Autore: Redazione
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OLI 423: SIRIA – Cartoline da Genova per ricordare la guerra
Domenica 15 marzo, Genova.
Il pomeriggio è sospeso, con il cielo grigio gravido di acqua.
Si incontrano in piazza Cernaia, nel cuore del centro storico, famiglie, ragazzi e ragazze che vogliono commemorare i 4 anni dallo scoppio della guerra siriana. Scambiano palloncini rossi, legano ai fili sagome di stoffa leggere che raffigurano bambini e bambine, che grazie a quei palloncini possono volare. Così li portano in processione per i vicoli bui del centro storico. La Siria sfila a Genova, grazie ad Alessandra Raggi animatrice di un movimento colorato di persone che non dimentica il conflitto che insanguina il suo territorio, un movimento che porta nelle piazze della città – San Lorenzo prima e Matteotti dopo – le voci e i corpi dei bambini siriani vittime di questa tragedia.
Camminano tra i turisti, superano l’Acquario di Genova fino al punto in cui il molo si arrende al mare, e sotto la pioggia e mazzi di palloncini rossi, si fermano sul pontile per farne volare alcuni verso Sud.
Le foto, scattate a dispetto del brutto tempo, sono le cartoline che Genova spedisce alla Siria e ai suoi figli più piccoli.Marco Doria ha dato la sua solidarietà tramite F.B. all’inziativa, ma l’evento non ha registrato la presenza di politici e assessori.
Peccato, non sanno cosa si sono persi.(Giovanna Profumo – foto dell’autrice)
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OLI 423: REGIONE – Carbone che viene, carbone che va
“ Ma tu con chi stai?” è il quesito principale che imperversa sui media liguri, da destra e da sinistra tutti sgomitano, ma dai politici nemmeno un pio di come sta la nostra Liguria. Pare si stia sfasciando il Salone Nautico, che non interessa soltanto Genova, eppure il capo di Fiera, Sara Armella, è occupata a fare le primarie Pd, mentre il presidente in scadenza dell’Autorità Portuale Merlo, consorte della candidata presidente regionale, presenta un Piano regolatore Portuale “da sssogno”, direbbe Crozza-Briatore: stupendo il blueprint di Renzo Piano, speriamo che lo facciamo.
Si prevedono però due nuove dighe, gulp, quando neppure si è deciso se e quando fare la torre piloti, forse l’unica certezza è l’abbattimento dell’ex palazzo Nira, che magari basterebbe bonificare per recuperare…
Il porto di La Spezia compra gru giganti dalla Cina, una volta le costruiva Ansaldo Industria, come se quel gioiello di golfo fosse adatto per intensificare il megatraffico container, a Imperia crisi nera, è lontano il ricordo dei mulini sbuffanti della pasta Agnesi e dei treni carichi di grano, ora ristorantini, vecchi yacht e sulle banchine rubate al mare svettano gli scheletri degli edifici del superporticciolo incompiuto.
A Savona è stata chiusa la centrale termoelettrica di Tirreno Power, non più a norma, restano duecentomila tonnellate di carbone inutilizzate e a rischio inquinamento. Finalmente si è deciso per lo sgombero: il 15 per cento andrà alla centrale di Monfalcone. E il resto? Ci vorranno quaranta camion al giorno per completare lo smaltimento delle prime trentamila tonnellate, che viaggeranno fino al Terminal Rinfuse di Genova, essendo stato chiuso da tre mesi quello di Savona-Vado, proprio per la cessazione dell’attività della centrale. La movimentazione del carbone potrebbe avere effetti sull’ambiente, intanto è certo che dovranno essere compiuti millecinquecento viaggi per l’imbarco sino a Genova.
Complimenti per la gestione alla Regione, al Ministero, a tutte le Autorità Portuali, che puntano i piedi per non essere accorpate, quasi ogni porto fosse una repubblica marinara e il coordinamento in questo caso è brillato: la Befana è lontana, ma molto di quel carbone dovrebbe essere scaricato a casa di tutti quei soggetti di cui sopra.
(Bianca Vergati – immagine di Guido Rosato) -
OLI 423: CITTA’ – In Via Romana più cemento, più macchine, più frane
Sono cinque mesi che la furia dell’acqua ha devastato il nostro territorio, portandosi via tutto quello che incontrava.
