Autore: Redazione

  • OLI 324: TRASPORTI – Visitiamo l’Europa, facciamoci del male

    In questi mesi passati ci siamo esercitati a farvi invidiare le delizie tramviarie, di superficie o sotterranee, di Copenhagen (Oli 314), Zurigo (Oli 286), Berlino (Oli 282). In tutti i casi efficienza estrema, tempi d’attesa da sogno, ma tariffe (un po’) più care delle nostre.
    Ora, tanto per girare il coltello nella piaga, aggiungiamo un altro tassello al nostro giro per i sistemi di trasporto urbano in Europa, presentandovi Vienna, dove non solo tutto viaggia che è una meraviglia, ma può anche essere più economico che a Genova.

    Infatti, se la corsa singola costa di più (1.90 €, ma è previsto il biglietto a metà prezzo per brevissimi tragitti), man mano che il periodo di utilizzo si allunga, i costi finiscono per scendere sotto a quelli genovesi: la tessera settimanale costa infatti 14 €, anziché i nostri 16. Tutto gentilmente spiegato anche in italiano.
    Cosicché praticamente nessuno usa i biglietti singoli (in quattro giorni mai visto timbrare un biglietto all’ingresso di tram e metropolitana) e tutti vanno e vengono con i loro tesserini di varia durata: tutti viaggiatori “abituali”, in quanto viaggiatori “felici”, dato che aspetteranno una manciata di minuti il mezzo che li porterà in giro per Vienna notte e giorno, dalle 5 del mattino a mezzanotte. Tempo massimo d’attesa dai 3 ai 5 minuti, che si allungano a 7 (!) tra le cinque e le cinque e mezza del mattino e dopo le 21, ed addirittura a 10 (!!) dopo le undici di sera. Nel week end si viaggia tutta la notte, con attesa massima di 15 minuti dall’una alle quattro del mattino.

    Naturalmente tutti i mezzi aprono le porte allo stesso livello del marciapiede, per cui entrano ed escono agevolmente carrozzine per bambini e invalidi, e non manca il tocco del politicamente corretto: le immagini che suggeriscono di lasciare il posto a persone con più difficoltà alternano i sessi: in una sequenza è la mamma che tiene in braccio il bambino, in un’altra il babbo; una volta c’è un vecchietto, un’altra una vecchietta. Solo la persona incinta è sempre una donna …
    Tutto viene da lontano? Altroché. A Vienna hanno iniziato a costruire la metropolitana nel 1898, l’hanno elettrificata nel 1928, ma poi è stata interamente distrutta durante la guerra.
    Così la riapertura della metropolitana moderna è del 1976, a cui è seguito un continuo ampliamento, tutt’ora in corso. Anche la rete tramviaria di superficie è stata distrutta durante la guerra, ma la ricostruzione è partita subito, nel 1950.
    Noi questo “lontano” non ce lo abbiamo.
    Al suo posto, giunta dopo giunta, ci siamo fabbricati un presente di alti costi, disservizio, progetti di lentissima attuazione (metropolitana), e altri che non riescono ad iniziare (tram), e ora, giunti alla grande crisi, è davvero difficile uscirne, con buona pace di tutti.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)

