Categoria: Grillo

  • OLI 394: MOVIMENTO 9 DICEMBRE – No destra No sinistra No centro

    De Ferrari, 10 dicembre, ore 16. Intorno al monumento di Garibaldi sono radunate un centinaio di persone. Sul palco un uomo sui trent’anni parla, o meglio grida, con voce affaticata e arrochita. Ne ho registrati dieci minuti, e ne propongo, di seguito, ampi e testuali stralci. Mi sembra una lettura interessante, a cui premetto alcuni pensieri.
    Alcune frasi, complete del tono in cui sono state pronunciate, potrebbero essere riferite a molte altre e diverse situazioni di protesta, in contesti diversissimi. Frasi atemporali, ascoltate e applaudite in altri tempi e in altre piazze.
    Lo scarto drammatico è che qui il metro di valutazione del mondo è appiattito all’unica differenza tra il ‘rubare’ e il ‘non rubare’. Come se bastasse, come se non vi fosse altro su cui misurare chi governa e detiene un potere, come se, dato il ‘non rubare’, ogni altra scelta politica fosse indifferente.
    Così la parola d’ordine universale del momento, il ‘se ne devono andare’, è un grido indifferenziato, dentro a cui non c’è più né pensiero, né discrimine, né articolazione.
    Dice l’oratore: “No destra, no sinistra, no centro, no altro, no sindacati, solo cittadini italiani”. Cittadini indifferenziati, destrutturati. E quindi senza potere, in balia di chi se li prende. E c’è un gran sgomitare, per prenderseli.
    Dal palco un altro oratore dice: “Noi siamo il frutto di quello che ci è stato fatto“, e coglie il punto: crisi economica e disoccupazione fino alla miseria, a fronte di inerzia, corruzione, conservazione dei privilegi, devastazione del nostro patrimonio industriale, culturale, storico e paesaggistico. Chiusura in sé della classe politica fino a portarla a una distanza quasi incolmabile con la cittadinanza. Un sindacato diviso, incapace di trovare unità per dare voce alla richiesta di diritti e al disagio frammentato portato dalla disoccupazione, dal precariato, dalle delocalizzazioni, dall’immigrazione.
    E’ una situazione pericolosa, potenzialmente aperta al fascismo.
    In Grecia il pericolo si è materializzato in un 10 / 12 % di consensi ad Alba Dorata, raccolti nelle aree più povere e disagiate, esasperate dalla crisi.

    Su un traghetto in Grecia, ad ottobre, ho colto la conversazione tra un signore di sess’antanni, che rivendicava il suo voto ad Alba Dorata, e una signora di circa quaranta. Il primo parlava della classe politica greca, la corruzione, tutti che hanno rubato, la crisi conseguenza di ladri che se ne devono andare, l’Europa come una minaccia. Discorsi completamente sovrapponibili a quelli pronunciati dal movimento 9 dicembre, o da Grillo. La signora obiettava, con timidezza, che Alba Dorata le faceva paura.
    Qui da noi Grillo, a ragione, aveva detto a suo tempo che il consenso al suo movimento aveva neutralizzato questa possibile deriva. Ma la modalità sempre gridata, semplificatrice, denigratoria, accusatoria dei suoi discorsi non è antitetica, ma coerente, con questa possibile involuzione della situazione politica.
    Così come lo è stato il fatto che Genova sia stata tenuta per cinque giorni consecutivi priva di ogni mezzo di trasporto pubblico da una protesta che non ha voluto o saputo trovare altre strade.
    Qualche giorno fa in Italia c’è stato un altro fatto politico, i quasi tre milioni di persone che hanno utilizzato, per forzare un cambiamento, il metodo delle primarie, osteggiato, rivendicato, imposto, e comunque inedito fino a non molti anni fa. E’ possibile ipotizzare che il mondo della protesta delle piazze informatiche e fisiche, e quello che ha ancora scommesso sulla  rappresentanza politica, riescano a comunicare?


