Autore: Redazione

  • OLI 368: TEATROGIORNALE – Madre di famiglia

    Da la Repubblica Benedetto XVI non è più Papa

    Mia nonna è sempre stata una donna forte. Una di quelle donne che tengono unite la famiglia, che non sono mai stanche e allevano quattro figli, otto nipoti con un marito che non è capace a cuocere la pasta.
    Mia nonna è sempre stata dietro, ha lavorato tutta la vita in silenzio, fino ad oggi. Oggi la nonna non è entrata in cucina e non ha acceso i fornelli, non ha apparecchiato la tavola, non ha cucito il vestito che le avevo chiesto di accorciarmi. Quando alle due siamo arrivate, io, mia mamma, mia zia e mio cugino, l’abbiamo trovata seduta in poltrona che si leggeva un Harmony.
    – Ma nonna, che succede?
    Le chiediamo preoccupati. Lei alza gli occhi e dice:
    – Finisco il capitolo e arrivo, intanto andate di là a mettere su una pentola per l’acqua.
    E riprende a leggere. Siamo rimasti a guardarla. Cercavamo dei segni evidenti di demenza senile, di depressione grave o almeno un tremore. Niente. Siamo andati in cucina e abbiamo avvertito la zia Gilda, lo zio Carlo e gli altri nipoti. Nel giro di mezz’ora c’erano tutti.
    Chi entrava la studiava senza parlare e poi, arrivati in cucina, chiusa la porta, iniziava a esporre le più fantasiose congetture per finire con le litigate di sempre, quelle che durano da sessant’anni e che in realtà sono sempre un miscuglio di invidie tra fratelli e sensi di colpa.
    Finalmente alle tre meno un quarto arriva la nonna in cucina e ci accorgiamo che non abbiamo messo su nulla per il pranzo. La nonna apre la porta finestra del terrazzo. La luce del sole la incornicia: ha il solito vestito a quadratini marrone, il pulloverino abbottonato, le calze color carne e le scarpe col tacchetto a tre centimetri.
    – Cari
    Inizia e la sua voce è dolce come sempre.
    – Questo giorno mio è diverso dai precedenti: da oggi non sarò più vostra madre o nonna, per la verità non sarò più neanche la vedova Giannelli: fino alle otto di questa sera lo sarò ancora, poi non più. Sarò semplicemente una donna che inizia l’ultima tappa di questa meravigliosa avventura che è la vita. Sono stanca, anziana, non so ancora quanto mi resta da vivere e non ce la faccio più a portare ancora avanti questa famiglia. Vorrei potervi aiutare ancora, prepararvi il pranzo o rammendarvi i calzini, è che non ce la faccio più. Sono sicura che chiunque di voi potrà prendere il mio posto, se lo desidera, e continuare a tenere unita questa famiglia. Mi dimetto da madre di famiglia. Vi benedico con tutto il cuore.
    Dal cielo cala una imbracatura, la nonna se la infila, solo allora capimmo che quel fragore non era un rumore di traffico e di vento o di lavori stradali: era un elicottero.
    La nonna si alza in volo e, aprendo le braccia, ci saluta:
    – Grazie e buona giornata a tutti voi.
    Siamo restati così tutto il pomeriggio: gli zii a piangere in silenzio e noi nipoti a guardarli piangere. L’ombra è entrata nella sala. ‘E arrivata la sera. “Fino alle otto di sera”, ha detto la nonna. Sono le sette e mezza. Quando saranno le otto gli zii saranno ufficialmente orfani sia di padre che di madre. Noi nipoti saremmo senza più nonni. E potremmo rimanere orfani anche noi? Non per l’ineluttabile morte ma per una scelta autonoma di mia madre o di mio padre? Allora anche un figlio può dare le dimissioni? E un cugino? Uno zio? Un cognato? Le lacrime hanno iniziato a scendere e una fitta mi ha attraversato il petto. Mi sento sola come mai nella vita.
    Sono le otto. La sala è buia ma nessuno può più accendere la luce. Hanno sospeso la fornitura dell’Enel.
    (Arianna Musso – foto di Giovanna Profumo)

