzione e antifascismo

    Da sinistra, tre giovanissimi “professorini”, deputati all’Assemblea costituente:
    Giorgio La Pira, Aldo Moro, Giuseppe Dossetti
    (foto Publifoto).

    Il clima politico nel quale si incominciano a gettare le basi della costruzione del nuovo Stato è un clima incerto in cui soprattutto nei primi mesi che seguono la caduta di Mussolini, siamo ancora nel ’43, sembra per Moro difficile tracciare il confine tra antifascismo e fascismo in un paese dove il ventennio ha condizionato il costume, le relazioni sociali e il modo di fare politica, e dove essere antifascisti deve, nel suo pensiero, voler dire che si rinnega quel costume e quel modo. Agli antifascisti, Moro chiede, dunque, di essere capaci di seguire altre strade dove, smessa la pratica e abbandonato il linguaggio dell’intolleranza e della violenza, si promuova il pluralismo, si rafforzi l’idea che ogni uomo debba essere responsabile, debba avere «una fede, una sua libera fede, e [debba] serv[irla] con fedeltà assoluta, fino in fondo», perché «dove il fascismo oscurò le differenze ed andò promuovendo una piatta unità insignificante, l’antifascismo dovrà lasciarle sussistere, anche quando a questo o a quello non facciano comodo, ed incanalarle verso la sola unità ammissibile, quella generata dall’incontro rispettoso e dal vaglio serio ed onesto di tutti i punti di vista»(…)«Non possiamo prescindere da quello che è stato nel nostro paese un movimento storico di importanza grandissima il quale nella sua negatività ha travolto per anni la coscienza e le istituzioni. Non possiamo dimenticare quello che è stato, perché questa nostra Costituzione oggi emerge da quella resistenza, da quella lotta, da quella negazione, per le quali ci siamo trovati insieme sul fronte della resistenza e della guerra rivoluzionaria ed ora ci troviamo insieme per questo impegno di affermazione dei valori supremi della dignità umana e della vita sociale. Guai a noi, se per una malintesa preoccupazione di serbare appunto pura la nostra Costituzione di una infiltrazione di motivi partigiani, dimenticassimo questa sostanza comune che ci unisce e la necessità di un raccordo alla situazione storica nella quale questa Costituzione si pone. Quando vi sono scontri di interessi e di intuizioni, nei momenti duri e tragici, nascono le Costituzioni, e portano di questa lotta dalla quale emergono il segno caratteristico».

    Maria Serena Piretti, 
    “Il progetto politico di Aldo Moro dalla Costituente alla Terza Fase”
    (a cura di Aglaja)
  • OLI 275: IMMIGRAZIONE – Puglia, la Corte Costituzionale da ragione a Vendola

    Il Presidente del Consiglio aveva chiesto l’intervento della Corte Costituzionale sollevando la questione di legittimità di alcune disposizioni della Legge Regionale Puglia sull’Immigrazione (L. 22/2010). La sentenza della Corte Costituzionale n.299 del 22 ottobre 2010 ha dato ragione all’operato della Regione governata da Vendola su almeno tre questioni importanti:
    1) Il Testo Unico sull’immigrazione garantisce l’assistenza sanitaria gratuita agli immigrati irregolarmente soggiornanti per le cure urgenti o essenziali, anche a carattere continuativo, e prevede inoltre che a loro sia rilasciato un tesserino con il codice STP (Straniero Temporaneamente Presente). La legge pugliese prevede che gli assistiti con il codice STP abbiano diritto alla scelta del medico di base. Il governo ha protestato contro questa misura non prevista dalle disposizioni nazionali ma la Corte Costituzionale ha dichiarato legittima questa disposizione.
    2) Il governo, modificando il Testo Unico sull’immigrazione, con la legge 132/2008, ha escluso i cittadini dell’Unione Europea (ad esempio i romeni) non iscritti all’anagrafe dall’assistenza sanitaria gratuita di cui fruiscono i cittadini non europei irregolarmente soggiornanti. La legge pugliese invece prevede per i cittadini appartenenti all’Unione Europea privi dei requisiti per l’iscrizione al sistema sanitario l’assistenza gratuita con il codice ENI (Europeo Non in Regola) con le stesse modalità per l’attribuzione e l’accesso alle prestazioni previsti per i cittadini irregolari non appartenenti all’Unione Europea assistiti con il codice STP. Berlusconi ha protestato ma la Corte Costituzionale ha dichiarato legittima anche questa disposizione.
    3) La Legge Regione Puglia n. 22/2010, infine, usa la vecchia formulazione del Testo Unico, cancellata dalla modifica governativa, per stabilire che “le disposizioni della legge regionale si applicano qualora più favorevoli anche ai cittadini appartenenti all’Unione Europea”. Una norma di buon senso che non è piaciuta al governo Berlusconi, che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale; e la Corte, anche in questo caso, ha dichiarato la legittimità della norma.
    Tre provvedimenti di diritto, di buon senso, di civiltà e di provata costituzionalità che insieme all’iscrizione a tempo indeterminato al Sistema Sanitario Regionale degli immigrati regolari (vigente sempre in Puglia) attendono di essere adottati dalla Regione Liguria e dalle altre Regioni di centro sinistra.
    (Saleh Zaghloul)
     
