Categoria: COSTITUZIONE ITALIANA

  • OLI 393: M5S – La politica secondo Grillo

    Il palco dà le spalle al sole. C’è il rischio di un Beppe in controluce a confondere la visione, penalizzare inquadrature, ma a scaldare i presenti. Sono giovani donne e uomini che già all’una del pomeriggio hanno occupato parte di piazza della Vittoria, la più grande di Genova.
    Lo spettacolo, dicono i cinici, non è pagamento.
    Ma questi sono venuti da tutta Italia e si sono accollati un viaggio lungo, noioso su pullman dondolanti. Inoltre c’è un freddo cane e il teatro di Grillo, se solo di quello si trattasse, si può tranquillamente godere al caldo delle proprie case, su un pc.
    Sono tanti? Sono pochi?
    Dal belvedere di Carignano appaiono compatti e numerosi, spezzati da un triangolo di sole. Adesso hanno anche le bandiere, sono organizzati e riconoscibili. Difficile immaginare Renzi, Cuperlo o Civati davanti a una folla così grande. Difficile anche immaginare gli eletti nei partiti storici, in piazza, a disposizione dei cittadini che li hanno mandati il Parlamento.
    Beppe si rivolge alla folla con un ecumenico ed ironico venite a me,  invitando chi è rimasto in fondo alla piazza ad avvicinarsi. Gioca le carte del genere comico, del genere politico ma è anche dal sacro che attinge paragonando il movimento alla Chiesa e, indirettamente se stesso al papa.
    L’esclamazione Italiani! cara a Benito è stata cancellata dal copione. Che copione rimane anche per lui quando gli scappa riferendosi alla piazza la parola platea.
    Tutto è oltre a Genova, nella politica secondo Grillo. Vanno resi due miliardi e sette di rimborsi elettorali, va cancellata la truffa semantica con la quale i vecchi politici hanno ingannato i cittadini e per la quale un inceneritore è diventato termovalorizzatore, va fatto un referendum sull’euro. Chi segue Grillo sente cose già dette, ma può anche scoprire che la piazza in cui si trova è stata affittata per cento anni ad un’azienda americana per trarne i ricavi del parcheggio. Le aziende italiane svendute e il lavoro diventato ricatto fanno breccia nei cuori dei presenti.
    E se lui ti promette che tutto questo si può superare perché non credergli? Lui che da solo ha portato in parlamento sessanta cittadini. Con lui e il Movimento si può reinventare il lavoro, superare i sindacati identici ai partiti. Sapendo che oggi, nella culla della civiltà, sette persone su dieci non capiscono un discorso se è leggermente complicato.
    Lui no. Non andrà in TV. La rete è una delle cinque stelle. E sarà l’accesso ad internet, per nascita, un diritto costituzionale che a Grillo pare più importante dello jus soli, tanto da non citarlo nemmeno. La carta dei diritti dell’uomo non è in agenda nella politica secondo Grillo che parla di dazi per difendere i prodotti italiani e fa la lista delle aziende nazionali vendute agli stranieri. Bisogna salvaguardare il “made in itali” (come lo scrive Beppe lo pronuncia) quello vero!
    Il sole è tramontato quando Dario Fo evoca paradisi fiscali per manigoldi e ricorda il tempo in cui si reagiva, insieme alla storia di ducati e signorie con la cultura e la potenza del passato. Ma il Nobel cita anche l’Ilva.
    Come tanti preti, i militanti dei cinque stelle daranno l’estrema unzione ai partiti.
    E dopo, grazie anche a questa piazza, chi non è con il movimento o non lo comprende si dovrà aspettare l’oltre tomba metaforica e politica.
    Ma è un’apocalisse da venire.
    Martedì sera Fassino, Alfano, Camusso sono in prima serata a Ballarò.
    E Grillo a Sant’Ilario.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 327: SOCIETA’ – Ignoranza costituzionale