  • OLI 367: PAROLE DEGLI OCCHI – Alta visibilità

    Foto Giorgio Bergami

    Due redattori di OLI sorridono appena usciti dal seggio. Domani è un altro giorno.
  • OLI 367: VITTORIO FLICK – Piangiamo un amico

    Vittorio Flick è mancato il 25 febbraio.
    Le notizie di stampa lo ricordano per la sua attività di dirigente dell’Alfa Sud, responsabile dei rapporti con il personale, e perché per questo ruolo fu vittima di un attentato da parte del gruppo “Operai Combattenti per il comunismo”. Il 26 giugno 1977 gli spararono alle gambe.
    Noi lo piangiamo perché era una persona generosa, intelligente, interessata ad ascoltare gli altri. E in continua ricerca di ragioni e soluzioni per immaginare un paese migliore.
    Incontrare Vittorio era sempre occasione per parlare di politica e di futuro con passione.
    E’ stato una voce preziosa di OLI e rileggere i suoi contributi passati recenti  permette di incontrarlo ancora.
    Al suo funerale, alla Chiesa del Carmine, si sono potuti avvertire profondamente la disponibilità e l’affetto che ha regalato nella sua esistenza.
    Con Vittorio abbiamo perso un vero amico.
    (Eleana Marullo – Paola Pierantoni  – Giovanna Profumo)

  • OLI 367: ELEZIONI – Previsioni Meteo

    Tsunami. Onda anomala. Gigantesca. Devastante. Si abbatte. Stravolge. Per sempre. Metamorfosi. Tempesta grillina. Gigantesco Vaffa-Day. Seppellisce definitivamente. Uccide. Macerie. Prima. Seconda. Terza. Repubblica. Altamente infiammabile. Inutile stampella. Rabbia sociale. Scagliandola. (*)

    La regione devastata mancava di un’adeguata stazione meteo.

    (*) parole tratte dall’articolo ‘Dopo lo tsunami’ di Massimo Giannini, La Repubblica, 26 febbraio 2013
    (Paola Pierantoni – immagine da internet)

  • OLI 367: ELEZIONI – Io voto solo con la mia penna

    Immagine da internet

    Sono venuti fuori dal nulla, spuntati alla chetichella dopo decenni di oblio, con la tessera elettorale intonsa, o, spesso, addirittura senza la tessera. L’esercito degli astensionisti ha deciso in parte di scendere nella pubblica piazza ed esprimere il proprio voto. Chi lavora nei seggi da molti anni non fatica a riconoscerli, anzi, neanche si deve sforzare. Lo dichiarano. Hanno dai 30 ai 45 anni, entrano affermando di non aver mai votato nella propria vita, o di non farlo da decenni. Alcuni neanche sapevano servisse la tessera e, avvertiti, se ne vanno via protestando contro la Loro burocrazia. “Loro” sono i nemici, quelli che sicuramente si frapporranno tra i neovotanti e la libera espressione del voto. Arrivati davanti alla presidente di seggio, vengono muniti di schede e matita copiativa, ma loro no, non ci stanno. Quella, d’altronde, è una matita. E non vogliono votare con la matita: il loro unico, prezioso voto, invecchiato per 10, 20 anni senza venire mai espresso, deve stillare sulla scheda indelebilmente. Uno dice “E se voto con la mia penna?” “le annullo il voto”, risponde sorridendo la presidente, pensando ad una burla, uno scherzo faceto per sdrammatizzare l’apparato ufficiale delle elezioni. “Allora chiamo i carabinieri, lo metta a verbale che me lo cancella! I miei me lo hanno detto che li cancellate, mi hanno detto di portarmi la penna e votare con quella!”. Ricondotto alla ragione, va in cabina ed esprime il suo voto ma va via bofonchiando: “me lo cancellano, me lo cancellano, Loro.” Un altro, giovanottone over 30 fresco di lampada al battesimo del voto, entra e, alla consegna della matita copiativa, richiede una penna. Alla spiegazione che la matita copiativa è indelebile, va a votare dicendo, anche lui “Lo so che poi Voi li cancellate, avevano ragione, Voi ci fate votare a matita e poi li cancellate tutti!”. Forse in molti non sanno che in un seggio è molto difficile imbrogliare: ci sono presidente, segretario e scrutatori, ci sono i rappresentanti di lista a garantire che lo scrutinio si svolga correttamente e senza brogli. Se qualcosa dovesse andare storto, il/la presidente di seggio ne risponde penalmente. La matita copiativa è lo strumento, indelebile, che si usa da sempre per votare e lascia un segno impossibile da cancellare senza rovinare la scheda. Non è tanto l’ignoranza civica abissale che pervade il popolo di ex non votanti, a preoccupare, né il legittimo dubbio che, se gli astenuti non si fossero astenuti dalle scelte politiche per tanti anni forse l’Italia avrebbe seguito un destino diverso. A preoccupare è il livore cieco che spinge a colpevolizzare, ed il pensiero paranoico che tutti siano acquattati nell’ombra ad tramare contro di loro, i giusti: ha un ché di paradossale, ha un sapore di tifoseria da stadio.
    (Eleana Marullo – foto da internet)

