Autore: Redazione

  • OLI 321: CITTA’ – Car sharing: il più caro? A Genova

    Il servizio di car sharing, come si legge su Wikipedia “Viene utilizzato all’interno di politiche di mobilità sostenibile, per favorire il passaggio dal possesso del mezzo all’uso dello stesso, in modo da consentire di rinunciare all’automobile privata ma non alla flessibilità delle proprie esigenze di mobilità. L’auto, in questo modo, passa dall’ambito dei beni di consumo a quello dei servizi … Tipicamente si tratta di un servizio commerciale erogato da apposite aziende, spesso con l’appoggio di associazioni ambientaliste ed enti locali.”
    A Genova il car sharing è attivo dal 2004 (*), e ad oggi gli abbonati sono 2258. Ma come funziona, e quanto costa?
    La rete di parcheggi è sufficientemente fitta nelle zone di Sampierdarena, Centro (soprattutto) e Levante, fino a Boccadasse: qui un’auto è sempre disponibile, se non nel parcheggio desiderato, in uno poco distante. Molto peggiore la situazione nel Ponente, in Valpolcevera e in Valbisagno.
    Significative le facilitazioni: si può prenotare anche con pochissimo preavviso, entrare nelle zone ZTL, parcheggiare gratuitamente nelle Aree Blu, circolare sulle corsie riservate a bus e taxi.

    Parcheggio di Piazza Bandiera, solo l’auto nera è car sharing

    C’è però il problema della riconsegna del mezzo: specialmente nei parcheggi più centrali succede spesso di trovare il posto occupato da qualche “abusivo”. C’è chi abusa per scorrettezza, ma ci può essere anche chi non si accorge che le aree sono riservate: i segni che le delimitano, con relativo logo, sono ormai evanescenti e illeggibili. Quando questo avviene non c’è da sperare nell’aiuto né del call center che non va oltre un sibillino “avvisiamo il gestore” (?), né dai vigili che, se arrivano, al massimo fanno una multa, senza effettuare una rimozione forzata.

    auto con contrassegno del Comune in zona car sharing

    Beh, in effetti: dato che sono le stesse auto del Comune e dei Vigili a parcheggiare nelle zone riservate car sharing …
    Quanto alla spesa, oltre alla quota associativa annuale (100 €), il costo del singolo utilizzo si compone di una quota oraria, e di una quota chilometrica, inclusiva del carburante: un affitto di poche ore, con un percorso di qualche decina di chilometri, è paragonabile al costo di un paio di taxi, mentre sale se l’affitto dura più ore, o aumentano i chilometri.
    Questa composizione del costo è ovunque la stessa, e questo permette di confrontare il servizio genovese con quello di altre città, in Italia e all’estero.
    Scopriamo così che a Genova il car sharing è più caro che altrove, solo Torino ci supera.
    Per fare un esempio, l’affitto di una Grande Punto per una “gita domenicale” (10 ore, 100 chilometri) costa 54 euro a Roma, 79 a Milano, 87 a Firenze, 95 a Bologna, 106 a Genova, 118 a Torino.
    Se poi andiamo a Marsiglia, o in Svizzera (dove il servizio è nazionale), la “gita domenicale” costa 64 euro: qui può incidere il minor costo del carburante che per la “verde” ad ottobre 2011 (***) era di 1.48 € in Francia, 1.38 in Svizzera, 1.63 in Italia; ma queste differenze non sono tali da giustificare un costo del servizio quasi doppio rispetto a quello genovese.
    Come si spiega questo divario? Sarebbe interessante capire …
    (Ivo Ruello – foto Paola Pierantoni)
    (*) http://www.genovacarsharing.it
    (**) Car Sharing Italia
    http://www.icscarsharing.it/main/
    Car Sharing Roma
    http://carsharing.roma.it/
    Car Sharing Torino
    http://www.carcityclub.it/quanto-costa
    Car Sharing Marsiglia
    http://www.autopartage-provence.com/Combien-ca-coute
    Car Sharing Svizzera
    http://www.mobility.ch/en/pub/private/rates.htm
    (***) http://www.drive-alive.co.uk/fuel_prices_europe.html

