Il palco dà le spalle al sole. C’è il rischio di un Beppe in controluce a confondere la visione, penalizzare inquadrature, ma a scaldare i presenti. Sono giovani donne e uomini che già all’una del pomeriggio hanno occupato parte di piazza della Vittoria, la più grande di Genova.
Lo spettacolo, dicono i cinici, non è pagamento.
Ma questi sono venuti da tutta Italia e si sono accollati un viaggio lungo, noioso su pullman dondolanti. Inoltre c’è un freddo cane e il teatro di Grillo, se solo di quello si trattasse, si può tranquillamente godere al caldo delle proprie case, su un pc.
Sono tanti? Sono pochi?
Dal belvedere di Carignano appaiono compatti e numerosi, spezzati da un triangolo di sole. Adesso hanno anche le bandiere, sono organizzati e riconoscibili. Difficile immaginare Renzi, Cuperlo o Civati davanti a una folla così grande. Difficile anche immaginare gli eletti nei partiti storici, in piazza, a disposizione dei cittadini che li hanno mandati il Parlamento.
Beppe si rivolge alla folla con un ecumenico ed ironico venite a me, invitando chi è rimasto in fondo alla piazza ad avvicinarsi. Gioca le carte del genere comico, del genere politico ma è anche dal sacro che attinge paragonando il movimento alla Chiesa e, indirettamente se stesso al papa.
L’esclamazione Italiani! cara a Benito è stata cancellata dal copione. Che copione rimane anche per lui quando gli scappa riferendosi alla piazza la parola platea.
Tutto è oltre a Genova, nella politica secondo Grillo. Vanno resi due miliardi e sette di rimborsi elettorali, va cancellata la truffa semantica con la quale i vecchi politici hanno ingannato i cittadini e per la quale un inceneritore è diventato termovalorizzatore, va fatto un referendum sull’euro. Chi segue Grillo sente cose già dette, ma può anche scoprire che la piazza in cui si trova è stata affittata per cento anni ad un’azienda americana per trarne i ricavi del parcheggio. Le aziende italiane svendute e il lavoro diventato ricatto fanno breccia nei cuori dei presenti.
E se lui ti promette che tutto questo si può superare perché non credergli? Lui che da solo ha portato in parlamento sessanta cittadini. Con lui e il Movimento si può reinventare il lavoro, superare i sindacati identici ai partiti. Sapendo che oggi, nella culla della civiltà, sette persone su dieci non capiscono un discorso se è leggermente complicato.
Lui no. Non andrà in TV. La rete è una delle cinque stelle. E sarà l’accesso ad internet, per nascita, un diritto costituzionale che a Grillo pare più importante dello jus soli, tanto da non citarlo nemmeno. La carta dei diritti dell’uomo non è in agenda nella politica secondo Grillo che parla di dazi per difendere i prodotti italiani e fa la lista delle aziende nazionali vendute agli stranieri. Bisogna salvaguardare il “made in itali” (come lo scrive Beppe lo pronuncia) quello vero!
Il sole è tramontato quando Dario Fo evoca paradisi fiscali per manigoldi e ricorda il tempo in cui si reagiva, insieme alla storia di ducati e signorie con la cultura e la potenza del passato. Ma il Nobel cita anche l’Ilva.
Come tanti preti, i militanti dei cinque stelle daranno l’estrema unzione ai partiti.
E dopo, grazie anche a questa piazza, chi non è con il movimento o non lo comprende si dovrà aspettare l’oltre tomba metaforica e politica.
Ma è un’apocalisse da venire.
Martedì sera Fassino, Alfano, Camusso sono in prima serata a Ballarò.
E Grillo a Sant’Ilario.
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice)
Categoria: OLI 393
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OLI 393: M5S – La politica secondo Grillo
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OLI 393: SOCIETA’ – Così fan tutti
“Quell’universitaria in Ferrari figlia di tredici anni inutili di scuola”, titolava in prima pagina domenica 1 dicembre il Corriere della Sera, spendendo quasi tre mezze colonne per una reprimenda ai “ ragazzi e ragazze che hanno imbrogliato, sottraendo ai bisognosi e magari più meritevoli”, chiedendosi “se la scuola serve a qualcosa, se fornisce educazione civica, se i figli non sanno ribellarsi ai padri su quel minimo di eticità su cui si fonda la convivenza civica”. Giusto, troppo comodo però dare colpa alla scuola, in fondo in fondo alle famiglie e a nient’altro.
