Autore: Redazione

  • OLI 273: LAVORO – Salviamo le Cinque Terre anche da Trenitalia

    Salviamo le 5 Terre anche da Trenitalia. La tempestività con cui le Ferrovie, a ridosso degli scandali, hanno sospeso il servizio di biglietteria, presso i point gestiti direttamente dall’Ente Parco, lungo le stazioncine tanto amate da centinaia di migliaia di turisti, lascia esterefatti. Ora hanno inviato, dicono, una task force, ovvero il loro personale viaggiante che a ciglio dei binari garantirà il servizio di emissione biglietti. Circa un milione di euro di credito vantano le Ferrovie verso l’Ente Parco, quelle Ferrovie che ogni giorno dell’anno fanno impazzire i pendolari.
    Un acuto dispiacere credo abbia pervaso i cittadini per quanto è successo in quella parte di Liguria ormai famosa come Portofino, anzi di più, tra ragazzzi stranieri che arrivano qui apposta e non scendono nella piazzetta dei vip.
    Perchè apre il cuore, suscita speranze, l’allegro e incessante viavai
    di turisti che salgono, scendono per stradine, sentieri, sciamano per i vicoli dei borghi. Sono famiglie con bambini, adulti, gente di ogni età, scuole, ma soprattutto è tanta gioventù. E molti sono stranieri, vengono da ogni parte del mondo, è un tamtam sulla rete, fra Facebook, un passaparola in Erasmus a visitare quel lembo di terra italiana , patrimonio dell’Unesco.
    Funzionava tutto nel Parco, nonostante un sottobosco di innominabili, che ha distrutto una dei vanti della nostra Regione e su cui la magistratura doverosamente accerterà. Perchè intanto FS mette in crisi una gestione davvero accogliente, fatta da 200 ragazzi premurosi ed affabili? Ora da Trenitalia spiegano che è una sospensione temporanea, in attesa che venga saldato il debito, meno di un milione di euro. Proprio le Ferrovie che hanno passivi e disservizi vergognosi e qui hanno un giro di tre milioni di passeggeri.
    Al di là degli scandali, malinconici spettacoli per noi cittadini, stanchi, ammutoliti e preoccupati dal presente e dal futuro, salviamo le 5 Terre. E con loro quei 200 ragazzi che ogni giorno, sabato e domenica sempre, vi lavorano, rispondono gentili, sorridenti ad ogni dubbio del turista. Ora rischiano seriamente di essere lasciati a casa, in una Regione già così martoriata per l’occupazione.
    Saprà intervenire la politica, anche se si sa le risorse sono poche? Sono lavoratori anche loro questi ragazzi, che non hanno ammortizzatori sociali, solo alle spalle famiglie senza più parole e speranza.
    (Bianca Vergati)

  • OLI273: REGIONE – Uomini e uccelli

    L’art. 1 della legge 157 del 1992 recita: “La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale”, ma la Regione Liguria, relativamente al significato del termine “indisponibile”, deve avere delle vedute piuttosto elastiche. Infatti, unica regione d’Italia, ha approvato una legge che consente ai cacciatori di sparare fino a mezz’ora dopo il tramonto, con 25 consiglieri a favore, 5 contrari e molte assenze variamente motivate.
    La legge approvata ha il singolare pregio di mettere (quasi) tutti d’accordo: infatti è stata votata da Lega Nord, Partito Democratico – guidato dal cacciatore Ferrando, UDC, “Noi con Burlando” e dalla signora Fusco dell’IDV. Contro, solo la Federazione della Sinistra e i consiglieri Scialfa, Quaini e Piredda dell’IDV. Altri consiglieri (Rossi, Siri e Pellerano) si sono allontanati dall’aula, appellandosi alla illegittimità del provvedimento.
    Questo provedimento si propone di modificare la legge regionale del 1994 che fissava al tramonto il limite agli spari, in accordo con la legge quadro nazionale 157.
    Ricordiamo che un precedente tentativo di modificare la legge regionale, portato avanti sempre dalla Regione Liguria, presidenza Biasotti, era stato respinto, perché in contrasto con essa.
    Inoltre, in questa storia, interviene anche un profilo costituzionale, cioè quello che afferma l’esigenza di uno ‘standard’ di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, mentre “a livello regionale eventuali deroghe agli standard minimi di tutela fissati nella legislazione statale, sono consentite soltanto per la salvaguardia degli interessi generali” (vedi sentenza 226/2003 della Corte Costituzionale, in merito ad una legge venatoria della Regione Puglia).
    Provvedimento di dubbia validità, quindi, oltre che fraudolento nel rapporto fra uomo, cacciatore con armi e uccelli, colti in un momento di debolezza, quando cercano rifugio e riposo al termine di una giornata trascorsa a procurarsi il cibo e ad arricchire i nostri cieli e il nostro mondo.
    Chi ha votato contro il provvedimento ha sostenuto che esso aumenta i pericoli anche per i cacciatori, anch’essi sottoposti alle leggi della fatica, della diminuzione della vista con il buio e dello stress da bisogno di successo (spesso frustrato). E ha ragione.
    E’ molto probabile che questo provvedimento non abbia futuro. E questo ci auguriamo mossi anche da quel sentimento di pietas per il creato la cui assenza sta inaridendo il nostro vivere. E poi se gli uccelli non votano, e questo sicuramente impoverisce la nostra democrazia, i cacciatori non son più quella grande lobby di una volta, passati come sono in Liguria dai 70mila degli anni ’80 del secolo scorso ai 20mila di oggi.
    Però guardiamo il cielo, perché anche gli uccelli si incazzano! E circola voce che potrebbero decidere di cambiare regione, se non stato, anche quelli non cacciabili, per solidarietà di specie, e perché dopo il tramonto si fidano ancora meno della capacità di discernere dei cacciatori.
    (Angelo Guarnieri)

