Categoria: agricoltura

  • OLI 387: COMUNE – L’incomprensibile futuro delle aree agricole

    L’agricoltura, di per se stessa, è un attività imprenditoriale. Quindi l’agricoltura come attività sua propria non fa tutela del territorio
    Arch. Silvia Capurro Direttore Direzione Urbanistica Comune di Genova

    Il 23 ottobre, giornata che ha inaugurato la prima allerta meteo dell’autunno, a Palazzo Tursi si è riunita la V Commissione Consiliare Territorio per discutere di PUC, e presentare le linee guida con cui il Comune intende rispondere alla Valutazione Ambientale Strategica, attraverso la quale la Regione Liguria ha chiesto all’ente di modificare la normativa che concede un indice di edificazione ad uso residenziale svincolato da impegni di attività agricola produttiva (leggasi villette) evidenziando l’esigenza di limitare il consumo di suolo esclusivamente ad attività agricole professionali.
    Ad assistere al dibattito un gruppo di preoccupati contadini e cittadini, in ascetico silenzio – la natura favorisce l’approccio zen anche delle questioni più spinose.
    Forte la difficoltà di adattare il linguaggio tecnico a quello comune, perché qui si è parlato di legge regionale, emendamenti, iter delle commissioni, tavoli di concertazione e soprattutto è emerso che non c’è un parere condiviso dai soggetti politici presenti in sala rossa su PUC e VAS, anche nella stessa maggioranza.
    Inizialmente è stato difficile persino chiarire se la Valutazione Ambientale Strategica della Regione Liguria fosse o non fosse vincolante per il PUC e se quelle fatte sino ad oggi fossero controdeduzioni del Comune o adeguamenti alla VAS.
    Il Vicesindaco Bernini che non ama esser servo di nessuno, tanto meno della Regione ha precisato che oggetto della discussione erano le controdeduzioni ad osservazioni su un provvedimento della giunta regionale che, per fortuna, vista la delicatezza della situazione ligure – che prevede il vincolo dei comuni a seguire queste osservazioni – ha inserito, la Giunta Regionale stessa, la via d’uscita rispetto a conflitti che potrebbero esserci, cioè l’istituzione dei tavoli tecnici.
    E da lì per Bernini bisogna partire, dalla dialettica che c’è in questi tavoli.

    (Silvia Capurro e Stefano Bernini)

    Supportati dalla competenza di dirigenti e funzionari dei vari settori del Comune i componenti politici della Commissione hanno potuto fare tesoro delle risorse dell’ente. Anche se la vischiosità del linguaggio tecnico è stato talvolta uno scoglio insormontabile.
    Silvia Capurro ha chiarito che le aree al di là della linea verde sono state classificate, dal piano regolatore adottato, tutte come aree agricole, su tutte le aree agricole possono intervenire in primis gli operatori agricoli professionali, dopodiché ci sono i cosiddetti presidi ambientali dove possono operare anche operatori agricoli non professionali.
    Ma chi controlla che il presidio ambientale venga fatto con la dovuta attenzione? Quali le sanzioni? Non esiste il rischio che costruita la villetta, in assenza di norme il territorio circostante venga abbandonato al suo destino tradendo il patto?
    Inoltre appare evidente che questa strada inciderà sul costo delle terre a svantaggio di chi a Genova crede si possa investire e incentivare il chilometro zero e la produzione agricola.
    Ma il 23 ottobre si è anche capito inoltre che sul territorio comunale le serre tradizionali, di fatto, non sono un’esigenza sentita dal settore produttivo. Non se ne prevede lo sviluppo e andrà promosso il recupero dei territori delle serre dismesse.
    Nella patria del basilico succede anche questo
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 356: REGIONE – L’eccellenza abita anche qui

    Bisogna inerpicarsi sulle colline ma poi da qui il panorama toglie il fiato, tra fasce di ulivi e il mare in lontananza, lo sguardo che spazia dall’azzurro del cielo al monte di Portofino fino a Capo Noli e una particolarità nel paesaggio: vetri scintillanti incastonati nel fitto verde argenteo.
    Sono le serre del basilico, nella nostra regione con un sapore unico e speciale.
    Non sempre si sa però quanta fatica costano quelle piantine fragili dal gambo trasparente perché è così che va raccolto per fare un pesto autentico come tradizione vuole. Foglie piccole su un fusto sottile di una piantina colta a poche settimane dalla semina.