  • OLI 324: ELEZIONI – Futuro sindaco, botta senza risposta

    – Niente solisti -, dichiara Roberta Pinotti, spiazzando chi auspicava con il giovane segretario Pd un ricambio generazionale e una ventata di novità. E la bionda senatrice, che ritiene essere lei la novità, promette collegialità, giura di non voler seminar zizzania, di mettersi comunque a disposizione, niente personalismi, lei si è proposta in armonia con il partito. Magari spiando l’effetto alluvione nel caso la Marta riprovi, nel caso che il ragazzino Lorenzo Basso nutra velleità. Soffiare tutti sul tempo prima del via, come un tempo per la Segreteria del partito, per il posto in Parlamento, eppure anche un’atleta dilettante come si definisce, sa dello starter.
    Prosegue la sua campagna elettorale nei quartieri di Albaro, Foce e San Martino, platea vecchiotta, pochi giovani dell’apparato, palco psichedelico di un malinconico stabilimento balneare. Lei è lì ad ascoltare i cittadini, che si esercitano in mini comizi, felici d’essere in scena, interrotti ogni tanto da una straniante percussione che s’impadronisce del microfono.
    Tema-clou, le manutenzioni, problema comune di difficile risoluzione, sentenzia la Roberta che ricette non ne ha tranne il decentrare al privato, come ha fatto il sindaco di Salerno, da lei consultato.
    Bella l’idea delle aiuole targate supermercato, lodi all’intervento in corso Torino ma così gli albarini si sentono discriminati, poveretti, privati di decoro urbano e sicurezza. – Mancano i soldi per le forze dell’ordine – ma la candidata promette meno vigili in ufficio e più disponibilità a cambiare ruolo nell’amministrazione.
    E chi ci crede che l’usciere vada a fare il giardiniere?
    Rilanciare l’immagine di Genova, Corso Italia sia la promenade, il mare della città, sottolinea la senatrice, perciò gli stabilimenti balneari, che bontà loro presenteranno un progetto con più spiagge libere, sono una grande risorsa, svolgono attività sociale, facendo sue le tesi del presidente dell’associazione, che chiede alla Ue il rinnovo delle concessioni senza bando (sostenuti anche dalla Regione, La Stampa di Savona , 7.12.2011).
    E neppure per un attimo alla senatrice sfiora il dubbio che le concessioni siano privilegi e che nessun giovane potrà provare a farne la sua impresa. Ascolta compunta che – in Italia funziona così, che cosa vuole quest’Europa e i suoi cavilli di liberalizzazioni, c’è gente che ha lo stabilimento da 50, 70 anni … –
    E a che canoni! A tutti si chiedono sacrifici, ma ai balneari no, sono a marchio ereditario inalienabile. Si protesta giustamente per i tagli alle risorse, ma zitti e mosca sulle spiagge: così per esempio una società sportiva nei pressi del Gaslini rende al Demanio 400 (quattrocento) euro e per farne parte se ne pagano mille a fondo perduto , più 750 euro di quota annuale con sostanziosi conguagli.
    Forse la Pinotti non conosce l’argomento, ma se le si chiede del Puc, confessa che lo deve ancora leggere, per l’ex ospedale di Quarto s’informerà in Regione, sugli Erzelli afferma che il Comune potrebbe fare molto, ma non dice cosa.
    Perché stupirsi se poco risponde, in fondo l’aspirante sindaco voleva ascoltare e pazienza se per i cittadini è stato un rendez-vous poco esaustivo. Ci turba che Bersani pare voglia in Parlamento Stefano Fassina (Italia Oggi, 6.12.2011): dovrebbe subentrare alla Pinotti.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 324: GRECIA – Origini di una crisi secondo Petros Markaris

    Lunedì 12 dicembre nel salone del Minor Consiglio di Palazzo Ducale a Genova, un folto pubblico ha accolto la conferenza dello scrittore greco Petros Markaris, programmata nell’ambito della rassegna “Mediterranea”.
    Markaris, nato ad Istanbul, di padre armeno e madre greca, sceneggiatore di diversi film di Theo Anghelopulos, è noto al grande pubblico per il commissario di polizia Kostas Charitos, protagonista dei suoi romanzi pubblicati in Italia da Bompiani.
    Markaris, con un discorso appassionato, ha descritto il momento attuale in Grecia, in balia di una crisi economica di cui non si intravedono prospettive di uscita: quali sono le cause che hanno portato il paese in questo stato?
    Partendo dalla caduta della dittatura dei colonnelli nell’aprile del 1974, Markaris divide il passato ellenico recente in tre periodi: il primo, dal 1974 al 1981, è stato quello delle grandi riforme; il secondo dal 1981, è stato segnato dall’ingresso della Grecia nell’Unione Europea; il terzo ha origine nell’ottobre 2010, con le dimissioni del governo Karamanlis, ed è contrassegnato dalla attuale crisi economica.
    Il presente greco “è un incubo”, dice Markaris. I motivi profondi di questa crisi vengono da lontano e sono riconducibili a diversi fattori:
    – da più di trenta anni la scena politica è stata dominata da due famiglie, Papandreou e Karamanlis, e questo ha di fatto bloccato lo sviluppo di una democrazia compiuta;
    – manca in Grecia una forte classe borghese, con una propria cultura;
    – con l’ingresso nell’Unione Europea, l’arrivo di forti finanziamenti comunitari in un paese senza alcuna base economica produttiva ha portato un fittizio arricchimento, con una perdita parallela dei valori della cultura popolare;
    – la presenza di forte evasione fiscale e di corruzione ormai diffuse a tutti i livelli;
    – un punto di svolta infine è costituito dalle Olimpiadi di Atene del 2004, dove i costi, lievitati in corso d’opera a livelli esorbitanti, hanno portato ad un forte indebitamento pubblico con banche straniere.