  • OLI 273: COSTITUZIONE ITALIANA – Le Madri Costituenti: Nilde Iotti e la relazione sulla famiglia

    La Iotti è chiamata a far parte, insieme con altre 4 donne deputate, della Commissione dei 75, cui venne affidato il compito di elaborare il progetto di Costituzione; e in seno alla I Sottocommissione (diritti e doveri dei cittadini) è nominata relatrice – congiuntamente con l’on. Camillo Corsanego della Democrazia cristiana – sul tema della famiglia. La relazione che ella presenta per suo conto esprime subito una visione, un’ispirazione che va oltre i problemi della famiglia in senso stretto, un approccio capace di svolgersi in futuro su molteplici terreni. Punto di partenza è il richiamo alla vicenda sconvolgitrice della guerra, che ha messo in grave crisi anche la vita familiare, e alla «atmosfera di solidarietà a cui tutta la rinascita della Nazione dovrà essere ispirata». Molto netta è 1’affermazione, in questo quadro, del valore della famiglia come «nucleo primordiale su cui i cittadini e lo Stato possono e debbono poggiare per il rinnovamento materiale e morale della vita italiana», e dunque la rivendicazione fondamentale della «tutela da parte dello Stato dell’istituto familiare». Se queste definizioni (cui corrisponde l’appello a sancire nella Costituzione «il proposito di rafforzare la famiglia») possono oggi apparire tradizionalistiche, nella stessa relazione Iotti si trova, subito dopo, una forte denuncia della «fisionomia per certi aspetti antidemocratica» della famiglia, nonché delle condizioni «che pongono la donna in stato di inferiorità e fanno sì che la vita familiare sia per essa un peso e non fonte di gioia e aiuto per lo sviluppo della propria persona» (…) «Dal momento che alla donna è stata riconosciuta, nel campo politico, piena eguaglianza col diritto di voto attivo e passivo, ne consegue che la donna stessa dovrà essere emancipata dalle condizioni di arretratezza e di inferiorità in tutti i campi della vita sociale, e restituita a una posizione giuridica tale da non menomare la sua personalità e la sua dignità di cittadina». È il programma del grande movimento per 1’emancipazione femminile, di cui vengono così tracciate le motivazioni e le direttrici essenziali. La Iotti ne diventerà ben presto, anche fuori dalle aule parlamentari – nelle organizzazioni delle donne e in seno al suo partito – una protagonista di primo piano.
    C’è ancora qualche altro punto importante da segnalare in quella primissima prova parlamentare di Nilde Iotti come relatrice in seno alla I Sottocommissione della Commissione dei 75 per la Costituzione. Innanzitutto, il punto relativo alla indissolubilità del matrimonio: la giovane deputata comunista dichiara di considerare «inopportuno porla in discussione» ma nello stesso tempo di essere «contraria a inserire nella Costituzione stessa il principio della indissolubilità» (…) Né è da sottovalutarsi l’indicazione – sempre nella relazione Iotti cui ci stiamo riferendo – di punti importanti, relativi ai principi su cui fondare il rafforzamento e il rinnovamento dell’istituto familiare: il principio della eguaglianza giuridica dei coniugi, e dunque della eguaglianza dei loro «doveri di fronte alla prole»; la necessità di giungere al riconoscimento, per i figli illegittimi, «degli stessi diritti dei figli legittimi»; il riconoscimento, da parte dello Stato, della «maternità come funzione sociale».
    Sulle formulazioni proposte dalla relatrice, in parte divergenti da quelle proposte dall’ altro relatore, on. Corsanego, si sviluppa una animata discussione, cui partecipano tra gli altri gli onorevoli La Pira, Basso, Aldo Moro, Dossetti e che si conclude con soluzioni di compromesso, concordate in particolare con Moro: come quella che accoglie la pur controversa definizione della famiglia come «società naturale». Rimane il contrasto sulla qualificazione come «essenziale» della missione familiare della donna lavoratrice quell’aggettivo è approvato con 7 favorevoli e 4 contrari, ma poi l’intero comma è approvato all’unanimità), e soprattutto sull’inserimento in Costituzione del principio dell’indissolubilità del matrimonio. Tale formulazione viene approvata a maggioranza nella I Sottocommissione e nella Commissione dei 75, ma verrà poi bocciata (con 194 voti contro e 191 a favore) dal plenum dell’ Assemblea Costituente.
    Al di là del merito, è importante il clima in cui si svolge il confronto: come confronto, anche, tra posizioni ideali molto diverse, che tuttavia non esclude avvicinamenti e compromessi sul piano politico. C’è, innanzitutto, ascolto e rispetto reciproco; anche quando una parte è battuta dall’altra nel voto su questioni pur importanti, prevale il giudizio d’insieme, e il senso della responsabilità comune specie di fronte al compito supremo della definizione della Carta costituzionale.
    dalla Prefazione di Giorgio Napolitano
    al volume “Nilde Iotti – Discorsi parlamentari”
    Camera dei deputati, 2003
    (a cura di Aglaja)