Cinque mesi e tante cose sono cambiate, altre sono rimaste invariate, come cristallizzate sulla madre terra. Cinque mesi e la frana di Via Romana della Castagna a Quarto è sempre lì dove si è formata e ancora divide l’antica Aurelia in due parti, rendendo inaccessibile il passaggio.
Cinque mesi. Sembra di essere ritornati dietro nel tempo, in quell’antico percorso, priva di rumori, solo il suono del rio sottostante , forse gli abitanti del sito ora respirano in quel magico silenzio privo di mezzi e motori, ci si sta rassegando quasi increduli della risorsa inaspettata, ma cosa fare?
Si chiede quando si riaprirà quella strada, ma si potrà anche proporre di renderla oltre che sicura per i pedoni viandanti, magari accessibile solo dai residenti o comunque limitarne l’uso. Sebbene presto e come sempre sorgeranno nuove residenze per un cambio di destinazione d’uso che il Comune ha approvato proprio a pochi metri da quel rio dove è avvenuta la frana. Più case, più macchine più cemento più frane. Intanto l’antica Aurelia dopo quattro mesi resta divisa in due da macerie scivolate dal fu muretto a secco, memoria storica della nostra cultura.
Anche la frana di Via dell’Ulivo a Quinto, a due passi del cantiere di via Majorana è sempre lì, implacabile a sbarrare il passo.
(Ester Quadri – Foto di Ferdinando Bonora) -
OLI 423: REGIONALI 2015 – Il ritorno dei boiardi e la scelta di Pagano
(ex Voto a San Torpete – Genova) C’erano una volta i boiardi di stato.
Il temine negli anni Ottanta indicava il gotha di dirigenti, voluti dalla politica, che gestiva aziende pubbliche e che ne decideva i destini. Uomini potentissimi capaci di scelte sciagurate. Ancora oggi le conseguenze delle loro decisioni bruciano sul tessuto produttivo del paese.
Esistono nuove tipologie di boiardi?
Scelgono bene?
La recente vicenda delle elezioni regionali liguri induce a pensare che i boiardi esistano, pronti a dettare a sinistra l’agenda politica della Liguria. Il sostegno, come candidato “antipaita” a Luca Pastorino, sindaco di Bogliasco, parlamentare e ormai ex Pd di area “civatiana”, è un segnale del clima che si respira nei partiti di di sinistra a livello nazionale, dove si punta su un carino dal passato politico innocuo, piuttosto che su un cooperante internazionale, sindaco per due mandati di La Spezia, con una militanza nel Pci.
Se sono gli uomini a fare la storia, quella di Luca Pastorino non tiene il confronto con quella di Giorgio Pagano e nemmeno sarà una minaccia per Raffaella Paita, visto lo spessore politico dell’avversario.
Si sarebbe potuto avere di più, con buona pace di Pastorino che garantisce una campagna politica “col sorriso”, quando in Liguria da tempo, non c’è nulla da ridere. Si poteva convergere su Pagano, scelto da primarie di area e presentato agli elettori di sinistra dopo una lunga serie di incontri. Ma così è andata e la pubblicazione di un carteggio mail di don Farinella non ha certo favorito l’unità.
E in nome di quella unità a sinistra, Pagano ha ritirato la propria candidatura. Ma si è reso disponibile a parlare di programmi e propore buona politica.
(Giovanna Profumo)
Ecco il testo integrale della sua lettera inviata alla stampa il 26 marzo 2015:In queste settimane ho lavorato, insieme a molti amici, al progetto di una “coalizione civile, sociale e popolare”, alternativa al sistema dominante in Liguria. Un progetto capace di guardare a sinistra ma non solo, perché vuole mobilitare le coscienze e le passioni civiche di tutte le persone ammutolite di fronte a consuetudini stratificate di malaffare, mediocrità politica, assenza di visione, danni costanti alla cosa pubblica e al territorio. La forza di questo progetto è tutta nella capacità di coinvolgere e aggregare dal basso, di creare fiducia non solo attraverso iniziative e vertenze politiche ma anche e soprattutto attraverso pratiche solidali e mutualistiche capaci di dare risposte concrete ai bisogni delle persone.