    Siamo tutti responsabili di quel che è avvenuto, dice Markaris, e ora il rischio è che la gente si metta ad aspettare un “salvatore”.
    Markaris si è detto diviso tra un senso di scoramento che può giungere alle lacrime, e una rabbia tale da voler sfasciare tutto. Quale può essere una via di uscita? Lo scrittore auspica una rinascita culturale, che trovi le proprie radici da un lato nella classe intellettuale, formata da scrittori, poeti e giornalisti, dall’altro nella parte migliore della classe politica, individuabile oggi solo nelle minoranze “pensanti” all’interno dei due grandi partiti greci di massa, Pasok e Nea Demokratia. Ma, aggiunge, non tocca solo alla Grecia: è tutta l’Europa che deve ritrovare una cultura e una prospettiva che vada oltre i “numeri” del Pil, dello Spread, degli indici di borsa.
    Lui, da scrittore, ha deciso di utilizzare i suoi prossimi romanzi come mezzo per aprire una discussione sulla crisi greca, sui suoi drammi, sulle sue cause: il primo è già stato pubblicato in Italia col titolo “Prestiti scaduti”, Ed. Bompiani.
    (Ivo Ruello – foto dell’autore)

  • OLI 324: PAROLE DEGLI OCCHI – Crozz’al verde

    Foto di Giorgio Bergami ©

    Italialand Nuove attrazioni su La7, 9 dicembre 2011: Lo sfottò di Maurizio Crozza a Umberto Bossi e ai suoi. La Lega Nord non è più al governo, ma continua ad esserci. Meglio non abbassare la guardia.

    Tutto lo sketch:

  • OLI 324: LETTERE – Roberta De Monticelli, Don Verzè e la servitù volontaria

    Nel suo articolo straordinario, a proposito dello scandalo del San Raffaele e del suo padre-padrone Don Verzè, Francesco Merlo ha “giustificato” le personalità eccellenti cadute nella sua rete: “… del resto don Verzé non ha sedotto solo il cardinale Martini e tutta la credula Milano cattolica. Come ogni rispettabile padrino aveva bisogno della copertura laica e dunque l’ha ingaggiata. Massimo Cacciari ed Ernesto Galli della Loggia sono due intelligenze di prima grandezza nella cultura italiana, di quelli che braccano e scovano e mettono alla gogna i vizi del paese…”
    In risposta e con riferimento al “fiume melmoso del disastro che ha travolto ma non sradicato la direzione dell’ospedale e non ha finora toccato l’Università (la cui amministrazione è comunque separata e autonoma)..”, Roberta De Monticelli scrive oggi su Repubblica a proposito del “… tema profondissimo della responsabilità personale di ogni atto e di ogni cosa detta, e la divisa della veglia critica nei confronti delle proprie stesse pulsioni oscure. Allora? Merlo parla di “seduzione”, di cui sarebbero stati vittime molti che hanno creduto e sono “caduti nelle panie”.
    Evidentemente prescindendo da nomi e cognomi, la domanda che (si) pone ci riguarda tutti: “non ci sarà una sorta di troppo facile giustificazione, in questa immagine delle panie? È questa la domanda che io credo dobbiamo porre a noi stessi. Questo io chiederei a tutti noi, che di questa meravigliosa giovinezza che è la ricerca vera, e di questa vera religione che è l’indagine nelle profondità dell’umano, abbiamo avuto il privilegio di vivere. A noi, che dal pensiero che scienza e sapienza dell’umano potessero quotidianamente incontrarsi abbiamo ricevuto linfa e nutrimento. E che riconosciamo con dolorosa gratitudine da dove, da chi, ci viene questo pensiero, o almeno la possibilità di metterlo in pratica.
    Questo chiederei: quanto ha potuto giocare nella nostra ignoranza del lato oscuro il rinvio ingiustificabile del nostro primo dovere, quello di chiedere e dare ragione, sempre? Di chiedere trasparenza, e di applicarla, sempre? Quanto si applica agli altri, agli amministratori, e quanto anche a noi stessi, il detto che non c’è servitù se non volontaria, o almeno che anche l’opacità delle decisioni ultime, dove è subita, è volontaria? Oggi non c’è altra salvezza per questo bene, la ricerca, l’università, l’eccellenza e la libertà, che nella nostra prontezza a scindere il riconoscimento della paternità di un’idea e della sua forza, dall’acquiescenza all’oscurità dei metodi consortili della “padronanza”.
    Scrisse per ben altra occasione Piero Calamandrei che «sotto la morsa del dolore e della vergogna gli indifferenti…(si sono risvegliati) alla ribellione contro la propria cieca e dissennata assenza ». “
    Resta altro da dire? Mi inchino alle parole e al loro significato. Che le vergogne, che individualmente e collettivamente abbiamo attraversato e che attraversiamo, ci traghettino “alla ribellione contro la nostra cieca e dissennata assenza”.
    (Daniela Patrucco)

