Autore: Redazione

  • OLI 389: PAROLE DEGLI OCCHI – SARA’ FINITA?

    Foto di Paola Pierantoni
    9 Ottobre 2013, una grande nave incombe orribilmente sulle case di Venezia. 
    Il governo ha deciso che da Novembre 2014 dovrà essere definitivamente precluso il transito 
    delle navi crocieristiche superiori a 96mila tonnellate
  • OLI 389: CITTA’ – Dieci anni dalla morte di Albert Kolgjegja

    L’8 novembre cade il decennale della morte di Albert Kolgjegja. Una targa all’interno del Galata – Museo del mare, ricorda l’operaio albanese che perse la vita nel crollo delle solette di cemento dell’edificio, nel cantiere che lavorava per concludere i lavori per l’inizio del 2004, e per Genova capitale europea della cultura.

    Albert aveva trent’anni ed era figlio del medico di Lura, ma aveva deciso di non seguire la strada del padre per non gravare sulla famiglia durante gli studi. Aveva passato la frontiera attraverso la Grecia ed era arrivato in Italia da Corfù, dopo aver pagato tre milioni di lire agli scafisti.
    Dal 2000 aveva deciso di vivere a Genova, dapprima lavorando nei cantieri stradali (di notte, però: essendo clandestino, la ditta che lo aveva assunto pensava fosse più prudente), poi – una volta ottenuto il permesso di soggiorno – come muratore nei cantieri edili.

    Albert aveva iniziato a lavorare al Galata, attraverso la Impreval, ditta bergamasca che aveva in subappalto cantieri della Carena e della Cemedile. La Impreval, grossa azienda con cinquemila dipendenti, aveva molta fretta di finire. Per trovare operai e terminare il lavoro, raccontò uno dei colleghi di Albert, non andava per il sottile: “Lavoravamo senza sicurezza e in nero, a sei euro l’ora, ci chiedevano solo la fotocopia del permesso di soggiorno. Se ce l’avevi, potevi lavorare, non ti chiedevano altro”. “Volevano accorciare il tempi, abbiamo disarmato la soletta troppo presto, il cemento era ancora fresco”.

    Albert quindi da Lura in Albania finì a lavorare a 6 euro l’ora in nero al Galata, fino a che una mattina (era un sabato) un ammasso di cemento e macerie lo seppellì. Il suo regolare contratto di lavoro gli fu spedito il 10 novembre 2003, due giorni dopo la sua morte.
    Tanti altri operai rimasero feriti, ma fuggirono dopo l’incidente e si fecero medicare in incognito negli ospedali genovesi.
    Ci furono numerosi indagati, fu nominata una commissione d’inchiesta e designato un commissario straordinario per la lotta al lavoro sommerso.

    Il Galata fu inaugurato a fine luglio 2004: oggi ospita anche il Mem, museo delle migrazioni.
    Una cerimonia al MuMa ricorderà il decennale, l’8 novembre alle 18, alla presenza del console onorario d’Albania.

    (Eleana Marullo)
  • OLI 389: CITTA’ – Slot machines, San Bernardino e il Parlamento

    Il 26 ottobre, allo Slot Mob, Dominic non c’è.
    Era stato tra i primi baristi in città  (OLI 348) a pretendere che il locale di famiglia tornasse alla sua vocazione originale: somministrazione di alimenti e bevande, non un casinò. Un anno e mezzo a tenere botta, aprendo il bar anche per far musica e teatro – con tasse SIAE proibitive – in direzione ostinata e contraria a quelle slots per le quali le enormi entrate non ripagavano i costi pagati dai clienti in termini umani e di dipendenza.
    Dominic ha passato il testimone, è andato via e, in quello che era anche il suo locale, sono tornate due macchinette eternamente presidiate da due fedeli innamorati. Chi è rimasto a gestire il bar con le slot potrà pagare l’affitto, lasciando cultura e musica fuori dalla porta.
    Allo slot Mob del 26 a Genova si è chiesto ai consumatori di scegliere: non tutti i locali sono uguali, anche pensare a dove si fa colazione è un gesto politico. Certo, hanno detto gli organizzatori, senza voler demonizzare chi ha scelto le slot – in molti casi necessarie per la sopravvivenza dell’esercizio stesso – ma con la volontà di premiare chi riesce a non metterle.
    Ma tutto questo quando è iniziato?
    In rete si trovano alcune date
    “1997 vengono la doppia giocata di Lotto e Superenalotto e le Sale scommesse
    1999 investitura ufficiale per il Bingo
    2003 spazio in Finanziaria alle Slot machine
    2005 (Finanziaria) la terza giocata del Lotto, le scommesse Big Match, le scommesse on line
    2006 (decreto Bersani) i nuovi corner e punti gioco per le scommesse”
    Oggi in Italia si contano 400mila slot machines
    Ogni decisione per favorire la diffusione del gioco d’azzardo in Italia è stata presentata, condivisa e avvalorata in Parlamento.
    Maria Carla Italia, della Consulta comunale contro il gioco d’azzardo, garantisce che le istituzioni sono a fianco della società civile in questa battaglia e che i cittadini non sono soli perché ognuno deve fare la sua parte. In arrivo il progetto sulla vetrofania unica da appendere nelle vetrine dei locali senza macchinette e l’organizzazione di una giornata nazionale di riflessione, programmata il 20 maggio, data in cui si festeggia San Bernardino da Siena noto per i suoi sermoni contro il gioco gioco d’azzardo.
    I cittadini non sono soli.
    A Dominic, rimasto senza lavoro, rimane San Bernardino.
    (Giovanna Profumo – santino da Internet)