  • OLI 275: POLITICA – il 4 novembre si manifesta per i diritti

    Giovedì 4 novembre, alle 17, sotto il monumento a Garibaldi in Piazza De Ferrari è prevista a Genova una manifestazione promossa dal Circolo di Studi sul Lavoro Sociale “Oltre il Giardino” e chiama operatori sociali, volontari, cittadini, amministratori locali, sindacati a mobilitarsi contro la politica di un governo il cui scopo è “abolire i servizi pubblici cambiando di fatto la Costituzione” e che “con la scusa della crisi economica vuole colpire a morte lo stato sociale”
    Il titolo del volantino riassume amaramente l’attuale situazione nel nostro paese: “Mercato, profitto e beneficienza al posto della democrazia e dei diritti”.
    Le primissime adesioni: Associazione Balgasar – Associazione San Marcellino – Associazione il Ce.Sto – Csoa Pinelli – Laboratorio Buridda – Csoa Zapata – Cooperativa La Comunità – Cooperativa Il laboratorio – Cooperativa il Biscione – Lega Coop – Don Andrea Gallo , Comunità S.Benedetto – Pietro Marcello, Regista.
    A seguire, il testo del volantino.


    Mercato, profitto e beneficenza al posto della democrazia e dei diritti
    Con la scusa della crisi economica il governo vuole colpire a morte lo stato sociale. L’eliminazione del Fondo Sociale e del Fondo per i non autosufficienti costringe Regioni, Comuni e ASL a ridurre ancora di più gli aiuti alle famiglie per l’assistenza agli anziani, ai disabili, ai bambini e agli adolescenti, a chi è emarginato o povero.
    A causa dei tagli alla spesa pubblica le persone e le famiglie in difficoltà già colpite dalla crisi dovranno cavarsela da sole, chi può pagando i servizi, chi non può ricorrendo alla beneficenza, come già avviene da alcuni anni. Bisognerà ricorrere ancora di più alle cure domestiche, soprattutto a carico delle donne, della famiglia o al lavoro, spesso nero e mal pagato, di badanti e babysitter.
    Molti lavoratori dei servizi sociali, sopratutto privati ma anche pubblici, saranno costretti alla disoccupazione o al lavoro senza risorse, precario e dequalificato.
    I volontari dovranno affrontare il compito impossibile e improprio di sostituire i servizi pubblici.
    Di questo famiglie, operatori e amministratori locali si stanno accorgendo anche se c’è ancora troppa rassegnazione e troppo senso di impotenza.
    Ma il vero scopo del governo non è quello di ridurre la spesa per i servizi alle persone.
    Lo scopo principale è invece quello di abolire i servizi pubblici, cambiando nei fatti la nostra Costituzione: il sistema dei servizi pubblici, con l’aiuto della cooperazione e del volontariato, non serve soltanto a offrire prestazioni ma sopratutto a rendere concreti quei valori di libertà, uguaglianza e fraternità che giustificano e fondano la società italiana nata dalla Resistenza e dalla Guerra mondiale.
    I servizi pubblici vanno difesi non tanto perché aiutano chi è in difficoltà a rientrare nella società o a combattere il bisogno, l’invalidità, la povertà ma proprio perché hanno il mandato specifico di aiutare la comunità a conoscere e sviluppare il dovere di solidarietà. Servono a costruire giorno per giorno una società che tuteli e garantisca l’uguaglianza delle opportunità per tutti.
    Il governo vuole eliminare questi presidi costituzionali, per lasciar mano libera a chi vuole vendere le prestazioni sociali oppure offrirle non per diritto ma per carità o beneficenza. Non per caso i tagli riguardano tutti i presidi costituzionali pubblici, come la scuola la sanità la cultura. In ciascuno di questi settori , contribuiscono nei rispettivi ambiti a realizzare il compito della Repubblica (art.3 Costituzione)
    “… rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
    Ognuno di noi deve reagire con forza essendo consapevole del nostro vero interesse e del vero scopo del governo. Bisogna agire insieme, insieme con le amministrazioni locali, i sindacati, le cooperative, le organizzazioni del volontariato, gli operatori, le famiglie e le loro associazioni, insieme con il mondo della scuola, della sanità, della ricerca, della cultura, del lavoro. Non solo per difendere i servizi, le famiglie, i lavoratori. Non solo per combattere l’egoismo, la furbizia, la disonestà.
    Agire insieme per far emergere una società migliore, più fedele alla Costituzione, più democratica, libera, uguale, fraterna.
    A tutti coloro che condividono questa preoccupazione, ma anche la voglia di ricostruire un discorso di senso sull’insieme dei servizi, diamo appuntamento Giovedì 4 NOVEMBRE ore 17 in piazza De Ferrari (sotto il monumento di Garibaldi ! )
    Per aderire mandare una mail a oltreilgiardino.ge@yahoo.it – Per vedere via via chi ha aderito guardare gli eventi nell’account di facebook “oltre il giardino”