    Il sondaggio alle ore 10.00 del 17 gennaio 2012

    “Moschea, dove la vorresti?” è l’ultimo sondaggio sul sito web de Il Secolo XIX. “Da nessun parte” è una delle risposte possibili. Se ci avessero scritto “Noi del Secolo avvalliamo l’ipotesi che la Costituzione italiana consente di negare il diritto di professione religiosa”, sarebbe stata la stessa cosa. La cosa sconcertante è che il 51% di votanti risponde “Da nessuna parte”, quindi circa 2500 persone a Genova non sanno che la Moschea “deve essere fatta”, che è un diritto inalienabile.
    Invitando il Secolo a realizzare un quadratino informativo sull’argomento, ci auguriamo che il prossimo sondaggio de Il Secolo XIX non trovi una possibile soluzione costituzionale al problema: “Vorresti mandare via dall’Italia tutti gli islamici, italiani compresi?”.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 293: LETTERE – Insegnare oggi in Italia

    Chi si dedica all’educazione, genitore o insegnante che sia, sa bene che i valori non si “inculcano”, ma si trasmettono con l’esempio e che i valori di rispetto dell’altro, di collaborazione per il perseguimento del bene comune, di eguaglianza tra i membri di una comunità, per essere trasmessi, vanno vissuti nella vita scolastica, familiare e sociale.
    Solo così potranno diventare patrimonio dei bimbi e dei futuri adulti.
    Nelle scuole pubbliche, frequentate dal 95% degli studenti, insegnanti sottopagati, ma rispettosi del mandato che hanno ricevuto dalla comunità secondo Costituzione, propongono percorsi di studio che richiedono impegno e fatica, presentano gli ideali che hanno costruito il nostro paese unito, per cui tanti giovani, provenienti da tutte le parti d’Italia,con grande generosità hanno messo a repentaglio la propria vita e sono morti.
    Insegnano a vivere il rispetto di sé nella relazione con gli altri, si trovano invece a combattere, non tanto contro le famiglie, ma contro i pessimi esempi di vita che vengono proposti da chi ci governa.
    Come si fa ad educare la coscienza dei giovani alla rettitudine, se chi avrebbe il dovere di rappresentarci e quindi essere di esempio per tutto il paese, frequenta lestofanti amorali e propone comportamenti che corrompono giovani vite?
    Come si fa ad insegnare la Costituzione e la nostra storia, quando Ministri della Repubblica, che pure hanno giurato sulla Costituzione, negano valore e significato al nostro stare insieme?
    I morti che ci sono stati, per costruire un’Italia unita, che senso hanno avuto? Come facciamo a spiegarlo nelle aule, ai nostri giovani?
    Sono le contraddizioni, l’ignoranza e la malafede dei nostri governanti, che rendono molto più difficile, oggi rispetto a ieri, il compito dell’educatore. Il Paese è debitore nei confronti della scuola e di tutti coloro che, se pur con bassa considerazione sociale e stipendi inadeguati, lavorano da sempre con impegno e dedizione, in collaborazione con le famiglie, per trasmettere conoscenza e contribuiscono a mantenere la coesione culturale e sociale.
    Il Capo di Governo ed il Ministro dell’Istruzione, invece di valorizzare la scuola italiana, in cui la funzione pubblica, ha svolto un ruolo fondamentale in questi 150 anni dal punto di vista linguistico, storico e sociale, ne sottovalutano l’importanza e continuano a perpetrare lo svilimento della cultura e della formazione giovanile, ritenute spese inutili, assumendosi così la pesante responsabilità di creare grave danno per i giovani e per il futuro di tutto il paese.
    (Carla Olivari – insegnante)

