Autore: Redazione

  • OLI 420: DONNE – Natale in Amazzonia

    Gardenia mentre taglia la yucca

    Gardenia arriva lieve, i piedi scalzi, sulla sua pelle scura spicca il vestitino verde a balze, piccola, sottile, come una bambina. Quando tutti i turisti sono arrivati nel capanno, esce in silenzio, si avvia verso i campi, impugna un machete e con sicurezza taglia un alberello, scava fino alle radici, ne estrae dei grossi tuberi bitorzoluti. È la yucca, che lei pela veloce, riavviandosi al capanno, dove ha predisposto una grande teglia su un fuoco di legna. Lava le grandi patate infangate, predispone grattugie in una vasca di legno e insieme a lei, qualcuno inizia a grattugiare. Come sono goffi tutti, a parte gli italiani! Poi stende la polpa ricavata in un’amaca di foglie, che appende e comincia a torcere: la bella biondina olandese l’aiuta, ma dà un calcio alla bacinella, in cui si stava raccogliendo il liquido. Gardenia è raggelata, quel liquido serviva per fare zuppe, poi setaccia ed infine sparge la farina nella padella fumante e ne ricava una specie di focaccia saporita, che verrà servita come pane. Sguscia all’interno una bimba, enormi occhi neri, è Elisa, figlia di Gardenia, che spia la mamma, è ora di pranzo, poi scivola via .

    Il momento dell’arrivo al villaggio

    Racconta Gardenia, nel vendere anche braccialetti intrecciati, che quello è il suo lavoro, lei parla una lingua che non è il castigliano, e neppure quella di suo marito, ma sono venuti a vivere lì perché si sta bene, ha trovato come sostenere il bilancio familiare, prende tre dollari a turista, il suo villaggio è ad altre due ore di canoa e se scende in città deve fare mezza giornata di barca. Pochi gli uomini in giro, soltanto alcuni sulla riva a pescare, pensi che saranno a lavorare in città, gli uomini, sarà così. Forse ma anche nella “civiltà” tante, tantissime sono le donne in giro insieme ai loro bambini: vendono jugo di cocco, banane e altri frutti meravigliosi agli angoli delle strade, spingono il loro carretto quando lo hanno, altrimenti si caricano sulle spalle i loro prodotti. Dalle Ande alla costa vedi soprattutto donne, giovani con i loro piccoli, vecchie altere sotto il loro feltro rotondo. Sono una folla le donne, paiono proprio loro a mandare avanti i paesi, paesi emergenti li chiamano, laggiù nel Sudamerica caldo, dolce, sonoro, colorato e così disuguale: ville e villette arroccate dietro alti muri, i vigilantes spavaldi e ingrugniti a tenere lontani i curiosi e i poveri, che vivono in moltitudine in case appena accennate , dai buchi bui per finestre, quando va bene un tetto di eternit, altrimenti di paglia, file di panni stesi, intorno terra polverosa e fango, in cui giocano bimbi, cani, galline.

    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)

  • OLI 420: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

    Glenn Greenwald sulla libertà di espressione
    The Intercept, 09 gennaio 2015: “Spero che la celebrazione di questa settimana dei valori di libertà di espressione possa generare una diffusa opposizione a tutti questi violazioni, di lunga data e crescenti, di diritti politici fondamentali in Occidente, non solo di alcuni.” 
    https://firstlook.org/theintercept/2015/01/09/solidarity-charlie-hebdo-cartoons/

    “Il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, ha ordinato un’indagine su un vignetta apparentemente raffigurante il profeta Maometto in un giornale ufficiale palestinese.”
    The guardian, 3 febbraio 2015: “La mossa è arrivata a meno di un mese dopo la partecipazione di Abbas insieme ai leader mondiali alla marcia per la libertà di parola a Parigi a seguito di un attacco mortale da uomini armati islamici sulla rivista satirica francese Charlie Hebdo”. “L’artista Mohammed Saba’aneh, musulmano, ha detto che non voleva dire nulla di male. Il dato non era Maometto, ma “un simbolo di umanità illuminata da ciò che il Profeta Maometto ha portato”, ha scritto su Facebook.” http://www.theguardian.com/world/2015/feb/03/palestinian-newspaper-prints-muhammad-cartoon

    Un terzo degli americani rifiuta l’evoluzione
    The Guardian, 29 gennaio 2015: “Pubblicato sulla rivista Science, il sondaggio rivela che il 31% del pubblico americano ritiene che gli esseri umani erano esistiti nella loro forma attuale fin dall’inizio, un ulteriore 24% afferma che gli esseri umani si sono evoluti sotto la guida di un essere supremo.” http://www.theguardian.com/science/2015/jan/29/evolution-gm-food-climate-change-us-survey