  • OLI 321: TRASPORTI – Ordinaria microstoria di disservizio

    Stazione di Nervi, marciapiede del binario 3. Il signore trafelato arriva appena in tempo per sentirsi dire dall’altoparlante che il treno regionale 33856 per Torino Porta Nuova è stato soppresso. Nessuna motivazione, nessuna scusa. Il signore trafelato arriverà a Torino due ore dopo il previsto, ma tanto è domenica.
    Pochi minuti dopo l’altoparlante annuncia ”in arrivo” un treno che invece transita senza fermarsi. Stiamo a sottilizzare?
    Da Nervi i passeggeri riusciranno ad andarsene solo dopo una buona ora di attesa, con un treno per Ventimiglia che arriverà comunque con 15 minuti di ritardo. Ma tanto c’è il sole, e dalle panchine si vede il mare.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 321: FUMETTI – Pesciade, per un mondo peggiore

    Pesciade si legge con l’accento sulla i, epica come Iliade, Odissea ed Eneide, e come queste ultime descrive l’epopea di un eroe. Giacomino, stralunato predicatore, intellettuale e pacifista, cerca di muovere le masse e svegliarle dal sonno in cui le ha precipitate la religione del consumo, attirandosi gli odi di tutte le categorie sociali, padroni, servi, finti operai, cacciatori e così via. Mentre fugge dalle bastonate, vittima della consueta incomprensione tra popolo e intellettuali, trova rifugio tra le braccia di Bice, procace pescivendola “sanamente popular qualunquista”. Fa da sfondo una città soprannominata la Superba, in cui a Natale la sindaco fa impiantare abeti in lamiera temperata al posto di quelli veri, che non ricrescono più, “meglio di quelli delle ramblas di Barcellona”. Nella città, tetra e fuligginosa, la gente fa la coda per vedere quello che le è stato tolto: l’ultimo albero superstite, incapsulato dentro un’enorme palla di vetro, creazione del grande architetto di fama internazionale.
    Il popolo sfila, con i suoi finti operai in finte manifestazioni (comparse per ricordare un’epoca che non torna più), con i precari lamentosi e azzimati in abito firmato, e non è pronto al messaggio del profeta Giacomino, che dal pulpito predica “ritornate agli stenti, ad una sana miseria”.
    Quando Giacomino sarà sul punto di sacrificarsi e darsi in pasto al mondo per alleviare la fame e la povertà, un intervento divino lo salverà lo riporterà nei ranghi della società, grazie ad una drastica rieducazione.
    La storia è un fumetto che gli autori definiscono “incazzoso, sporco e cattivo come quelli che si facevano negli anno 60/70”, che ha l’obiettivo di non salvare nessuno, tra destra e sinistra, ambientalisti, chiesa e civiltà del consumo, per far riflettere e sorridere con amarezza. Pesciade, per un mondo peggiore, è opera di Gianfranco Andorno e Gino Carosini, edita nel 2011 da Liberodiscrivere.

    (Eleana Marullo)
  • OLI 321: LETTERE – Burlando e le Cinque Terre

    Ex parcheggio di Vernazza – dalla trasmissione Presa diretta di Rai3

    L’alluvione ligure è andata in onda a Presa diretta di Rai3, con servizi da Genova e dalle Cinque Terre. Nicola Rollando, che ha ospitato e guidato la giornalista a Vernazza, dovrebbe condividere le sue pregevoli riflessioni con i “colleghi cittadini” per verificare quanti come lui, eventualmente silenti, possano attivarsi per determinare un cambiamento nelle politiche di gestione del territorio.
    Tra quanto d’importante detto da Rollando a proposito di Vernazza, si cita: “questo è un paese di trecentocinquanta anime che in estate arriva a contare oltre settemila presenze… i nostri vecchi nel tempo hanno portato la terra dal mare sulle colline per consolidarle e mettere in salvo il paese… noi abbiamo smesso di farlo preoccupandoci invece di far arrivare in questi luoghi persone che non siamo in grado di proteggere…”.
    Con diversi stili e approcci, negli anni è stato detto e scritto tutto ciò che potesse essere utile e pure superfluo a proposito di “turismo (in)sostenibile” e “cementificazione” alle Cinque Terre; ciononostante, un’ampia fetta di informazione e di cittadini, ragionando del “disastro” di Monterosso e Vernazza, precisa trattarsi di “luoghi in cui non si può dar colpa alla cementificazione perché non c’è mai stata”.

