Serata partecipata quella di giovedi 24 gennaio che ha visto coinvolti esponenti della Lista Marco Doria del Comune di Genova e l’Assessore comunale alla legalità e diritti Elena Fiorini all’incontro con Abdallah Abu Rahma, coordinatore dei comitati di resistenza nonviolenta palestinese ed attivista per i diritti umani, e con Luisa Morgantini, già vice presidente del Parlamento Europeo. Dopo la visione di alcuni filmati sugli ultimi eventi che stanno accadendo in Palestina si è affrontato il tema della resistenza nonviolenta. Nonviolenza intesa come lotta organizzata contro il muro e contro gli insediamenti. Palestinesi con attivisti israeliani e internazionali, attraverso i Comitati Popolari, si organizzano in modo creativo, come è successo recentemente per la costruzione di Bab Al Shams (Porta del Sole) in cui sono stati coinvolti i partiti, le autorità palestinesi e la società civile. All’indomani del voto sul riconoscimento della Palestina come membro osservatore delle Nazioni Unite, il governo israeliano ha proclamato la costruzione di un nuovo insediamento a est di Gerusalemme sui territori occupati: così i Comitati Popolari hanno pensato che dovevano impedire questa nuova colonizzazione in quell’area estremamente importante per il futuro stato palestinese; se venisse costruito l’insediamento questo taglierebbe tra nord e sud la Cisgiordania, con Gerusalemme in mezzo. L’azione è stata quella di costruire un villaggio su quell’area con cinquanta tende e con l’aiuto di mille attivisti; per un popolo costantemente vigilato quest’azione anche se svolta in segretezza non è stata facile. Con astuzia, ingegno e soprattutto coraggio, il villaggio è stato costruito anche se il giorno dopo è stato evacuato dalla polizia israeliana (vedi Oli 362).
“Nonviolenza è resistenza all’occupazione, ai soprusi, alla prevaricazione dei diritti umani” afferma Enrico Pignone, consigliere comunale e capolista della Lista Marco Doria: “il potere della nonviolenza dà ai palestinesi gli strumenti di sfidare chi li sta soggiogando”. Le azioni di nonviolenza palestinese non consistono solo nell’organizzare manifestazioni per fermare l’occupazione e rivendicare il diritto alla propria terra, all’acqua e altre risorse sottratte dal governo israeliano, ma è anche aiutare le famiglie dei prigionieri, pagare le spese legali e sostenere le persone dei villaggi sotto repressione. Abdallah afferma che la nonviolenza è la strada più efficace per combattere l’occupazione. Ma non è semplice usare questa forma di lotta quando dall’altra parte i militari continuano ad usare violenza e repressione sui palestinesi; in questi anni sono 33 i palestinesi uccisi nei villaggi in cui è stato costruito il muro e 1500 le persone arrestate.
“Gli israeliani giocano sulla compiacenza e la complicità internazionale” dice la Morgantini “nessuno ferma il governo israeliano con la sua politica di colonizzazione”. La comunità Europea è responsabile perché permette ad Israele di essere impunita, anche noi abbiamo una grande responsabilità nel far conoscere l’esistenza di queste lotte, bisogna rompere gli stereotipi che i palestinesi sono quelli che ci fanno vedere in tv. I media dovrebbero svolgere un ruolo importante in questa fase ed invece sono silenti, come è avvenuto durante la serata alla quale non si è presentato nessun giornalista o tv locale con la scusa della campagna elettorale in atto. Forse non interessa la vita del popolo palestinese o forse non si ha ancora il coraggio di denunciare la politica di morte da parte del governo israeliano o forse la notizia non fa scalpore se si associa la parola “nonviolenza” alle azioni dei palestinesi. Tutto questo è irresponsabile da parte dei media, cominciando dal nostro corrispondente Rai del Medio Oriente Claudio Pagliara che, come dice la Morgantini, parla di Palestina seduto nel suo ufficio di Gerusalemme.