  • OLI 389: ESTERI – Voci dalla stampa Internazionale

    Un altro mondo è possibile: perché le scandinave sono invidiate da tutte le altre

    L’articolo della Reuters, ripreso dal Socialreader del 1 novembre 2013, parla di Islanda, Finlandia, Norvegia e Svezia dove le donne hanno raggiunto il livello di parità più alto al mondo e dove (Islanda) i poliziotti non portano armi. “Nel corso del tempo, i paesi scandinavi sono diventati moderni stati social democratici, dove la ricchezza è distribuita più uniformemente, l’istruzione è in genere gratuita fino all’università, e la rete di sicurezza sociale consente alle donne di lavorare comodamente e di costruire una famiglia. Le mamme scandinave non sono distrutte nel cercare l’equilibrio lavoro-famiglia: i genitori possono prendere un anno o più di congedo parentale retribuito. Ai papà è richiesto di essere partner alla pari nella cura dei bambini e pare che lo facciano con piacere.”
    Il Sud Africa (post apartheid) condanna il regime di apartheid israeliano
    L’articolo del Digitaljournal descrive la reazione della ministra degli esteri Sudafricana alla recente approvazione di Israele di 1.500 nuove case di coloni nella Gerusalemme Est occupata. Nkoana-Mashabane_ ha condannato la continua colonizzazione illegale di Israele nei territori palestinesi occupati, dicendo che le azioni dello stato ebraico la “tengono sveglia” durante la notte. ” L’ultima volta che ho guardato la mappa della Palestina non potevo andare a dormire. I suoi punti sono più piccoli di quelli delle homelands”, ha detto Nkoana-Mashabane riferendosi agli ex Bantustan, minuscole enclave dove milioni di sudafricani neri erano costretti a vivere durante la segregazione razziale dell’apartheid”. http://www.digitaljournal.com/article/361399

    Le reclute di al-Qaeda entrano in Siria attraverso nascondigli in Turchia
    L’articolo del Teleghraph, del 30 ottobre 2013, spiega come “Centinaia di reclute di al-Qaeda vengono nascoste in covi nel sud della Turchia, prima di essere infiltrati oltre confine a condurre “jihad” in Siria” (..) “La rete di nascondigli sta permettendo un costante flusso di combattenti stranieri – tra cui britannici – per unirsi alla guerra civile nel paese, secondo alcuni dei volontari coinvolti”. http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/syria/10415935/Al-Qaeda-recruits-entering-Syria-from-Turkey-safehouses.html