  • OLI 292: COSTITUZIONE ITALIANA – La parità tra uomo e donna nella Costituzione

    # Art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
    È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
    # Art. 29: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
    Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.
    # Art. 37: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione.
    La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
    La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione”.
    # Art. 48: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
    Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
    La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tal fine è istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.
    Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.
    # Art. 51 (il secondo periodo è aggiunto con legge costituzionale n. 1 del 30 maggio 2003): “Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.
    # Art. 117 (testo introdotto dalla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, sulla potestà legislativa di Stato e Regioni): “Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive”.

    a cura di Aglaja
  • OLI 292: LETTERE – Tricoloriamo i nostri balconi

    Mi ha colpito e sedotto, pur non essendo un nostalgico sentimentale, la proposta avanzata su Internet da più siti tra cui quello di “Giustizia e Libertà”: “tricoloriamo i nostri balconi”. Idea efficace e ad alta visibilità per esprimere consenso e adesione ai prossimi eventi “A difesa della Costituzione” (12 Marzo) e “150° anniversario dell’Unità d’Italia”.

    Inutilmente ho girato Genova alla ricerca di balconi colorati o di venditori di “tricolori”. Alle edicole mi hanno risposto non essere periodo di manifestazione sportive internazionali. Solo in via San Lorenzo, in un negozio di calzature, ho trovato quattro bandiere esposte nelle due vetrine. Un gentile signore mi ha precisato di averle comprate, a poco prezzo, a Savona in un’edicola di giornali, soggiungendo che tutta la città era imbandierata in particolare la via Boselli (a spese e cura dei commercianti).

    Ho trovato finalmente quanto cercavo in via Gramsci (Corderia Nazionale) ma ad un prezzo ben più salato di quallo richiesto a suo tempo per la “bandiera della pace”.

    Mi piacerebbe essere confortato, nei prossimi giorni, da molti balconi tricolorati per non sentirmi solo ma accomunato a quanti credono ancora che “Unità” – “Costituzione” – “Federalismo” siano valori sentiti e non taroccati per interessi personali o per motivi elettorali.

    (Vittorio Flick)

  • OLI 286: COSTITUZIONE ITALIANA – Luciano Canfora: revisionismo, consenso e Costituzione