  • OLI 367: ANIMALI – Il circo delle norme e l’adeguatezza delle gabbie

    Da qualche tempo c’è in città il Circo Togni, e un gruppo di cittadini, contrari all’utilizzo di animali negli spettacoli, ha reagito con una raccolta di firme per sollecitare il Comune a svolgere i controlli che gli competono, e cioè verificare il rispetto delle “Linee guida” sui criteri di mantenimento e detenzione degli animali stabiliti nel 2000 dalla Commissione Scientifica CITES del Ministero dell’Ambiente. In caso contrario chiedono che il Comune “ne vieti l’attendamento”.
    Notizie di stampa del 23 febbraio (Il Secolo XIX, Il Mercantile) informano che l’ispezione è avvenuta, e riportano il comunicato del Comune: “Il reparto Ambiente della Polizia Municipale ha effettuato una prima visita, senza preavviso. L’ispezione ha verificato che, contrariamente a quanto segnalato, gli animali sono mantenuti in buone condizioni e in gabbie apparentemente adeguate”.
    Questo episodio apre tre diversi livelli di riflessione.
    Il primo riguarda la normativa vigente. La legge che disciplina la materia, la 337 del 1968, è una vecchia legge in cui non compare mai la parola ‘animali’. Non ci si pensava ancora agli animali, in allora. Nei quasi cinquanta anni successivi si sono sviluppate nuove conoscenze scientifiche e consapevolezze riguardo al comportamento, la psiche e la sensibilità animale, ma in Italia da tutto ciò non è conseguita alcuna evoluzione della legge sui circhi, diversamente da molti altri paesi, europei e no, dove l’utilizzo di animali per gli spettacoli è totalmente o parzialmente proibito (*).
    Così, nella sua immobilità, la L. 337/68 continua a valorizzare “la funzione sociale dei circhi equestri e dello spettacolo viaggiante” e a sostenerli con “contributi pubblici” senza porsi, in merito, altre domande. In assenza di norme di leggi vincolanti l’unico riferimento sono le citate ‘Linee guida’ CITES.
    In questa indeterminatezza si aprono tutte le possibili gamme di comportamento, da quella di Comuni che non se ne occupano, a quella dei Comuni che vietano l’attendamento di circhi con animali.
    Che fa in proposito il Comune di Genova? Qui si apre la seconda riflessione. Infatti il telegrafico comunicato stampa afferma che gli animali sono “mantenuti in gabbie apparentemente adeguate”. Ma a chi spetta il compito di stabilire una connessione tra apparenza e realtà? Se la Polizia Municipale non è in grado di assumersi la responsabilità di una valutazione che ci sta a fare? E perché travisare contenuti e senso della lettera dei cittadini affermando che questa (apparente) adeguatezza sussiste “contrariamente a quanto segnalato”? I firmatari infatti non ‘segnalavano’ nulla: esprimevano le ragioni culturali e filosofiche della loro contrarietà all’utilizzo degli animali nei circhi, e chiedevano al Comune di valutare se il Circo Togni rispetta o meno le ‘Linee guida CITES’, che riguardano una molteplicità di aspetti, e non solo le gabbie. Il che, ad ispezione effettuata, non è dato sapere.
    Patetica infine la sottolineatura sull’ispezione fatta ‘senza preavviso’: presentare l’ovvio come merito induce più ai cattivi che ai buoni pensieri.
    La questione filosofica di fondo, e questo è il terzo ordine di riflessione, è ancora un’altra. E cioè l’accettabilità, e il valore educativo e sociale, di utilizzare gli animali per ‘fare spettacolo’, costringendoli alla detenzione e a comportamenti innaturali. Tanto più spettacolari quanto più innaturali.
    Il fascino e l’incanto del nostro rapporto con le altre specie viventi è nella relazione che possiamo costruire con loro, rispettandole. Si impara di più dal gatto di casa che dalla tigre nel circo.
     