La serata non è stata solo un’opportunità per ascoltare le testimonianze dalla Palestina ma anche uno stimolo per le istituzioni comunali a cui è stato chiesto di firmare una dichiarazione di sostegno ai comitati popolari e di riconoscimento del villaggio di Bab Al Shams come simbolo di resistenza.
“Tutti possiamo fare qualcosa perchè la nostra lotta e i nostri diritti vengano riconosciuti” afferma Abdallah “non vogliamo più né morire noi né che muoiano israeliani; l’umanità ha bisogno anche di voi e di questa lotta comune per riuscire a far cessare l’occupazione militare”.
(Maria Di Pietro)
Autore: Redazione
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OLI 363: PALESTINA – La nonviolenza non fa notizia
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OLI 363: ILVA – Il linguaggio della procura e quello della busta paga
Patrizia Todisco è tutta in una notizia Ansa del 30 gennaio 2013 ore 13.40
TARANTO – Il gip del Tribunale di Taranto Patrizia Todisco ha rigettato la richiesta dell’Ilva di revocare il sequestro preventivo dei prodotti finiti e semilavorati giacenti sulle banchine del porto, finalizzando il ricavato della vendita al pagamento degli stipendi e alle opere di ambientalizzazione previste da L’Aia. Il Gip ha precisato “Nessuna norma dell’ordinamento giuridico contempla la possibilità di una restituzione di beni sottoposti a sequestro preventivo, per giunta in favore di soggetti indagati proprio per i reati di cui i beni sottoposti a vincolo costituiscano prodotto, sulla base di esigenze particolari o dichiarazioni di intenti circa la destinazione delle somme ricavabili dalla vendita dei beni, che vengano ad essere dedotte dall’interessato”.
Traduzione: non avevate la facoltà di produrre, lo avete fatto ugualmente, i vostri coils sono corpo di reato, non si possono restituire tanto più a “soggetti indagati” come il Presidente Bruno Ferrante.
Si attende il pronunciamento della Corte Costituzionale sulla legge 231 che, in assenza di un piano B, è ad oggi l’unica garanzia in mano ai dipendenti del gruppo per contare sul salario futuro, sempre che la conferma del sequestro dei rotoli (valore commerciale un miliardo di Euro) non spinga l’azienda ad esacerbare lo scontro minacciando nuovamente la sospensione del pagamento degli stipendi del mese di Gennaio, alimentando manifestazioni nelle piazze tarantine e genovesi.
In questo scenario, il linguaggio della Procura diventa incomprensibile per chi può parlare solo quello della busta paga che è affitto, mutuo, cibo, bollette e spesso figli a casa che studiano o sono disoccupati. In questi termini non c’è spazio per la comprensione delle faccende giudiziarie. La famiglia agli arresti è vittima, agli occhi di molti, di una magistratura ostinata, intenta a voler spezzare le gambe alla proprietà e ad annientare la filiera siderurgica italiana. Le trasmissioni televisive diventano di parte, i dati epidemiologici sono taroccati, la giustizia italiana ingiusta, incapace di comprendere che la legge 231 non è ad aziendam ma tutela i ventimila e oltre posti di lavoro. Questo – in estrema, edulcorata sintesi – il pensiero dominante dei ventimila che dal siderurgico e dalla proprietà dipendono. Nessuno di loro ha tempo per immaginare scenari diversi, per cogliere i limiti di una legge che politica, governo, sindacati, dichiarano essere la migliore delle leggi possibili. E nemmeno di giudicare articoli di stampa nei quali è scritto che “gran parte del tesoro dei Riva è all’estero” e “che la cassaforte del gruppo è in Lusserburgo dove esiste una fitta rete di società controllate”.
Nonostante il contesto, anche quest’anno Guido Rossa è stato giustamente ricordato all’Ilva di Genova. L’anniversario del suo assassinio scandisce il tempo che passa sullo stabilimento e su tutto il Gruppo Ilva, e su quanto si doveva e poteva fare e non si è fatto, principalmente per indolenza. Da trentaquattro anni.