  • OLI 273: PAROLE DEGLI OCCHI – I muri dicono che…

    Foto (C) Giorgio Bergami
    Le scritte, i murales, i graffiti sui muri della città, sono un mezzo di comunicazione spontanea che tutti i cittadini possono adoperare per porre, in modo “trasgressivo”, e in “siti meno controllati”, domande idee proposte su problemi d’attualità che pesano sulla nostra vita e che i mass-media o non trattano o presentano solo dal punto di vista della classe sociale egemone
    Il muro è a disposizione di tutti,su cui testimoniare e comunicare la propria presenza, il proprio punto di vista sui problemi che coinvolgono tutta la vita sociale della città:
    il razzismo, la droga, lo sport, l’amore…
    La prima foto che mi ha sollecitato l’idea della raccolta l’ho scattata nel 1962 in via
    Pertinace dove avevo spostato il mio studio con sede in piazza Fossatello dal 1953.

  • OLI 272: VERSANTE LIGURE – OPPOSTI CANNIBALISMI

    Se Atene si sconforta
    non ride certo Sparta:
    la destra è quasi morta
    la gauche pare deserta
    (si è trasferita a Murta
    a contestare Marta).

    Versi di ENZO COSTA 
    Vignetta di AGLAJA

    OLI 272: SOMMARIO

     

  • OLI 272: CITTA’ – Il funerale del Teatro Carlo Felice

    Genova, 28 settembre 2010, Piazza De Ferrari, ora di pranzo.
    Il funerale del Teatro Carlo Felice con i dipendenti e i collaboratori del teatro.

    (C) 2010 Stefano De Pietro

    OLI 272: SOMMARIO

     