    Cronaca di dieci minuti:
    Un primo oratore, poco più di trenta anni, dalle modalità del parlare uno degli organizzatori locali del movimento: “Portare avanti l’iniziativa, con forza. La voce del movimento lo impone, i giornali scrivono qualunque cosa, sono la macchina del fango … … Per quelli che vogliono scrivere qualcosa e vogliono riprendere questa situazione le persone deputate a parlare sono Simone, la Marina e Luca. Basta. Abbiamo deciso che sono solo questi tre. Non vogliamo censurare, ma è perché questa gente prende due parole, due, le gira, le inverte, e cambia completamente il significato. Basta che salga qualcuno e dica una cosa un po’ a sproposito, questi riprendono, fanno l’inquadratura, quattro secondi, dieci secondi, e viene che questa è una piazza di pazzi. Non è vero! Perché voi non siete pazzi! Dobbiamo essere rispettati! Domani per cortesia venite in piazza, è importantissimo, venite domani mattina per piacere, qui succederà la cosa più bella del mondo, vedrete veramente l’anima del paese domani mattina! Ci stiamo organizzando nelle scuole, qualcuno dice non dovete permettere di lasciare la scuola, non è vero! E’ la piazza la scuola! Noi rispettiamo la scuola, vogliamo farla crescere, vogliamo togliere i vincoli, vogliamo restituire i soldi alla scuola! Vogliamo queste cose. Deve essere un’Italia di persone che stanno bene, che si recuperano, che recuperano il lavoro, che recuperano fiducia nelle istituzioni, l’Italia delle persone che si levano il casco, perché sanno che non vogliamo gli scontri … a Genova non si è mossa una pietra, nessuno ha tirato niente contro nessuno! Il Berlusca … qui sono tutti venduti, che facciamo? Questi ci hanno marciato, forse anche grazie a me, perché anche io sono uno di quegli imbecilli, guardatemi in faccia, sono uno di quegli imbecilli che ha dato peso a quella gente, che gli ha dato forza, però poi, se sei una persona onesta quando ti accorgi che quello che ti sta a fianco ruba te lo togli fuori di casa te lo butti fuori di casa, te lo levi dalle palle, e allora se ne devono andare. Nonostante che non abbiamo fatto casino, non abbiamo fatto niente di quello che ci hannno chiesto, spaccare, imbellinare, ci dispiace, lo dico col cuore, siamo dispiaciuti, perché non possiamo fare un cazzo di corteo, ma obbediamo, vogliamo una piazza pulita, siamo stufi della illegalità, e per quanto ci faccia male la rispettiamo la legalità. … ho dei fogli da leggere, se qualcuno vuole leggerli, perché io sono scoppiato, e voi siete rimasti qui nonostante la fatica, nonostante ci siano stati dei vuoti di comunicazione, nonostante non ci sia stato il corteo tanto desiderato, e siete rimasti qui semplicemente perché non volevate il corteo, volevate la vostra piazza, e le cose anche noiose le diciamo perché rispettiamo tutti. Se qualcuno mi dice mi leggi questa cosa? Perché voglio parlare della scuola, voglio parlare dell’ospedale, va bene, va bene”.

    Arriva un altro oratore: “Blocchiamo l’Italia per poterla finalmente sbloccare, oggi il popolo si alza in piedi, decide di ribellarsi alla casta, questo paese ha bisogno di qualche cosa di più di un palazzo, ha bisogno di speranza, il popolo non dovrebbe temere il proprio governo, sono i governi che dovrebbero temere il popolo! Noi siamo il frutto di quello che ci è stato fatto! E’ il principio generale dell’universo! Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Gli uomini muoiono, le idee no! Io non sento la mancanza dell’idea, sento la mancanza dell’uomo! Non siamo qui per quello che sperate di fare, siamo qui per quello che avete fatto. Il nostro compito è riferire le notizie, non fabbricarle, quello è il compito del governo. Mentre il manganello può sostituire il dialogo, le parole non perderanno mai il loro potere. L’unica battaglia persa è quella che si ha paura di combattere! Voglio diventare io il protagonista delle mie favole, mi sono stancato di fare da spettatore! Le vere decisioni si misurano con l’azione, se non agisci non hai veramente deciso. ‘L’azione è l’arma più potente per cambiare il mondo’: Nelson Mandela…. Ci vogliono far passare per estremisti, fascisti, mafiosi, facinorosi non hanno capito che questa volta il popolo italiano li ha stanati, nonostante il massiccio attacco mediatico di tutti i servi dei parassiti i cittadini italiani in toto scenderanno tutti nella piazze e lì li deligittimeranno in nome della nostra Costituzione! Basta con i corrotti e con gli infiltrati nelle nostre istituzioni! L’era degli usurpatori è finita, è ora che torni sovrana la nostra Costituzione! No destra, no sinistra, no centro, no altro, no sindacati, solo cittadini italiani. No violenza, no prevaricazione, rispetto dell’ordine costituito e della nostra Costituzione. Questa classe politica è illegittima e usurpatrice, è stato sancito anche dalla Corte Costituzionale. Atti fatti e patti fatti presi in nome del popolo italiano sono illegittimi. Dal Trattato di Lisbona in poi è tutto nullo (?), vanno restituiti tutti i soldi estorti in base a patti infami, anticostituzionali”. 
     (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)