  • OLI 323: VERSANTE LIGURE – RIABILITIAMOLO

    Con Lui non siate irati
    sareste poco probi!
    È vero, ci ha lasciati
    in mezzo a cupe nubi
    con conti dissestati
    miseria, nuove plebi
    al vuoto consegnati
    di crisi e caos succùbi
    di codici privati
    (eccetto pin e Abi),
    ma avea nobili afflati:
    salvar voleva Ruby.
    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA

    .

  • OLI 323: PENSIONI – Chi calcola l’incalcolabile?

    Eravamo sotto di due anni e mezzo rispetto alla media europea dell’età di pensionamento.
    Da lunedì la soglia è stata varcata e siamo pienamente entrati nella corrente che trascina sempre più avanti l’età in cui si può lasciare il lavoro, riducendo l’entità dei trattamenti pensionistici. Strada obbligata, si afferma, a causa dell’allungamento della vita e del faticoso ingresso delle persone giovani in un lavoro pienamente retribuito e “contribuito”.
    Il governo Monti ha compiuto il salto in modo talmente secco da togliere il fiato. Tanto che lo stesso Alberto Brambilla – presidente del Nucleo di Valutazione della spesa previdenziale del Ministero del Lavoro – intervenendo martedì 6 dicembre alla trasmissione “Tutta la città ne parla” su Radio 3, dopo aver sostenuto che l’aggancio del pensionamento alla cosiddetta “speranza di vita” è necessario, ha affermato che il salto è stato troppo brusco, tale da sconvolgere le prospettive esistenziali di molte persone.
    Che si viva più a lungo è un dato di realtà.
    La realtà però è fatta anche di aspetti apparentemente incalcolabili, della cui concretezza e importanza ci si accorge dolorosamente solo dopo decenni, quando il danno è irreversibile, o chiede immensi costi di recupero.
    Come quando una comunità si trova a dover investire miliardi per il recupero di un’area imbottita di inquinamenti nocivi abbandonata dopo anni di irresponsabile sfruttamento: quale è, calcolandolo dall’inizio alla fine, il bilancio economico complessivo per la collettività?
    L’apparentemente “incalcolabile” dell’aumento dell’età del pensionamento è legato alla domanda: ma cosa fanno oggi le persone che in età ancora vitale sia intellettualmente che fisicamente, si trovano libere dall’impegno quotidiano del lavoro retribuito? Se ne stanno a guardare la televisione e i lavori stradali, o fanno qualcosa che ci serve?
    Per l’esperienza che ho, grande parte delle persone svolgono un lavoro meno qualificato delle proprie potenzialità e competenze, o comunque un lavoro che utilizza solo una parte molto delimitata e circoscritta della propria creatività.
    La liberazione del proprio tempo riapre i giochi, a vantaggio di tutti.
    Io vedo donne e uomini in pensione che fanno gratuitamente cose straordinarie, nella cultura, nell’intervento sociale, nell’espressione artistica.
    Se le persone lasceranno il lavoro più vecchie, più stanche, più malate tutto questo andrà perduto. Quanto costa questa perdita? Qualcuno lo ha calcolato?
    Chissà poi se qualcuno ha calcolato l’altra conseguenza dell’aumento della speranza di vita: l’aumento degli anziani anzianissimi, quelli per i quali la promessa di una vita più lunga è stata largamente mantenuta, ma non quella – su cui si glissa – dell’auto sufficienza e di una salute splendida fino ad un istante, ma proprio un istante, prima di morire. Quanta parte hanno i pensionati – soprattutto le donne – nell’assistenza a queste persone? Se li teniamo al lavoro fintanto che anche loro inizieranno ad avere dei problemi, che si fa?
    (Paola Pierantoni – disegno di Guido Rosato)