C’è la crisi, si è scoperto però che da Nord a Sud s’ imbroglia per ottenere agevolazioni su borse di studio, rette mensa, asili nido, tanto che d’ora in poi, decreta il governo, si potrà fare un’autocertificazione “parziale” dei redditi, ai dati importanti risponderà direttamente l’agenzia delle entrate. Ah sì? E ad esempio per quelli che hanno auto intestate a società, la villa–casale dichiarata al catasto casa agricola, bilanci in passivo perenne, che si fa? Si dirà, l’imbroglio è nell’animo umano, quanti cittadini-modello girano con il tagliando park invalidi della zia che manco guida, in fondo che male vi fo?
Ormai il senso di comunità pare la sottile linea grigia che si sbiadisce sul mare all’orizzonte, puoi dare addosso alla scuola, ma è la famiglia l’ambiente primario, cui un individuo dovrebbe fare riferimento. Nella società dell’apparire forse si sono rimescolati i modelli e non ce ne siamo accorti, non abbiamo ancora messo a fuoco i danni.
Anche la legge pare un po’ meno uguale a quella di una volta.
Farà scuola la sentenza pronunciata nei giorni scorsi dalla corte d’appello di Genova (Secolo, 2/11): almeno sul piano penale non è reato dichiarare un reddito fasullo per accedere alla riduzione dell’abbonamento dell’autobus (e con l’azienda trasporti in bancarotta..).
I magistrati infatti hanno stralciato in secondo grado l’addebito di falso contestato ad una quarantenne, che aveva dichiarato con atto notorio di non arrivare al reddito di settemilacinquecento euro. Omettendo di essere inserita nello stato di famiglia come convivente di un medico: convivente però non vuol dire moglie a quanto sembra per i giudici, e qui giuristi e femministe potrebbero schiumare, perciò la sua dichiarazione, compreso il reddito non era poi “così falsa”. Si è passati quindi ad ipotizzare sul piano penale il reato specifico per “indebita percezione di erogazioni ai danni dello stato” e sorpresa però, tale reato non si lo può applicare se il “beneficio ricevuto “ è inferiore ai quattromila euro. Al massimo una sanzione amministrativa, l’avvocato in trionfo, la signora estasiata.
Di fatto, la sentenza suggerisce che si può fare un pochino i furbetti, carta straccia diverranno dunque tutti quelle denunce ai suddetti furbetti strombazzate in tv, con buona pace per chi il furbo non fa e ogni tanto si sente pure un po’ fesso.
(Bianca Vergati – immagine di Guido Rosato) -
OLI 393: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

Bangladesh: Il minimo per vivere
The Guardian del 14 novembre 2013: Dal 1 dicembre il salario minimo degli operai tessili in Bangadesh aumenterà del 77 per cento, arrivando all’equivalente di 67 dollari al mese. Un compromesso raggiunto dal Governo e dai sindacati del settore dopo mesi di manifestazioni. Il sindacato però chiedeva di arrivare a 104,72 dollari al mese.
http://www.theguardian.com/world/2013/nov/14/bangladesh-garment-workers-pay-riseBritish Counsil insegnate l’arabo nelle scuole
L’Independent del 20 novembre 2013: “In un rapporto pubblicato oggi dal British Council l’arabo è classificato più importante del francese fra le lingue che i bambini dovrebbero imparare a scuola.” http://www.independent.co.uk/news/education/education-news/arabic-beats-french-mandarin-beats-german-and-spanish-is-best-uks-international-education-body-highlights-most-important-foreign-languages-to-learn-8949872.htmlUSA: come sono visti i ricchi
Il Washington Post del 27 novembre 2013: “Il 43 per cento degli intervistati ha detto che le persone ricche hanno più probabilità rispetto alla media degli americani di essere intelligenti e il 42 per cento ritiene che i ricchi lavorano più duro di tutti gli altri. I buoni ricchi! Il 53 per cento dice che le persone benestanti hanno più probabilità di essere avidi e il 34 per cento pensa che i ricchi hanno meno probabilità di essere onesti. I cattivi ricchi.” http://www.washingtonpost.com/opinions/the-deal-with-rich-people/2013/11/27/7b4b47d8-5318-11e3-9fe0-fd2ca728e67c_story_1.htmlUSA: come si guardano i poveri
Il New York Times del 28 novembre 2013: “Susan Friske, professoressa di psicologia all’Università di Princeton, ha scoperto che quando i soggetti della ricerca collegate ad una macchina di neuro-immagine guardano le foto dei poveri e dei senzatetto, i loro cervelli spesso reagiscono come se stanno vedendo cose, non persone. La sua analisi suggerisce che gli americani a volte reagiscono alla povertà non con simpatia ma con repulsione”. http://www.nytimes.com/2013/11/28/opinion/kristof-where-is-the-love.html?ref=todayspaper&_r=0&_r=1&L’Angola “vieta” l’Islam, immaginare un governo che “vieta” il cristianesimo.
