Categoria: OLI 380

  • OLI 381: COMUNE – Amt, una delibera a puntate (secondo tempo)

    Il nuovo biglietto solo bus valido dal 10 giugno 2013

    Così, dopo circa un mese dalla prima delibera, che  con un emendamento del M5S ha istituito il biglietto “solo bus” al costo di 1,50 euro, la giunta produce una proposta di delibera, telegrafica, che vorrebbe cancellare il nuovo biglietto non integrato appena istituito. Due le motivazioni: il nuovo biglietto produrrebbe una perdita di circa 750mila euro per Amt e la presenza di un carnet di biglietto integrato da 15 euro vanificherebbe lo scopo del biglietto singolo non integrato di poter contare quante persone usano il treno e quante solo il bus. Infatti con il nuovo piano tariffario, 10 biglietti singoli solo bus costerebbero quanto un carnet di integrati, quindi sarebbe scontato che chi viaggia molto sul bus preferirebbe il carnet integrato per la maggior possibilità di usare anche saltuariamente il treno.
    Ma perché occorre contare i passeggeri? Il problema base di Amt risiede nel contratto di servizio stipulato con Trenitalia, che vale 8,5 milioni di euro all’anno (dei quali uno lo mette la Regione). Amt contesta oggi la somma, ritenuta eccessiva rispetto ai passeggeri che prenderebbero il treno. Trenitalia non ci sta, asserendo che i passeggeri in comune sono molti di più e che comunque poco importa visto che il costo è per un servizio che non c’entra con il numero di persone ma con quello dei treni. Per questa ragione il M5S ha proposto un biglietto solo bus: per poter avere dei dati certi e dare uno stop a questa diatriba senza fine.
    Il primo punto dell’attacco dell’opposizione a questa seconda delibera si basa proprio sul fatto che l’assessore dichiara una perdita prevista con il biglietto solo bus che viene calcolata sulla base di dati incerti, addirittura contestati da Trenitalia.
    Analizzando meglio la tabella allegata alla delibera proposta al consiglio, si calcola che Amt ritiene che circa 1,4 milioni di genovesi prendano il treno ogni anno, e da questo si trarrebbero due conclusioni: considerato che il costo massimo di un biglietto chilometrico venduto in stazione da Trenitalia nel tratto genovese può essere di 2,4 euro, il valore massimo di questa massa di gente si aggirerebbe su meno di 4 milioni di euro, contro i 7 e più pagati da anni da Amt. I casi sono due: o Trenitalia sbaglia, ma occorre dimostrarlo, oppure noi genovesi stiamo pagando, da molti anni, il doppio di quanto realmente vale il business integrato, e per un servizio scadente e in picchiata per quanto riguarda frequenze e puntualità, due fattori indispensabili per chi usa il treno per lavoro, come pendolare.
    Sulla nuova delibera la rivolta in consiglio comunale è tangibile, sono pronti centinaia di emendamenti in risposta a quello che viene considerato una specie di golpe della giunta. L’assessore ritira poi la proposta di delibera durante la seduta del consiglio che avrebbe dovuto discuterla, una caporetto che lascia molte perplessità sul modo di operare della squadra di Doria.
    Alla fine ci si chiede solo una cosa: ma se il problema era la mancanza di un carnet da 10 biglietti solo bus per risolvere il problema del conteggio dei passeggeri, perché eliminare il biglietto singolo solo bus invece che creare un carnet di biglietti solo bus da 10 pezzi a 14 euro e proporre al consiglio la correzione? E’ parsa la reazione di una giunta stizzita dal fatto che la sua stessa maggioranza non è conforme agli indirizzi proposti. Tra l’altro, nel piano industriale proposto per Amt c’è l’adozione di un sistema di conteggio dei passeggeri, leggi biglietto elettronico, bella idea in tempi di vacche grasse ma fuori di ogni logica in questo momento di sofferenza economica: sarebbe bastato recuperare i soldi destinati a questo progetto per sanare (più volte) la perdita di 750mila euro prevista.
    Pensare invece che ad Aubagne in Francia, invece che litigare sui costi, il trasporto pubblico è delegato dal Comune ad un’azienda privata, che carica gratuitamente i passeggeri e li scorrazza, felici e conquistati, in giro per il comune: pagano le aziende con una tassa proporzionale al numero di dipendenti. Il sistema viene spiegato in una conferenza organizzata da Controcorrente dove Barbara La Barbera, consigliera comunale di Aubagne, interviene spiegando il miracolo francese, che si sta rapidamente allargando ai comuni confinanti. Certo, pensare questo sistema a Genova è pura fantascienza: occorrerebbe prima rifondare Amt da zero ed eliminare tutte le cause che l’hanno portata nella situazione di morte apparente nella quale si trova oggi: direzione, lavoratori, cittadini e sindacati, tutti assieme.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 380: ILVA – Genova, Bondi e la banda

