Autore: Redazione

  • Sanremo – Giustizia, non omaggi ai caduti del lavoro

    Eh sì! Sicuramente sarà più sollevato Fabrizio Cannonero, il portuale genovese morto cadendo da una nave giapponese senza balaustre nella notte tra giovedì e venerdì. La sua faccia (o quello che ne resta, visto che non hanno permesso ai congiunti di avvicinarsi alla banchina dove era cadavere) avrà lineamenti più distesi avendo saputo che il festival di Sanremo ha dedicato un “omaggio” ai morti sul lavoro. E certamente anche gli operai della Thyssen, che erano un bel gruppetto, proveranno più calore nello stare insieme nel luogo in cui si trovano, dopo che Pippo Baudo ha reso “omaggio” alle loro non più disponibili vite. Così dice il telegiornale nazionale e la giornalista del TG3 della Liguria. Adesso si dice “omaggio” per dire ricompensa o cosa?

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  • Gravina in Puglia – Non soltanto i pedofili insidiano i bambini

    I soliti (discutibili) applausi al feretro, lacrime, mazzi di fiori e tanti peluche con dediche di affetto, di tenerezza, sono gli aspetti visibili della commozione popolare che segue le più insopportabili tragedie sciorinate dalla cronaca quotidiana, ultima la fine atroce toccata ai due fratellini di Gravina in Puglia. Certo nessuno può dubitare, tanto meno sorridere, dei sentimenti espressi magari in modo ingenuo, un po’ teatrale, da tante singole persone; ma allo stesso modo non si può tacere il rischio che il coro del pianto, amplificato dai media, possa cancellare lo scenario di degrado generalizzato e le responsabilità non solo morali che un simile sciagurato episodio mette in tutta evidenza.

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  • Università/1 – Strozzini molti, servizi pochi

    Dopo anni una inchiesta di Repubblica Lavoro (16 febbraio ’08) sugli universitari fuori sede, italiani e stranieri (questi più del 5% del totale), a Genova: stanze mono o condivise, con e senza uso di cucina, con e senza aggiuntivi compiti domestici, alle condizioni più diverse. Unico punto in comune: tutto in nero. Nessuna titolare – e quindi famiglia di appartenenza – ha in mano uno straccio di ricevuta, un pezzo di carta con valore legale che documenti l’entità del pagamento. Quanti sono? Centinaia, migliaia? Non si sa. Come vivono? Non si sa. O meglio lo sanno gli interessati ma non la città che li accoglie. E neppure è interessata a saperlo l’università dove studiano, una delle prime aziende della città, che ha tremila dipendenti e che partecipa ad un ente, l’Agenzia regionale per i servizi scolastici e universitari (Arssu), che appunto di queste cose dovrebbe occuparsi. L’Arssu appunto che dopo anni di questo scandalo solo ora (Repubblica 19 febbraio ’08) ha chiesto al Comune… uno sconto sull’ICI per gli affittuari di stanze e appartamenti per convincerli ad emergere dal nero. Come dire: se rispetti la legge ti diamo un premio. E un albo degli affittacamere con le caratteristiche di quelle offerte in affitto? Neppure se ne parla. Più che un omaggio al libero mercato sembra una autorizzazione allo strozzinaggio.
    (Manlio Calegari)

  • Università/2 – Genova: i numeri della decadenza

    Repubblica 17 febbraio ’08: a Genova, all’inaugurazione dell’Anno accademico, l’ospite di eccezione è il vicedirettore della Banca d’Italia. Parla con i numeri: la crescita economica dell’Italia è bassa, la produttività cresce poco, il reddito pro capite ristagna. In deperimento graduale anche il capitale umano: il 25% degli studenti ha competenze scientifiche insufficienti, la percentuale sale al 33% per quanto riguarda la matematica. Il 50% degli studenti non è in grado di comprendere e di restituire un testo di media difficoltà. Nessuna sorpresa: nelle graduatorie internazionali le università italiane appartengono alla seconda fila. Ma sanno anche come si sfugge al giudizio: concorsi addomesticati e molta autoreferenzialità circa i rendimenti didattici e la qualità della ricerca che vi si produce. In altre parole: da noi la corporazione universitaria fa finta che tutto vada bene.
    Una conclusione già in qualche modo annunciata da “L’inchiesta” pubblicata da Repubblica il 6 febbraio ’08: “Dopo anni di università alle spalle un dottore su cinque ha serie difficoltà ad usare la parola scritta”.
    Tra le conclusioni possibili per il lettore se ne affaccia una: l’università sembra attenta più a prendere che a quello che dà. E la città? Ha l’indotto e tanto basta.
    (Manlio Calegari)

