Categoria: 2013

  • OLI 381: COMUNE – Amt, una delibera a puntate (secondo tempo)

    Il nuovo biglietto solo bus valido dal 10 giugno 2013

    Così, dopo circa un mese dalla prima delibera, che  con un emendamento del M5S ha istituito il biglietto “solo bus” al costo di 1,50 euro, la giunta produce una proposta di delibera, telegrafica, che vorrebbe cancellare il nuovo biglietto non integrato appena istituito. Due le motivazioni: il nuovo biglietto produrrebbe una perdita di circa 750mila euro per Amt e la presenza di un carnet di biglietto integrato da 15 euro vanificherebbe lo scopo del biglietto singolo non integrato di poter contare quante persone usano il treno e quante solo il bus. Infatti con il nuovo piano tariffario, 10 biglietti singoli solo bus costerebbero quanto un carnet di integrati, quindi sarebbe scontato che chi viaggia molto sul bus preferirebbe il carnet integrato per la maggior possibilità di usare anche saltuariamente il treno.
    Ma perché occorre contare i passeggeri? Il problema base di Amt risiede nel contratto di servizio stipulato con Trenitalia, che vale 8,5 milioni di euro all’anno (dei quali uno lo mette la Regione). Amt contesta oggi la somma, ritenuta eccessiva rispetto ai passeggeri che prenderebbero il treno. Trenitalia non ci sta, asserendo che i passeggeri in comune sono molti di più e che comunque poco importa visto che il costo è per un servizio che non c’entra con il numero di persone ma con quello dei treni. Per questa ragione il M5S ha proposto un biglietto solo bus: per poter avere dei dati certi e dare uno stop a questa diatriba senza fine.
    Il primo punto dell’attacco dell’opposizione a questa seconda delibera si basa proprio sul fatto che l’assessore dichiara una perdita prevista con il biglietto solo bus che viene calcolata sulla base di dati incerti, addirittura contestati da Trenitalia.
    Analizzando meglio la tabella allegata alla delibera proposta al consiglio, si calcola che Amt ritiene che circa 1,4 milioni di genovesi prendano il treno ogni anno, e da questo si trarrebbero due conclusioni: considerato che il costo massimo di un biglietto chilometrico venduto in stazione da Trenitalia nel tratto genovese può essere di 2,4 euro, il valore massimo di questa massa di gente si aggirerebbe su meno di 4 milioni di euro, contro i 7 e più pagati da anni da Amt. I casi sono due: o Trenitalia sbaglia, ma occorre dimostrarlo, oppure noi genovesi stiamo pagando, da molti anni, il doppio di quanto realmente vale il business integrato, e per un servizio scadente e in picchiata per quanto riguarda frequenze e puntualità, due fattori indispensabili per chi usa il treno per lavoro, come pendolare.
    Sulla nuova delibera la rivolta in consiglio comunale è tangibile, sono pronti centinaia di emendamenti in risposta a quello che viene considerato una specie di golpe della giunta. L’assessore ritira poi la proposta di delibera durante la seduta del consiglio che avrebbe dovuto discuterla, una caporetto che lascia molte perplessità sul modo di operare della squadra di Doria.
    Alla fine ci si chiede solo una cosa: ma se il problema era la mancanza di un carnet da 10 biglietti solo bus per risolvere il problema del conteggio dei passeggeri, perché eliminare il biglietto singolo solo bus invece che creare un carnet di biglietti solo bus da 10 pezzi a 14 euro e proporre al consiglio la correzione? E’ parsa la reazione di una giunta stizzita dal fatto che la sua stessa maggioranza non è conforme agli indirizzi proposti. Tra l’altro, nel piano industriale proposto per Amt c’è l’adozione di un sistema di conteggio dei passeggeri, leggi biglietto elettronico, bella idea in tempi di vacche grasse ma fuori di ogni logica in questo momento di sofferenza economica: sarebbe bastato recuperare i soldi destinati a questo progetto per sanare (più volte) la perdita di 750mila euro prevista.
    Pensare invece che ad Aubagne in Francia, invece che litigare sui costi, il trasporto pubblico è delegato dal Comune ad un’azienda privata, che carica gratuitamente i passeggeri e li scorrazza, felici e conquistati, in giro per il comune: pagano le aziende con una tassa proporzionale al numero di dipendenti. Il sistema viene spiegato in una conferenza organizzata da Controcorrente dove Barbara La Barbera, consigliera comunale di Aubagne, interviene spiegando il miracolo francese, che si sta rapidamente allargando ai comuni confinanti. Certo, pensare questo sistema a Genova è pura fantascienza: occorrerebbe prima rifondare Amt da zero ed eliminare tutte le cause che l’hanno portata nella situazione di morte apparente nella quale si trova oggi: direzione, lavoratori, cittadini e sindacati, tutti assieme.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 362: ELEZIONI – Grillo, un Logo per due (o anche tre)