    Teppisti buddisti
    L’articolo di Yahoo, del 3 novembre 2013, racconta della morte in mare (costa occidentale di Myanmar) di almeno 72 rifugiati musulmani in fuga da Myanmar a causa della violenza esercitata nei loro confronti da parte della maggioranza buddista: “La maggior parte delle vittime sono state della minoranza musulmana a lungo perseguitata nel paese, la Rohingya, con i teppisti buddisti che gli danno la caccia a colpi di machete, catene di ferro e bastoni di bambù. L’ONU prevede che quest’anno l’esodo sarà dei più grandi mai registrati a causa della violenza”.
    Il più devastante attacco tedesco ordinato dalla seconda guerra mondiale
    L’articolo di Spiegel, del 30 ottobre 2013, parla della causa civile contro l’ufficiale tedesco che quattro anni fa ha ordinato un attacco in Afghanistan nel quale sono stati uccisi 91 civili. “L’esplosione ha ucciso un gran numero di persone, ad oggi non si sa esattamente quanti. Le Bundeswehr, forze armate tedesche, dicono che ne sono state uccise 91. Un rapporto della NATO è arrivato ad almeno 142 tra morti e feriti. Secondo la ricerca condotta dagli avvocati che rappresentano le vittime, sono morte 137 persone. Ciò che è chiaro, senza dubbio, è che questo è stato il più devastante attacco tedesco ordinato dalla seconda guerra mondiale”.
    Il re saudita e il pugnale di Hitler
    L’articolo di Haaretz del 3 novembre 2013 racconta del pugnale donato da Hitler al re dell’Arabia Saudita: “Il rapporto originale circa il pugnale di Abdullah viene da un libro del 2004 (La battaglia per l’Arabia Saudita), del libanese-americano, professore di scienze politiche, As’ad AbhKhalil. Scrivendo sul breve flirt tra la Germania nazista e l’Arabia Saudita del primo monarca Ibn Saud, AbhKhalil cita una “fonte americana privata” che ha visitato il palazzo reale saudita diverse volte. Egli dice che Abdullah “mantiene nei suoi possedimenti visualizzati un pugnale datogli da Hitler.” “il pugnale è stato regalato a suo padre. La mia fonte è un ex ambasciatore americano in Arabia Saudita che spesso sedeva con il re nel suo studio privato, dove il re (principe ereditario al momento), fumava liberamente cosa che è contraria a quanto impone la morale islamica dei Wahabiti sauditi.
  • OLI 389- TEATROGIORNALE: Petizione: Affinché il fenomeno migrazioni sia più umano

    Per una volta non voglio scrivere un racconto ma voglio riportare il testo di una petizione on-line che gira sulla rete. L’appello lo potete firmare al seguente indirizzo: http://www.change.org/it/petizioni/affinché-il-fenomeno-migrazioni-sia-più-umano

     “Questo è un’appello al Governo Italiano e alla comunità internazionale tutta.
    Difronte all’ininterrotto genocidio a cui assistiamo inermi in cui uomini, donne e bambini muoiono atrocemente scappando da guerre e carestie, la comunità internazionale non può restare a guardare ma deve agire.
    Questa gente, che contiamo ormai a milioni, esseri umani come noi, bambini che potrebbero essere i nostri figli, donne che potrebbero essere le nostre mogli o madri, intraprende viaggi perigliosi e assurdi come attraversare il deserto a piedi o imbarcarsi su navigli fatiscenti, privi d’acqua o strumenti di navigazione adeguati. Come possiamo rimanere indifferenti a tutto questo?

    Ma, dirà qualcuno, non si possono aprire le nostre ambasciate a tutti coloro che desiderano entrare nella nostra Italia già nel loro paese d’origine. Queste sarebbero prese d’assalto e il nostro territorio nazionale invaso da siriani, afgani, somali, eritrei e tutti quei popoli della terra ingiustamente martoriati dalla povertà, dalla guerra o dalla violenza. Il concetto stesso di Stato e di cittadinanza perderebbe senso, tradiremmo i valori Risorgimentali di patria per cui tanti Italiani sono morti.

    Viviamo quindi in una angosciosa contraddizione: da una parte non possiamo continuare ad assistere inerti alla morte di cotonati uomini, nostri simili che spirano in maniera così atroce, e dall’altra non possiamo accoglierli tutti in cristiano abbraccio.
    Mi chiedo come può una madre vedere morire i propri figli di sete in mezzo al deserto: quanta tragedia è racchiusa in quei piccoli cadaveri riparati all’ombra di un cespuglio, come se questo potesse evitarne la morte. Senza parlare delle nefandezze di cui si macchiano gli Italiani venendo a contatto con realtà così dolorose: campi di detenzione dove i richiedenti asilo (un diritto, non dimentichiamo) giacciono in condizioni disumane, oltre i limiti della legalità; uomini delle Forze dell’Ordine che, esasperati, commettono ingiustizie come il furto (non ancora accertato) a danno di alcuni esponenti della borghesia siriana scappati dalla guerra; i nostri marinai che si macchiano del terribile crimine del non soccorrere i naufraghi a causa dell’incertezza legislativa.

