Categoria: terrorismo

  • OLI 395: TEATROGIORNALE – Bomba sexy

    Brendon entra in ufficio.
    -Ciambella e caffè?
    Chiede Jim alzandosi dalla sua postazione.
    – Ho bisogno di caffeina e ho finito il turno. Tu a che ora smonti?
    – Smonto alle 9. Risponde Brendon sedendosi davanti agli schermi.
    – La ciambella prendimela alla crema.
     Aggiunge Brendon con un sorriso, ha la faccia sbarbata e i denti bianchi.
    -Io ti offro la colazione ma stasera tu ti sdebiti con una birra.
    Dice Jim uscendo; Jim è un ragazzo dalle spalle incredibilmente larghe, così larghe che stona nella sala di controllo dei droni, uno così dovrebbe essere là fuori a combattere ma suo fratello è morto sei mesi fa e sua madre non si merita due medaglie al valore.
    Brendon sbadiglia, ieri sera ha letto di nuovo fino a tardi, prende le cuffie e se le mette sulle orecchie.
    – Inizia il gioco.
    Inserisce la password, si sgranchisce le dita e prende in mano il joystick.

      Un movimiento sensual (sensual) 
    Un movimiento muy sexy (sexy) 
    Un movimiento muy sexy (sexy) 

    Una ventina di ragazzi con le braccia sulla testa muovono il bacino all’unisono.
    Al Saqr, con la sua maglietta rossa e il cappello da baseball, fa lo scemo mentre alle sue spalle brillano delle luci a led azzurre.
    Oggi si sposa sua sorella e lui è al settimo cielo perché non dovrà più vederla al mattino con il suo palandrano nero che si aggira come un fantasma: “…e non guardami mentre mi metto il velo, e non portare gli amici in casa, e…” sua sorella ha una voce stridula e ha la lingua più biforcuta di tutta la Radaa: spia alla mamma quando lui mangia lo zibibbo di nascosto, anche quando si è comprato una futa nuova è andata a dirlo. “ Ma erano yer miei, guadagnati aiutando lo zio Saleem… e poi tutti i miei amici avevano un futa a scacchi indonesiana”.
    Al Saqr salta piegandosi in avanti e sculetta proprio in faccia a quell’arpia di sua sorella Tahani.
    Tahani, vestita di rosa, giallo e nero, alza gli occhi al cielo e sussurra qualcosa all’orecchio della cugina, ridono. Suo marito è vicino a lei, i pantaloni bianchi, la giacca bordata in oro, un pugnale a kriss nella cintura.
    – Chissà perché non va a ballare?
    Chiede la cugina a Tahani indicandole il marito, la sposa si gira senza risponderle: “ Mancare di rispetto così a mio marito,” pensa “indicandolo addirittura! Se mia cugina non si dà una regolata nessuno la vorrà sposare. Lui non balla perché è un uomo serio, non un frivolo come Al Saqr, almeno credo.”
    Lui si gira e la guarda e lei abbassa gli occhi. “ Meno male che ho il velo,” pensa “non bisogna arrossire davanti al proprio marito.”
    Passano i vassoi con le foglie di qat e il tè zuccherato, i Kalašnikov sparano in aria in segno di augurio, il cielo è di un azzurro abbagliante e le case si stagliano sull’orizzonte come merletti.

    Y las mujeres lo bailan así, así, así, así 
    Todo el mundo una mano en la cabeza 
    una mano en la cabeza un movimiento sexy 
    un movimiento sexy 

    Tahani si annoda tra le dita il sotto vestito a farfalla, largo e leggero. “Stasera sarò una donna e poi sarò una mamma” pensa e nuovamente alza gli occhi sul marito. “Non è brutto” decide e sorride tra sé e sé.

    Para bailar esto es una                         (Bomba
    para gozar esto es una                        (Bomba
    Todas las mujeres lo bailan               (Bomba) 
    Todas los hombres lo bailan             (Bomba) 
    Todas las radios lo ponen                (Bomba
    Las discotecas lo ponen                  (Bomba
    Toda la gente lo baila                   (Bomba

    Jim è tornato con la ciambella alla crema e il caffè nella tazza di carta, li ha posati sul tavolino e ha atteso che Brendon si sfilasse le cuffie esultando.
    – Eh vai!
    -Quanti ne hai fatti secchi?
    – 17!
    – Grande!
    – Un campione!
    – Tutti armati?
    – Parliamo di Al qaeda, cocco!