Ho cercato fino all’ultimo l’alleanza, in vista delle elezioni regionali, con i piccoli partiti della sinistra,ma il tentativo è stato reso impossibile da una operazione politica vecchia e stantia, organizzata da minoranze partitiche che contano sempre meno, non hanno una reale visione alternativa e si rifugiano da tempo in una cultura minoritaria e perdente che parla a pochissimi e allontana le tante persone disamorate dalla politica per colpa di questa politica. Non rinnego il tentativo, che andava fatto: ma l’esito è stato fallimentare, e le responsabilità politiche sono evidenti. Non esistono dunque le condizioni perché io possa accettare la proposta che mi è stata fatta dal candidato a Presidente e dai dirigenti nazionali dei piccoli partiti di aderire a questa operazione assumendo il ruolo di capolista.
In questi giorni ho discusso a lungo con gli amici che mi hanno proposto e sostenuto. E’ cresciuto il consenso attorno a noi, forte era ed è la spinta a presentare una lista civica alle elezioni. Ma ho voluto ancora una volta compiere un atto di responsabilità, l’ultimo: ho deciso di ritirare la candidatura. L’ho fatto nel nome della lotta alle frammentazioni e alle divisioni, un sentimento da molti condiviso, di cui mi sono fatto carico.
Spero che questo atto possa ancora far riflettere sulla mia proposta, finora rifiutata, di una nuova candidatura unitaria, che eviti il danno di una dispersione dei consensi all’interno del campo dei cittadini impegnati per il cambiamento, potenzialmente maggioritario.
Confesso che il mio rientro nella politica tradizionalmente intesa, dopo otto anni di impegno sociale e culturale dal basso, è stato drammatico. Ora sono pienamente consapevole che l’obiettivo che mi ha sempre mosso, quello della riforma dei partiti e della loro apertura alla società, deve fare i conti con quella che purtroppo è la realtà: oggi sopravvivono i resti disperati di un sistema che ha condotto allo smantellamento inesorabile di una politica ormai screditata agli occhi dei cittadini.
Il mio atto non è però di abbandono, anzi: ho deciso di lavorare per costituire il movimento “La Buona Onda”, con l’obbiettivo di costruire insieme alle tante altre associazioni -a partire da “Altra Liguria”, che con tanto calore mi ha accolto- e a tutte le persone interessate la “coalizione civile, sociale e popolare” della Liguria. Una grande forza civica organizzata, radicata nei territori, che collabori con le forze di base e civiche che si battono per un cambiamento radicale. Durante la campagna elettorale stimoleremo il dibattito pubblico con interventi sui principali problemi della regione. Costruiremo un osservatorio sulle politiche regionali, con proposte specifiche e un monitoraggio stretto di chi governerà. Soprattutto ci impegneremo per una cultura politica nuova, che potrà supportare la nascita di liste civiche di cambiamento alle elezioni future e rafforzare un processo dal basso come contributo della Liguria alla coalizione sociale che sta crescendo nel Paese. La “Buona Onda” di entusiasmo, di centinaia di proposte di programma che mi sono arrivate, testimonia che la voglia di un cambiamento radicale è molto forte. “La Buona Onda” organizzerà questa spinta genuina e popolare: non è una scelta di testimonianza, ma ha lo spirito di una alternativa di governo.
Un grazie di cuore alle migliaia di persone che in questi giorni hanno voluto manifestarmi affetto e vicinanza politica, a “Altra Liguria”, ai Verdi e soprattutto agli amici del “gruppo di San Torpete”, i primi a credere in me.