Il Guardian del 28 novembre 2013: “L’Angola è stato accusato di “vietare” l’Islam dopo aver spento la maggior parte delle moschee del paese e dopo le notizie di violenza e intimidazione contro le donne che indossano il velo. La Comunità Islamica di Angola ( ICA) sostiene che otto moschee sono state distrutte negli ultimi due anni e chi pratica l’Islam rischia di essere riconosciuto colpevole di aver disobbedito al codice penale dell’Angola.” http://www.theguardian.com/world/2013/nov/28/angola-accused-banning-islam-mosquesPedofilia nella Chiesa libanese, notare la “severa” punizione
NOW.MMEDIA del 2 dicembre 2013: del “Appena due mesi dopo che il sacerdote maronita cattolico Padre Mansour Labaki è stato riconosciuto colpevole dal Vaticano di aver aggredito sessualmente tre minorenni (e al quale è stata data la severa punizione di “preghiera e penitenza”), il capo di un monastero greco-ortodosso di Koura, Archimandrite Panteleimon Farah è stata destituito dal vescovo del Monte Libano Giorgio Khodr e condannato all’isolamento all’interno del suo monastero per aver commesso «pratiche contrarie alla vita cristiana e alla vocazione monastica» – poi risultate essere molestie conro giovani.” https://now.mmedia.me/lb/en/newsandpolitics/523627-another-church-scandal-in-lebanonPulizia etnica nel 21° secolo
Il Guardian del 29 novembre 2013: “Decine di migliaia di beduini palestinesi sono costretti a spostarsi dalle loro case e terre. Allo stesso tempo, ci sono annunci del governo israeliano sul web che ti promettono finanziamenti come un immigrato inglese di venire a vivere in “comunità vibranti” nel Negev, se siete ebreo. Questa è pulizia etnica”. http://www.theguardian.com/world/2013/nov/29/britons-protest-israel-plan-remove-palestinian-bedouinArabia Saudita: “notizia” dai media sauditi
ARABNEWS del 1 dicembre 2013: “Sospetti clandestini etiopi hanno attaccato un uomo saudita e inciso una croce cristiana sul suo petto con un pezzo di metallo prima di fuggire”. http://www.arabnews.com/news/485861Siria: Jihadisti inglesi
Il Daily Mail del 30 novembre 21013: “un uomo britannico che era stato ucciso combattendo a fianco degli estremisti legati ad al Qaeda in Siria, aveva finanziato il suo viaggio con rapine a persone in una zona ricca di Londra”. http://www.dailymail.co.uk/news/article-2516137/The-Al-Qaeda-fanatic-Britain-funded-jihad-trip-Syria-mugging-Londoners-Taser.htmlSiria: “da un gruppo di fratelli a signori di guerra”
Il Telegraph del 30 novembre 2013: “L’Esercito Siriano Libero che ha iniziato come un semplice gruppo di combattenti contro Assad, sta ora facendo milioni con corruzione ed estorsione”. http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/syria/10485970/Syria-dispatch-from-band-of-brothers-to-princes-of-war.htmlPalestina: per i bambini palestinesi non c’è sicurezza nemmeno nelle case loro
Electronic Intifada del 28 novembre 2013: “Per i bambini, come Muhammad al-Majid di quattro anni, non c’è sicurezza nemmeno nelle loro case, perché le forze di occupazione israeliane possono invadere le case in qualsiasi momento del giorno o della notte. Secondo DCI, sono 179 i bambini palestinesi che sono stati imprigionati e processati nel sistema giudiziario israeliano al 30 settembre”. http://electronicintifada.net/blogs/ali-abunimah/israeli-forces-raid-home-arrest-4-year-old-dad-says
(Saleh Zaghloul) -
OLI 393: GRECIA – Il rebetiko di Vinicio Capossela

Manolis Pappos Mercoledì 3 dicembre, in contemporanea in una sessantina di sale cinematografiche italiane, è stato proiettato «Indebito», il film-documentario di Vinicio Capossela ed Andrea Segre sulla Grecia e sulla musica rebetika.