    (*)  http://www.oipaitalia.com/campagne/circo_cosasuccede.htm
    (Paola Pierantoni – Foto dell’autrice)
  • OLI 367 – SOCIETA’ – Voti invisibili

    Dopo una campagna elettorale fondata sul marketing, che ha visto protagonisti tv e radio, questo week-end gli italiani si sono recati alle urne per votare.
    I candidati durante la loro campagna elettorale hanno offerto soluzioni “strategiche” alla crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo, peccato però che in gran parte siano gli stessi responsabili che l’hanno causata. Questa sfiducia ha portato ad un calo di affluenza alle urne da parte degli elettori.
    Il voto è importante perché è il mezzo con cui si può esprimere un giudizio, ma più importante è il voto che diamo ogni giorno con le nostre azioni e le nostre scelte quotidiane; noi, singoli cittadini, facciamo politica tutti i giorni, anche quando sosteniamo che la politica non ci interessa.
    Votiamo quando andiamo a fare la spesa, quando scegliamo di acquistare un prodotto locale o un prodotto che arriva dal Sud America; votiamo quando decidiamo di andare in auto oppure in bici; votiamo ogni volta che decidiamo di guardare un programma in tv o leggere un libro; votiamo ogni volta che entriamo in un negozio, in un supermercato; ogni volta che scegliamo un film al cinema; quando decidiamo che stile dare alla nostra vita. Di certo sono elezioni più difficili di quelle politiche, non dobbiamo mettere una croce su un simbolo né presentare un documento d’identità, ma dobbiamo metterci in gioco in prima persona. Diventiamo responsabili delle nostre scelte quotidiane e, dato che questi voti li distribuiamo comunque nostro malgrado, sarà utile farlo con la maggior consapevolezza possibile.
    Tutte le scelte personali hanno un impatto e delle conseguenze sulla collettività e sull’ambiente, anche quelle più insignificanti e più superficiali.
    Se partisse da noi stessi orientare eticamente la nostra vita affinché le nostre azioni promuovano la libertà e la dignità di tutti, riusciremmo a modificare la realtà che ci circonda senza dover delegare la responsabilità solo ed esclusivamente ai nostri politici. Le responsabilità e le piccole attenzioni civiche provenienti “dal basso” sono il primo passo verso il reale cambiamento.
    (Maria Di Pietro)
  • OLI 367: TEATROGIORNALE – L’ultima corsa

    Immagine da internet

    Da BlizquotidianoCorreva nudo in autostrada

    Un ragazzo dalla pelle chiara, muscoloso anche se non grosso, corre nella notte. I piedi nudi si appoggiano ritmicamente sulla linea bianca tratteggiata sull’asfalto. Attorno guardrail, oltre vi sono campi piatti circondati di buio.
    Il ragazzo nudo corre sull’asfalto e non pensa a nulla. Un piede dopo l’altro. Quando i piedi sono entrambi sospesi in aria, a volte chiude gli occhi. Inspira. Sono brevi istanti di stupore in questa fuga silenziosa, inesorabile. Il pene sbatte tra le cosce; gli occhi sono rivolti verso il nero orizzonte. Nonostante il freddo il ragazzo inizia a sudare. Corre.
    Davanti a lui arriva una luce. Lui guarda la luce e continua a correre. Non aumenta il ritmo, non si ferma. Un piede dietro l’altro, una striscia bianca in mezzo all’autostrada. La luce è vicina, così vicina che non può non vederlo. Ispirando alza entrambi i piedi da terra, per un istante chiude gli occhi. Riappoggia il piede destro sull’asfalto che subito si risolleva: sbatte la testa contro il parabrezza che esplode.
    Il ragazzo nudo vola in alto e cade in un campo distante diversi metri. La macchina continua a correre tra un guard rail e l’altro fino a che il rumore della carrozzeria è sovrastato dalle urla sorprese di chi ha rischiato la vita.
    Oltre la strada, nel buio, un battito d’ali si specchia negli occhi chiari del corridore nudo e il suo cuore smette di pulsare.
    (Arianna Musso – immagine da internet)