     
  • OLI 275: CITTA’ – Box a gogò

    Madame le Parking, così Jean Nouvel, quello del padiglione blu della Fiera, definì l’architetto Teresa Sapey, per il suo garage alla Puerta d’America di Madrid, hotel su 15 livelli, ciascuno dei quali disegnato da architetti di brillio internazionale. Il lavoro più bello e innovativo per un modello urbano sostenibile, parcheggi interrati per far sparire le auto dalle strade ed usare i mezzi pubblici. (Corriere della Sera, 17 ottobre 2010).

    Forse vorrà aspirare a quel titolo la sindaco di Genova, viste le ultime uscite del suo Urban Lab. A Il Secolo XIX (22 ottobre 2010) il numero uno dell’Urbanistica comunale, l’architetto Tomiolo, ha infatti annunciato essere pronto il Comune a modificare le regole per i box pertinenziali, ovvero quelli costruiti su suolo comunale e venduti a prezzo agevolato con bonus vari come per la prima casa – di pertinenza soltanto non più a trecento metri da casa ma nell’ambito di tutto un Municipio. Quindi a distanze anche dieci volte superiori, cioè ci si compra un box a prezzo agevolato a Staglieno, pur abitando a Marassi. Sottocasa insomma, comodo e utile per sgombrare la strada dai veicoli, che era poi la vocazione a cui avrebbe dovuta ambire tutto questo fiorire di costruzione di box. I potenziali clienti acquisterebbero in diritto di superficie per novant’anni i garage ricavati sulle aree pubbliche: una ” forma d’investimento” per i cittadini, bontà loro. E il Comune in prospettiva potrebbe renderli commerciabili senza vincoli, incassando i relativi oneri, viste le vacche magre. Che importa se di fatto la macchina poi la lasci sul portone e ingombri la strada ugualmente.
    Proposta sollecitata da alcune imprese edili in crisi di vendita in certe zone cittadine. Non parliamo di eccesso di offerta – ci si affretta a chiarire, tanto più che i costruttori premono per il via libera a nuovi progetti, in posti di gran pregio però, dove si vende dai centomila euro in su e pazienza se poi resta dell’invenduto.
    Lasciare spazio ai passanti, ai passeggini, alle bici, a chi semplicemente vuol fare quattro passi a piedi, avere diritto al proprio spazio, vivendo in una città “gentile” e rispettosa. Anche a questo servono i parcheggi, che invece paiono diventati le slot machine delle entrate comunali, in questi anni costruiti a migliaia.

    Perché se da un lato sembra che di box ne avanzino, dall’altro pare non si finisca mai di progettarne: 3500 sono in totale i park pertinenziali conteggiati da Il Secolo, mentre altri 1500 potrebbero avere l’avvio con le nuove interpretazioni.