    Vernazza dopo l’alluvione (fonte Il Secolo XIX)

    A Monterosso e Vernazza in un modo o nell’altro sono saltati i torrenti sottostanti le vie principali dei borghi; anche Manarola e Riomaggiore hanno parcheggio e strada, anche Manarola ha avuto in passato la sua alluvione (dall’O.C.C. Tribunale della Spezia): “le provviste di denaro reperite illecitamente venivano impiegate non solo per consolidare il consenso politico davanti alla collettività, finanziando opere pubbliche ad alto impatto visivo”… (è il caso di via Discovolo in cui il denaro erogato invece di essere speso per consolidare la soletta in cemento danneggiata dall’alluvione, venivano spesi in parte per rifare la pavimentazione e l’illuminazione, peraltro interventi esplicitamente esclusi dal finanziamento), ma anche per sistemare questioni di carattere privato oppure per favorire l’amico, il parente o la persona dalla quale poi si possono ottenere protezioni e favori.”
    Per quale ragione, dopo uno tsunami giudiziario e uno “naturale”, la retorica del “Paradiso delle Cinque Terre” continua a sopravvivere? Durante il periodo dell’alluvione non si è sentita la voce del Parco (commissariato da oltre un anno) che infatti continua a svolgere funzioni di agenzia di viaggi, al più di ufficio di collocamento, certo non di “authority di tutela del territorio”. Anche dopo aver dismesso “il faraone”…

     (fonte Il Secolo XIX)

    A Genova, a causa dell’alluvione, è in fase di dismissione il sindaco Vincenzi: scaricata anche lei secondo i retroscena dei quotidiani da Burlando che, a sua volta, non è immune da responsabilità in questo (nuovo commissario della stessa emergenza di cui era già commissario dal 2007 – nomina Prodi) e in altri contesti: è lo stesso uomo che difende e promuove le centrali a carbone di Vado e La Spezia, che ha sostenuto e dismesso il “faraone”, che ha picconato la provincia di La Spezia quando era in bilico. L’uomo dev’essere fatto di buon cemento armato per resistere ai contromano e agli tsunami naturali e giudiziari. Forse finché ha soldatini da sacrificare? Sopravvivrà all’auto-commissariamento?
    Approfondimenti:
    Turismo sostenibile/tutela territorio: http://www.speziapolis.org/dp/sostenibile/amantea_2008.pdf
    Inchiesta giudiziaria: http://speziapolis.blogspot.com/p/inchiesta-5-terre.html
    Ambientalismo: http://speziapolis.blogspot.com/2010/10/legambiente-vergogna.html
    (Daniela Patrucco)

  • OLI 321: LETTERE – Manuela Arata si lancia su FB

    Scrivo per segnalare che qualche giorno fa, sulla mia casella di posta di Facebook ho ricevuto un messaggio misterioso: “Ciao, io con tutta probabilità mi candido a fare il Sindaco, se mi puoi aiutare a raccogliere le firme metti mi piace sulla mia pagina Manuela4Sindaco e fai girare? grazie Manuela”. Sul momento sono rimasta un po’ spiazzata: chi era costei, e come aveva il mio contatto, dal momento che ho impostato un alto livello di privacy?