Giorgio Pagano -
OLI 423: COMUNE – Una modifica allo Statuto per salvare la partecipazione
Il Permesso a costruire è un atto autorizzativo che viene emesso dagli uffici comunali a seguito di un lungo percorso burocratico al termine del quale viene approvato un progetto edilizio. Sono soggetti al permesso a costruire tutte quelle opere quali posteggi interrati, edifici civili e industriali che in questi anni hanno cambiato l’aspetto di Genova.Spesso, il percorso burocratico edilizio avviene, nel pieno rispetto della legge, all’interno degli uffici stessi, e i cittadini vengono al corrente di queste opere solo a cose ormai fatte, quando il ritiro di un permesso potrebbe essere solo effettuato mediante un ricorso al TAR o per effetto di una delibera di Consiglio comunale, con danni nei confronti del richiedente il permesso e quindi con una probabile richiesta risarcitoria anche onerosa per il Comune.Un esempio di macchina burocratica in questo senso è il parcheggio di Piazza Solari, intercettato dai cittadini a poche ore dal rilascio del permesso (o meglio dalla consegna materiale di un permesso già firmato). Ancora oggi la situazione di quel posteggio è in forse, in quanto il titolo sarebbe valido se fossero consegnate le fidejussioni richieste, unico motivo al momento per il quale il bosco è ancora lì. Un altro caso, meno fortunato, è il parcheggio di via Cadighiara, dove è stato dichiarato l’inizio del cantiere.Per ovviare a questo problema, sfruttando un percorso di revisione dello statuto del Comune, il Movimento 5 Stelle ha prodotto un emendamento per introdurre un margine di sicurezza temporale che consenta ai cittadini la visione dei permessi a costruire attraverso il sito web del Comune, prima che questi siano firmati dai dirigenti, in modo da evitare le richieste di danni in caso di opposizione da parte di qualcuno. E’ stato proposto un termine di trenta giorni, trascorsi i quali senza inconvenienti il dirigente potrà firmare il permesso certo che il percorso di informazione sia effettivo, oppure valutare insieme all’assessorato eventuali opposizioni e richieste derivanti da un percorso “cieco” della pratica.Si tratta di una proposta semplice, che andrà adesso vagliata insieme al Segretario generale per il parere di legittimità e poi accolta (o meno) a livello politico dal Consiglio comunale.Certo è che il Movimento intende mettere i gruppi consiliari di fronte alla responsabilità di un eventuale “no” nei riguardi della cittadinanza genovese che chiede trasparenza e maggiore voce in capitolo sull’andamento dell’edilizia nella propria città.(Stefano De Pietro) -
OLI 423: CULTURA – Massimo Chiesa, se la politica rottama il teatro
Sulla scrivania di legno si sovrappongono copioni, libri, buste, fogli sparsi. Il computer portatile è acceso, accanto, un pacchetto di sigarette semiaperto. Massimo Chiesa lo afferra e inizia a fumare, gambe accavallate e camicia di jeans. Aria un po’ tormentata.
– Nell’ultimo periodo si è sentito molto parlare del mancato riconoscimento del Teatro Stabile di Genova come Teatro Nazionale, esattamente che cosa si intende per Teatro Nazionale? In che cosa consiste effettivamente la differenza tra un Teatro Nazionale e un teatro che non lo è?
“Dal decreto legge questo non si riesce a capire bene, viene evidenziata la distinzione tra un “Teatro Nazionale” e un “TRIC” (teatri di rilevante interesse culturale). Il Teatro della Tosse e l’Archivolto hanno fatto domanda per essere TRIC. Nel decreto legge la differenza tra un teatro Nazionale e un TRIC è sostanzialmente di numeri, ad esempio: a un Teatro Nazionale sono richieste 15.000 giornate lavorative, mentre a un TRIC 6.000. Un Teatro Nazionale è vincolato alla produzione annuale di almeno due spettacoli di autori viventi (di cui uno di nazionalità italiana), mentre per un TRIC la richiesta è di uno spettacolo di un autore vivente. In sostanza le differenze principalmente sono date dalla “quantità” e non dalla qualità e dalle scelte artistiche”.
– Quindi nella realtà dei fatti non c’è nessuna differenza tra l’essere un Teatro Nazionale e l’essere un TRIC?
“No, in teoria no. In tutte le dichiarazioni che molti hanno fatto ai giornali è stato detto che non ci sarà una grande differenza nemmeno nei finanziamenti, personalmente credo che questa grande differenza invece ci sarà. Altrimenti queste distinzioni sono un po’ fine a loro stesse.”
– Cosa pensi del decreto in sé?
“A mio parere è pieno di errori. Per esempio, un articolo parla di “Centri di produzione teatrale” a cui però viene richiesto che le giornate recitative di programmazione vengano riservate per almeno la metà a soggetti diversi dal richiedente il contributo e questo è un controsenso in termini , perché significa che un centro di produzione deve fare almeno il 50% delle repliche di “ospitalità”. Un’altra cosa che mi viene in mente è che ai Teatri Nazionali viene richiesto di produrre o ospitare almeno due spettacoli di ricerca. Qui si apre un altro capitolo che la commissione non ha preso in considerazione: in quale città questo deve succedere? Perché, anche se è improbabile, può essere che un Teatro Nazionale sia ubicato in una città dove non ci sia nessun teatro che ospiti teatro di ricerca, ma può anche essere che sia in una città in cui il teatro di ricerca per consuetudine è ospitato in altri teatri, come qui a Genova, dove il teatro di ricerca trova casa alla Tosse, all’Akropolis o addirittura all’Archivolto. Perché se ne dovrebbe far carico il Teatro Stabile? Non ha senso, oltre a creare un danno alla Tosse, piuttosto che all’Akropolis o all’Archivolto. Ma perché poi è così vincolante ospitare o produrre spettacoli di ricerca per un Teatro Nazionale?”