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice) -
OLI 363: ELEZIONI – Non sarà il solito Benvenuti al Sud
Si fa un gran parlare della Lombardia come ago della bilancia alle prossime consultazioni elettorali, ma sotto sotto s’indovina il Sud come altra incognita, una parte del Paese dal voto volatile, che premia con furore una parte o l’altra della politica, sperando ogni volta invano che ci si ricordi delle sue belle terre non soltanto quando si devono appiccicare i manifesti.
Se infatti contano i seggi al Senato della Puglia, ben più determinanti sono quelli della Sicilia. E se là il territorio appare più felice, omettendo l’Ilva, qui imperano disgregazione sociale, disoccupazione giovanile al massimo dei record europei, mafie dai molti nomi, dai colletti bianchi e dall’accento anche nordista.
Molto tempo e macerie sono passate dalla prima volta di B. in Sicilia, un sessanta a zero che lasciò tramortita la sinistra, ed ecco far capolino sondaggi da brivido, a pochi mesi dalla vittoria alle Regionali del centrosinistra, sia pure con la metà dell’elettorato: un 29 per cento per il centrodestra, contro il 29 e mezzo della controparte secondo La7 a Ottoemezzo del 30/1 e un pareggio sul Tg3 del 29/1, senza contare il M5Stelle.
Hai voglia a nominare assessori regionali come Zichichi. L’illustre scienziato di Erice pare ancora immerso nel suo incantato e foschioso borgo medievale, mentre l’altro assessore, il menestrello Battiato, per ora non ha fatto presa con le sue note.
Non soltanto il Palermo, una squadra di calcio dal cuore grande, scivola in serie B, persino la città di Palermo, che aveva salutato con i tamburelli il ritorno del sindaco Orlando, sembra sopita in una stratificata inerzia. Nulla è cambiato, neppure nell’immagine; un traffico da Shangai, puzzolente e irriverente persino nei suoi angoli più belli, non esiste un pezzetto di area pedonale neanche davanti alle sue architetture meravigliose.
Spazzatura ovunque, dai vicoli alle cittadine intorno.
Eppure non tutta la Sicilia è così, trovi città tirate a lucido, spazzate, con il passeggio sul lastricato splendente, distese di ulivi e aranci in una campagna curata, costellata di fiori azzurri e gialli anche in gennaio.
Forse per risollevarsi non basta più la delega passiva al leader taumaturgo, ma una diversa cooperazione sociale tra i cittadini e chi li rappresenta. Per restare nella metafora calcistica, Palermo, la Sicilia, il Sud soffrono della disaffezione di un pubblico volubile e al tempo stesso esigente che ha dato molto e al tempo stesso troppo poco. Le giuste pretese di una vita migliore al Sud si scontrano magari quotidianamente con una certa latitanza del senso civico, a fronte di un autentico anelito al cambiamento, a cui la politica non riesce a dare un senso.
Ecco dunque che forze nuove come quelle messe in campo da un disinvolto magistrato insulano spaventano non soltanto il Pd, ma anche chi dello psiconano e della sua cerchia, per dirla alla Grillo, non ne può più. Forze nuove di tutto rispetto s’intende, che fanno della legalità una bandiera, ma candidano in Campania un tale Aniello Di Nardo, capopopolo dallo slogan “condono edilizio passato, presente e futuro”, mentre “Napoli non merita soltano promesse” titola l’Unità del 31 /1 dopo che gli autobus hanno smesso il servizio perchè senza benzina: amministra la città un volenteroso sindaco-ex magistrato, altro leader del movimento delle toghe.
(Bianca Vergati) -
OLI 363: SOCIETA’ – Pasta Madre Day
Da circa un anno e mezzo sono uno spacciatore: le clienti sono per lo più donne, mi contattano via mail, ci si accorda su dove vederci, io vado e consegno. Gratis. Cosa? Un pezzo di pasta madre, con cui si può iniziare a produrre il proprio pane casalingo.