    Sono una donna americana di New York e non mi era permesso guidare.
    PRI, 22 gennaio 2015: “Sono cresciuta in un piccolo villaggio popolato nello stato di New York chiamato Kiryas Joel. E in Kiryas Joel non è permesso alle donne guidare. E’ un paese di ebrei Hasidic ultra-ortodossi. Nella mia città natale, le donne non possono essere incarcerati per guida, come lo è in Arabia Saudita, ma guidare è ancora vietato. Una donna che guida rischia di essere isolata ed i suoi figli espulsi dalla scuola privata Hasidic e può essere scomunicata dalla comunità”. 
    http://www.pri.org/stories/2015-01-22/im-woman-america-and-i-wasnt-allowed-drive

    327 ebrei sopravvissuti e discendenti di vittime dell’Olocausto condannano “il massacro dei palestinesi a Gaza” operato da Israele e criticano gli Usa per il sostegno economico fornito.
    International Jewish Anti-Zionist Network: “Come ebrei sopravvissuti e discendenti dei sopravvissuti al genocidio nazista, condanniamo in modo inequivocabile il massacro dei palestinesi a Gaza e l’attuale occupazione e la colonizzazione della Palestina storica. Abbiamo Condanniamo inoltre gli Stati Uniti per aver procurato ad Israele il finanziamento per effettuare l’attacco, e gli Stati occidentali in genere per l’uso del loro muscolo diplomatico per proteggere Israele dalla condanna. Un genocidio inizia con il silenzio del mondo.” http://ijsn.net/gaza/survivors-and-descendants-letter/

    L’Occidente e l’Islam dopo Charlie Hebdo, tutti i nodi vengono al pettine
    Il Sole 24 Ore, 15 gennaio 2015: “Quella di Parigi è una storia sbagliata” (..) “Questa è la storia di un’ipocrisia francese e occidentale con la complicità degli stessi alleati musulmani”(..) “Proprio Erdogan fece arrivare in Turchia migliaia di combattenti libici da inviare in Siria, accompagnati da tunisini, algerini, marocchini, ex reduci afghani, ceceni e yemeniti: l’internazionale dei jihadisti doveva servire ad annientare il regime alauita di Damasco. Sarebbero bastati pochi mesi, raccontavano, per far fuori l’allampanato figlio di Hafez, alleato da 40 anni di Mosca e Teheran: ma le storie sbagliate, come si vede, nascono anche da calcoli sbagliati.”
    http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-01-14/l-occidente-e-l-islam-charlie-hebdo-tutti-nodi-vengono-pettine-161250.shtml

    Israele vieta l’uso di stufe e riscaldamento nei campi di concentramento per i richiedenti asilo africani. Haaretz, 12 gennaio 2015: “La disgrazia morale, di vietare l’uso di stufe per i richiedenti asilo dimostra ancora una volta che la prigione Holot deve essere smantellata ed i suoi 2.200 detenuti rilasciato.” http://www.haaretz.com/opinion/1.636571
    (a cura di Saleh Zaghloul – immagine di Guido Rosato)

  • I nostri auguri

    Care lettrici e cari lettori di Oli,
    Torneremo con i nostri aggiornamenti in gennaio.
    Resta attiva la rubrica “Le cartoline di Oli” che inizieremo a pubblicare, senza alcuna periodicità, seguendo le occasioni che via via si presenteranno.
    Chi volesse condividere un’immagine, un’esperienza, una testimonianza, o qualsiasi spunto di riflessione può farlo inviando le proprie cartoline all’indirizzo mail della redazione.
    Buone Feste e Buon 2015!
    (La Redazione)

  • OLI 419: PAROLE DEGLI OCCHI – Italia e Germania

    (foto di Giovanna Profumo)

    Italia e Germania è un dipinto allergorico di Fredrich Overbeck del 1828. E’ esposto alla Neue Pinakothek di Monaco di Baviera e intende simboleggiare l’amicizia tra i due paesi. In relazione agli ultimi articoli di giornale speriamo che qualcuno riesca a trarre ispirazione da questa tela.