  • OLI 366: PAROLE DEGLI OCCHI – Il diritto di amare

    14 febbraio 2013 – foto di Paola Pierantoni

  • OLI 366: ELEZIONI – Dai girotondi allo tsunami

    (Beppe Grillo a Genova il 17.2.13)

    Dice che è colpa dei giornalisti se la sua immagine sui quotidiani risulta brutta e distorta.
    Ma di tutti gli scatti fatti in piazza veramente pochi trasmettono la pacatezza che lui lamenta non venga inquadrata.
    Dice che la vecchia classe politica è al capolinea, che le cose devono cambiare anche se non sa dove andranno a finire.
    Parla dell’Italia, e delle famiglie di italiani che vanno alla mensa della Caritas, per certificare un baratro che forse, nella sua testa, poteva essere tollerato finché riguardava soltanto gli immigrati.
    Parla delle aziende che chiudono e della miseria.
    Devono andare a casa tutti. Tutti fuori. Destra, sinistra centro! – dice.
    E dice della guerra di oggi, delle macerie economiche, politiche e sociali, di cui l’Italia è piena.
    Nessuno deve rimanere indietro – urla.
    E aggiunge che loro se ne devono andare subito, ma prima che se ne vadano gli italiani hanno il diritto di fare una piccola verifica fiscale sui loro conti, come hanno fatto sui nostri!
    Al redditometro risponde con il politometro per certificare la congruità del patrimonio del politico prima, durante e dopo la sua presenza nelle istituzioni. In caso di incongruità, precisa, la magistratura interverrà affinché venga restituito agli italiani quello che è stato tolto. Noi dobbiamo dare il conto di come spendiamo i nostri soldi? Dobbiamo rovesciare l’onere della prova – urla – sono loro che devono dire come spendono i nostri soldi!
    Parla di riforme subito. Di reddito di cittadinanza. Dice che i soldi ci sono e che il movimento li prenderà – non ai paraplegici, alla Sla, alla sanità, alla scuola – ma dai rimborsi elettorali (tre miliardi e mezzo).
    Dice che i suoi capolista sono per la maggior parte donne. Non con le labbra di polistirolo e il culo di tungsteno, ma donne che lavorano che tirano su i figli, famiglia, donne che si fanno un culo così dalla mattina alla sera!
    Il punto g di Federica Salsi non è materia di comizio e nemmeno la sospensione dell’assessora di Mira,  Roberta Agnoletto, di cui si è scritto che sia stata allontanata perché incinta.
    Lui materializza il pensiero del cittadino medio dandogli corpo, riconosce la rabbia e l’angoscia degli italiani covata negli anni, elevandola. E lo fa con la precisione di un orologiaio svizzero mescolando i tempi della battuta scherzosa con quelli di incitamento alla ribellione. Nei suoi comizi, il canovaccio base si adegua al territorio, si piega alle attese della gente. I militanti sanno che lui è il movimento – padre padrone, cervello – e loro sono sangue pulito, cellule al lavoro veloci e solerti per l’Italia che vuole cambiare.

    (Candidati liguri del  M5Stelle alle elezioni politiche 2013)

    In tv i suoi candidati non appaiono, non perché non parlino nei comizi ma perché l’informazione non se li fila affatto tutta intenta ad inquadrare soltanto lui.
    Casini, con un approccio clinicamente schizofrenico, ha ammesso che Grillo è il termometro, non la causa della febbre. Che la causa è l’operato della politica degli anni.
    Anche il Nobel Dario Fo è andato in piazza Duomo a sostenerlo. E a me è venuta in mente piazza San Giovanni, il 14 settembre 2002, un milione di persone in movimento che chiedevano ai politici italiani una politica migliore, radicalmente diversa.
    E non si mandava affaculo nessuno.
    (Giovanna Profumo – foto dall’autrice)