  • CARTOLINE DI OLI – Immigrazione:il M5S e le leggi da cancellare

    Certo che il Movimento 5 Stelle deve chiarire la sua posizione su immigrazione e asilo, certo che non mi piace quello che sostiene sulla disumana situazione delle nostre carceri: su questo ha ragione il Presidente della Repubblica, ma è molto significativo che tra tutti i gruppi presenti al Senato della Repubblica siano stati due senatori del Movimento a presentare l’emendamento (passato in commissione) per l’abrogazione del reato di clandestinità. Questo mi piace e la dice lunga sulla drammatica situazione degli altri gruppi parlamentari. Più i parlamentari del Movimento 5 Stelle capiscono che non è soltanto questione di onesti e disonesti (importantissima, per carità), più si emancipano dal loro capo (Grillo ha già dichiarato che la presentazione dell’emendamento è iniziativa personale), più mi piaceranno. Non basta cancellare il reato di clandestinità ma tutta la legge Bossi – Fini e tutto il decreto Maroni sulla sicurezza per iniziare a ragionare sul miglioramento della Turco Napolitano. In questo concordo con quanto ha scritto Franca Fortunato nel suo articolo pubblicato su Il Quotidiano della Calabria il 09.10.2013: “Alla presidente della Camera Laura Boldrini e alla ministra dell’Integrazione Cécile Kyenge, e a quante/i volessero seguirle, chiedo con forza di alzare le loro pretese e chiedere autorevolmente la cancellazione della vergogna dei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE), del decreto legge sulla “sicurezza” e della Bossi – Fini. Non permettano che la loro esperienza di donne venga neutralizzata dai partiti al Governo e in Parlamento, in nome della “stabilità””.
    (Saleh Zaghloul – immagine di Guido Rosato)

  • OLI 374: POLITICA – Tra imbecilli e mascalzoni

    “Se c’è qualcuno che non ho insultato, chiedo scusa!!”. L’urlo di Lucy, che sta girando in questi giorni in rete, ben esprime la frustrazione di molti italiani dinanzi allo spettacolo di impotenza che stanno esprimendo PD e M5S dopo le recenti elezioni: impotenza eclatante quella del Partito Democratico, diviso nelle sue diverse (troppe) anime, ondivago tra la ricerca di una collaborazione di qualche natura con M5S e la conseguente inevitabilità di un abbraccio mortale con il PdL, che si risolva in un governissimo, governo di scopo, o inciucio che lo si voglia chiamare.
    Dall’altro lato l’immobilismo de facto di M5S, anch’esso diviso fra chi chiedeva un’apertura di credito al PD (forse minoranza, ma chi lo sa?), ed i duri e puri, chiusi a qualunque ipotesi che non sia un governo a cinque stelle: divisi tra meetup, massima espressione di democrazia (sembrerebbe), diktat del duo Grillo-Casaleggio, e streaming ad intermittenza.
    In mezzo noi, io come moltissimi altri, che ci chiediamo prima stupiti, poi imbufaliti, come sia possibile una così enorme lontananza della classe politica dalle nostre emozioni, le emozioni di chi ha implorato il PD di votare Rodotà presidente della Repubblica, di chi ha scatenato l’inferno alla notizia della candidatura di Franco Marini alla massima carica dello Stato: costernati, infine,davanti all’autolesionismo dell’affossamento di Romano Prodi.
    Non meno imbufalito mi sento verso M5S, anche se con minor titolo, non essendo stato loro elettore, vedendo i capigruppo Crimi e Lombardi, chiedere, durante le consultazioni con Napolitano I (attenzione, da non confondere con Napolitano II), l’affidamento dell’incarico per formare un nuovo governo al movimento di Grillo, senza indicare un nome preciso, riservandosi eventualmente di dare un nome entro 48 ore. Come pretendere un incarico di fronte ad una tale vaghezza? È facile ora gridare al golpe, o al golpettino, chiamare prima la gente in piazza, poi cercare di frenarla.