Il rebetiko, un genere nato verso la fine dell’800, ha il periodo d’oro tra i primi anni 20 e l’inizio della seconda guerra mondiale: suoi principali protagonisti sono i profughi greci espulsi dalla Turchia nel 1922, alla fine del conflitto greco-turco (1919-1922). Circa due milioni di persone, che si rifugiarono principalmente nei porti di Salonicco e del Pireo, portandosi dietro cultura e musica: i temi trattati non sono mai politici, si parla di alcool, droga, amore, prigione, ma il rebetiko è comunque inviso al potere. Sarà questa sua «alterità» rispetto alle varie dittature succedutesi in Grecia (da Metaxas negli anni 30 al regime dei colonnelli tra il 1967 ed il 1974), a conferire al genere grande popolarità, favorita anche dall’attenzione di musicisti «colti», quali Mikis Theodorakis e Manos Hatzidakis.
Evghenios Voulgaris Non stupisce che Vinicio Capossela, uno dei più «curiosi» musicisti italiani, dopo più di dieci anni di frequentazione della Grecia e delle sue tradizioni musicali, abbia prodotto, in sequenza, un CD (Rebetiko Gymnastas), un libro (Tefteri, ‘il libro dei conti in sospeso’), ed ‘Indebito’, film-documentario, in cui diversi musicisti ci descrivono il loro rapporto con la musica, gli stati d’animo ad essa sottesi, e ci fanno ascoltare le loro voci e i loro strumenti nell’ambiente più naturale, le taverne di Atene, del Pireo, di Salonicco, tra un bicchiere di ouzo, o di tsipuro, e qualche mezes.
La Grecia di oggi non è solo rebetiko è, ovviamente, crisi economica: realtà ingombrante che in ‘Indebito’, nonostante il titolo, fa appena capolino.
Dimitris Mitsakidis Ma tra rebetiko e crisi c’è una relazione. Nato per dare voce al dolore e alla speranza, in altri anni difficili questo genere musicale è stato uno strumento culturale ed emotivo che ha aiutato le persone che vivevano al margine ad affrontare le difficoltà e a rivendicare la dignità di una cultura e di uno stile di vita.
Oggi torna ad essere un rifugio per non scomparire unicamente nella depressione, una finestra poetica da cui guardare a se stessi e allo ‘pseftiko dounià’, al mondo menzognero in cui viviamo.
Capossela sembra avere perfettamente interiorizzato il mood, lo stato d’animo che pervade chi suona e chi ascolta questa musica. Ma dire ‘ascolta’ è improprio: chi siede nelle taverne di certo non si limita ad ascoltare, ma canta, beve, mangia, parla, piange, e se raggiune lo stato d’animo giusto chiede ai musicisti di eseguire la canzone più amata e la balla. Questo continua a succedere, ovunque, in Grecia, e come viene detto nel film davvero tutti partecipano a questo rito: dalle ragazze e ragazzi giovanissimi, alle persone con ormai molti anni addosso.
Non è quindi difficile condividere con Vinicio Capossela una delle frasi-chiave del film: «questa musica è rivoltosa perché accende in noi la consapevolezza che ogni attimo è eterno perché è l’ultimo, ed è quello che ci invidiano gli dei».
(Ivo Ruello, le foto di Paola Pierantoni ritraggono tre dei musicisti presenti nel film) -
OLI 393: TEATROGIORNALE – Nuda proprietà
Adriana ha chiuso la porta di ingresso con un gesto di stizza, mastica gli insulti che vorrebbe dire a Cecilia.
– Non siamo al Colosseo!
Cecilia è nella camera che era stata lo studio di Ettore, il marito di Adriana. Il divano letto è aperto, sopra vi è una valigia di plastica e stoffa a quadretti.
-Io me ne torno in Ecuador, signora. Torno da mia figlia, capisce?
Cecilia è una donna sui 40 anni, ha i jeans con gli strass e una maglia gialla e rossa che le arriva sulle cosce.
– Le ho fatto un po’ di spesa e le ho lasciato in frigo la cena e il pranzo per domani.
Cecilia piega una tuta rosa e la mette in borsa vicino a un sacchetto che contiene 8 pinguini che salgono, a ritmo di musica, su una montagna di ghiaccio e scivolano giù.
– Ha sentito suo figlio?