Negli ultimi anni è sicuramente aumentato il numero di italiani che producono da sé il proprio pane, vuoi utilizzando le piccole ed economiche “macchine del pane”, vuoi eseguendo manualmente i vari passi che portano all’uscita dal forno di casa di una pagnotta profumata: un fenomeno in crescita dovuto sicuramente al piacere di produrre il proprio pane come si desidera, ma forse anche alla convenienza economica.
Sulle materie prime ognuno segue il proprio gusto, ormai sono a disposizione diverse decine di tipi di farina, ma una scelta quasi esistenziale è costituita dal tipo di lievito utilizzato: se la maggioranza dei “panificatori casalinghi” usano il lievito di birra, che garantisce tempi rapidi e risultati sicuri, molti, come il sottoscritto, preferiscono utilizzare la pasta madre. Perché tale scelta? La pasta madre, o lievito naturale che dir si voglia, è più difficile da trattare, i tempi di lievitazione sono molto più lunghi, ma il risultato è un pane che si mantiene fresco più a lungo, con un profumo molto più intenso (ma non acido), maggiormente digeribile, specialmente se prodotto con farina integrale.
Ma come produrre la propria pasta madre? Il processo è lungo, ed il risultato non è garantito, è molto più semplice procurarsene un pezzo da chi già la usa! Lo scambio della pasta madre appunto costituisce l’argomento di una delle sezioni del sito www.pastamadre.net , in cui il visitatore può visualizzare una mappa degli “spacciatori”, ormai più di 1000 in tutta Italia. Fra le iniziative organizzate i Pasta Madre Day, giornate in cui le persone si incontrano, discutono, i neofiti possono avere in dono un pezzo di lievito naturale: il prossimo PM Day si terrà sabato 2 febbraio, con più di 90 eventi sparsi per l’Italia. A Genova ci si incontrerà ai Giardini Luzzati, sopra Piazza delle Erbe, dalle 15 in poi (vedi programma)
(Ivo Ruello – immagine da Wikipedia) -
OLI 363: TEATROGIORNALE – Diario di una mamma in terra straniera
A partire da questa settimana OLINEWS pubblicherà i contributi di Arianna Musso che, ispirandosi ad una notizia, ne trarrà un testo letterario.
Da la Repubblica Scuola dal 21 gennaio iscrizioni on line
Giorno 1
Arrivo a casa e c’è un foglio sulla porta. Naturalmente non capisco quello che vi è scritto. E un cartello blu, tipo quello che sia attaccano in albergo alle maniglie. Sarà pubblicità. Lo stacco e lo metto nel sacchetto della spazzatura che giace da due giorni davanti alla porta di casa.
Giorno 2
La sorpresa di questa mattina è il contatore del gas sigillato. C’è un cartello blu scritto in questa lingua ostrogota… Provo a suonare alla vicina. Mi apre, nonostante la sua buona volontà non riusciamo a comunicare. Vado in posta. La settimana scorsa gli impiegati della posta erano riusciti a capire il perché mi avessero tagliato la luce. Magari anche questa volta sono pochi euro di arretrato. Arretrati perché quando mi mandano i solleciti io non riesco a leggerli. Chissà perché non vengono a prendere la spazzatura davanti a casa?
Giorno 3
Mi hanno detto che, per l’anno prossimo, devo iscrivere il bambino alla scuola elementare. Devo farlo on-line, col computer. Ci ho provato ma non ci riesco. La maestra mi ha detto che non ne sa niente. La mia amica mi ha detto che magari finisce che ci denunciano. Ma in che paese mi ha portato mio marito? Non vengono a prendere la spazzatura davanti alla porta di casa, non fanno andare i bambini a scuola, parlano solo la loro lingua e guai a provare a parlarne un’altra, che ne so: francese, inglese. Qualunque cosa facciano o dicano sembra sempre che cantino, questi italiani.P.S. Sembra che debbano cambiare il contatore del gas perché è vecchio, sembra perché è difficile parlare di bollette solo a gesti.