    Ha ragione Sergio Staino, nella sua vignetta su il Venerdì di Repubblica del 5 aprile scorso? Ironia acre, di fonte PD (prima della catastrofe), ma difficile da non condividere.
    Sconsolati, attendiamo senza ansia le mosse del prossimo governo, che dovrà stare ben attento a non contrastare gli interessi finanziario-giudiziari del Caimano, vincitore senza meriti incoronato da autolesionisti, opportunisti, velleitari…
    Il giornalista Francesco Merlo, questa settimana conduttore del programma Prima Pagina su Radio Tre, sta usando come leitmotiv quotidiano un aforisma di Gesualdo Bufalino: “Fra imbecilli che vogliono cambiare tutto e mascalzoni che non vogliono cambiare niente, com’è difficile scegliere!”.
    Sarà forse eccessivamente manicheo, ma anche tragicamente attuale.
    (Ivo Ruello – immagini da  internet e da sergiostaino.it)

  • OLI 369: POLITICA – Gli amici divisi

    La grande maggioranza delle mie amiche e dei miei amici non solo non ha votato Grillo ma, detto in chiaro, proprio non lo può soffrire.
    Eppure ho anche carissime e intelligenti amiche e amici che nel Movimento 5 Stelle hanno riposto le ultime, residue, speranze di cambiamento.
    Quanto a me, rientro nel primo gruppo.
    Ogni tanto mi rimprovero di non aver fatto nessun serio tentativo per far cambiare idea alle care amiche ed amici che mi annunciavano il loro voto grillino. Poi, subito dopo, mi assolvo: il fenomeno elettorale che si è verificato è stato talmente sovrastante che qualche perorazione in più sarebbe stata del tutto inefficace. Dubito inoltre che, pur impegnando tutte le mie forze dialettiche, sarei riuscita a far cambiare idea anche a uno/una solo/a di loro.
    Mi interrogo su questo divario, al momento apparentemente incolmabile, nonostante le molte affinità personali, affettive, ma anche di natura sociale, culturale e politica che mi legano a loro, e che legano tra loro alcune di queste persone.
    Di certo, penso, sono stati fatti tutti gli errori possibili, sono state commesse tutte le possibili colpe, con l’esito di una realtà politica sconfortante.
    Ma questa realtà è riconosciuta e sofferta con la stessa angoscia sia da chi sta nel primo che da chi sta nel secondo gruppo.
    E allora, da dove viene una separazione così radicale?
    Forse una radice sta “nell’apprendistato politico” che amiche ed amici del primo gruppo hanno alle spalle in misura molto maggiore. Esperienze molto varie, di cui la principale non è quella di aver militato in un partito: in alcuni casi è successo, ma da anni più nessuna di queste persone ha una tessera in tasca. Invece in molti casi c’è l’essere stati delegati sindacali in fabbrica, o parte di associazioni e movimenti che hanno operato politicamente, facendo, nella pratica, i conti con differenze e complessità che impongono la necessità della mediazione non solo come espediente tattico, ma come esito dello sforzo di conoscere, comprendere, accettare, e a volte condividere, le ragioni degli altri.
    Nel mio giro amicale ad avere questo retroterra non sono solo le persone più “grandi” di età, ci sono anche delle giovanissime. Tutte comunque reagiscono con  insuperabile diffidenza ai tratti della comunicazione di Grillo: violenza verbale,  semplificazioni, tratto autoritario, sistematica svalutazione degli “altri”, identificazione tra leader e movimento.
    Sull’altra sponda prevale senza discussione il sollievo per la scossa che è stata data, la fiducia in un rinnovamento impersonato dalle facce sconosciute che si affacciano. Peraltro, si può osservare, non sono le sole: il 66% degli eletti del PD sono new entries. Tra loro il 41% di donne.
    Certamente eravamo giunti a un passaggio che imponeva una discontinuità, e al Movimento 5 Stelle va riconosciuto il merito di aver interpretato questa esigenza, spingendo in questa direzione anche le altre forze poltiche.
    Ma lo tsunami senza le consapevolezze e le disponibilità di cui si è detto rischia di produrre, di rimbalzo, un nuovo affondamento nella palude: indebolimento della parte più progressista del Pd, liquidazione di Sel, nuove opportunità ad una destra variamente interpretata;  il tutto a maggior ragione se la concretezza e le speculazioni della crisi economica verranno rese ancora più pressanti dall’incertezza politica.
    Ripenso, perché li ho vissuti nei primi anni ’70, a due momenti di passaggio non meno radicali: l’azzeramento della vecchia struttura sindacale fondata sulle Commissioni interne, spazzate via da un’inedita forma di democrazia, il delegato eletto su lista bianca nei luoghi di lavoro. E il separatismo femminista, quando le donne allontanarono gli uomini dai loro gruppi politici e dai loro cortei. Mentre si compivano questi atti di rottura la trama dei rapporti e della mediazione tuttavia non fu interrotta, ed è questa trama che ha sorretto e dato una prospettiva a quelle fasi di cambiamento.  
    (Paola Pierantoni)
  • OLI 362: ELEZIONI – Grillo, un Logo per due (o anche tre)

