Categoria: arabi

  • OLI 384: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

    I militari USA in Africa
    Reuters, articolo di Peter Apps: “Tuttavia, con circa 4000-5000 persone a terra in ogni momento, gli Stati Uniti ora hanno più truppe in Africa che in qualsiasi altro tempo dal suo intervento in Somalia due decenni fa.” “Ci sono due ragioni principali: per contrastare al Qaeda e altri gruppi militanti, e per aumentare la propria influenza in un continente che potrebbe diventare una destinazione sempre più importante per il commercio e gli investimenti americani, vista la crescita della presenza della Cina in Africa (…) Altri temono che l’influenza militare degli USA possa essere utilizzata per portare via le risorse”. http://www.reuters.com/article/2013/06/27/us-usa-africa-military-idUSBRE95Q1EZ20130627

    L’abdicazione di un capo di una dinastia (di un sovrano assoluto) a favore di suo figlio è considerata riforma.
    The Economist, 29 giugno 2013: “Altri motivi possono aver spinto Hamad a dimettersi. Ora sessantunenne, ha a lungo sostenuto le riforme in altre parti del mondo arabo, al punto da finanziare generosamente le rivoluzioni in Libia e Siria. Tuttavia sentiva un certo disagio per non riuscire a praticare in casa ciò che predicava fuori”. http://www.economist.com/news/middle-east-and-africa/21580197-remarkable-emir-bows-out-hard-act-follow

    Razzismo in Israele: le ragazze ebree non devono uscire con i neri.
    MondoWeiss, 30 giugno 2013, articolo di David Sheen: “Aggressione a Tel Aviv: Le ragazze ebree non devono uscire con i neri!” “Questa è la stessa reazione che mia nonna ha affrontato in Germania, quando i nazisti hanno impedito ai tedeschi di camminare con lei, perché era ebrea.” http://mondoweiss.net/2013/06/attack-jewish-blacks.html

    Chi sono le principali minacce alla sicurezza per gli arabi?
    The New York Times, 01 luglio 2013, articolo di Mark Landler e Jodi Rudoren: “Un recente sondaggio di 20.000 persone in 14 Paesi fatto dal Centro Arabo per la Ricerca e gli Studi Politici in Doha ha trovato che Israele e gli Stati Uniti sono visti come le principali minacce alla sicurezza.” http://www.nytimes.com/2013/07/02/world/middleeast/mideast-chaos-grows-as-us-focuses-on-israel.html?ref=todayspaper&_r=2&
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 376 – ESTERI: voci dalla stampa internazionale

    1) The Guardian, 07 maggio 2013: Ciniche alleanze dell’occidente in Siria.
    Nell’articolo ” L’Occidente ed i suoi alleati fanno cinicamente sanguinare la Siria per indebolire Iran”, Seumas Milne, scrive, tra l’altro, quanto segue: “Ciò ha coinciso con il parlare della creazione di una zona cuscinetto israeliana all’interno della Siria, mentre i funzionari israeliani stanno sostenendo che il regime siriano ha usato armi chimiche. Dal momento che Obama ha dichiarato che l’uso di armi chimiche sarebbe stato una “linea rossa”, le accuse di usarle sono diventati un’arma fondamentale per tutti coloro che richiedono maggiore intervento occidentale, un’eco bizzarro della screditata orchestrazione dell’invasione dell’Iraq un decennio fa.”
    “Questo sforzo è venuta a galla questa settimana, quando l’investigatrice delle Nazioni Unite Carla Del Ponte ha riferito che ci sono “forti sospetti concreti” che i ribelli siriani stessi abbiano usato il gas nervino sarin.”. http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2013/may/07/west-cynically-bleed-syria-weaken-iran