– A proposito di questo: come sappiamo il Teatro Stabile di Genova non è rientrato nella classifica dei teatri nazionali italiani, cosa pensi al riguardo?
“E’ gravissimo. Se l’essere Teatro Nazionale è una cosa meritoria (e io credo che lo sia) è inaccettabile che lo Stabile non sia stato riconosciuto in quanto tale, tuttavia questa esclusione è imputabile sia al decreto, sia al fatto che ormai chi si occupa di teatro in Italia (tra cui anche giornalisti, critici, professori universitari e così via) possa avere una strana confusione in testa e molti non sono più in grado di distinguere i generi teatrali, cosa che invece è fondamentale: una cosa è la prosa, un’altra è la ricerca e l’innovazione, poi musical, poi l’operetta… sono tutti diversi generi di teatro. L’idea che offusca le menti di queste persone è che ci debba essere una commistione tra linguaggi e generi di teatro e non c’è nulla di più sbagliato. Il teatro ha i suoi generi. Non si può prescindere da questo. C’è una proliferazione molto alta di teatro di ricerca, ma nella realtà dei fatti la ricerca vera e propria è quasi scomparsa. Perché il grande lavoro di ricerca teatrale in Italia è avvenuto negli anni ’60 e ’70, quello che è venuto dopo è stato un po’ uno “scopiazzare” da quegli anni, un tentativo di rimodernarlo. Oggi l’85% della ricerca, mi sento di dirlo, è assolutamente improvvisata e un Teatro Nazionale non può essere obbligato a farla.”
– Perché quindi secondo te il Teatro Stabile non è rientrato nella Classifica dei Teatri Nazionali?
“Io immagino che Carlo Repetti, forte della storia del Teatro Stabile di Genova e forte di quello che lui ha fatto come direttore, abbia pensato, giustamente, che il modo in cui era stato condotto il Teatro Stabile di Genova fosse uno straordinario modo di condurre un teatro pubblico, e lo era. Non ha pensato che la commissione ministeriale richiedesse per forza delle novità. Ha mantenuto la sua caratteristica principale che è quella di un teatro di tradizione decisamente importante e a mio parere ha fatto bene perché sarebbe stato un errore snaturare la storia e il presente del Teatro Stabile di Genova. Ho letto che molti danno la colpa a Marco Sciaccaluga in quanto regista “vecchio” poiché sono più di trent’anni che lavora allo Stabile di Genova, ma secondo me quello deve essere un merito. Il fatto che un teatro pubblico mantenga un regista stabile (e poi noi sappiamo che accanto a Sciaccaluga sono passati i più grandi registi d’Europa, tra cui Benno Besson, Alfredo Arias, Luca Ronconi, Elio De Capitani, Peter Stein, Otomar Kreica, Elio Petri, Terry Hands, Egisto Marcucci, William Gaskill, Langhoff e altri con i quali Sciaccaluga ha collaborato assiduamente) per così tanto tempo non può essere un demerito. A prova di questo c’è il fatto che i grandi anni del Teatro Stabile sono stati quelli di codirezione tra Ivo Chiesa e Luigi Squarzina, periodo in cui le regie le faceva quasi tutte Squarzina e gli attori erano praticamente sempre gli stessi. Durante quel periodo quella del Teatro Stabile era probabilmente una delle tre o quattro compagnie teatrali più importanti d’Europa e la sua forza risiedeva nell’essere una compagnia unita, affiatata: agli attori bastava uno sguardo per accordarsi. Questo è uno dei motivi per cui io non condivido il pensiero di chi sostiene che il regista di un teatro pubblico debba durare in carica per massimo cinque anni e poi cedere il ruolo a qualcun altro. E’ come se ad una grande orchestra venisse richiesto di cambiare i musicisti e il direttore ogni settimana, sarebbe impossibile per loro produrre della musica apprezzabile.”