    “O cavallina, cavallina storna, che portavi colei che non ritorna”: si parla della logica, reduce dai banchi di Montecitorio. Alcune volte ci si chiede che fine abbia fatto, vista la sequela di norme contraddittorie e inutili e anche sbagliate che sono state prodotte nel tempo dal Parlamento. La legge elettorale, vigente da tempo immemore in Italia, non tiene conto della sequenza logica degli avvenimenti necessari alla presentazione di una lista per le elezioni. Per questo motivo deve essere riformata dalle basi.
    Analizziamo la sequenza come prevista. Prima di tutto occorre avere una lista di candidati, e quella bene o male tutti i partiti e i movimenti sono riusciti a tirarla su, chi più chi meno. Poi occorre raccogliere le firme su dei moduli cartacei, con la presenza di un certificatore, sovente al freddo, per strada. I moduli devono avere il simbolo elettorale già inserito, a colori (per un costo di circa 500 euro per raccogliere 5000 firme). La raccolta delle firme è prevista da sei fino a circa un mese prima delle elezioni, data di consegna delle firme e dei relativi certificati elettorali dei firmatari.
    Un giorno “che non si sa quando esattamente” ma comunque prima del giorno di consegna delle firme, dopo una coda all’aperto a Roma senza un ordine di arrivo che non sia autogestito, si deve invece consegnare il simbolo. Il simbolo elettorale, diametro esattamente 30 millimetri, tondo, quello già esposto così in evidenza nei moduli elettorali, deve essere unico e non simile ad altri. In caso di somiglianze, ha la precedenza quello che viene consegnato per primo.
    La legge elettorale non prevede l’esistenza di marchi registrati attraverso gli stessi organi statali quali l’Ufficio marchi e brevetti, se non quelli già presenti in Parlamento; quindi copiare quello del Pd o del Pdl non sarebbe un’idea furba, quello del Movimento 5 Stelle, di Monti o di Ingroia invece si. Ed infatti è successo.
    Insomma: occorre consegnare per primi un simbolo che la legge stessa ti obbliga a mostrare al mondo prima della consegna, ossia esiste di fatto un obbligo di esporsi al rischio della copia, senza fornire al riguardo alcuna protezione: è evidente l’assurdità della situazione. Inoltre i marchi registrati, che sono oggetto di continue contese nelle aule di tribunale quando si parla di utilizzo commerciale, non sono tali se si parla di elezioni: cosa può aver portato un legislatore a inventarsi una cosa simile?
    Di più: con i tre marchi copiati, depositati prima di quelli originali solo per fare “ammuina”, si giunge all’assurdità che i detentori del marchio “vero” avranno raccolto le firme necessarie ma non potranno usarlo, mentre chi non ha alzato il sedere dalla sedia, e non presenterà firme il 21 gennaio, non potrà presentarsi alle elezioni, e quindi avere il marchio nella scheda elettorale: siamo alla follia pura, all’eutanasia elettorale.
    E’ evidente che la legge elettorale va cancellata completamente e riscritta in termini moderni. Prima di tutto il sistema di rilevamento delle firme deve essere possibile anche via internet o con sistemi elettronici, con l’utilizzo di tecnologie che possano facilmente autenticare le persone. Questo, oltre ad accelerare i tempi di raccolta, consentirebbe uno sgravio notevole del lavoro degli uffici elettorali che devono controllare uno per uno i firmatari, stampare i certificati, verificare che abbiano firmato una sola volta e per un solo candidato. Prima ancora, il simbolo va depositato attraverso un registro come l’Ufficio dei marchi, e da loro recepito come unico. Solo dopo il recepimento del marchio, sarà possibile la raccolta delle firme.
    (Stefano De Pietro)