    Gli stati occidentali, che hanno traghettato il mondo intero fuori dalle barbarie, devono mettere da parte ogni sentimentalismo ed avere il coraggio di guardare in faccia la realtà e indicare la strada da seguire. Chiedo quindi a gran voce di organizzare uno studio serio e documentato di quali siano le reali possibilità di sopravvivenza per ogni viaggio della speranza. Queste statistiche dovranno tenere conto dello stato di provenienza e della situazione economica e culturale del richiedente asilo: sarebbe infatti infantile credere che una contadina nigeriana analfabeta abbia le stesse possibilità di sopravvivenza di un medico iracheno.

    Successivamente dovremmo fare una attenta riflessione sulla quantità di sofferenza che questi viaggi della speranza comportano: se non possiamo evitare le guerre e le carestie dobbiamo almeno cercare di alleviare il dolore che queste genti patiscono. E’ un nostro dovere difronte a tanta disperazione. Quindi chiedo che, alla luce delle ricerche fatte, siano istituite delle camere a gas per motivi umanitari in tutte le nostre ambasciate e che venga concessa la possibilità ai richiedenti asilo di poter scegliere di tentare la fortuna in maniera più consona ad un esponente della razza umana.

    Il richiedente asilo presenterà una domanda completa di ogni informazione per poi entrare in una stanza d’attesa  e lì le statistiche decideranno se verrà accompagnato a una dolce morte o partirà con un biglietto aereo, già fornito di ogni documento, per il paese che più desidera.

    Questo soluzione umanitaria non costerebbe quasi nulla agli stati ospitanti in quanto i beni dei migranti che purtroppo non avevano le caratteristiche necessarie servirebbero a dare la copertura finanziaria necessaria, quest’ultimo fatto avrebbe anche la grande rilevanza di sottrarre ingenti quantità di denaro alla criminalità organizzata.

    Tengo a sottolineare l’importanza del metodo con cui questa prassi deve essere attuata, bisogna avvalersi di ricercatori di indubbia fama e funzionari che non cedano al facile buonismo o alla concussione.

    Questa è una seria proposta che ha come unico fine l’alleviamento della sofferenza e il donare nuova dignità all’essere umano nella sua interezza.”

    Da la stampa.it: Niger: strage migranti, trovati 87 corpi

    LaRepubblica.it: “Noi derubati sulla nave militare”, il giallo del furto ai profughi siriani

    (Arianna Musso- foto da internert)

  • OLI 389: LETTERE – Italia, il paese da ri-fare

    C’era chi scriveva della terra dei cachi e chi scrive del Paese del non fare….Tutto cominciò una mattina del lontano 2009 quando mi sono trasferito con la mia compagna in quel monolocale, che diventerà un castello (come cantava Lorenzo Cherubini), in una popolosa periferia della mia città, ricevo la prima delle tante proposte che “non avrei proprio potuto rifiutare”……
    Mi ero appena svegliato, preparato il caffè, quando sentii il campanello suonare..Chi è? Chiesi, Enel! Rispose la voce squillante! Aprii fiducioso di trovarmi di fronte un agente del noto Gruppo Energetico e cosi fu; il tipo, piuttosto spigliato e disinvolto, mi disse che erano cambiate le tabelle bio-orarie (ancora oggi devo capire cosa vuole dire) e che aveva bisogno di una bolletta per aggiornare la mia “vetusta” tabella ormai cara e inefficiente… Così feci e, sempre fiducioso nel futuro e nel progresso, firmai per il cambio di tabella, ringraziai di cuore il tipo ben vestito e mi ritrovai con un contratto nuovo di zecca e svantaggiosissimo per le mie tasche!!! Da lì imparai la prima lezione del Paese del non fare: “Non aprire mai agli sconosciuti”.
    Poi fu la volta della linea Internet, per quanto fosse solo un monolocale volevo che avesse tutte le comodità di un castello (la mia principessa lo meritava) così decisi di installare la velocissima linea a fibre ottiche di Fastweb… mi assicurai che il palazzo fosse cablato cosi mi recai tronfio dal primo rivenditore di zona, mi informai con successo presso un tipo dall’aspetto affidabilissimo, firmai il mio nuovo contratto internet e mi ritrovai con una deliziosa adsl lontanissima dalle prestazioni della fibra ottica ma, pensate, pagata quanto la prima cioè carissima!! Che meraviglia eh? Imparai la mia seconda lezione: “Non fidarti mai degli sconosciuti dall’aspetto affidabile”.
    Decisi così che era il momento di avere un contratto con una delle tre o quattro famosissime compagnie telefoniche che noi tutti conosciamo, basta con le solite ricaricabili! Hai visto la pubblicità? Anche Totti lo dice: passa a Vodafone e vedrai! E infatti ho visto! Bollette triple o quadruple rispetto a ciò che mi era stato promesso, e udite udite, una volta data la disdetta non potevo andarmene perchè il codice fiscale fornito risultava difforme…quindi finché pagavo nessun problema, anche se formalmente pagava un altro, ma se dovevo rescindere guai che si facesse torto ad un codice fiscale errato…. rimasi 5 mesi imprigionato in una ragnatela di reclami, segnalazioni e prelievi bancari non più autorizzati…. Imparai la mia terza lezione …Non fidarti mai dei volti noti dall’aspetto affidabile…..
    Poi venne il tempo della garanzia del Computer alla quale seguì quella dell’auto…peccato che nulla rientrò realmente in garanzia e dovetti sempre sborsare quattrini dalla mia tasca, pensate che una volta uno sconsolato operatore mi confidò: “si comportano così solo qui, nel Paese del non fare”…
    Imparai un’altra lezione …. non esiste un altro Paese del non-fare. Bene, tirando le somme, riconoscete il nome del Paese? Ma soprattutto conoscete anche Voi qualche sconosciuto dall’aspetto affidabile di cui diffidare? Sarà mica che il Paese del non fare sarà mica da Ri-fare?