    “Ilva. L’assemblea in fabbrica è stata tesa, per poco non si usciva in strada, aspettiamo mercoledì”, Rocco Genco, Fim, al Corriere Mercantile di Genova 2 giugno.
    Nel merito, impressioni dissonanti: a molti è parso che l’assemblea – indetta da Fim e Uilm il 31 maggio, durata poco meno di un’ora – fosse di carattere informativo con reazioni di pacata, affranta consapevolezza. Della serie: aggiornamento bollettino di guerra, alla voce perdite.
    Infatti il sindacalista ha toccato nervi storicamente scoperti dello stabilimento genovese a favore di un’analisi locale della partita ILVA, comunque nota a tutti i dipendenti del sito di Cornigliano (1742 di cui 1145 lavoratori in Contratto di Solidarietà)
    Fim e Uilm hanno incontrato Enrico Martino, capo del personale dell’azienda, nel momento più difficile – quando di fatto era acefala, dal 25 maggio al 4 giugno – per “incalzarla” e capire “se la crisi di lavoro che abbiamo è dovuta ad un mercato che non siamo in grado di aggredire oppure all’approvvigionamento tarantino…”. Non si vorrebbe che l’azienda “penalizzasse Genova e favorisse altri siti…”
    E’ stato confermato in assemblea che la crisi siderurgica genovese poco ha a che fare con le vicende dell’Ilva di Taranto. Deriva invece da scelte strategiche della famiglia Riva che sulla banda – stagnata s’intende – ha deciso di non investire affatto.
    Un mercato quello di latta, grette e tappi a corona che in Italia vede come unico produttore proprio lo stabilimento di Genova e che ad oggi colloca circa 400 addetti. La scelta di rinunciare a questo settore strategico si è concretizzata negli anni, investendo solo “nella monocultura dello zincato”, in crisi anche quella.
    Assemblee a parte, è noto da tempo che Riva ha rinunciato a un mercato nazionale di 700 – 800.000 tonnellate di banda, costringendo il potenziali clienti a rivolgersi a fornitori europei. Nel paese delle conserve alimentari siamo al miracolo della strategia industriale.
    Nel 2012 Cornigliano ha prodotto, con impianti vecchi, poco meno di 100.000 tonnellate di stagnato a fronte di una capacità produttiva di 300.000.
    La ragione? La svolta sull’Accordo di Programma con la rinuncia al nuovo impianto di stagnatura elettrolitica che aveva un obiettivo produttivo 710.000 tonnellate di latta.
    Tra commissariamenti, bonifiche, magistrati, ministri, a Genova nei sindacati si è tornati a discutere dei prodotti, con la scoperta recente che del milione e settecentomila tonnellate di materiale sequestrate a novembre dalla magistratura e poi dissequestrate nello stabilimento di Taranto solo “quattromila” erano destinate ad essere lavorate a Genova. E’ possibile?
    Quindi di cosa stiamo parlando?
    Il mantra rimane il solito: vocazione industriale, occasioni perse, tecnologia, investimenti, lavoro, salario, occupazione, ammortizzatori sociali. E forse, proprio da oggi, con Enrico Bondi commissario e la firma del  nuovo decreto siamo davanti ad uno scenario nuovo: la speranza di una vera bonifica a Taranto, accompagnata da uno sguardo d’insieme che consideri Ilva una filiera, e che non metta in competizione gli stabilimenti del gruppo l’uno contro l’altro.
    Che Bondi la mandi buona, a Genova per la produzione di banda, oggi, non rimangono che i Blues Brothers.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 380: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