    Poi ho compreso. Manuela Arata, direttore dell’Ufficio CNR-PSC, fondatrice e presidente dell’Associazione Festival della Scienza di Genova, di cui è anche fondatrice, è la più recente candidata sindaco per le primarie ed ha voluto far sapere proprio a me che si proporrà. Rileggendo il messaggio non posso esimermi però da qualche domanda:
    – Come ha avuto il mio nominativo?
    – Se la sua idea è di convincermi a farmi votare per lei, anzi, addirittura a cercare sostenitori per la candidatura, sarebbe valsa forse la pena spendere qualche parola sul suo programma? Non tutti sono disposti a cliccare “mi piace” sulla fiducia, specie se trentenni, disoccupati o precari, arrabbiati e con l’acqua alla gola.
    – Se la candidata ha avuto il nominativo, come suppongo, perché ho fatto parte dello Staff del Festival della Scienza di cui è presidente e fondatrice, ha presente che l’età media degli animatori scientifici si è drasticamente alzata dalle prime edizioni? che non si tratta più soltanto di studenti universitari che fanno un lavoretto per arrotondare ma di adulti 30-35enni superqualificati per cui il ricavato del lavoro al Festival sarà un tassello per andare avanti e pagarsi le spese, non l’happy hour nella movida? E che gli animatori del Festival percepiscono al netto da 4 a poco più di 6 euro all’ora? E che sono pagati circa sei mesi dopo aver lavorato?
    Certo, i soldi sono pochi e il Festival è un evento di prestigio per Genova, ma a renderlo possibile sono proprio le ore di lavoro di animatori sottopagati e comunque entusiasti.
    E’ questo il modello di valorizzazione delle competenze scientifiche ed intellettuali dei giovani che si applicherà nel suo programma?
    La mia non vuole essere una critica distruttiva, non ho nulla contro la candidata, che esporrà, credo, a tempo debito le sue proposte per Genova, ma mi chiedo se questo modo di ricercare il consenso attraverso il web sociale non abbia completamente sbagliato il target, creando una sorta di malumore e fastidio in quanti, nelle mie condizioni che sono purtroppo assai diffuse, diffidano nelle richieste di fiducia incondizionata avanzate da chi si occupa di politica.
    (lettera firmata)

  • OLI 320: VERSANTE LIGURE – FUORI DAL PALAZZO

    Per non far come tanti
    ricorro ad altri spunti:
    son molti gli argomenti!
    Usciamo dai recinti
    per cosmici racconti
    su sole, mare, Monti…

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA

    .

  • OLI 320: ALLUVIONE – Il Consiglio comunale boccia misure di prevenzione

    Consiglio Comunale di Genova, 10 novembre 2011: l’ordine del giorno proposto da alcuni consiglieri, sulle azioni da intraprendere a scopo precauzionale relativamente ai rischi di alluvione a Genova, viene clamorosamente bocciato da una schiacciante maggioranza facente capo ai partiti di governo, astenuta l’opposizione.
    Pubblichiamo il testo integrale del documento, rimandando ai lettori la ricerca di un possibile motivo di un voto per noi tanto incomprensibile. Possiamo solo citare una nota rubrica di barzellette della Settimana Enigmistica dal titolo: “Senza parole”.
    Il fatto sta facendo il giro del Web, aggiungendo ulteriore perplessità sulla capacità di gestione del territorio nella città di Genova.


    ORDINE DEL GIORNO IN MERITO ALLA DISCUSSIONE RELATIVA AGLI EVENTI ALLUVIONALI DEL 4 NOVEMBRE 2011
    Il Consiglio Comunale di Genova,

    Considerato l’impatto che l’alluvione di venerdi 4 novembre 2011 ha avuto su ampie parti del territorio genovese e, in particolare, la morte di 6 persone;
    Premesso che il territorio così come la natura e la storia l’hanno consegnato a noi, è un patrimonio che va amministrato con la massima saggezza sapendo che è un bene limitato, che non è riproducibile.
    La sottrazione di anche un solo metro quadrato può significare lo stavolgimento dell’assetto idraulico e l’aumento dei rischi per le persone, oltre al danneggiamento del paesaggio;
    Considerato che “costruire sul costruito” deve significare fermare il consumo di territorio, senza aumentare il carico insediativo e di urbanizzazioni primarie e secondarie, in zone già densamente popolate;
    Tenuto conto del cambiamento climatico in atto che comporta precipitazioni intense frequenti, e della necessità di affrontare la sicurezza idrogeologica in maniera completa, sia con misure strutturali che non strutturali, come:

    • manutenzione dei corsi e dei versanti;
    • riqualificazione del patrimonio forestale;
    • vincoli urbanistici, assicurazioni, prevenzione e protezione civile;
    • la rinaturalizzazione dei rii, compresi i loro versanti, permettendo la creazione di aree golenali, aumentando la capacità di ritenzione delle acque e la dissipazione dell’energia per ridurre il rischio idrogeologico più a valle,come stanno facendo da anni sulla Loira, in Francia, sulla Drava in Austria o sul Reno in Germania;
    • aumento di territorio permeabile;
    • demolizione di strutture in argine,
    impegna la Sindaco e la Giunta a:
    • predisporre emendamenti al PUC in modo da aumentare la quantità di territorio permeabile nel Comune di Genova, non autorizzando nuovi insediamenti e parcheggi in aree naturali e inondabili;
    • implementare protocolli certi e non ambigui con sistemi integrati di allarme per la gestione dell’emergenza in tutto il territorio comunale;
    • non adeguarsi alla sconcertante diminuzione della distanza dai fiumi per le nuovi costruzioni, approvato recentemente dal Consiglio Regionale Ligure;
    • rivendicare il proprio ruolo di governo del territorio, esprimendo la propria contrarieta’ al “silenzio – assenso” previsto in un disegno di legge depositato dalla Giunta Regionale per i permessi a costruire;
    • attivarsi verso le competenti autorità di polizia territoriale per procedere senza indugio all’abbattimento di quegli edifici situati sugli argini che riducono la sicurezza, prevedendone la ricollocazione e la rimozione di qulunque deposito/accumulo di inerti vicino ai tratti fluviali;
    • intervenire prioritariamente in quei corsi con particolare emergenza idraulica, per aumentare la capacità di smaltimento dei tronchi coperti, fino a soddisfare lo smaltimento della portata 200-ennale;
    • aiutare economicamente gli alluvionati per riavviare le attività, non dimenticandosi dei cittadini di Sestri Ponente alcuni dei quali ad oggi sono a rischio di fallimento per mancati finanziamenti;

    Presentato da Bruno (Prc) e Cappello (Gruppo misto)

    Esito della votazione:
    favorevoli 6: (Prc, Cappello, Bernabò Brea, Sel)
    astenuti 8: (Pdl, Altra Genova, Lega Nord, Maggi)
    contrari 23 (Pd, Idv)
    (Il testo è stato fatto girare da diverse fonti, tra cui manuelacappello.it e Rifondazione Comunista)

    (La redazione di Oli)

  • OLI 320: PAOLO ARVATI – Un rito laico per il commiato

    Pochi giorni fa è morto Paolo Arvati. Nell’articolo che gli dedica Luca Borzani su La Repubblica ed. Genova di mercoledì 9 novembre troviamo le parole che descrivono la sua opera: sociologo, direttore dell’Istituto Gramsci, esperto di statistica di livello nazionale, docente universitario, dirigente del Comune di Genova, intellettuale rigoroso, militante del Pci, ma, scrive Borzani: “soprattutto era la Cgil il suo riferimento”. Infatti era stato dirigente sindacale, nella Cgil Scuola e nella Camera del Lavoro, ma non era invecchiato nel sindacato, aveva saputo cambiare. Il suo legame col movimento sindacale e operaio però non si era mai interrotto, e si era espresso nella sua attività di ricerca storica e sociale.
    Un rito laico lo ha salutato, come avevano chiesto lui e sua moglie. Il luogo, un piazzale all’aperto, quello della Camera del Lavoro di Genova.
    La sfera del trascendente, del religioso, non era assente: la rappresentava un amico, sindacalista e membro della Tavola Valdese, ma si presentava sotto la forma della ricerca, della indagine etica e intellettuale, dell’interrogativo, e non sotto quella dell’affidamento e della fede.
    E’ stato un rito semplice, che è riuscito a restituire l’immagine della persona che si stava salutando: una personalità limpida, e schiva, priva di qualsiasi boria; una grande intelligenza e uno stile di lavoro e di vita caratterizzato dal rigore; una inesauribile curiosità intellettuale e una costante disponibilità verso tutti.
    Le persone che affollavano il cortile, dal racconto di questa vita che avevano avuto la fortuna di incrociare, ricevevano di riflesso frammenti della propria.
    Nello spazio di un’ora la cerimonia si è conclusa. Tutto, mi pare, era in armonia col carattere di Arvati.
    Nel momento del commiato incontro un compagno della Cgil, ora in pensione, che dice: “I riti bisognerebbe abolirli. Tutti i riti”. L’amica che è con me reagisce “No, i riti sono essenziali, anche per chi è laico. Non possiamo fare a meno dei riti!”.
    Paolo Arvati ha potuto avere un luogo che ha accolto, con dignità e senso, il rito laico del suo commiato.
    Ma questa è una possibilità rara, nata da una storia personale non comune.
    Per la maggioranza non esistono luoghi in cui svolgere riti alternativi a quelli religiosi. Dovrebbero essere luoghi belli, diffusi in tutti i quartieri. Una città rispettosa delle storie, dei sentimenti e dei pensieri di tutti i suoi cittadini dovrebbe essere capace di crearli.
    Hanno parlato di Paolo: Ilvano Bosco, segretario della Camera del Lavoro; Adriano Bertolini, membro della Tavola Valdese; Marco Doria, storico; Giorgio Ghezzi, presidente della Fondazione Di Vittorio.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 320: CITTA’ – Staglieno e la morte della decenza