  • OLI 272: SOCIETA’ – L’accessibile normalità di Stoccolma

    Spesso sono destinati a coppie. Non di gemelli. Ma semplicemente di fratelli. Se ne vedono parecchi in giro, i giovani genitori ci spingono i figli: il grande nel passeggino, il neonato nella carrozzina, affiancati l’uno all’altro esattamente come in un sidecar. A loro ogni mezzo di trasporto è accessibile: l’autobus che si abbassa dolcemente sul marciapiede per far scivolare le ruote delle carrozzine all’interno, la metropolitana dotata ad ogni fermata di ascensore, i traghetti per l’arcipelago. E loro, i bambini, con passeggini di ogni forma, sono davvero tanti a Stoccolma. Tanti come disabili e anziani, alcuni che girano la città su sedie a rotelle o spingendosi appoggiati a girelli.
    Per i più malati il centro per anziani che ho visitato nel quartiere di Solna offre grandi camere singole dove portare da casa gli oggetti più cari, camere dotate di servizi per disabili e angolo cucina. E un’assistente – fotografata vicino al degente accanto alla porta della stanza – che, mi dicono, non è presenza virtuale, ma reale. Se hanno pensione viene trattenuta dallo Stato praticamente tutta, tranne una piccola percentuale.
    Anche in piena estate, colpisce di Stoccolma il silenzio in strade e parchi, ancorché affollati, come se anche il volume delle parole fosse regolato da un principio condiviso da tutti. E stupisce la presenza di giovani e famiglie straniere. 
    La moschea è nel cuore della città. Lo spazio interno corrisponde alla somma di due palestre delle nostre scuole: grandi finestre si affacciano su un lato del perimetro, archi orientaleggianti decorano il lato opposto. L’ala schermata e riservata alle donne ne sovrasta una parte. La costruzione, di una semplicità commovente, è quello che deve essere, un luogo di preghiera. Indispensabile al credente.
    A Stoccolma quello che è necessario al cittadino sembra accessibile con normalità. E’ una normalità strana per chi è italiano, difficile da comprendere perché derivante da una logica – pagamento delle tasse ed etica della politica – che in Italia non ha messo radici.
    La politica svedese infatti è controllata da anticorpi interni ad essa che la rendono immune dalla corruzione. La segretaria socialdemocratica Monia Sahlin colpevole di aver utilizzato (nel 1995) la carta di credito da parlamentare per acquistare due tobleroni, pannolini e sigarette, fu costretta a causa dello scandalo a lasciare la carica di vicepremier e ad abbandonare la politica. Ridotta al silenzio per tre anni, è stata eletta alla segreteria del suo partito nel 2007. Ancora oggi lo “scandalo del Toblerone” è uno degli argomenti principali – a distanza di quindici anni – in mano agli avversari politici per renderla “inaffidabile”.
    Forse anche questa vicenda ha a che vedere con l’accessibile normalità che si respira a Stoccolma.

    (Giovanna Profumo)

    OLI 272: SOMMARIO

     

  • OLI 272: POLITICA – Aspettando la goccia che fa traboccare il vaso

    Dopo l’ultima volgarità sull’acronimo SPQR Bossi si è scusato, secondo la solita prassi di lanciare insulti e fare stentate retromarce in caso di necessità.
    Così la questione di fiducia sul suo nome è rientrata, e tutto si è ricomposto. Chissà fin dove arriverà la capacità di tolleranza di questo nostro disgraziato paese.
    Ogni tanto, tuttavia, arriva qualche segnale che ci fa sperare che il vaso sia ormai pieno e inizi a traboccare. Ad esempio, tra i molti motivi per cui Fini, cofondatore del PDL, è in rotta di collisione con Berlusconi c’è anche la radicale diversità delle sue posizioni su unità di Italia, federalismo e immigrazione rispetto a quelle che la Lega impone alla agenda del governo. Casini ha assunto una ferma posizione contro l’ipotesi di poter entrare al governo con la Lega. Inoltre è emblematico il duro attacco dell’associazione Italiafutura, vicina all’ex presidente di Confindustria Montezemolo, dove in un editoriale intitolato “I fatti di chi produce e le parole (e gli insulti) di chi ha fallito”, la Lega viene ritenuta “corresponsabile di 16 anni di non scelte, che hanno portato il Paese a impoverirsi materialmente e civilmente”, mentre Bossi è giudicato incapace di portare i risultati attesi dal suo stesso elettorato “Guardare alle promesse sul federalismo per credere. Dubitiamo infatti che i suoi elettori l’abbiano mandato in Parlamento per difendere Cosentino o Brancher. Ha ragione Bossi: in Italia (e in particolare nella sua Padania immaginaria) la chiacchiera va per la maggiore e delle parole a vanvera di una classe politica screditata gli italiani ne hanno piene le tasche.”
    Perfino Eric Almqvisti, portavoce di Sverigedemokraterna, il partito di estrema destra che ha regsitrato un imprevisto successo in Svezia sollevando allarme in tutta Europa, prende le distanza dalla “nostra” Lega Nord. Infatti in una intervista al Sole 24ore del 18 settembre scorso aveva dichiarato: “Abbiamo avuto qualche incontro con Alleanza Nazionale e con la Lega Nord ma niente di più, anche perché loro sono molto più radicali di noi … noi siamo pronti ad accogliere chi scappa dai propri paesi perché in pericolo, come gli iraniani e gli iracheni. Non possiamo permetterci quelli che non vogliono diventare parte della nostra società”. Questo partito xenofobo che non propone di bombardare i mezzi che trasportano gli immigrati o di respingerli senza verificare se tra essi vi siano persone che possono chiedere asilo o assistenza umanitaria, è comunque isolato e nessuno dei due schieramenti di centro destra e centro sinistra svedesi intende governare con esso.
    Sperare che succeda lo stesso al partito degli xenofobi in Italia è troppo?