  • OLI 419: ENZO COSTA – Una persona speciale

    Lunedì 15 dicembre è mancato improvvisamente Enzo Costa.
    Con il suo Versante Ligure aveva regalato ai lettori di OLI versi ironici e intelligenti.
    Tutti noi siamo vicini alla sua famiglia e ad Aglaja.
    Con la scomparsa di Enzo la città ha perso una persona speciale.
    (La redazione)


    VERSANTE LIGURE – L’intimo è politico (22 novembre 2011)

    Ma quale esaltazione!
    La situazione è seria:
    è in crisi la Nazione
    non c’è da far baldoria
    miseria, recessione
    qui tira brutta aria
    paure, depressione
    stan peggio solo in Siria
    (ma Silvio è in confusione:
    che intima goduria!).

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA
  • OLI 419: GUERRE – Siria, resistere in attesa d’aiuto

    Mentre Mazen Darwish, giornalista e direttore del Centro per i media e la libertà di espressione, così come centinaia di attivisti finiva in carcere, il regime con le amnistie liberava fondamentalisti e tagliagole .Questa prassi è confermata anche dalla scrittrice siriana Samar Yazbek, alawita come il presidente siriano e
    imprigionata come oppositrice. Quando si trovava nel Nord della Siria per dare sostegno alle donne dei campi profughi, racconta di avere parlato con diversi jihadisti:“Ho parlato con loro per un anno intero sulla linea del fronte… alcuni mi hanno detto che erano in prigione con me e che Bashar li aveva rilasciati nel mese di aprile 2011”.
    Un errore che  compie chi si  pone la domanda: “È meglio lo Stato Islamico o Asad?” sta nel considerare Asad il male minore, facendo una distinzione tra l’orco buono e l’orco cattivo. Lo sbaglio è porre come unica alternativa Asad all’Is: la Siria non è Asad, il pluralismo politico e il laicismo esistevano in Siria prima del colpo di stato di Hafez al Asad.
    Quello che non sapete e che non vi dicono è  inoltre che  in questo momento in Siria, sotto le bombe e sotto il giogo della dittatura e dei gruppi sedicenti islamici, una coraggiosa parte di cittadinanza resiste.
    Resistono documentando le atrocità, resistono scrivendo, resistono filmando, resistono riunendosi, resistono con la satira (cercate le meravigliose vignette quotidiane che arrivano dalla città di Kafranbel- www.occupiedkafranbel.com), resistono andando a scavare tra le macerie, resistono non scappando dal territorio siriano.
    Sono gli ultimi, sono il seme della speranza di un popolo .
    Se e quando questo genocidio cesserà torneranno i siriani scappati all’estero? Avranno voglia, avendone una minima possibilità, di ricominciare una nuova vita partendo da zero? Di certo torneranno quelli che hanno ora formato tendopoli grandi come città .Il campo profughi di Zaatari in Giordania è  la più grande città di quel paese, erano 25.000 mila unità tenda sparse in 5 km quadrati nel 2013.
    Il più grande esodo da quello del Ruanda, 6000 profughi in più ogni giorno.
    Diciassette milioni di persone pare abbiano abbandonato le proprie case, muovendosi dentro o fuori dal territorio siriano e questo su una popolazione di 22 milioni di abitanti!
    Dopo circa tre anni le tende fornite in parte dall’UNCR e dalla mezza luna rossa nei vari campi organizzati in Giordania, Libano e Turchia, non reggono più l’acqua. Basta poca pioggia e il terreno si trasforma in fango scivoloso come il sapone, quelli che hanno una stufa rischiano di morire bruciati, gli altri rischiano di morire di freddo in inverno e di caldo in estate.
    Abbiamo visto i campi spontanei lungo il confine con la Turchia. Cercate di immaginare cosa vuol dire stare in una tenda estate e inverno, con qualche materassino e qualche coperta, un paio di pentole, nessuna intimità, nessuna luce, nessuna possibilità di lavarsi . “Non conosco nessuno” dice una donna affranta. Sradicati da tutto. “Qui siamo più al sicuro, ma questa è vita ?.
    Anche per questo alcuni resistono in città bombardate quotidianamente come Aleppo (ma la lista è lunghissima). Una “roulette russa” in cui provi a vivere sapendo che presto potrebbe toccare a te o ai tuoi famigliari. Le bombe infatti cadono a “caso”, non ci sono zone sicure, non ci sono motivazioni plausibili se non l’intento “terroristico” del governo siriano. Nel mirino sono soprattutto gli ospedali e le zone dove le persone si raccolgono, come i mercati.
    Cosa si può fare?
    Intanto pretendere di essere informati su quanto accade. Considerare che ogni giorno arrivano profughi siriani sul territorio Italiano eppure non è stato istituito un canale particolare di protezione. Una famiglia è arrivata a piedi dalla Grecia! Solitamente transitano per Milano e hanno bisogno di tutto.
    Per quanto riguarda Genova esiste una piccola associazione, “Time for peace “, che è una vera rarità per il capitolo che affronta. Un piccolo gruppo di tecnici, ingegneri, ortopedici e di semplici volontari sono riusciti a creare delle validissime protesi ortopediche a basso costo per il terzo mondo. Si recano in Turchia, vicino al confine con la Siria e lì verificano le conseguenze dei bombardamenti indiscriminati. Una quantità vastissima di bambini, donne, anziani amputati e anche tra i giovani maschi coloro che hanno subito l’amputazione guerreggiando non sono la maggioranza. In dieci giorni, il tempo possibile che si può prendere di ferie dal lavoro, riescono a fare, quasi non dormendo, una decina di protesi. Dipende molto dalla complicazione dei casi che si presentano.
    Rendere autonoma una persona amputata libera un’intera famiglia dall’accudimento continuo. Per poter migliorare il loro lavoro avrebbero bisogno di fondi, per realizzare le protesi e finanziare lo stampo per produrre il nuovo ginocchio. Un ginocchio a basso costo, ma dalle prestazioni ideali  che potranno distribuire a tutti i gruppi che fanno protesi a basso costo.
    Per visionare i loro progetti : timeforpeacegenova.org.
    In questo momento mi ha telefonato una delle due o tre persone arabofone che in Italia sono state prese spontaneamente come riferimento da chi sta viaggiando nel mediterraneo verso le nostre coste. “Hanno chiamato dalle acque libiche che stanno imbarcando acqua e affogheranno. Sai quante volte non so poi più nulla di queste persone che chiamano? Una volta su dieci, una barca su dieci sparisce e l’unica cosa che rimane è una telefonata. Io non posso far altro che avvisare la capitaneria, ma se non ho le coordinate e sono in acque libiche sono certa che non ne sapremo più nulla”.
    (Alessandra Raggi – immagini da internet)