– Credi che la politica abbia avuto un’influenza sulla mancata nomina del Teatro Stabile di Genova a Teatro Nazionale?
“Non è stata una ragione politica o territoriale a mio parere. Lo posso escludere. Come dicevo prima, è più concreta l’idea che il pensiero del teatro oggi sia quella del “bisogna fare cose nuove”. Io credo che la mancata nomina del Teatro Stabile di Genova a Teatro Nazionale sia imputabile ad una “moda” di chi si occupa di teatro di pensare a tutti i costi che il nuovo sia meglio del vecchio. Sfortunatamente questa è una frase ricorrente anche nella politica italiana: rottamiamo tutto. Sicuramente lo Stabile di Genova non era un teatro da rottamare. Tuttavia, a livello territoriale, due anomalie ci sono: una è data dal Teatro della Pergola (a Firenze) che improvvisamente da qualche anno è diventato teatro di produzione e dove l’anno scorso hanno eletto il nuovo direttore artistico che è Gabriele Lavia (grande attore e regista) che è il tipico impresario di se stesso, privato. E’ vero che ha diretto lo Stabile di Torino e lo Stabile di Roma perché è un artista importante, ma il Teatro della Pergola non ha nessuna tradizione di produzione. La Pergola è stato accorpato con il teatro di Pontedera (teatro questo di sperimentazione e ricerca) ed è diventato Teatro Nazionale. Il che è abbastanza incredibile. L’altro caso un po’ stravagante è dato da Napoli, che ha improvvisamente aperto una scuola di recitazione (condizione essenziale per essere riconosciuto Teatro Nazionale) il cui direttore è Luca De Filippo, il quale si merita ogni possibile plauso in quanto, suppongo, dovrà rinunciare alle sue tournée per poter insegnare e tramandare la difficile arte ai giovani che si iscriveranno alla neonata Scuola Napoletana .”
Sono passati quaranta minuti. Tre sigarette e due telefonate.
Guardo la scrivania di legno e penso che forse la situazione della cultura in Italia è come un tavolo disordinato a cui si cerca di dare un ordine apparente. E allora si impilano libri e carte sparse, si creano nomine, si fanno concorsi e nuove classifiche. TRIC e tricks. Ma in fondo si sa che è solamente una posa. Che basta spostare un foglio e tutto sarà nuovamente disordinato.
(Biancalice Sanna – immagine da internet) -
OLI 423: AMBIENTE – L’amore alle Galàpagos e a Portofino
Il pontile dondola languido, luci festose ne disegnano la sagoma, intorno mare nero e altri profili luccicanti, sono le imbarcazioni, poche, che sostano in baia. In lontananza spiccano luminose le piccole case del porticciolo, una fila di negozietti che vendono tartarughe in onice e pelouche, magliette con le sula, gli uccelli dalle zampe turchesi.
I turisti sbarcati si affannano a curiosare, a rovistare nelle bancarelle, vorrebbero portarsi via tutto, quasi a fermare il tempo e i ricordi. Sono soltanto souvenir ma è nel cuore, nella memoria che vorrebbero fermare per sempre le immagini di un mondo che non vedranno uguale in altro posto, le foto potranno servire soltanto a raccontare. Mai si scorderanno di aver nuotato con le tartarugone placide, con i minuscoli pinguini così goffi a terra, cosi eleganti nell’acqua, così rapidi ad accorrere al tuffo del cormorano che si immerge nel banco di pesci, spirali argentate di pesciolini che si tengono stretti per difendersi dal predatore. Ricorderanno i colibrì librarsi sulle rocce per cogliere cibo invisibile, le iguane statuarie, come un microfilm di jurassick park e poi lo scivolare lento dei gommoni, l’avvicinarsi cauto alle isole incantate, dove pigri si crogiolano i leoni marini: scuri, quasi neri se sono bagnati, i cuccioli dal pelo dorato che si strusciano sotto il sole, al riparo dei grandi, in un silenzio che ti avvolge, interrotto soltanto da “voci” non umane.
Si deve parlare a voce bassa per non spaventare gli animali, bisogna scrollare bene gli scarponcini prima di risalire in barca dopo un’escursione, i percorsi sono segnalati, guai ad andare oltre, anche se ti capita di assistere alla nascita difficoltosa di un piccolo leone, non puoi, non devi intervenire: pure se il piccolo sembra non riuscire a risalire dalla pozza in cui è caduto, la madre lo guarda esausta sulla riva e tu, tu non puoi aiutarlo, romperesti l’equilibrio della natura, forse quel cucciolo è destinato a morire, un altro sopravviverà.