    Il giornale ne cita due anche di Nervi (via Oberdan e via Casotti) per un totale di 150, mentre con il parcheggio delle Streghe, quello dietro la chiesa, via Donato Somma, via Capolungo, più di 700 box sono in costruzione nella zona. Altri 2mila sono previsti in città con il project financing.
    In giro però molti cartelli con su scritto vendesi box, lì come in tutta Genova.
    Ma – per una città più verde – non si doveva scoraggiare l’auto, incentivare il trasporto pubblico? Si permette invece di tirar giù alberi, giardini-parco, case antiche, come villa Margherita a Nervi, per far posto ai parcheggi. Dunque come mai si costruisce, con il rischio di non vendere? Quante auto, barche, case vorrebbero che ci si comprasse? In cambio di verde, territorio e costa spariti per sempre.

    Il fatto è che di quattrini ce ne sono comunque, in mezzo a tanta crisi, magari qualcosa di troppo: lo “scudo” ne ha liberati parecchi. Intanto gli edili minacciano a livello nazionale una pesante protesta, si lavora poco, in realtà non si edifica il necessario.
    Eppure l’allarme lanciato dalla magistratura, persino dalla Confindustria dovrebbe far riflettere: sarebbe giusto indagare fino in fondo su chi sta investendo e con quali soldi si costruisce in Italia e in Liguria, una regione che ha perso migliaia di abitanti. Di certo non se lo stanno chiedendo gli enti locali, troppo occupati a monetizzare per il nostro bene.

    Via Capolungo, scavi.

    Via Capolungo, prima degli scavi.

    (Bianca Vergati)
     
  • OLI 275: POLITICA – La lunga estate delle donne romane

    L’estate delle donne romane è stata lunga e particolarmente afosa. Sembra non dar tregua neanche ai segnali del primo freddo. Come al solito tutto è iniziato sommessamente, il 26 maggio 2010, con la proposta di Legge regionale del Lazio n. 21 del consigliere Olimpia Tarzia. Tra i suoi titoli rammentiamo: Docente di Bioetica, Vice Presidente nazionale della Confederazione Italiana Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana, tra i fondatori del Movimento per la Vita, Presidente del Comitato Nazionale per la Famiglia, Presidente del Comitato “Donne e Vita” etc etc.
    La proposta riconosce la famiglia come centro per la promozione della vita e delle relazioni etico-educative, nucleo fondante di nuove realtà consultoriali parallele a quelle territoriali pubbliche-locali e no profit, con le quali la famiglia deve interagire nello spirito della contaminazione della società civile. Anzi, la famiglia è la società civile!
    Scorrendo gli articoli s’intuisce che con famiglia s’intende la coppia canonicamente consacrata dal rito nuziale, non si sa se religioso o meno. Un vago riferimento all’oratorio (art.8) come luogo di aggregazione con il quale il nuovo consultorio familiare dialoga per la maturazione psico affettiva e sessuale dei membri della famiglia, lascia ad intendere qualcosa. La mission della famiglia evangelizzante è la promozione della vita, (art. 13) deve accompagnare e anticipare la possibilità di avvalersi della legge 194/78, tentando di preservare la maternità, facendo ragionare la donna sulle motivazioni della sua scelta personale di abortire, proponendo sostegni economici in una strenua difesa del concepimento. Si citano appositi fondi da dispensare a madri che rientrino in determinate categorie di reddito, prospettando sovvenzioni sino al quinto anno di età del bambino. Consultori familiari e madri dovrebbero essere sostenuti dalla Regione Lazio, quando questa soffre di un buco enorme di bilancio nella sanità e non riesce nemmeno a coprire le necessità del territorio regionale con il numero esiguo di consultori pubblici. Alla sottrazione di fondi pubblici per un’iniziativa privata è proposta l’ormai usuale alternativa (art.17-18): la possibilità di aggregarsi in consorzi (ben vengano se non forzati), cercare sponsor etc. Non una novità per una convergenza storico nazionale in cui i servizi sociali e culturali sono messi a dura prova, se non completamente in dubbio.
    Il provvedimento di legge prevede anche l’istituzione di un comitato bioetico, composto da alcune figure professionali come l’esperto in bioetica, il giurista, il farmacologo etc. Dunque nuovi ruoli professionali, quali le qualifiche per identificarli? Il Comitato bioetico presiede le attività dei consultori pubblici e verifica che i loro servizi siano conformi alle norme bioetiche.
    La minaccia ai consultori pubblici, alla legge 194, alla legge 15/76 in vigore, è stata recepita da diverse realtà, dai sindacati agli stessi consultori, dai comitati femminili a singole adesioni di professioniste, che si riuniscono ormai da luglio alla Casa Internazionale delle Donne. Tutte insieme hanno dato luogo ad iniziative simboliche, continuano a raccogliere firme, hanno incontrato il 4 ottobre scorso Emma Bonino ed altri esponenti di partiti politici che hanno dato sostegno al no nei confronti della proposta di legge.
    Il capitolo non è ancora chiuso, anzi, collocato in uno scenario nazionale in cui le pressioni verso le autonomie regionali, combinate con le forti restrizioni dei loro budget sanitari, può dar vita alle più varie declinazioni. Una legge regionale che scavalca una nazionale, approvata con un referendum popolare, dovrebbe mettere in allerta chiunque. Ancora una volta le donne sono chiamate a difendere diritti ritenuti acquisiti, non solo per interesse diretto, ma per una condivisione reale e nel tentativo di radicare quelli che dovrebbero esser diritti naturali.