  • OLI 323: POLITICA – Liquidazioni ed encomi solenni

    Ho speso buona parte della vita lavorativa in aziende del gruppo IRI. Di scandali ne ho visti molti nel periodo 1960 – 2000: in Finsider, in Alfasud, in Finmeccanica (ripetutamente), in Fincantieri, in Ilva. Ai miei tempi, però, quando gli scandali emergevano in sede giudiziaria, oppure superavano un certo limite ritenuto, a torto, accettabile, scattava la “risoluzione per giusta causa”. Difficilmente questa era accompagnata da una “buona uscita”. Per contro, a differenza di quanto avvenuto negli Stati Uniti (Enron), poche sono state le condanne e mai, a mia memoria, azienda a partecipazione statale si è costituita parte civile.
    Quindi non mi meraviglio degli episodi di cronaca riportati in questi giorni dai giornali e solo in parte oggetto di indagine giudiziaria. Considero invece uno scandalo nello scandalo sia la liquidazione concordata con l’ex presidente del gruppo (5,5 milioni di euro) che il comunicato del Consiglio di Amministrazione che recita “i più sentiti ringraziamenti per l’altissima professionalità e il proficuo impegno che hanno consentito la crescita e l’affermazione del gruppo sui mercati internazionali…” (per il seguito si rinvia al Fatto Quotidiano del 2 dicembre u.s.). Liquidazione che, aggiunge il giornale, è pari a circa 220 anni di stipendio di un impiegato della Finmeccanica.

    Anche se ormai pensionato da tempo, formulo alcune riflessioni:
    1) L’andamento dei titoli Finmeccanica evidenzia oggi, primo dicembre, una perdita del 61,72 % rispetto al 1 gennaio 2011.
    2) La “promotion internazionale” non è stata affidata ad “area manager”, tecnicamente competenti e cresciuti in azienda, ma a faccendieri, a uomini delle pubbliche relazioni e, sempre a detta dei giornali, ad una cosi detta “ambasciatrice” sud americana proveniente da altra attività non meglio chiarita.
    3) Nessuno ha mai esternato il pesante condizionamento esercitato dai politici, non circoscritto al solo “nepotismo” e “familismo” (vedere ultimo numero di Panorama) ma esteso alla concessione di appalti, ai finanziamenti ai partiti, alle carriere manageriali interne.
    4) L’assenza di ogni verifica – controllo da parte dei consiglieri di amministrazione (profumatamente pagati); in particolare di quelli del Ministero del Tesoro (azionista di maggioranza relativa), dei sindaci e degli enti preposti.
    5) Il taglio mediatico alla questione Finmeccanica che porta ad individuare ogni responsabilità nei coniugi Guarguaglini e nel responsabile delle p.r.

    Quanto sopra unicamente per concludere, amaramente, che le conseguenze ricadranno, come sempre, sui contribuenti e, in particolare, sui lavoratori del gruppo, mentre chi è causa del disastro potrà godersi in pace la “buona uscita”. Le “buone uscite” dei c.d. manager sono infatti lievitate a livelli stratosferici, le loro retribuzioni, sia nel “pubblico” che nel “privato”, sono cresciute esponenzialmente e in modo inversamente proporzionale al potere di acquisto di pensionati e forza lavoro. Continuano ad essere richiesti, sin dagli anni ottanta, in nome di “patriottismo per una salvezza nazionale” sempre sventolata e mai raggiunta, pesanti sacrifici, cui operai, impiegati e pensionati si sono abituati, ma che hanno raggiunto e stanno superando i limiti di sopportabilità, mentre i loro figli non hanno sbocchi occupazionali significativi.
    Genova, infine, dopo le pesanti ristrutturazioni degli anni ottanta, della svendita dell’ILVA e in presenza della incombente minaccia rappresentata dalla Cantieristica, si deve preparare a ulteriori ridimensionamenti e “spezzatini” per consentire lo sviluppo di un gruppo che si sta orientando verso aeronautica e difesa, cedendo (o svendendo?) gli altri settori di attività (vedi Repubblica del 2/12/2011 – articolo di Giovanni Pons).
    (Vittorio Flick)