(Arianna Musso – immagine di Guido Rosato) -
OLI 362: SOMMARIO
PAROLE DEGLI OCCHI – Rinascita della Maddalena (a cura di Giorgio Bergami)
VOTO ALL’ESTERO – Diritto negato a temporanei e precari (Bianca Vergati)
ELEZIONI – Grillo, un Logo per due (o anche tre) (Stefano De Pietro)
PALESTINA – This must be the place (Maria Di Pietro)
RICORDO – Lorenzo Bozzo, nel silenzio e appartato (Paola Pierantoni)
TERREMOTO – “Teniamo botta” (Bianca Vergati)
SATIRA – Bertinotti e Veltroni recitano Gaber (Giovanna Profumo)
POESIA – Per Franz (Arianna Musso) -
OLI 362: VOTO ALL’ESTERO – Diritto negato a temporanei e precari
Forte la polemica in questi giorni sugli studenti Erasmus lontani dall’Italia che non possono votare, mentre ancora si rabbrividisce al ricordo dei pasticci dei parlamentari eletti all’estero con la giustissima legge voluta da Pino Tatarella, che colmò un vuoto legislativo davvero indegno. Su modello anglosassone con il Decreto-legge 18 dicembre 2012, n. 223 si è ampliata ulteriormente la platea degli elettori e così alcune categorie di cittadini residenti temporaneamente all’estero e ai quali non è richiesta l’obbligo di iscrizione all’Aire, Anagrafe italiana residenti all’estero, possono votare per corrispondenza.
“Le categorie individuate sono: appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia temporaneamente all’estero in quanto impegnati nello svolgimento di missioni internazionali; dipendenti di amministrazioni dello Stato, di regioni o di province autonome, temporaneamente all’estero per motivi di servizio, qualora la durata prevista della loro permanenza all’estero sia superiore a tre mesi e inferiore a dodici mesi i loro familiari conviventi; professori e ricercatori universitari che si trovano in servizio presso istituti universitari e di ricerca all’estero per una durata complessiva di almeno sei mesi e non più di dodici mesi che, alla data del Decreto del Presidente della Repubblica di convocazione dei comizi, si trovano all’estero da almeno tre mesi, nonché, qualora non iscritti nelle anagrafi dei cittadini italiani all’estero, i loro familiari conviventi.”
E tutti gli altri? Lodevole la legge, ma assolutamente discriminante, infatti dai “temporaneamente all’estero” sono esclusi non soltanto gli Erasmus, ma tutti i cittadini italiani che sono fuori dall’Italia, come ad esempio i ragazzi che frequentano corsi di studio più lunghi di un Erasmus, durevole al massimo un anno, ma anche coloro che sono andati via perché nel nostro Paese non hanno trovato lavoro e magari sono partiti per una sistemazione precaria, un contratto a termine, una chance altrove.
In realtà iscriversi all’Aire sarebbe obbligatorio, trascorsi tre mesi dall’arrivo in un altro Paese, ma molti non lo fanno e non per una mera questione di tasse, bensì perché si viene cancellati automaticamente dall’assistenza sanitaria nazionale quando si comunica al proprio Comune la diversa residenza: se si rientra in Italia si ha diritto all’assistenza sanitaria per 90 giorni e soltanto per cure urgenti, salvo ricambiare la residenza. Tutto ciò se non si ha distacco per lavoro, un lavoro ufficiale, certificato da un’azienda e se si è nei paesi Ue o in Paesi che prevedono accordi sanitari: se si ha bisogno meglio presentare il proprio tesserino Asl e basta.
Almeno in Europa, altrove il Ministero degli Esteri consiglia “la stipula di un’assistenza sanitaria privata”. Quanti sono in realtà gli italiani all’estero che non sono dichiarati con lo status di “emigranti”? Una marea e tantissimi sono i giovani, che vagano per un lavoro o per studio e non certo per turismo. Ma il loro voto non interessa alla politica, che ne fa un gran parlare ma non li considera ”cittadini aventi diritto al voto”. Se ne sono dimenticati, anche se ora farebbero comodo almeno un po’ di migliaia di voti in più.