    Luciano Canfora

    (…) Il ragionamento parte dalla cosiddetta scoperta del CONSENSO. Apparente scoperta. Apparente per un duplice motivo: perché l’intuizione di come il fascismo si fosse via via radicato, ferme restando le sue origini violente e soprafattorie in un consenso di massa, era il cardine delle fondamentali “lezioni sul fascismo” di Palmiro Togliatti, incentrate appunto sulla nozione del fascismo come “regime reazionario di massa”; e inoltre perché quel consenso – che non fu né costante né indiscusso – è stato per lo più documentato con il dubbio strumento delle ingannevoli perché corrive carte di polizia. E andrebbe dunque studiato in modo ben altrimenti critico.
    L’implicazione di questa apparente scoperta è ben nota: trasformare il fascismo in regime normale, magari un po’ paternalistico ma non repressivo. L’ulteriore corollario è la denuncia dell’età staliniana come unica vera esperienza totalitaria. Essendosi peraltro il fascismo proposto come antitesi frontale del bolscevismo, il corollario ulteriore è che qualcosa di molto buono vi doveva essere in tale “primo della classe” dell’anticomunismo. Coronamento del ragionamento è l’attacco alla nostra costituzione repubblicana ed ai suoi principi fondanti, per essere essa stata scritta anche dai comunisti e comunque da uomini che comunisti non erano ma che alcune delle istanze fondamentali del comunismo accoglievano e apprezzavano: a cominciare dall’esordiale indicazione (articolo 1) del lavoro come fondamento della Repubblica e dalla implicita identificazione tra cittadino e lavoratore, a seguitare con l’articolo 3, ed il suo impegno a “rimuovere gli ostacoli” di ordine sociale che impedivano e tuttora impediscono l’effettiva uguaglianza tra i cittadini.
    Orbene qui non si intende sottrarsi alla sfida. Il “velen dell’argomento” ci è ben chiaro. Noi sappiamo che la principale battaglia che tutti i democratici hanno da affrontare è proprio la difesa della costituzione e in primo luogo dei suoi principi esemplarmente delineati nel capitolo primo. E sappiamo anche che il vulnus più profondo finora inferto alla costituzione è stata la modifica della legge elettorale, l’abbandono del principio proporzionale, unico istituto che rispetti davvero l’istanza del suffragio universale.
    Tutto questo ci è chiaro, e la battaglia è ardua.
    Ma il punto di partenza non ci sfugge , né intenderemo sfuggirvi, anzi lo dobbiamo affrontare di petto. È la questione del consenso. L’Italia sta scivolando verso un REGIME REAZIONARIO FONDATO SUL CONSENSO. Ed è sui modi in cui oggi, diversamente che nel 1922-1926, il consenso si consegue che le idee non sono sempre chiare.
    Ma il processo è ormai molto avanzato. Le forme di creazione del consenso sono molto più capillari e sofisticate e irresistibilmente pervasive che non in passato: concomitanti con la radicale trasformazione del reclutamento stesso del personale politico-parlamentare – ormai prevalentemente abbiente e centrista -, dovuto appunto al meccanismo elettorale maggioritario.
    Orbene lo studio del modo in cui davvero il fascismo pervenne – in capo a cinque lunghissimi anni dal 1921 (sua prima apparizione in parlamento) al 1926 (leggi eccezionali e messa fuori legge del PCI) – a dar vita ad un REGIME è forse oggi il più istruttivo dei compiti intellettuali.
    Forse la sinistra (il centro-sinistra) si fa qualche illusione sulle prossime elezioni del 2006. A mio avviso, invece, la destra oggi al potere non cederà facilmente il timone, non attenderà passivamente il responso delle urne. Farà di tutto, ma proprio di tutto, per conservare il potere. Essi pensano di avere ormai in pugno l’Italia per un lungo tempo. Pensano di averla riplasmata sotto ogni riguardo. Noi non possiamo chiudere gli occhi su questa evidente verità.

    Dal 1922 al 1926 il fascismo creò le premesse per restare al timone. Per prima cosa abrogò il sistema elettorale proporzionale poi creò un blocco, un listone unico nel quale imbarcò pezzi di tutte le formazioni politiche liberali e cattoliche delle più varie sfumature. Quindi ricorse alla provocazione. E mi riferisco non solo al rapimento di Matteotti. Ma alla provocazione imbastita contro il partito comunista (l’arresto dei “corrieri” sorpresi alla stazione di Pisa con volantini “eversivi” come prova della imminente “eversione comunista”): donde l’arresto di Gramsci e degli altri dirigenti; donde la creazione del tribunale speciale, donde il mostruoso “processone”; e alla fine l’attentato oscuro di Bologna e la sospensione degli altri partiti.
    Questo crescendo è uno scenario che sembra arcaico ma è un modello ancora utilizzabile.
    Ben venga l’invito a studiare come davvero il fascismo giunse al potere e si affermò. Non ne caveremo, come si vorrebbe, la tranquillizzante immagine di un regime tutto sommato “normale” (tenendo conto anche dei tempi perigliosi in cui nacque), ma l’allarmante scenario ancora ripetibile, mutati lo stile e gli strumenti, di come si demolisce una democrazia.

    Luciano Canfora, Prolusione contro il revisionismo storico, 2005

    (a cura di Aglaja)

  • Oli 283: COSTITUZIONE ITALIANA – Piero Calamandrei sulla scuola

    Qui di seguito alcuni passaggi del discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale (ADSN), Roma 11 febbraio 1950
    [Pubblicato in Scuola democratica, periodico di battaglia per una nuova scuola, Roma, iv, suppl. al n. 2 del 20 marzo 1950, pp. 1-5]

    Cari colleghi,
    […] Difendiamo la scuola democratica: la scuola che corrisponde a quella Costituzione democratica che ci siamo voluti dare; la scuola che è in funzione di questa Costituzione, che può essere strumento, perché questa Costituzione scritta sui fogli diventi realtà […].