Ecco tutto è così, alla Galàpagos, regolato dal ritmo e dalle leggi di natura, puoi osservare da lontano, nuotare un po’ più in là, ma nulla deve essere alterato, scavalchi le carcasse e non devi raccogliere foglie, sassi, conchiglie. Sembra quasi maniacale, esagerato ma è così che da millenni qui vivono animali estinti altrove, che Darwin aveva osservato là prima di scrivere L’Origine della Specie: uua variazione di fringuelli che a seconda delle isole che abitavano, aride o lussureggianti, si erano adattati ad avere un becco più lungo, un colore più anonimo. L’Ecuador ne fa un vanto di riserva, numero chiuso per approdare, per visitare questo paradiso, una risorsa economica da preservare ad ogni costo tramite un turismo intelligente.
Proprio come da noi con un modesto esempio: il sindaco di Portofino ha chiesto di accorciare la distanza a cui possono arrivare le navi-mostro da crociera per solcare “il santuario dei cetacei”. Così s’intende l’amore per la natura in questo nostro Paese che non sa più che cosa sia una convivenza equilibrata tra l’uomo e l’ambiente, ne ferisce la bellezza, Grande Opera sarebbe preservarla.
E pensi con rimpianto a quel leoncino di mare sdraiato beatamente sul pontile, mentre i marinai con passo felpato cercavano di aggirarlo senz disturbarlo, per arrivare a sciogliere le cime del gommone.(Bianca Vergati)
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OLI 423: ESTERI – Voci dalla Stampa Internazionale
Informazione americana è alla frutta: Thomas Friedman pensa che i talebani siano arabi.New York Times, 25 Marzo 2015:
“Un secondo argomento è che l’Iran è uno stato vero e civile con elezioni competitive (anche se limitate), con le donne istruite e con un potente esercito. Rattoppare le relazioni USA-Iran potrebbe consentire all’America di gestire meglio e bilanciare i sunniti arabi talebani in Afghanistan”.http://mobile.nytimes.com/…/thomas-friedman-look-before-lea…
Nuovo libro: i soldati americani hanno violentato 190.000 donne tedesche
Spiegel, 2 Marzo 2015: “Gebhardt ritiene che i membri delle forze armate statunitensi hanno violentato fino a 190.000 donne tedesche nel momento in cui Germania Ovest ha riacquistato la sovranità nel 1955, la maggior parte delle aggressioni si sono svolte nei mesi immediatamente successivi all’invasione americana della Germania nazista.”
http://www.spiegel.de/…/book-claims-us-soldiers-raped-190-0…Ebrei americani: “Netanyahu e Israele non rappresentano in alcun modo il popolo ebraico.”
PRNewswire, 2 marzo 2015: “Migliaia di ebrei americani hanno manifestato il 3 marzo a Manhattan contro la visita del primo ministro israeliano Netanyahu a Washington ed il suo intervento al Congresso USA. “Netanyahu sostiene di rappresentare l’intero popolo ebraico, e temiamo che, se rimaniamo in silenzio, la gente possa credere che gli ebrei in generale approvino quello che fa e dice, perciò manifestiamo per mostrare al mondo la verità, che Netanyahu e il suo stato (Israele) non rappresentano in alcun modo il popolo ebraico.”http://www.prnewswire.com/news-releases/central-rabbinical-congress-to-hold-demonstration-in-manhattan-against-israeli-leaders-speech-300043623.html
I musulmani molestati quanto gli ebrei in Europa
Pew Research Center, 27 febbraio 2015: “I musulmani in molti paesi europei (32 dei 45) sono molestati quasi quanto gli ebrei”. In Germania, teste di maiale insanguinate sono state trovate in un sito dove la comunità musulmana Ahmadiyya stava progettando di costruire la prima moschea di Lipsia. In Irlanda, moschee e centri culturali islamici hanno ricevuto lettere minatorie, in una delle lettere si afferma: “I musulmani non hanno il diritto di stare in Irlanda. “
http://www.pewresearch.org/fact-tank/2015/02/27/5-facts-about-religious-hostilities-in-europe/Sembrano le stesse parole che scrivevano i nazisti sugli ebrei in Germania
New York Times, 19 febbraio 2015: “I musulmani in Danimarca possono coesistere con i loro vicini non musulmani, ma spesso si aggrappano a valori e mentalità di cospirazione dei loro paesi d’origine.”Governo libico: Turchia invia armi in Libia per fare uccidere i libici tra di loro
Reuters, 27 febbraio 2015. “Il primo ministro libico, riconosciuto a livello internazionale, Abdullah al-Thinni, ha detto che il suo governo avrebbe rotto i rapporti con la Turchia perché sta inviando armi ad un gruppo rivale a Tripoli in modo che “i libici si uccidono fra di loro”.