  • OLI 419: EDILIZIA – Abracadabra, uno due e tre, e la casetta non c’è più

    Questa volta la ruspa è entrata davvero dentro il giardino dietro casa portandosi via per sempre frammenti di muretti a secco che delimitavano il confine dell’Uliveto Murato di Quarto, un sito storico, paesaggistico e archeologico di rara bellezza, dove ogni singola pietra dovrebbe essere protetta e conservata, ma a questo punto non sembrerebbe.
    Come se fosse nulla e tutto in un attimo sabato mattina, 7 dicembre, in poche ore è stata buttata giù la casetta di due piani dentro un giardino volutamente abbandonato, un giardino che anni fa aveva subito il taglio di due pini ad alto fusto, senza che questi fossero stati autorizzati; la conservazione dei pini oggi, secondo il Nuovo Regolamento Comunale, avrebbe impedito la realizzazione di una autorimessa sottostante al giardino. 
    Ora che i pini non ci sono più il progetto può andare avanti. Adesso presto in quell’area sorgerà una nuova abitazione duplicata nei volumi e una autorimessa che si estenderà su tutto il sedime del terreno; verrà realizzato il progetto dopo un totale sbancamento di tutta l’area libera di proprietà fino al livello della strada dopo aver demolito i bastioni sulla via Romana della Castagna, l’antica aurelia e i muretti a secco confinanti con l’Uliveto Murato di Quarto, il prezioso sito sottoposto a vincolo ma martoriato da questa nuova cementificazione.
    Si evidenzia che la nuova colata di cemento che cancellerà luce ed aria agli abitanti della zona in quanto raddoppierà il proprio volume (vedasi ‘Piano case’ e trasferimento dei volumi dove anche un pollaio ha contribuito ad aumentare la superficie), arriverà proprio sul limitare di una antica casetta a schiera che si spera non subirà danni strutturali, come del resto si spera che non subiranno danni anche le altre abitazioni intorno. Ma la cosa più assurda è che la nuova autorimessa di tale abitazione sorgerà appena a pochi metri dal Rio Funtagnin, un torrente che diventa carico di acqua quando piove, e a Genova quando piove si sa già come va a finire.
    Nel levante pare sia un vizio autorizzare colate di cemento a pochi metri dai torrenti (vedasi la torre in via Priaruggia, la colata di cemento in via Majorana, la nuova abitazione ancora da iniziare sempre in via Romana della Castagna a pochi metri dal rio Castagna, le residenze in via Shelley dopo aver tombinato il rio Penego, etc etc) e così via come nulla fosse. Ogni cosa oggi di quella casa con autorimessa è stata autorizzata, ovviamente, ma questo è un altro discorso.