    2) Slab News, 01 maggio 2013: Gli arabi discutono se lo striptease è una forma di lotta?
    Nell’articolo “Spogliarsi per la causa è stravaganza o è una forma di lotta?”, Farah Abi Murshid, scrive, tra l’altro, quanto segue: “Asaad Abu Khalil, noto per il suo sostegno alle cause delle donne, in risposta ad una domanda di “Slab News” sottolinea che egli: ” sta con il diritto delle persone di indossare o di non indossare ciò che vogliono, ma importare dall’occidente (da parte di una maggioranza o di una minoranza, come è in questo caso) le forme di protesta non mi piace fosse anche nel portare le fiaccole o protestare con certo tipo di danza. Le forme di protesta dovrebbero nascere dalla cultura e dall’umore locali delle persone. Il diritto a spogliarsi non ha nulla a che fare con la condizione della donna. Abukhalil si chiede: “Perché dovrebbe interessare tanto coprire o scoprire la donna? Il fenomeno è minoritario in occidente, ed è una stravaganza, perché lo importiamo? Quale è l’obiettivo? Sinceramente non so. Ma se una donna volesse spogliarsi questo non mi turba, come non mi turba il velo della donna quando la decisione in entrambi i casi fosse autonoma. Lo spogliarsi della donna in sé non porta alcun vantaggio o svantaggio alle lotte nel mondo arabo. Se tutte le donne palestinesi si spogliassero ad esempio che effetto avrebbe questo sull’occupazione israeliana?”.
    http://slabnews.com/article/19362
    (Saleh Zaghloul – immagine di Guido Rosato)

  • Oli 268: POLITICA – Gli arabi scoprono una Turchia amica

    Solo dopo l’intensissimo contatto della Turchia con la questione principale dei cittadini arabi, la Palestina, questi ultimi si sono accorti dei cambiamenti che, da almeno quindici anni, coinvolgono la realtà turca. Gli arabi da sempre hanno “un’antipatia” per la Turchia, a causa dei 500 anni di dominio ottomano del loro territorio e per la continua “occupazione” della regione di Iskenderun. Gli islamici arabi, che continuavano a difendere il califfato islamico ottomano, cambiano atteggiamento quando Kamal Ataturk realizza la trasformazione laica della Turchia. All’antipatia di nazionalisti ed islamici si aggiunge quella della sinistra e dei progressisti arabi perché la Turchia fa parte della Nato, perché la sua alleanza con Israele è da sempre strategica e militare e perché ha sempre negato il diritto all’autodeterminazione dei Curdi.    
    Le cose iniziano a cambiare dopo la ferma solidarietà della Turchia ai palestinesi di Gaza durante la feroce aggressione israeliana del gennaio 2009, operazione “Piombo fuso”, dove, secondo l’ONU ed il rapporto Goldstone, sono stati commessi crimini di guerra. Il cambiamento vero e proprio è di questi giorni dopo la solidarietà turca con i pacifisti aggrediti (nove persone uccise) dalla marina israeliana in acque internazionali durante il loro tentativo di rompere l’assedio imposto dagli israeliani alla popolazione palestinese di Gaza (assedio considerato recentemente insostenibile dallo stesso presidente americano Barak Obama). Le foto del premier turco Erdogan sono apparse nelle ultime manifestazioni popolari accanto a quelle dei leader arabi più amati come Nasser ed Arafat, e in certi paesi arabi stanno sostituendo le foto di Khomeini e di Ahmadinejad.        
    La Turchia, paese europeo che fa parte della Nato, governata da un partito di ispirazione islamica che assomiglia a quel che era la Democrazia Cristiana italiana, può mediare tra “occidente” e aspirazioni del suo ambiente mediorientale (al quale sembra rafforzare la propria appartenenza) per una pace duratura nella regione e nel mondo. Occorre però non cadere nella solita trappola dei guerrafondai che hanno già iniziato a diffondere il vecchio disco di una Turchia antisemita, amica degli integralisti e dei terroristi. La trasformazione della Turchia in un altro Iran servirebbe solo a destabilizzare la regione e renderebbe ancora più esplosiva la situazione. Occorre invece che la Turchia faccia al più presto parte dell’Unione Europea.
    (Saleh Zaghloul)