    La scuola, come la vedo io, è un organo “costituzionale”. Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione. Come voi sapete (tutti voi avrete letto la nostra Costituzione), nella seconda parte della Costituzione, quella che si intitola “l’ordinamento dello Stato”, sono descritti quegli organi attraverso i quali si esprime la volontà del popolo. Quegli organi attraverso i quali la politica si trasforma in diritto, le vitali e sane lotte della politica si trasformano in leggi. […] Anche la scuola è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue […].

    Prima di tutto, scuola di Stato. Lo Stato deve costituire le sue scuole. Prima di tutto la scuola pubblica. Prima di esaltare la scuola privata bisogna parlare della scuola pubblica. La scuola pubblica è il prius, quella privata è il posterius. Per aversi una scuola privata buona bisogna che quella dello Stato sia ottima. Vedete, noi dobbiamo prima di tutto mettere l’accento su quel comma dell’art. 33 della Costituzione che dice così: “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”. Dunque, per questo comma […] lo Stato ha in materia scolastica, prima di tutto una funzione normativa. Lo Stato deve porre la legislazione scolastica nei suoi principi generali. Poi, immediatamente, lo Stato ha una funzione di realizzazione […].

    La scuola è aperta a tutti. Lo Stato deve quindi costituire scuole ottime per ospitare tutti. Questo è scritto nell’art. 33 della Costituzione. La scuola di Stato, la scuola democratica, è una scuola che ha un carattere unitario, è la scuola di tutti, crea cittadini, non crea né cattolici, né protestanti, né marxisti. La scuola è l’espressione di un altro articolo della Costituzione: dell’art. 3: “Tutti i cittadini hanno parità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali”. E l’art. 151: “Tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”. Di questi due articoli deve essere strumento la scuola di Stato, strumento di questa eguaglianza civica, di questo rispetto per le libertà di tutte le fedi e di tutte le opinioni […].

    La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito. Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. Credo che tutti qui ve ne ricordiate, quantunque molta gente non se ne ricordi più. Lo abbiamo sperimentato sotto il fascismo. Tutte le scuole diventano scuole di Stato: la scuola privata non è più permessa, ma lo Stato diventa un partito e quindi tutte le scuole sono scuole di Stato, ma per questo sono anche scuole di partito. Ma c’è un’altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime. Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci).

    Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private […].

    E c’è un altro pericolo: è di lasciarsi vincere dallo scoramento. Ma non bisogna lasciarsi vincere dallo scoramento. Vedete, fu detto giustamente che chi vinse la guerra del 1918 fu la scuola media italiana, perché quei ragazzi, di cui le salme sono ancora sul Carso, uscivano dalle nostre scuole e dai nostri licei e dalle nostre università. Però guardate anche durante la Liberazione e la Resistenza che cosa è accaduto. E’ accaduto lo stesso. Ci sono stati professori e maestri che hanno dato esempi mirabili, dal carcere al martirio. Una maestra che per lunghi anni affrontò serenamente la galera fascista è qui tra noi. E tutti noi, vecchi insegnanti abbiamo nel cuore qualche nome di nostri studenti che hanno saputo resistere alle torture, che hanno dato il sangue per la libertà d’Italia.
    Pensiamo a questi ragazzi nostri che uscirono dalle nostre scuole e pensando a loro, non disperiamo dell’avvenire.
    Siamo fedeli alla Resistenza.
    Bisogna, amici, continuare a difendere nelle scuole la Resistenza e la continuità della coscienza morale.