http://www.nytimes.com/2015/02/20/world/europe/after-attacks-denmark-hesitates-to-blame-islam.html?_r=2La visita di Netanyahu porta problemi per gli ebrei del Partito Democratico
Washington Post, 2 marzo 2015: “Finora, 30 democratici, quattro senatori e 26 deputati, hanno detto che non assisteranno al discorso di Netanyahu. Quasi la metà sono afro-americani, che dicono di sentire profondamente che il signor Netanyahu sta disprezzando il presidente Obama sfidando la sua politica estera. Una mezza dozzina di quei democratici che intendono non assistere sono ebrei che rappresentano il 21 per cento dei membri ebrei del Congresso.”
http://www.nytimes.com/2015/03/02/us/politics/israeli-leaders-visit-brings-uninvited-problems-for-jewish-democrats.hCi vorrebbe un secolo per ricostruire Gaza
Oxfam, 26 febbraio 2015: “Al ritmo attuale ci vorrebbero più di 100 anni per completare la costruzione essenziale di case, scuole e strutture sanitarie di Gaza se non finisce l’assedio israeliano” “Gaza ha bisogno di più di 800.000 camion carichi di materiali da costruzione per costruire case, scuole, strutture sanitarie e altre infrastrutture dopo ripetuti conflitti e anni di assedio”.
http://www.nytimes.com/2015/03/02/us/politics/israeli-leaders-visit-brings-uninvited-problems-for-jewish-democrats.html?smprod=nytcore-ipad&smid=nytcore-ipad-share&_r=3“Nessuno ha perseguitato gli ebrei yemeniti più degli israeliani Askhenazi, che hanno rubato i loro figli al loro ritorno”.
http://972mag.com/yemenite-children-affair-families-of-the-kidnapped-speak-out/101166/Il New York Times dove si afferma che per Cuba è meglio un’economia socialista
25 febbraio 2015: “Da quando Cuba ha più aperto la porta alle imprese private, il divario tra ricchi e poveri, tra bianchi e neri, che la rivoluzione ha cercato di diminuire, sta crescendo più evidente.”
http://www.nytimes.com/2015/02/25/world/americas/as-cuba-shifts-toward-capitalism-inequality-grows-more-visible.html1948 pulizia etnica del 85% dei palestinesi ُ
Electronicinfifada, 20 febbraio 2015: “In concomitanza con la fondazione di Israele nel 1948, le sue forze armate hanno sistematicamente espulso la popolazione nativa della Palestina e raso al suolo circa 500 dei loro villaggi nella più grande e meglio negata campagna di pulizia etnica nei tempi moderni.” “Circa l’85 per cento dei residenti palestinesi di quella che sarebbe diventata Israele era stato costretto ad attraversare i confini e diventare rifugiati nei paesi limitrofi.”
http://electronicintifada.net/content/long-struggle-palestinians-israel/14258
(a cura di Saleh Zaghloul) -
OLI 422 – SOMMARIO
PAROLE DEGLI OCCHI – Heidi ribelle (a cura di Giorgio Bergami)
CITTÀ – “Vola solo chi osa farlo”, da Antigone a Santa Maria in Passione (Ferdinando Bonora)
COMUNE – Valletta Cambiaso, se il Pubblico è distratto (Bianca Vergati)
ILVA – Landini, media assemblea (Giovanna Profumo)
PALESTINA – La Campagna Open Shuahada Street in Italia (Maria Di Pietro)
ESTERI – ISIS, Religione e barbarie (Saleh Zaghloul)
TEATROGIORNALE – Sala riunioni bambini interiori (Arianna Musso)
LETTERE – G8, Toccofandi. Un medico dice no (Dott. Pier Claudio Brasesco)