    “O cavallina, cavallina storna, che portavi colei che non ritorna”: si parla della logica, reduce dai banchi di Montecitorio. Alcune volte ci si chiede che fine abbia fatto, vista la sequela di norme contraddittorie e inutili e anche sbagliate che sono state prodotte nel tempo dal Parlamento. La legge elettorale, vigente da tempo immemore in Italia, non tiene conto della sequenza logica degli avvenimenti necessari alla presentazione di una lista per le elezioni. Per questo motivo deve essere riformata dalle basi.
    Analizziamo la sequenza come prevista. Prima di tutto occorre avere una lista di candidati, e quella bene o male tutti i partiti e i movimenti sono riusciti a tirarla su, chi più chi meno. Poi occorre raccogliere le firme su dei moduli cartacei, con la presenza di un certificatore, sovente al freddo, per strada. I moduli devono avere il simbolo elettorale già inserito, a colori (per un costo di circa 500 euro per raccogliere 5000 firme). La raccolta delle firme è prevista da sei fino a circa un mese prima delle elezioni, data di consegna delle firme e dei relativi certificati elettorali dei firmatari.
    Un giorno “che non si sa quando esattamente” ma comunque prima del giorno di consegna delle firme, dopo una coda all’aperto a Roma senza un ordine di arrivo che non sia autogestito, si deve invece consegnare il simbolo. Il simbolo elettorale, diametro esattamente 30 millimetri, tondo, quello già esposto così in evidenza nei moduli elettorali, deve essere unico e non simile ad altri. In caso di somiglianze, ha la precedenza quello che viene consegnato per primo.
    La legge elettorale non prevede l’esistenza di marchi registrati attraverso gli stessi organi statali quali l’Ufficio marchi e brevetti, se non quelli già presenti in Parlamento; quindi copiare quello del Pd o del Pdl non sarebbe un’idea furba, quello del Movimento 5 Stelle, di Monti o di Ingroia invece si. Ed infatti è successo.
    Insomma: occorre consegnare per primi un simbolo che la legge stessa ti obbliga a mostrare al mondo prima della consegna, ossia esiste di fatto un obbligo di esporsi al rischio della copia, senza fornire al riguardo alcuna protezione: è evidente l’assurdità della situazione. Inoltre i marchi registrati, che sono oggetto di continue contese nelle aule di tribunale quando si parla di utilizzo commerciale, non sono tali se si parla di elezioni: cosa può aver portato un legislatore a inventarsi una cosa simile?
    Di più: con i tre marchi copiati, depositati prima di quelli originali solo per fare “ammuina”, si giunge all’assurdità che i detentori del marchio “vero” avranno raccolto le firme necessarie ma non potranno usarlo, mentre chi non ha alzato il sedere dalla sedia, e non presenterà firme il 21 gennaio, non potrà presentarsi alle elezioni, e quindi avere il marchio nella scheda elettorale: siamo alla follia pura, all’eutanasia elettorale.
    E’ evidente che la legge elettorale va cancellata completamente e riscritta in termini moderni. Prima di tutto il sistema di rilevamento delle firme deve essere possibile anche via internet o con sistemi elettronici, con l’utilizzo di tecnologie che possano facilmente autenticare le persone. Questo, oltre ad accelerare i tempi di raccolta, consentirebbe uno sgravio notevole del lavoro degli uffici elettorali che devono controllare uno per uno i firmatari, stampare i certificati, verificare che abbiano firmato una sola volta e per un solo candidato. Prima ancora, il simbolo va depositato attraverso un registro come l’Ufficio dei marchi, e da loro recepito come unico. Solo dopo il recepimento del marchio, sarà possibile la raccolta delle firme.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 361: GLI AUGURI DELLA REDAZIONE

    Care lettrici e cari lettori di Oli, fedele pubblico della nostra newsletter, 
    l’augurio di Oli è che il 2013 sia meno incerto e difficile, 
    che ci offra qualche spiraglio in più.
    Torneremo con i nostri aggiornamenti settimanali dopo la prima settimana di gennaio.  
     
     Resta attiva la rubrica “Le cartoline di Oli”che inizieremo a pubblicare, senza alcuna periodicità, seguendo le occasioni che via via si presenteranno.
    Chi volesse condividere un’immagine, un’esperienza, una testimonianza, o qualsiasi spunto di riflessione può farlo inviando le proprie cartoline all’indirizzo mail della redazione.
    Buone Feste e Buon anno!
    La Redazione