    Piero Calamandrei
    (a cura di Aglaja)
  • OLI 283: LETTERE – Opposizione laica alla giornata degli “Stati vegetativi”

    Nella deriva integralista che ci avvolge, ci toccherà tra poco (9 febbraio 2011) anche la “Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi” istituita lo scorso anno dal Governo per marcare, con una decisione macabra, strumentale, priva di rispetto, l’anniversario della morte di Eluana Englaro.
    Ma una opposizione sta nascendo, e la guida la Consulta torinese per la laicità delle Istituzioni (http://www.torinolaica.it/ ).

    La chiara ed esplicita difesa della libertà di seguire un’etica che non coincida con quella delle gerarchie cattoliche è, una volta di più, assunta da gruppi, associazioni, movimenti non partitici a cui pare ormai delegato il ruolo di assumere posizioni politiche sulla base di un pensiero, di una opzione etica, di un progetto culturale e sociale, e non di calcoli prevalentemente attenti alle possibili alleanze, o ai presunti futuribili consensi elettorali.
    La crescente separazione di questi due piani dell’agire politico sta sempre più indebolendo il ruolo e le prospettive della opposizione parlamentare, e in particolare quelli del P.D.
    Nel frattempo le persone inventano nuove modalità e spazi per fare informazione, cultura e politica. Può essere che la divaricazione di questa forbice diventi finalmente insostenibile, e inneschi un cambiamento profondo che riapra i giochi.
    Tra questi soggetti di politica diffusa c’è la Consulta torinese per la laicità delle Istituzioni (http://www.torinolaica.it/ ) che sta guidando l’opposizione alla giornata degli stati vegetativi, e ha lanciato il seguente appello:

    No alla tortura di stato.
    Proclamiamo il 9 febbraio “Giornata della libertà di scelta sulla propria vita”

    Per il prossimo 9 febbraio il Governo, su proposta della sottosegretaria Roccella, ha istituito la Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi. Decisione moralmente mostruosa, poiché offende la memoria di Eluana Englaro, che in quel giorno finalmente, dopo quindici anni di non vita, vedeva un anno fa rispettata la sua volontà sul proprio corpo, portata avanti con coraggio, determinazione e amore paterno da Beppino Englaro. Decisione istituzionalmente irricevibile, poiché ufficializza come “delitto” una sacrosanta sentenza della magistratura. Decisione che infanga la Costituzione, poiché con essa il governo intende addirittura solennizzare la pretesa che la vita di ogni cittadino, anziché appartenere a chi la vive, sia alla mercé di una maggioranza parlamentare.
    Di fronte a tutto ciò, diventa doveroso che tutta l’Italia democratica e laica proclami il 9 febbraio Giornata nazionale della libera scelta sulla propria vita, onorando così la memoria di Eluana Englaro, di Piergiorgio Welby, di Luca Coscioni, e dei tanti altri che oltre alla tragedia della condanna a morte per malattia hanno dovuto affrontare anche la violenza di coloro che vogliono costringere i malati alla tortura delle sofferenze terminali, quando essi non lo ritengono accettabile e dignitoso per se stessi.
    La Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni, in collaborazione con la rivista MicroMega, chiede a tutte le associazioni laiche, a tutte le testate giornalistiche e i siti web, a tutti i cittadini che si riconoscono nei valori della Costituzione, a tutte le personalità del mondo della cultura e dello spettacolo che sentono il dovere elementare di rispettare e far rispettare la decisione di ciascuno sul proprio fine-vita, di mettersi immediatamente in contatto per organizzare insieme, a Torino, la giornata del 9 febbraio come giornata di libertà , di dignità e di autodeterminazione per tutte e per tutti.
    A tale appello, che ha come primi firmatari Tullio Monti, Coordinatore della Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni e Carlo Augusto Viano, Presidente del Centro studi Piero Calamandrei, hanno già aderito il Comitato 19 giugno, il Coordinamento Torino Pride LGBT e Donne di Torino per l’autodeterminazione.
    Per sottoscrivere l’appello invia una mail a info@torinolaica.it
    (A cura di Paola Pierantoni)