Categoria: Don Gallo

  • OLI 394: SAN BENEDETTO – 43 anni dopo, su la testa!

    “Su la testa” era scritto sulla torta preparata per il 43mo anniversario della Comunità di San Benedetto al Porto festeggiato lo scorso 8 dicembre a Genova a cui hanno partecipato 450 persone riunite per ricordare Don Andrea Gallo fondatore della Comunità mancato lo scorso 22 maggio.
    “Su la testa” urlava il Gallo ai suoi ragazzi esortandoli a non mollare, ma oggi, per i ragazzi di Andrea è una giornata difficile; la nostalgia è forte e la commozione è viva. La mattina si è svolta la messa nella Chiesa di San Benedetto celebrata da Don Luigi Ciotti che, come il Gallo, incita a “trovare il coraggio di non fare compromessi” dice “nella vita siamo chiamati a scegliere da che parte stare. Abbiamo solo questa vita per amare i fratelli, per riconoscere le avversità, abbiamo solo questa vita per metterci in gioco. Non basta indignarsi, l’indignazione si cura dando dignità alla vita, alla libertà alla democrazia alla nostra Costituzione…”.
    Don Luigi ricorda che “Don Gallo aveva intuito in vita che l’unica verità che rende liberi è il servizio, è il mettersi in gioco” dice “Don Andrea è stato capace di abitare il suo tempo, anche noi dobbiamo essere capaci di abitare il nostro tempo con lucida sapienza, lui aveva intuito i cambiamenti non è mai rimasto prigioniero del passato”
    Don Luigi ricorda che Don Federico 43 anni fa ha detto un “si” a Don Andrea “che è diventato sorpresa, la sorpresa della gratuità, la sorpresa del dono, la sorpresa della nascita della Comunità, la creazione di un punto di riferimento per sentirsi amati ed accolti”
    E la Comunità di San Benedetto è diventato un punto di riferimento per tanti ragazzi e ragazze che in 43 anni hanno “camminato” con Andrea. Ma oggi Andrea non c’era. Andrea era nel cuore dei ragazzi. “Su la testa” ragazzi.
    (Maria Di Pietro – Galleria immagini di Ivo Ruello e Paola Pierantoni)

  • OLI 370: PALESTINA – Vittorio Arrigoni: ambasciatore di pace

    (foto dell’autrice)

    Un incontro emozionante domenica sera a Genova con Egidia Beretta Arrigoni e Don Andrea Gallo per la presentazione del libro “Il viaggio di Vittorio“, scritto dalla madre, che ripercorre la breve vita di Vittorio Arrigoni rapito e assassinato a Gaza il 14 aprile 2011.
    Molta commozione nel ricordare Vittorio. La sua passione per la giustizia e per la dignità umana lo portano a servizio degli oppressi durante i suoi viaggi. Attivista, militante, volontario, pacifista, scudo umano, reporter. Vittorio trova il senso della sua vita in Palestina nella Striscia di Gaza nella prigione a cielo aperto dove gli abitanti non possono varcare i confini neanche per andare a lavorare. Vittorio decide di stare affianco ai palestinesi nella loro quotidiana lotta di sopravvivenza interponendosi tra i contadini e i cecchini israeliani che sparano durante il raccolto, tra i pescatori e la marina militare israeliana che con ogni mezzo violento impedisce la pesca ai palestinesi.
    Vittorio vivrà a Gaza 3 anni fino al suo assassinio. Soggetto scomodo per le autorità militari israeliane, inserito già nella black list delle persone sgradite ad Israele, arrestato e poi espulso, Vittorio torna nella Striscia via mare, non si lascia intimidire e continua il suo impegno con l’International Solidarity Movement; decide di restare nell’inferno di Gaza durante “Operazione Piombo Fuso”: tre settimane di bombardamenti israeliani su Gaza che tra dicembre e gennaio del 2009 hanno causato oltre 1300 morti e più di 5000 feriti. Vittorio, unico testimone italiano, attraverso il suo blog guerrillaradio ha dato voce alla popolazione martoriata. I suoi reportage sono stati raccolti nel libro “Gaza. Restiamo umani“.
    “Davanti a tanta disumanità devi restare umano…” mi disse quando lo incontrai a Genova dopo Operazione Piombo Fuso; e Vittorio la disumanità la conosceva bene: raccogliere pezzi dei suoi amici palestinesi e teste di bambini erano le cose più atroci che aveva visto quando girava con le ambulanze della mezzaluna rossa per trasportare i feriti all’ospedale. “…ho scoperto oggi di essere un pessimo cameraman” scrive Vittorio durante la strage a Gaza “non riesco a riprendere i corpi maciullati e i volti in lacrime. Non ce la faccio. Non riesco perchè piango anche io….”.