    È il segreto del successo del basilico genovese. È anche il successo di un’azienda familiare, un’eredità paterna di poche serre trasformate in efficienti vivai a diversi livelli di crescita, secondo un progetto portato avanti con tenacia e premiato dalla Comunità Europea: dalla serra dove il terreno viene nuovamente zollato e disinfettato con il vapore, a quelle con le piantine appena nate. Pazientemente seduti su tavole di legno che via via si riposizionano, i raccoglitori, in prevalenza asiatici, tuffano nel manto fitto le mani sottili e selezionano le piantine giuste per farne mazzetti profumati, avvolgendo le radici in una manciata di segatura. Fino a cena nessuno si ferma, dai raccoglitori ai titolari, la famiglia intera, mogli, nipoti, tutti intenti a confezionare i plateau di mazzetti per i mercati del mattino dopo. Un ciclo continuo di lavoro e fatica. Battute a parte del ministro del Lavoro, che al convegno degli agricoltori di Bologna la settimana scorsa ha dichiarato: “lavorare l’orto rilassa”.
    Cinquemila metri quadrati di basilico per tre, quattro volte l’anno di raccolto che ha un supporto straordinario nella centrale a biomassa, che va a “cippato”, scarti del legno. Unica in Liguria. Camion di riccioli d’albero, sottobosco, avanzi di segheria alimentano un impianto perfetto, trasformandosi al massimo in una carriola di cenere, tengono al caldo il basilico; provengono dal Piemonte, peccato, in Liguria, regione fra le più boscose d’Italia, non s’incentiva la raccolta di questi scarti.
    L’Europa ha sovvenzionato con i fondo rurali 2006-2013 quest’azienda, riconoscendone il lavoro d’eccellenza. Una buona notizia a fronte di quanto informa La Repubblica del 2 novembre riguardo l’agricoltura in Liguria: “aziende dimezzate”, un meno 46,1 per cento e una contrazione delle superfici coltivate del 32,6 per cento. Sforzi di Governo e Regioni, non più di tanto però e molti stentano a ricevere aiuto, tranne qualche eccezione come sopra. Sono più ghiotti i terreni edificabili.
    Invece il futuro del nostro Paese non dovrebbe più prescindere dalla valorizzazione di chi coltiva: infatti la costante sottrazione di superfici alle coltivazioni, dovuta alla cementificazione (oltre 100 ettari al giorno secondo i dati Istat), da un lato abbatte la produzione agricola, dall’altro aumenta esponenzialmente il rischio idrogeologico che ogni anno costa vite umane oltre a danni per miliardi di euro.
    Servirebbe un’attenzione nuova sul mondo agricolo, la si dovrebbe porre al centro dello sviluppo e fissare intorno ad esso i meccanismi della costruzione del paesaggio: essenziale il suo contributo alla manutenzione del territorio e gli eventi di questi giorni lo dimostrano.
    Una diversa percezione non solo a livello economico ma anche sociale perché, oltre ad operare per ridurre l’impatto dell’uomo sull’ambiente, l’agricoltura significa lavoro. E di questi tempi non è poco.
    (Bianca Vergati – foto da internet)