    (Riccardo Badi)

  • OLI 388: PAROLE DEGLI OCCHI – Tiro alla slot

    (foto di Giovanna Profumo)

    Genova, 26 ottobre 2013 – Via Cairoli – Slot Mob, per sensibilizzare i cittadini contro l’estrema diffusione delle slot machines nei locali pubblici. Con un calcio balilla e il tiro alla fune, improvvisati per strada, si è voluto ricordare che un altro gioco è possibile.

  • OLI 388: COMUNE – Sportingenova, si chiude!

    Sportingenova è l’azienda del comune di Genova creata nel 2006 per gestire gli impianti sportivi della città. Ferraris, Carlini, Villa Gentile, ma anche piscine comunali e altro a disposizione dei genovesi per sgambettare e mantenersi in salute.
    In circa sei anni di gestione, ha accumulato qualcosa come quindici milioni di euro di debiti vari, l’ottanta per cento (dichiara l’assessore Miceli) verso Iren, Amiu, Aster. Oggi è in stato di liquidazione, con il personale ridotto al solo liquidatore, Ing. Adriano Anselmi, e con un’unica traccia sul web in una vecchia pagina di Amiu di quando Sportingenova era controllata dalla controllata, situazione già segnalata in comune ma senza risultato. La chiusura definitiva dell’azienda comporterebbe la cessione della proprietà degli impianti nei confronti dei creditori, lasciando la città senza alcuni di essi.
    Quindi, qual’è la soluzione trovata dalla giunta per poter chiudere l’azienda liquidando i fornitori e salvando gli impianti comunali? Certamente non intervenire su chi ha gestito l’azienda, questo è scontato. Soldi liquidi in cassa non ce ne sono, manco a dirlo, almeno questo parrebbe dalla relazione in commissione. Quindi si agisce sull’unica via d’uscita rimasta: cedere all’aziena beni del comune, permutandoli prima in seno a Sportingenova con gli impianti sportivi, per poi chiudere la partita con la vendita finale. Operazione che viene definita dall’assessore “a costo zero” per il Comune. A costo zero in termini di liquidità, peccato che Sportingenova avesse acquisito gli impianti per un tozzo di panne e che adesso il comune debba permutarli ad un valore tale da coprire il debito.
    La delibera promossa dalla Giunta (e passata a maggioranza in Consiglio comunale poco tempo dopo, il 10 settembre) richiederebbe un approfondimento del bilancio, invece nonostante numerose richieste questo bilancio è stato tenuto segretato dall’assessorato, fino alla data odierna. Nonostante una richiesta in commissione, una in consiglio comunale, un scritta e diverse mail e telefonate, soltanto oggi tali dati sono stati spediti ai consiglieri che ne hanno fatto richiesta.
    Si tratta, a dire il vero, di un comportamento usuale del comune, che è sempre molto attento ai dati che pubblica che, alla faccia della trasparenza, paiono vivere molto bene nei cassetti polverosi degli uffici, invece che essere pubblicati sui siti web del comune e delle partecipate, in taluni casi come richiede la legge.
    Alcuni link:
    http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2013/09/04/AQwNOxI-palazzi_sportingenova_pagare.shtml
    http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2013/05/29/APyZ6DdF-sportingenova_beffa_milioni.shtml
    http://www.amiu.genova.it/accessibile/contents.php?content_id=23
    http://www.comune.genova.it/node/14664
    http://www.genova24.it/tag/sportingenova/
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 388 – PATTO di STABILITA’: Balneari, la disfida di Baretta?