     Pero este cuento se acaba, acaba, acaba acaba, acaba, acábalo 


     Da LaRepubblica.it: Yemen, drone Usa colpisce corteo nuziale: 17 morti

    (Arianna Musso)

  • OLI 383: TEATROGIORNALE – L’ultima predica

    [Il Teatrogiornale è un racconto di fantasia liberamente tratto dalle notizie dei giornali]

    – Io sono figlio di Chlomo e questo è il mio tempio, io sono figlio del re Salomone e invoco il ritorno a quell’era di giustizia e saggezza.
    L’uomo alto e moro è davanti al muro, parla con voce profonda, fa ampi gesti con le mani, è vestito con una lunga tunica bianca e un kippà. I numerosi avventori che affollano il muro gli passano attorno come formiche, sono tutti occupati a fare qualcosa: foto, infilare foglietti nel muro, togliere foglietti, pregare, baciare il muro, leggere, sussurrare tra le pietre, appoggiarci la testa, accarezzare il muro.
    – Io sono figlio di Avraham che su queste pietre legò la sua primogenitura per compiacerti. Io sono il figlio di Abramo e ti prego di salvare tutti i miei figli così come salvasti Isacco.
    Un gruppo di turisti americani, in pantaloncini chiari e cappellini su corpi sfondati da bevande ipercaloriche, si allontana.
    – Io sono il figlio di Yaacov che un giorno fece un sogno: una scala da terra si protendeva fino al cielo, angeli vi salivano e vi scendevano. Dio parlò e disse a Giacobbe che lì era la terra dove sarebbero prosperatI i figli benedetti e amati dall’Unico.
    L’uomo moro in kippà corre e disegna coi suoi passi un quadrato, per farlo deve spintonare una scolaresca di dodici o tredicenni che si lamenta, il professore di appoggio va a chiamare una guardia. L’uomo si sdraia a terra.
     – E aspetto l’arrivo di Mashiach, il messia!
    Un uomo con il cappello nero e la barba si avvicina all’uomo moro in kippà e cerca di farlo alzare ma l’uomo è rigido e fermo, le mani lungo il corpo, i palmi rivolti a terra, gli occhi sbarrati. Una donna, che parla ebraico con un pesante accento tedesco, chiede: – Ma è matto?
    – O vede dove noi non possiamo arrivare.
    L’uomo moro in kippà salta in piedi con un balzo.
    – Tito cercò di distruggerlo e non lo fece per intero, lasciò questo muro perché qui noi potessimo tornare, fino all’ultimo dei tuoi figli Israel.
    Il professore d’appoggio della scolaresca indica l’uomo moro col kippà a un giovane soldato.
    – Tutti cercano di espropriare la tua patria Israel.
    L’uomo in kippà si mette una mano dentro la tunica per trar fuori il tefillin Shel Rosh per la preghiera.
    – Perfino il cavallo alato al-Buraq è stato legato sulle tue pietre per permettere a chi urla ‘Allahu Akbar’ di chiedere un posto vicino ai tuoi figli.
    L’uomo moro con il kippà urla con le braccia aperte e in mano la scatoletta di pelle scura contenente brani della Torah.
    Le parole rimbalzano sul muro, il soldato prende la mira e spara al petto dell’uomo con la kippà.
    – Perché hai sparato? chiede l’uomo con il cappello nero e la barba – Era un ebreo come noi, stava per mettersi il tefillin.
    Il giovane soldato si guarda attorno spaventato – Ho avuto paura – sussurra. – Mi hanno detto che si comportava in modo strano, stava prendendo qualcosa dalla tasca… ho avuto paura.
     – Queste parole […] le legherai come segno sulla tua mano, e siano sulla tua fronte, fra i tuoi occhi. -Così dicendo l’uomo col kippà bacia la scatoletta che contiene brani della Torah e muore.
    Tutt’intorno si è fatto silenzio, molti guardano con gratitudine quel giovane soldato dal volto pallido e sudato che li ha salvati.
    (Arianna Musso)

  • OLI 299: PAROLE ED EMOZIONI – Morte di Osama

    Un premio Nobel per la pace, Obama,
    Presidente degli Stati Uniti d’America,
    non può dire “giustizia è fatta” (ansa),
    nel comunicare al mondo che una pianta
    di male è stata eliminata. Con una moglie,
    due bambini non coinvolti, alcuni uomini e donne,
    guardie del corpo, di cui mai sapremo nomi e numeri.
    È questione di linguaggio. È questione di umanità.
    Non c’entra l’utilità politica, né la buona politica.
    Deve trovare un altro linguaggio un Presidente,
    deciso e amato, premio Nobel e per la pace.
    Altrimenti è un misero premio Nobel.
    Da primitivo West e di tempi che speravamo andati.
    (Angelo Guarnieri)

  • OLI 292: CULTURA – Fenzi all’Università: un parere

    “Il professore ex brigatista torna in cattedra a Balbi 4” così titolava La Repubblica – Genova lo scorso 2 marzo l’invito della facoltà di lettere ad un convegno di studio al professor Fenzi nella sua qualità di “esperto riconosciuto a livello internazionale sul Petrarca”.