    http://www.olimpiatarzia.it/
    http://www.petizionionline.it/petizione/salviamo-i-consultori-della-regione-lazio-dalla- proposta-di-riforma-tarzia/1977
    http://roma.repubblica.it/cronaca/2010/09/22/news/consultori-7324163/
    http://www.radioradicale.it/scheda/312368

    (Maria Alisia Poggio)

     
  • OLI 275: SOCIETA’ – Le leggerezze di un pm

    Facendo i debiti scongiuri, se qualcuno vi rubasse la chiave di casa e vi entrasse facendoci un semplice giro uscendone senza danneggiare nulla, questo sarebbe considerato una violazione di domicilio. Aggiungendo a questo la rottura di un televisore, qualsiasi sentenza comporterebbe in aggiunta un reato di danneggiamento, con relativo danno per il ripristino del bene danneggiato. Se il bene danneggiato fosse un bel “puzzle” appeso al muro, al valore del gioco dovremmo aggiungere un “costo” delle ore di impegno necessarie per montarlo, valutabili in chissà quale modo.
    Quindi non si riesce a capire come mai una persona che ha subito il danneggiamento di un proprio “puzzle” personale su Facebook (la sua casa di Pet Society), costruito con centinaia di ore davanti al PC e spendendo soldi nei negozi virtuali della rete, debba subire il doppio scorno della richiesta di archiviazione da parte di un pubblico ministero. Perché è questo che sarebbe successo ad una persona di Palermo, la cui vicissitudine è stata riportata da diversi quotidiani (*).
    Lascia sconcertati che un pm non sia stato in grado di riconoscere un reato così evidente, previsto in termini espliciti dalla legge, che comincia con il furto della password per finire con una casa vuota, anche se virtuale, e nemmeno di capire che, oggi, i beni possono essere anche dematerializzati, possono consistere in un archivio di musica, di film regolarmente acquistati su un supporto diverso dai classici CD. E possono consistere anche nell’idea di possedere qualcosa per la quale si è pagato denaro sonante (più o meno, vista la dematerializzazione anche di quest’ultimo): è il caso di Pet Society.
    Per fortuna che il giudice per le indagini preliminari ha invece accolto l’opposizione agguerrita degli avvocati della danneggiata, disponendo l’indagine della polizia postale per individuare il colpevole. E se riusciranno a trovarlo, lo scherzo costerà caro al nostro Lupin virtuale, vista la somma di reati ascrittigli, dal furto d’identità fino al danneggiamento: tutti reati penali.
    Un’osservazione più tecnica a piè d’articolo: il termine hacker usato dall’Ansa (l’agenzia stampa dalla quale la notizia deriva) è usato in questo caso in modo errato, in quanto per i pirati informatici che creano danneggiamenti è in uso un termine diverso, cracker. Hacker è colui che non abusa della propria capacità ma, anzi, spesso la mette a disposizione proprio per il miglioramento dei sistemi di difesa informatica.

    * http://www.ilsecoloxix.it/p/magazine/2010/10/22/AMvxIxAE-facebook_svaligiata_inchiesta.shtml
    * http://www3.lastampa.it/costume/sezioni/articolo/lstp/369891/

    (Stefano De Pietro)