    Mentre il Patto di Stabilità pare assomigli sempre più a una fiera del bue grasso, il 25 ottobre la deputata Claudia Mannino, Movimento 5 Stelle, ha presentato una interpellanza urgente al viceministro dell’Economia Stefano Fassina  in merito ad indiscrezioni di stampa su una strisciante privatizzazione delle spiagge. Infatti il sottosegretario Pierpaolo Baretta, Pd, con delega al Demanio, ha più volte manifestato l’intenzione del Governo di inserire la riforma del demanio marittimo nella legge di stabilità, sbandierando il suo progetto di sdemanializzazione che porterebbe alla fin fine a cedere con prezzo calmierato stabilimenti, bar, cabine, ristoranti, agli operatori balneari già concessionari. Sostiene Baretta la vendita, anzi la svendita, a prezzi inferiori di mercato, delle costruzioni esistenti sulle spiagge, già dello Stato: un saldo di beni della collettività, un regalo per i concessionari, titolari senza gara alcuna e supportati ora anche dal progetto elaborato dall’Agenzia del Demanio, sempre in tandem con Baretta.
    La questione delle concessioni demaniali in Italia era stata oggetto di procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea per mancanza di libera concorrenza secondo la normativa Bolkestein  e soltanto con la legge n.217 del 2011 veniva sanata, stabilendo che non può esservi concessione “d’insistenza”, ossia il sistema di preferenza per il concessionario uscente che si vedeva rinnovata in automatico la concessione, inoltre i beni appartenenti al demanio marittimo non entrano a far parte del patrimonio “disponibile” delle Regioni, ma restano assoggettati a codice civile, codice della navigazione, leggi statali, norme comunitarie, ecc.
    Cioè, non possono Comuni o Regioni alzarsi una mattina e decidere di vendere un pezzetto di mare con annessi e connessi.
    “L’uovo di Colombo”, sottolinea l’Espresso del 22 ottobre, “sta nel documento elaborato dall’Agenzia del Demanio spedito al Ministero dell’Economia,  un’occasione da goal per chi ha già una licenza in mano, in quanto non si fa menzione di aumentare il canone”,  la novità è invece nella procedura di gara, in cui l’offerta più vantaggiosa viene valutata tale sulla base di un piano economico-finanziario d’investimenti: come per le concessioni autostradali chi più ha investito in nuove strutture ha più possibilità di aggiudicarsi la concessione.
    Non è una buona notizia per chi pensa che le spiagge italiane siano già abbastanza costruite. Inoltre il 40 per cento del punteggio complessivo si basa sulla professionalità acquisita dall’offerente nell’esercizio di concessioni di beni demaniali marittimi per finalità turistico ricettive. Insomma, chi ha già in gestione un’area e concorre per essa, parte con un bel vantaggio, con diritto di prelazione de facto per comprarsi gli immobili e farsi assegnare la spiaggia in concessione, pur se corretto il riconoscimento degli investimenti.
    A ciò si aggiunga che i proventi degli ombrelloni e dei lettini andranno alle Regioni e non più allo Stato, ma a questa cifra corrisponderà una pari decurtazione dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni. E a questo punto  che cosa ci  guadagnano le Regioni a litigare con i balneari e i loro sindacati?  Ad oggi i Comuni, che gestiscono le spiagge, non beccano un euro perché tutti i soldi vanno a Roma. Nella migliore delle ipotesi, ai sindaci interessa davvero poco tirare sul prezzo dei canoni, nella peggiore, vanno d’amore e d’accordo con i balneari, che portano magari voti, consensi, benessere.
    In barba alle norme comunitarie e in vista del semestre europeo 2014. Risponde piccato il viceministro di non preoccuparsi, nessuna intenzione di trasgredire le norme comunitarie, il documento in esame e l’iniziativa del sottosegretario di Stato non sono la posizione del Governo, ma sono il riflesso delle questioni in discussione con i rappresentanti delle associazioni balneari.
    Un bel traguardo per il PD, che ha fatto campagna elettorale sui beni comuni.
    (Bianca Vergatifoto di Giovanna Profumo)