  • OLI 306: LIGURIA – I giovani e l’entroterra

    Azienda agricola nell’entroterra genovese

    Il comunicato Istat “Occupati e disoccupati” del 1 aprile 2011 (*) confronta i dati occupazionali dell’ultimo trimestre 2010 con quelli dell’ultimo trimestre 2009.
    Leggendoli salta agli occhi una novità: il sensibile aumento (+2,5%) degli occupati in agricoltura, a fronte della continua perdita nella industria (-2,4%) e nelle costruzioni (-3,9%).
    Sul web magazine Agronotizie (**) una analisi di Coldiretti sottolinea la crescita della componente giovanile del lavoro agricolo: “Dopo anni di fuga dalle campagne il trend si sta invertendo … sono sempre di più i giovani che vedono nell’agricoltura uno sbocco professionale”. A conferma, il fatto che gli iscritti alle 23 facoltà di Agraria sono in crescita in tutta Italia, con aumenti che vanno dal 6% al 30%.

    Coltivazione di piccoli frutti, adatta al nostro entroterra

    Pare però che questa novità non riguardi la nostra regione: infatti sia Paolo Arvati (La Repubblica, 5 aprile 2011), sia Monica Zunino (Corriere Mercantile, 19 aprile 2011) riferiscono che nello stesso periodo in Liguria si sono persi 2000 occupati nei settori di agricoltura, silvicultura e pesca.
    Che ne sarà, ci siamo chiesti, della piccola attività agricola e di allevamento di cui avevamo parlato in Oli 278 (***): ci sarà stato un ritorno indietro? Le difficoltà avranno prevalso?
    No, per fortuna. Ora nella piccola azienda si è aggiunto un giovane, più il lavoro che viene esternalizzato: sistemazione del terreno, recinzioni, norcineria … Non vi sono per ora margini di accumulo, l’attività paga solo il lavoro che viene prestato, e resta indispensabile il finanziamento regionale del Programma di Sviluppo Rurale 2007 – 2013: per ora i soldi, materialmente, non sono ancora arrivati, ma prima o poi …

    I “maiali felici” sono raddoppiati di numero

    Nel frattempo nuovi maiali (temporaneamente) felici hanno sostituito gli epigoni, i salami stanno stagionando, nuove attività (coltivazione di piccoli frutti, lamponi, uva spina, mirtilli, ribes) sono in fase di impianto, altre (allevamento di capre per la produzione di formaggi, e di galline per le uova) sono programmate a breve.
    Il giovane perito di agraria che ha avviato l’impresa sembra reggere bene l’isolamento della vita campestre, e l’altro giovane socio  non pare rimpiangere i lavori precari che si è lasciato alle spalle. Aree crescenti di bosco vengono recuperate dall’abbandono, una antica mulattiera riprende servizio, via vai di persone e saluti al posto del silenzio.
    Alle spalle di tutto ciò c’è la decisione di una famiglia di salvaguardare un vasto terreno boschivo di proprietà, sottraendolo al degrado, e questo si è tramutato in una opportunità di lavoro per ora per due ragazzi, nel futuro, si può sperare, anche per altri.
    Ma perché la Liguria non riesce a promuovere in modo più significativo e diffuso queste attività, queste disponibilità? Perché perdiamo occupazione in un settore che altrove è in crescita? Perché non riusciamo a mettere insieme una politica di salvaguardia del territorio, di aumento della occupazione, di risparmio energetico, di sensibilizzazione alla qualità dei prodotti alimentari e di rispetto per il benessere animale?
    Il futuro del cibo di qualità e della economia regionale, ad esempio, sta nella spocchia di Eataly, o nel sostegno a reti distributive come quella dei Gruppi di acquisto solidale (****), o altre forme (mercatini rionali) che facilitino l’arrivo dei prodotti locali ai compratori?
    (*) http://www.istat.it/salastampa/appuntamenti/calendario.html
    (**) http://agronotizie.imagelinenetwork.com/attualita/2011/04/07/agricoltura-l-occupazione-cresce-ed-e-giovane-13104.cfm
    (***) http://www.olinews.info/2010/11/oli-278-zootecnia-i-maiali-felici-che.html
    (****) http://retiglocali.it/gasprovge/i-gas-di-genova-e-provincia/
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)