  • Ricerca e sviluppo – Più università, meno laureati

    Repubblica 14 febbraio ’08: “I numeri dell’innovazione in Liguria”. Il riferimento, relativamente alla Liguria, è all’inchiesta condotta da Eurostat sui vari settori manifatturieri, il trend dell’occupazione, la spesa pubblica in ricerca e sviluppo. “Il dato più preoccupante riguarda… le risorse umane. Da oltre 10 anni ormai il numero degli studenti iscritti all’Università di Genova è in caduta libera (dagli oltre 41 mila dell’anno accademico 1996-97 ai 35mila scarsi del 2006-’07: -15%)… “. Nel caso delle facoltà di Ingegneria e di Scienze matematiche, fisiche e naturali siamo di fronte a un crollo; rispettivamente (per lo stesso periodo) meno 29% e meno 33%. Ancora: negli ultimi tre anni il numero dei laureati sia a Ingegneria sia a Scienze è calato del 33%. Una conferma indiretta dall’indagine condotta dalla Dixet per conto di Confindustria Genova: le imprese faticano a trovare personale qualificato.
    Miglioreranno le cose con l’incremento delle università locali. La risposta è già nota: No! Non miglioreranno. Lo ha scritto il Sole 24 Ore 20 gennaio ’08 “Boom di università locali ma gli iscritti calano”. Dai 60 atenei del 1990 siamo passati a 94, quasi uno per provincia, “una miriade d’istituzioni scadenti” sorte per lo più “per mere logiche di consenso politico”. Un frazionamento accademico che neppure è servito a incentivare una maggiore formazione nelle materie scientifiche. “Un campanilismo che ammorba” è il commento del giornale di Confindustria.
    (Manlio Calegari)

  • Call center – Il gioco delle tre carte a spese di chi lavora

    Lunedì 26 febbraio una bella puntata di Radio3 mondo sui call centers è stata occasione, per chi sia un po’ addentro alla questione, di una notevole soddisfazione e di una arrabbiatura formidabile.
    Motivo della soddisfazione è stato sentire Pietro Ichino affermare che “tra lavoro inbound (operatori che ricevono telefonate da parte degli utenti) ed outbound (operatori che fanno promozioni commerciali), non c’è alcuna differenza. La differenza è stata introdotta dalla circolare Damiano: in realtà si tratta in ogni caso di lavoro subordinato, e questi lavori sono comunque incompatibili col contratto “a progetto”.

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  • Stazioni – Se settanta video vi sembran pochi

    Lettere ai giornali e sfoghi sui blog segnalano da diverso tempo il disagio di una parte dei viaggiatori alle prese con la video-invasione delle nostre stazioni. Chissà se questa sofferenza è percepita come tale dalla maggioranza, o se la maggioranza, invece, se ne accorge a stento, o addirittura gradisce, ben addestrata da anni di bombardamento sonoro nei bar, nei ristoranti, nei negozi, in automobile, ovunque.

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  • Mind the gap – Tra consumo e consumo

    Ai mercati dei civ (comitato integrato di via) passa parecchia gente. Se la giornata è tersa ed il vento non imperversa troppo, si srotola un carosello di occhi, sguardi, voci “Mi dia una fetta di quella toma, ma la faccia sottile sottile, mi raccomando”. Un signore anziano, abito scuro e occhio glauco, scruta i bagliori verdastri dell’olio extravergine da profumatissime olive liguri ponentine, nelle bottiglie schierate sul banco come una prima linea in battaglia “Eh, si che mi piacerebbe quell’olio, altro che discount, ma chi ce la fa, a comprare”. Una donna, esile come un giunco, aspetta la bonaccia della pausa pranzo per visitare la parata dei banchetti e chiedere, con un filo di voce, che le regalino qualcosa da mangiare. E via via, tra bisogni elementari, ninnoli collanine e cotillons.
    In cima alla via campeggia un grande cartello, grafica seventy, sfondo nero, esplosioni di colori acidi ed oggetti di qualunque tipo, una specie di paradiso del consumo, alletta il passante con tono entusiasta “Questo è shopping”, per promuovere una gita a New York City; altri fanno eco poco distante “Questo è mangiare”, “Questo è divertimento”, oh, yeah, in NYC, not Sampierdarena.
    L’unico ad interessarsi al messaggio, nel via vai, un botolo in vena di segnalazioni territoriali.
    (Eleana Marullo)

  • Moschea – Non scoraggiare l’islam pacifico

    Su OLI 160 Paola Pierantoni parlava della frustrazione di migliaia di islamici costretti a praticare i propri riti in condizioni avvilenti mentre l’edificazione della moschea viene sempre rinviata, mettendo in difficoltà proprio coloro che tentano di diffondere nella propria comunità la volontà di una convivenza armoniosa con la città ospitante. Condivido questa opinione.
    Sono convinto che non ci sia una religione superiore all’altra. Tutte le religioni hanno in uguale misura degli aspetti positivi e degli altri negativi. Conosco abbastanza bene le tre religioni monoteiste. Sono musulmano d’origine, sono nato in Palestina, a trenta chilometri da Betlemme, dove è nato Gesù e dove si sviluppò la religione ebraica.

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  • VERSANTE LIGURE


    LALLALLERO

    Mi appongo una postilla

    che le certezze brucia

    il mio credo traballa

    l’antica idea s’inficia:

    in me alberga un Lalla

    che spesso si dissocia.



    “Questo versante è fantastico!”
    “Mai letto nulla di più orribile!”