    – E’ quello il tempio laico?
    – Vuole dire il container? – risponde l’uomo all’ingresso – perché noi lo chiamiamo così… – sorride sarcastico
    – Ma è terminato?
    – Sì, certo! E’ terminato. Dal progetto sembrava un’altra cosa… invece è venuta fuori quella roba lì! – Lo sguardo schifato indica la distanza non solo fisica tra lui e il grande cassone.
    La struttura, un solido triste e grigio è privo di finestre, solo anonime porte lignee ne interrompono la monocromia avvilente.
    In quel luogo, a Staglieno, si raduneranno i congiunti di chi non si riconosce in alcuna fede. Ma ad un primo sguardo – l’interno è inaccessibile – il progetto realizzato anziché accogliere, allontana, respinge, avvilisce.
    Chi vorrebbe dare l’estremo saluto in quel capannone?
    Quale pensiero creativo ha guidato il disegno?
    E quanto sono costati progetto e realizzazione?
    Staglieno – cimitero monumentale di Genova – offre a fine ottobre un’immagine generalmente piacevole. Le tombe sono cosparse di fiori ed anche quelli finti, ad una certa distanza, fanno la loro figura. Tra i viali si incontrano piccoli gruppi di visitatori che, foglietto alla mano, cercano defunti dispersi. I parcheggi attorno al cimitero sono stracolmi e i vigili vigilano. E’ un pienone di gente che non deve comprare nulla, se non fiori.
    Un pannello all’ingresso ricorda tombe storiche di eroi patri e letterati. Un’altra locandina, slogan su sfondo rosso IL COMUNE AMICO DEI CITTADINI, segnala il programma di viste guidate. E la gente fluisce leggera, chiacchiera, passeggia, pulisce le tombe come il tinello di casa e le arreda di fiori.

    Il tinello di casa, appunto. Perché nei servizi del cimitero di Staglieno – quelli del COMUNE AMICO DEI CITTADINI, poco distanti dall’ingresso – è meglio non entrare. Sono oltre il confine politico che indica il baratro di una gestione inconsapevole. Quella che non può o non vuole considerare che anche i cessi – non si potrebbero definire altrimenti – fanno parte del “pacchetto turistico” di uno dei cimiteri più importanti d’Europa. 
    E forse nell’indicare un programma di visite guidate andrebbero presi in considerazione.
    E comunque – vocazione turistica a parte – dovrebbero essere mantenuti con il massimo decoro nel rispetto di chi a Staglieno si ritrova con il proprio dolore.
    Qui, tra le altre, anche la morte della decenza trova un suo spazio.
    (Giovanna Profumofoto dell’autrice)