    La Siria rimprovera Erdogan per la violenza contro la rivolta turca
    New York Times, 1 giugno 2013 (Reuters): “La Siria ha allegramente rovesciato i tavoli sul primo ministro turco Tayyip Erdogan, sabato, per la sua risposta alle manifestazioni anti-governative, chiedendogli di fermare la violenta repressione delle proteste pacifiche o dimettersi” … “ le tv di stato siriane hanno trasmesso ore di filmati in diretta da Istanbul, dove migliaia di manifestanti si sono scontrati per il secondo giorno con la polizia che ha sparato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua.” http://www.nytimes.com/reuters/2013/06/01/world/middleeast/01reuters-turkey-protests-syria.html?hp&_r=2&

    Erdogan definisce l’alcolismo:
    The Australian (APP): “Coloro che bevono sono alcolisti,” ha detto (Erdogan), prima di aggiungere: “Non voglio dire tutti, ma coloro che bevono regolarmente”
    http://m.theaustralian.com.au/news/breaking-news/erdogan-rejects-dictator-claims/story-fn3dxix6-1226655594916

    Erdogan: I social network sono la peggiore minaccia alla società.
    New York Times, 03 giugno 2013: “Ora abbiamo una minaccia che si chiama Twitter” ha detto. “I migliori esempi di bugie possono essere trovati lì. Per me, i social media sono la peggiore minaccia alla società.”
    http://www.nytimes.com/2013/06/03/world/europe/turkey-premier-says-protests-will-not-stop-plans-to-demolish-park.html?ref=todayspaper&_r=1

    Fosse accaduto in un paese musulmano sarebbe stato in prima pagina.
    The Times of Israel, 04 giugno 2013: “Una studentessa è stata espulsa da una scuola ultra-ortodossa per infermieri nel centro di Israele per aver messo in dubbio la sua fede.”
    http://www.timesofisrael.com/student-expelled-from-ultra-orthodox-school-for-loss-of-faith/

    Israele pianifica di espellere gli immigrati neri
    The Guardian, 03 giugno 2013: “Israele ha in programma di inviare migliaia di migranti africani in un paese non identificato, secondo un documento del tribunale, nel tentativo di affrontare una delle questioni più pressanti di Israele: cosa fare con un afflusso di circa 60.000 migranti africani che sono entrati di nascosto in Israele dall’Egitto nel corso degli ultimi otto anni.”
    http://www.guardian.co.uk/world/2013/jun/03/israel-plan-migrants-deport-east-africa
    (Saleh Zaghloul)  

  • OLI 380: INCONTRI – 8 Giugno, Italia unita per la corretta informazione scientifica