    La reazione dell’AIVITER, associazione delle vittime del terrorismo, induceva i vertici dell’Ateneo a prendere la soluzione ritenuta più confacente per mettere la parola fine alle polemiche: annullare il convegno. Peraltro Sabina Rossa, figlia del sindacalista assassinato, esprimeva senza mezzi termini il suo dissenso sulla soluzione adottata dall’Università.

    Riprendeva l’intera questione il professor Coletti con l’articolo “Fenzi, la scienza, la memoria e le polemiche all’Università (La Repubblica, Genova 6 Marzo). Pacata e chiarificatrice presa di posizione del docente di Lettere, che dopo una sintetica descrizione degli anni di piombo a Balbi, le contestuali condanne espresse da Sanguineti e Croce, definite “stupende” le dichiarazioni di Sabina Rossa, precisa di considerare “sbagliato aver sospeso l’asettico convegno e assurdo che il rettore ed il preside di lettere abbiano, dopo averlo dato, ritirato il loro patrocinio”. Articolo che rifugge dal conformismo imperante anche all’università e che riafferma senza ambiguità quale dovrebbe essere la posizione nei confronti di chi, avendo sbagliato, ha espiato il suo errore. Il professore giustamente ricorda che “l’università è un luogo di studio e ricerca e l’annullamento di un convegno per ragioni non culturali è una sconfitta per la scienza”.

    Faccio parte anche io all’AIVITER e concordo con Sabina Rossa come pure con le argomentazioni del professor Coletti. Aggiungo che già anni fa non avevo condiviso il rifiuto dell’allora sindaco di Bologna di concedere nella città da lui amministrata gli spazi a Curcio che, espiata la sua condanna, doveva presentare una ricerca sulla grande distribuzione, commissionatagli dalla CGIL. Per questo ero presente alla presentazione fatta da Curcio a Genova, trovando molto interessante e documentato il suo studio, e appropriato concedere i locali nel Palazzo Ducale.

    Ritengo infatti che debbano essere pienamente reintegrati nel consorzio civile coloro che, dopo aver sbagliato, sottoposti a regolare processo, abbiano scontato la pena secondo la legislazione vigente. Mi restano invece molti dubbi su quanti, inquisiti o condannati in primo – secondo grado, possano continuare a sedere ove si gestisce la cosa pubblica, si legifera, si governa o, peggio, su chi facendosi scudo degli incarichi istituzionali possano sottrarsi alla giustizia.
    (Vittorio Flick)

  • OLI 292: RECENSIONI – Distanza di fuga

    Il caso vuole che a pochi giorni dalla querelle sulla presenza di Fenzi in facoltà, a Genova venga presentato, venerdì 11 Marzo, da Feltrinelli il nuovo romanzo di Silvia Bonucci “Distanza di fuga” ed. Sironi.
    E’ un libro coraggioso dove il passato del terrorismo, ostinatamente rimosso dalla protagonista, emerge con urgenza nel quotidiano chiedendo spazio.
    Ambientato a Genova, nella trama a noi nota dei vicoli, del Righi e Sampierdarena, il libro, pagina dopo pagina offre al lettore lo scorrere delle giornate di Zoe, fisioterapista, e delle sue relazioni con i pazienti, la sorella, la madre, il nonno, gli amici e il compagno. A sgranarsi lentamente sono gli istanti frammentati di una donna resa inerme da un trauma che è incapace di affrontare. Silvia Bonucci intreccia passato e presente, mescolando le pagine scolastiche di una bambina con i fotogrammi di un’intervista ad un ex brigatista ai quali si aggiungono citazioni del comportamento animale tratte da Konrad Lorenz. Zoe appartiene alla parte migliore di quel mondo, sia in attacco che in difesa. Così a tratti, commuove, irrita, e rimane isolata. In “Distanza di fuga” c’è spazio per riflettere su maternità, amicizia, relazioni in un universo dove il dolore è afono, ma potente.
    Questo è il terzo romanzo di Silvia Bonucci.
    I precedenti “Voci di un tempo” ed. E/O e “Gli ultimi figli” ed. Avagliano sono ugualmente intensi.

    (Giovanna Profumo)

  • OLI 279: PAROLE DEGLI OCCHI – Vieni via con me

    Galleria di immagini di Giorgio Bergami ©

    Vieni via con me, 22 novembre 2010