    (Saleh Zaghloul)

    OLI 272: SOMMARIO

     

  • OLI 272: ALIMENTAZIONE – Quanta sofferenza sei disposto ad accettare?

    Quanta sofferenza sei disposto ad accettare per il tuo cibo? Questa è la domanda di fondo che pone Frank Reeze, allevatore americano di polli e tacchini, uno degli ultimi avicoltori indipendenti  in un mercato zootecnico dominato al 99 % dall’allevamento intensivo (in “Se niente importa”  di Safran Foeer – Ed. Guanda). 
    Una domanda che chiama in gioco nello stesso tempo i grandi interessi economici e la nostra etica individuale (in “Se niente importa”  di Safran Foer – Ed. Guanda).
    Dice Reeze “La gente è ormai lontanissima dagli animali che mangia”, e questi “Hanno pagato caro il nostro desiderio di avere tutto in qualunque momento ad un prezzo irrisorio”. Un tacchino, un pollo, una gallina ovaiola industriali “non possono camminare normalmente, non parliamo di saltare o di volare”.  Condizioni di allevamento, tipo di alimentazione, e una “grottesca” manipolazione genetica rendono impossibile la loro sopravvivenza in condizioni normali. Osserva l’allevatore: “Quello che l’industria ha capito – ed è stata questa la vera rivoluzione – è che non ti servono animali sani per fare profitto. Gli animali malati sono molto più redditizi”.
    Safran Foer cita i dati di questa perversione moderna: “Dal 1935 al 1995 il peso medio dei broiler (polli allevati per produrre soprattutto il petto) è aumentato del 65 %, mentre il tempo per immetterli nel mercato è calato del 60 %, e il loro fabbisogno di cibo è diminuito del 57 %”. Per cogliere la radicalità di questo cambiamento, dice, dobbiamo immaginare un bambino  che a dieci anni arrivi a pesare 150 Kg. mangiando solo barrette di cereali ed integratori vitaminici.
    E’ stato negli anni ’50 e ’60 che le aziende avicole hanno iniziato a procedere “alla integrazione verticale della filiera produttiva” , e che un’attività economica “un tempo dominata dalle donne”  è transitata in mano ai maschi, mentre i pollicoltori esperti sono stati sostituiti da dipendenti stipendiati.  “Non ci fu un colpo di pistola a segnare l’inizio della corsa verso il basso. Il terreno si inclinò e tutti scivolarono giù”.
    L’allevatore Reeze elenca:  “Un quarto dei polli ha fratture da stress. E’ sbagliato. Sono così stipati uno addosso all’altro che non riescono a evacuare il loro escrementi e non vedono mai il sole. Gli artigli crescono intorno alle sbarre delle gabbe. E’ sbagliato. Sentono la macellazione. E’ sbagliato.” Aggiunge di credere cha alla gente importi degli animali, ma “non vogliono sapere o pagare”, e l’industria fa di tutto perché continuino a non sapere.
    E qui torna la domanda: che succede da noi? Digitando “broiler” su Google, di informazioni se ne trovano, ad esempio che la densità dei broiler negli allevamenti si aggira sui 30 kg. per metro quadro (dai 16 ai 34 animali, a seconda del peso), che in Italia il mercato è dominato da due aziende, l’AIA del Gruppo Veronesi e l’Amadori, con dettagli su quel che vi avviene, che l’allevamento naturale o biologico (dove la U.E.  fissa in tre polli la densità per metro quadro) copre solo lo 0,7 % del mercato.   
    Ma quanti cittadini si mettono a digitare “broiler” su Google prima di andare a fare la spesa?
    Non intravvedete un compito mancato degli organi di informazione?
    Link:
    (Paola Pierantoni)
  • OLI 272: SOCIETA’- Dislessia: ignoranza editoriale