  • OLI 323: POLITICA – Il governo Monti e il trionfo dell’ambivalenza

    Rispetto alle misure del governo, molti cittadini sperimentano emotivamente il trionfo dell’ambivalenza.
    Il colpo subito dalla consueta platea a basso reddito è durissimo, e dato che, realisticamente, non ci si può fare nulla, la reazione adeguata sarebbe la rabbia. Che però, a tradimento, viene stemperata dal sollievo di non avere più davanti il lestofante irresponsabile, autoriferito ed indecente a cui eravamo abituati, sostenuto da una pletora di ridicoli ministri a libro paga. Di fronte a noi invece c’è un signore colto e competente, che si rivolge agli interlocutori con educazione, che sa parlare in italiano, che risponde alle domande dei giornalisti senza insultarli. Circondato da ministri che sanno di cosa parlano, tra cui una donna che con il suo pianto ci fa capire che si rende conto della portata di quel che sta facendo, e che la cosa non le è indifferente. Tutto è serio, dignitoso, responsabile. Non più un governo esclusivamente funzionale agli interessi economici e giudiziari di un insopportabile riccastro, ma un governo che si propone una politica nazionale ed europea.
    Vista ed interpretata da destra. Facendo cassa a spese anche di chi ha redditi appena superiori a quello della povertà, forzando le resistenze del Pd, e il dissenso dei sindacati, molto più dei veti del Pdl.
    La prossimità al cosiddetto baratro taglia le gambe a chi è felice di essere uscito dall’incubo berlusconiano, ma dissente da un governo che non vuole e/o non può contrastare potenti interessi: quelli dei ricchi, quelli della chiesa, quelli della casta militare.
    Incerti i tempi e i modi in cui potrà nascere una nuova giustizia sociale, fondata su una nuova idea dell’economia, anche perché al punto di non ritorno ci siamo arrivati con la vasta corresponsabilità dei milioni di concittadini che hanno portato per tre volte Berlusconi al governo, ammirandone e invidiandone il modello, e di una opposizione che, in anni ed anni, non ha saputo proporre una prospettiva diversa.
    (Paola Pierantonidisegno di Guido Rosato)

  • OLI 323:INFORMAZIONE – La manovra SalvaItalia e il cosiddetto “servizio pubblico”

    4 dicembre 2011, ore 20, è iniziato da pochi minuti il telegiornale di La7, Enrico Mentana si interrompe per trasmettere, in diretta televisiva, la conferenza stampa del Presidente del Consiglio Mario Monti, che illustra, assieme ai ministri coinvolti, la manovra “SalvaItalia” appena approvata dal Consiglio dei Ministri domenicale: manovra dura, “lacrime e sangue” per usare un luogo comune. All’esposizione della manovra seguono le domande dei giornalisti, in un clima freddo, tecnico, da grandi occasioni: La7 interrompe la diretta solo verso la fine. Nel frattempo, sulle reti del servizio cosiddetto “pubblico”, non si trova traccia di diretta, per un evento che sembra decidere del futuro dell’Italia, dell’euro, e forse, dicono, dell’economia del mondo intero.
    La lacuna informativa è passata inosservata, in modo quasi sospetto, alla quasi totalità del mondo della carta stampata, con la sola eccezione de il Fatto Quotidiano (*), dove Beppe Giulietti ci informa che le uniche dirette sono state, oltre a LA7, Sky e Rainews.
    Possibile che l’unico “servizio pubblico” rimasto sia il programma di Michele Santoro?
    (Ivo Ruello – disegno di Guido Rosato)
    (*) http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/05/conflitto-interessi-risiamo/175315/