    (Arch. Ester Quadri, rappresentante del Comitato dell’Uliveto Murato di Quarto)

  • OLI 419: SCIOPERO – Genova, 12 dicembre 2014

    Il 12 dicembre si è svolto in tutta Italia lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil.
    E’ il terzo sciopero, da ottobre ad oggi, al quale la Fiom ha invitato i suoi iscritti ad aderire.
    Nel merito può essere utile la lettura dell’ultimo articolo di Luciano Gallino, apparso su La Repubblica e rilanciato da interent in diversi siti.
    Chi invece decidesse di andare al cinema può trarre spunto dalla visione di Pride
    (Galleria di immagini di Giovanna Profumo)

  • OLI 419: SOCIETA’ – L’eredità di un operaio

    Se non hai un’idea della tua vita diversa da quella che il sistema ha scelto per te non ci sarà lotta da dove uscirai vincente. Se spunterai qualche soldo in più – ma dopo aver cacciato sangue – sta tranquillo che qualcuno ha già deciso come dovrai spenderli. Agli operai, invece di interrogarli sulle lotte dovresti chiedergli come vorrebbero divertirsi, cosa gli piacerebbe fare, magari cosa farebbero se fossero ricchi. Lì, se c’è, viene fuori la differenza: se sono o non sono contro. Se vogliono le cose che offre questo sistema, allora le lotte servono al padrone e non a te.
    Gino Canepa

    Ora che tutto sta per cambiare e la vocazione industriale di questo paese verrà ridimensionata in maniera molto seria – lo sanno tutti e si arrampicano sugli specchi per convincerci del contrario – può essere di un certo conforto leggere “L’eredità di Canepa – il Sessantotto tra memoria e scrittura” di Manlio Calegari (ed. Impressioni Grafiche).
    Chi ha vissuto le speranze di quel Movimento troverà pezzi della propria storia operaia, di partito e univerisitaria. Chi invece non c’era, ed ha ancora il privilegio di varcare i tornelli di una fabbrica, potrà ascoltare le voci di Gino, dei compagni operai e di sua madre in un racconto del lavoro straordinario e atroce che parte dalla fine dell’Ottocento per arrivare agli anni Settanta del secolo scorso. Potrà percorre le strade che dagli orti delle ville di san Martino, dove Felicina, mamma di Gino, lavorava la terra già da bambina, arrivavano sino al Mercato Orientale e leggere di quando a Genova si viveva anche di agricoltura.
    Dagli orti, il lettore scenderà sino al porto dove in molti sognavano di lavorare come carbonai – dicevano che avevano inventato il rimmel perché la polvere di carbone gli si fermava lì, sotto gli occhi, gli entrava proprio  nella pelle –  raccontava Felicina , per salire con lei a Begato sposa di Dria. E attraverso la memoria percepire le distanze per raggiungere il porto, un’ora e mezza a piedi passando dalla costa di Fregoso, Granarolo. Un’eredità, quella di Gino che non trascura fascismo, dopoguerra e vita di fabbrica e che in tempi come i nostri, dove vanno alla grande le biografie dei padroni – “Ho coltivato il mio giardino”, di Marella Agnelli uno degli ultimi – è  preziosa per leggere il cambiamento e la disperazione di oggi, a quarant’anni di distanza da quando quelle memorie sono state registrate.
    L’appassionato o lo studente storia potrà accostarsi ad un’idea di ricerca che proprio grazie al Sessantotto aveva favorito l’incontro tra il mondo universitario e il mondo operaio, grazie alla convinzione che la cultura dovesse muoversi e misurasi in modo trasversale, sul campo. Lo studioso di oggi del territorio, invece, saprà di più sull’agricoltura di villa.
    Tra il Sessantotto e il Sessantanove abbiamo vissuto “qualcosa di straordinario”, “una cometa” e si è assistito ad una rottura. La parola “democrazia” ha iniziato ad affinacare categorie ed ordini di medici, notai, magistrati – ha spiegato Manlio in occasione della presentazione del libro, e c’è stata la nascita di amicizie che andavano oltre le tradizionali barriere sociali.
    Davvero potrei venir lì e mettermi in un banco a sentire? Non è che qualcuno mi manda via?
    era l’univeristà
    Marzo 1968. La nascita di un’amicizia.
    (Giovanna Profumo – immagine da internet)