È la terza volta che lo chiede in quarantotto ore. Lei lo aveva chiamato una settimana prima per metterlo al corrente che i soldi di sua madre erano finiti e che lei non poteva lavorare per loro a gratis ma sua madre non poteva vivere sola. Il figlio aveva detto che non erano fatti suoi e aveva buttato giù il telefono. Cecilia sospira e piega il pigiama a fiori giallo e verde. Sua madre le tiene sua figlia in Equador e l’aveva vista affaticata il giorno prima su Skype. Ormai Priscilla ha 6 anni, deve aiutare in casa almeno un poco. Ma quando lei tornerà, allora sì che metterà in riga quella piccola viziatella e mette in valigia il pigiama.
Per Adriana andare dall’ingresso alla cucina è ormai un viaggio, la vista è appannata e i vecchi mobili galleggiano nella penombra. Le sue ossa sono come tenute assieme da dei fili di metallo arrugginiti, troppo corti per permetterle la maggioranza dei movimenti ma la cosa che la fa più arrabbiare è la memoria. Non si ricorda che ha venduto la casa come nuda proprietà senza parlarne col figlio ed è per questo che il figlio la odia; non si ricorda dove ha messo gli occhiali; non si ricorda che ha 87 anni e quando si intravede allo specchio non si riconosce anche se sa che è lei. A volte si ricorda del perché suo figlio la odia e si arrabbia: è la sua vita, la sua casa, lui mica le ha chiesto il permesso prima di sposarsi con quella malummera di sua moglie (moglie di seconda mano visto che ha già una figlia). Cammina piano Adriana, non vuole cadere, non vuole trattenere un istante di più quell’ingrata di Cecilia. Vuole solo arrivare alla sedia in cucina, accendere la televisione e sentire il brusio lontano che ne arriva.
Adriana tiene la mano destra sul mobile basso dell’ingresso, un po’ per sostegno, un po’ per orientarsi, un po’ per non sentirsi sospesa nel vuoto. Quando era bambina le piaceva stare sospesa, attaccata con le gambe al l’albero di ciliegie e dondolare, il vestito di lana marrone e la camicia di flanella sul viso. Sua madre che la sgrida ma che tiene i grappoli di ciliegie che lei le ha regalato sulle orecchie come fossero degli orecchini.
– La mamma aveva i capelli neri.
Sussurra Adriana mentre le dita nodose fanno cadere una boccetta di ceramica su un centrino; la boccetta, cadendo, fa un rumore sordo. Nessuno lo sente.
Cecilia esce dalla stanza con la giacca blu col cappuccio col pelo, ha la valigia in mano.
– Signora, io vado.
Adriana non si gira, ormai è arrivata in fondo al mobile dell’ingresso.
– Le metto qua le chiavi e il resto della spesa.
Cecilia lascia una banconota da 10 euro sul mobile e un mazzo di chiavi senza portachiavi.
– Sul vostro conto ci sono ancora 100 euro. La pensione arriverà tra 15 giorni. Spero che vostro figlio venga presto.
– Chiudi la porta.
Dice Adriana e aspetta che la porta sbatta per continuare la sua traversata verso la cucina: c’è l’angolo, si gira a destra, davanti c’è il bagno e la porta è aperta.
– Ma viveva al Colosseo quella lì?
Biascica e si incammina per chiudere la porta, le dita artritiche si chiudono attorno alla maniglia in ottone. Il bagno… quando era piccola non voleva mai farsi il bagno la domenica ma stava sempre con le gambe nell’acqua del fiume, tanto che le era venuta la febbre reumatica ed era stata a letto due mesi e in quei giorni vedeva la mamma sbiadita, così come ora vede il lavabo del bagno.
Chiude la porta del bagno e si gira per raggiungere la porta della cucina, tiene la mano sulla carta da parati ruvida. Fuori sta facendo nuvolo, da dietro le tende bianche la luce si affievolisce, i contorni del tavolo e delle sedie si fanno sempre più confusi.
– Dove é andata Cecilia? Mi tocca aspettarla quella lì. Mai una volta che mi dica quando torna.
Adriana alza la sedia e la porta indietro, la sedia stride contro il pavimento ma nessuno la sente. Il telecomando nero è sopra il tavolo, lo prende e schiaccia un tasto a caso. La televisione si accende. Adriana si siede, il suo volto è illuminato da una luce verdognola.Da La stampa: Anziani in crisi, volano le vendite della nuda proprietà.