    (foto da internet)

    Certi giorni, quando sono sola, mi rifugio nella stanza segreta del mio cuore e lascio che il dolore mi strazi, e piango e lo chiamo, chiamo forte il mio bambino che non c’è più” scrive Egidia nel libro. E per lei Vittorio oggi vive attraverso gli incontri, attraverso la corrispondenza che aveva con lui, attraverso il blog e attraverso le persone che lo hanno conosciuto e che continuano a ricordarlo.
    Vittorio, “ambasciatore di pace” e ” grande fiore della pace” come lo ha ricordato Don Gallo, sembrava essere insieme a noi domenica, con la sua pipa e il berretto nero, ad esortarci a “restare umani”.
    E noi domenica lo abbiamo ricordato così:
     “La storia siamo noi, la storia non la fanno i governanti codardi con le loro ignobili sudditanze ai governi militarmente più forti. La storia la fanno le persone semplici, gente comune, con famiglia a casa e un lavoro ordinario, che si impegnano per un ideale straordinario come la pace, per i diritti umani, per restare umani. La storia siamo noi che mettendo a repentaglio le nostre vite, abbiamo concretizzato l’utopia, regalando un sogno, una speranza a centinaia di migliaia di persone. […] 
    Il nostro messaggio di pace è un invito alla mobilitazione per tutte le persone comuni , a non delegare al vita al burattinaio di turno, a prendersi di petto la responsabilità di una rivoluzione, rivoluzione interiore innanzitutto, verso l’amore, l’empatia, che di riflesso cambierà il mondo. […] la pace non è un’utopia e se lo è abbiamo dimostrato che a volte le utopie si concretizzano. Basta crederci, fermamente impegnarsi, contro ogni intimidazione, timore, sconforto, semplicemente restando umani”.  Vittorio Arrigoni, 3 settembre 2008

    video dell’incontro del 17 marzo: http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Unique&id=15797
    (Maria Di Pietro)

  • OLI 368: GENOVA – C’è chi dice casiNo


    28 febbraio, ore 14 e 55, pubblico sul mio profilo Fb.
    Facile dire “a Zena se ciamman bagasce”, facile anche scriverselo sulla maglietta. Facile gridarlo a Nicole Minetti, troppo facile. Il problema a mio avviso è che sarebbe superficiale, machista, ipocrita. Non esiste un corrispettivo maschile: insultate un uomo corrotto, marcio, approfittatore etc., cosa gli dite? Minetti è donna, si è comportata in un certo modo, quindi è bagascia. Bene. Se anche fosse il problema non è lì ma in chi fa l’investimento per quel luogo in cui di sano, economicamente e non solo, ci vedo ben poco. Possiamo anche prendercela con lei ma lo trovo miope: chi ha i capitali per fare una cosa del genere? A chi importa che cosa si farà lì dentro? Chi controllerà che la gente non ci si rovini? Sapremo da dove arriva il denaro che ci circola, lì come in tutte le altre sale e salette spuntate come funghi ovunque? Non sempre (secondo me quasi mai) il bersaglio più facile è quello giusto. Per fortuna ci sono persone lungimiranti che si fanno le domande giuste e che non mollano. Per fortuna l’antimafia a Genova non sono parole al vento.
    1 marzo 2013, sera, dopo il presidio CASI-NO a Genova Pegli.

    Passo in moto, c’è già una folla pochi minuti dopo le 18, sorrido, qualche faccia nota, attraverso veloce il traffico e il ponte per parcheggiare e partecipare. Bandiere, di partito e non, striscioni con slogan, volantini, si aspetta Don Gallo, intanto prendono la parola il presidente del municipio, Domenico Chionetti, di San Benedetto, detto Megu  , una cittadina di Pegli… Ciascun* esprime gratitudine rispetto alla partecipazione della gente – quante e quanti lo lascio dire a chi sa fare queste stime, a me sembravamo un bel po’ – e cerca di sensibilizzare sulla problematica del gioco d’azzardo e delle ludopatie, del dilagare degli investimenti poco puliti, in particolare negli ultimissimi tempi e approfittando del periodo di crisi. Don Gallo arriva annunciato e abbandona l’auto in mezzo al traffico, provocato dalla folla che attraversava di tanto in tanto la strada mostrando i cartelli (casi-NO) e invitando chi passava a restare e manifestare, raggiungendoci a piedi, circondato da foto ed entusiasmo. Prende la parola – “una sedia per il Gallo!” passa sulle nostre teste – soffermandosi sulle lotte del ponente, sulla dignità di queste lotte, sulla tenacia e sulla rilevanza politica e pubblica della partecipazione della gente, sul coinvolgimento, sull’esserci e sul contare. “Nicole Minetti vada a mostrare tette e culo altrove” – scivola, la gente si infiamma, troppo facile, continuo a pensare che il problema non sia la scelta della “madrina” per l’inaugurazione. Don Gallo prosegue, gli interventi si alternano e si respirano interesse, passione. Ascolto e ragiono: non si è fermata l’apertura del casinò: a detta di chi vive a Pegli e ne è al corrente, come racconta una signora, “la sera ci sono macchine ovunque, in terza e quarta fila, pullman addirittura, e poi, si sa, come dire, l’indotto di questi affari… prostituzione, spaccio”. Si è in qualche modo rimandata l’inaugurazione grazie alla mobilitazione cittadina e all’intervento del comune che ha voce in capitolo per quanto riguarda i permessi necessari per l’apertura e la gestione del locale. Quello che ci si aspetta ora e per cui si auspica una partecipazione e un’attenzione costante è il seguito: riciclaggio di denaro, traffici illeciti e ottime coperture, famiglie rovinate e attività commerciali che vengono sostituite da casinò, la gente è stufa, la partecipazione di oggi l’ha dimostrato: “siamo qui, torneremo!” chiude Megu di San Benedetto, applausi, speranza, desiderio di cambiare, coraggio!
    (Valentina Genta – foto di Marco Pelizza)