(Bianca Vergati) -
OLI 362: ELEZIONI – Grillo, un Logo per due (o anche tre)
“O cavallina, cavallina storna, che portavi colei che non ritorna”: si parla della logica, reduce dai banchi di Montecitorio. Alcune volte ci si chiede che fine abbia fatto, vista la sequela di norme contraddittorie e inutili e anche sbagliate che sono state prodotte nel tempo dal Parlamento. La legge elettorale, vigente da tempo immemore in Italia, non tiene conto della sequenza logica degli avvenimenti necessari alla presentazione di una lista per le elezioni. Per questo motivo deve essere riformata dalle basi.
Analizziamo la sequenza come prevista. Prima di tutto occorre avere una lista di candidati, e quella bene o male tutti i partiti e i movimenti sono riusciti a tirarla su, chi più chi meno. Poi occorre raccogliere le firme su dei moduli cartacei, con la presenza di un certificatore, sovente al freddo, per strada. I moduli devono avere il simbolo elettorale già inserito, a colori (per un costo di circa 500 euro per raccogliere 5000 firme). La raccolta delle firme è prevista da sei fino a circa un mese prima delle elezioni, data di consegna delle firme e dei relativi certificati elettorali dei firmatari.
Un giorno “che non si sa quando esattamente” ma comunque prima del giorno di consegna delle firme, dopo una coda all’aperto a Roma senza un ordine di arrivo che non sia autogestito, si deve invece consegnare il simbolo. Il simbolo elettorale, diametro esattamente 30 millimetri, tondo, quello già esposto così in evidenza nei moduli elettorali, deve essere unico e non simile ad altri. In caso di somiglianze, ha la precedenza quello che viene consegnato per primo.
La legge elettorale non prevede l’esistenza di marchi registrati attraverso gli stessi organi statali quali l’Ufficio marchi e brevetti, se non quelli già presenti in Parlamento; quindi copiare quello del Pd o del Pdl non sarebbe un’idea furba, quello del Movimento 5 Stelle, di Monti o di Ingroia invece si. Ed infatti è successo.
Insomma: occorre consegnare per primi un simbolo che la legge stessa ti obbliga a mostrare al mondo prima della consegna, ossia esiste di fatto un obbligo di esporsi al rischio della copia, senza fornire al riguardo alcuna protezione: è evidente l’assurdità della situazione. Inoltre i marchi registrati, che sono oggetto di continue contese nelle aule di tribunale quando si parla di utilizzo commerciale, non sono tali se si parla di elezioni: cosa può aver portato un legislatore a inventarsi una cosa simile?
Di più: con i tre marchi copiati, depositati prima di quelli originali solo per fare “ammuina”, si giunge all’assurdità che i detentori del marchio “vero” avranno raccolto le firme necessarie ma non potranno usarlo, mentre chi non ha alzato il sedere dalla sedia, e non presenterà firme il 21 gennaio, non potrà presentarsi alle elezioni, e quindi avere il marchio nella scheda elettorale: siamo alla follia pura, all’eutanasia elettorale.
E’ evidente che la legge elettorale va cancellata completamente e riscritta in termini moderni. Prima di tutto il sistema di rilevamento delle firme deve essere possibile anche via internet o con sistemi elettronici, con l’utilizzo di tecnologie che possano facilmente autenticare le persone. Questo, oltre ad accelerare i tempi di raccolta, consentirebbe uno sgravio notevole del lavoro degli uffici elettorali che devono controllare uno per uno i firmatari, stampare i certificati, verificare che abbiano firmato una sola volta e per un solo candidato. Prima ancora, il simbolo va depositato attraverso un registro come l’Ufficio dei marchi, e da loro recepito come unico. Solo dopo il recepimento del marchio, sarà possibile la raccolta delle firme.
(Stefano De Pietro)