    E’ stata da poco approvata la nuova legge sulla dislessia, che dota finalmente lo Stato di una norma all’avanguardia, con aggiornamenti per gli insegnanti, fondi per l’istruzione, definizione dei vari tipi dei Dsa (Disturbi specifici di apprendimento – discalculia, disortografia, ecc). Dopo molti anni di giacenza a livello delle commissioni parlamentari, sono stati una petizione online e un gruppo di Facebook che sono riusciti a sbloccare la situazione, grazie alla mamma di un bambino dislessico, Laura Ceccon (*), che si è fatta promotrice di una richiesta. Molti giornali si sono interessati alla cosa, anche in virtù del media inconsueto per l’Italia, appunto Facebook, usato per fare visibilità nazionale e soprattutto organicità alla richiesta, davvero forte, da parte di chi la dislessia la vive quotidianamente in casa, con i propri figli. Avvenire, il Corriere della Sera, televisioni locali, tutti hanno fatto la loro parte per spiegare di cosa si tratti, di come possa essere superata o perlomeno “arginata” la dislessia, come comportarsi per consentire a tutti di usufruire della possibilità di studiare e di darsi le migliori opportunità nella propria vita.
    Fino a poco tempo fa, e ancora oggi a dire il vero, la dislessia non veniva riconosciuta dagli insegnanti, causando gravi danni psicologici ai bambini, problemi alle famiglie, ritardi nell’apprendimento. Anche quando la diagnosi finalmente metteva in luce il motivo della incapacità di alcuni bambini di uniformarsi ai metodi di apprendimento dei loro compagni, comunque era difficile trovare insegnanti in grado di gestire la situazione in modo professionale, soprattutto per la totale mancanza di formazione in materia da parte del sistema di aggiornamento scolastico. Oggi, con la nuova legge, sono state messe le basi per cercare di risolvere questa situazione davvero indegna di un paese moderno.
    Mentre da tutti, genitori, specialisti, ministero, parlamento, si levano parole di approvazione, una voce fuori dal coro ci manda una stonatura che attacca a trecentosessanta gradi questo risultato, non tanto nei particolari di questo o di quel comma, ma proprio per il modo di intendere nello specifico la dislessia, e più in generale il concetto stesso di “differenza” tra le persone.
    Questo falsetto fuori registro appartiene a Guido Mattioni, che prima ancora che editorialista del Il Giornale è, così lui stesso si definisce nell’articolo “Scuole come ospedali: non più somari ma malati”, un “caprone in matematica” (**).
    Intristisce vedere una mente così arcaica scrivere appollaiato in un trespolo tanto alto, dalla cui elevazione con poche parole incompetenti, incapace della comprensione della bellezza della differenza del mondo, cerca di distruggere il lavoro fatto da decine di persone, esperti di apprendimento, ricerche internazionali, congressi e esperimenti. E ancora di più stupisce la mancanza di controllo della direzione del quotidiano su quanto scrivano i propri redattori, non certo censurando ma per lo meno marcando la dissociazione da un articolo che nei contenuti offende la dignità di persone che hanno difficoltà di vita non tanto per la propria condizione di inadattabilità a metodi di scrittura e di pensiero per loro inutilizzabili per natura, quanto per l’incapacità di cambiamento che la nostra società ha manifestato. Mattioni, con lo stridere dei propri concetti conservatori ottocenteschi, ne è un esempio lampante.
    Conclude l’articolo con un “E’ il nuovo che avanza”, almeno questo riesce a percepirlo, anche se non ancora ad appezzarlo. Laura Ceccon, che fa parte di questo nuovo che avanza, invita sul suo gruppo ad ignorare l’articolo e ad occuparsi di cose serie.

    * http://www.facebook.com/pages/Vicenza-Italy/Laura-mamma-di-un-bambino-dislessico/456803020023
    ** (http://www.ilgiornale.it/interni/scuole_come_ospedali_non_piu_somari_ma_malati/01-10-2010/articolo-id=477008-page=0-comments=1)

    (Stefano De Pietro)

    OLI 272: SOMMARIO