    La cattiva informazione, l’informazione errata, è il male di questo secolo.
    Forse non il più grande, ma certamente il più caratteristico: gli stessi siti web che non controllano l’origine di ciò che pubblicano (a volte perché di parte, a volte perché amanti del sensazionalismo), vengono presi come “fonti attendibili” non solo da un gran numero di blogger e utenti di facebook, ma a volte addirittura da giornalisti poco professionali che li fanno arrivare su testate nazionali.
    La televisione, che ancora molti ritengono garante di verità assoluta, propina al giorno d’oggi senza troppo imbarazzo teorie strampalate, basate più su affascinanti sceneggiature che sulla realtà, con grave al sentire comune. Sembra ormai chiaro che gli ascolti premiano chi enfatizza il lato fantastico, misterioso o ancora meglio emotivo dei fatti, a prescindere dalla veridicità degli stessi. Se qualche anno fa si poteva ridere dei coccodrilli albini nelle fogne di New York ed Elvis vivo e nascosto lontano dal peso del successo, adesso la cattiva informazione sembra sempre più accanirsi contro temi delicati ed importanti come medicina, salute, ricerca scientifica e ambiente.
    Proprio sul delicatissimo tema della corretta informazione scientifica l’otto giugno si terranno in diverse città italiane (fra cui Genova) una serie di iniziative nate dall’esigenza di rispondere all’ininterrotto torrente di inesattezze e fantasie che i mezzi di comunicazione, vecchi e nuovi, vendono come verità consolidate.
    La molla che ha spinto un gruppo di studenti, ricercatori, medici e professori universitari a unirsi per organizzare tale iniziativa sono le recenti manifestazioni di protesta nei confronti della sperimentazione su animali. Queste manifestazioni spesso si rifanno ad informazioni errate o obsolete, associando la sperimentazione su animali a pratiche che per legge sono vietate da anni.
    Distaccandosi dalla giusta opera di sensibilizzazione su un tema che tocca profondamente tutti e che ha portato a leggi in grado di regolare una materia tanto delicata, una parte del mondo animalista ha operato negli ultimi anni vere e proprie irruzioni negli stabulari e nei laboratori di ricerca. L’ultima a Milano, lo scorso aprile, quando il laboratorio del Dipartimento di Farmacologia dell’Università è stato occupato e devastato da alcuni attivisti portando alla perdita di anni di ricerca nel campo di malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson e quello di Alzheimer.
    La conferenza di Genova dell’otto giugno mira quindi a fornire a tutti degli strumenti per formarsi una propria opinione, analizzando attraverso gli interventi di professori e ricercatori italiani temi quali la sperimentazione animale (Michele Cilli e Michele Mazzanti), gli OGM (Silvano Fuso), i vaccini (Giancarlo Icardi), e le terapie per la cura della sclerosi multipla (Nicole Kerlero De Rosbo), dando per una volta voce agli esperti del settore e non al sensazionalismo e al sentito dire.
    L’appuntamento è alle 14:30, al Museo di Storia Naturale “G.Doria”, in via Brigata Liguria 9.
    Per maggiori informazioni: http://www.italiaxlascienza.it/
    L’intero evento sarà tradotto in LIS (Lingua dei Segni Italiana)
    (Elena Itzcovich, Lorenzo Valli Buscherini – immagine da internet)

  • OLI 380: GRECIA – Micro-cronache da una crisi / 1

    Ikaria. A mattina inoltrata i tavolini del piccolo caffè sono ancora vuoti. Parliamo con un giovane amico che vive di musica e del poco che gli dà, una volta pagato l’affitto, un esercizio commerciale, emporio di generi di prima necessità di un villaggio abbastanza isolato, e insieme caffè e punto di ritrovo dei pochi abitanti, e dei turisti di passaggio, d’estate.
    L’argomento è la crisi, tema su cui si cade immediatamente quando si parla con le persone di qui, e sfondo sonoro continuo, se per caso c’è un apparecchio televisivo acceso.
    Cerchiamo di sostenere con lui le ragioni del rimanere in Europa, ma l’unico altro avventore, un anziano signore seduto vicino a noi, interviene quietamente dicendo: “Avevo una pensione di 1300 euro, ora me ne danno 900. Ecco cosa mi è restato dopo 45 anni di lavoro”.
    Pochi giorni dopo, un’amica ateniese ci informerà che sono in arrivo altri tagli, che si sommeranno ai precedenti e colpiranno anche le pensioni minime, qui di 450 euro mensili, a cui verranno tolti 25 euro, e poi a crescere.
    A queste condizioni non c’è spazio per discutere. Ogni speranza, ogni ipotesi è stata tagliata. Notizie come un lieve miglioramento del rating, o promesse di ripresa nel 2015 non vengono nemmeno commentate.
    Ci dicono: aspettano di comprarci, che ci vendiamo tutto, per disperazione.

    Conosciamo qui un anziano signore, è stato professore di letteratura francese al liceo e all’università di Atene. Conosce diverse lingue, tra cui l’italiano. Ha all’attivo traduzioni e diversi saggi. Gli argomenti variano dalla storia dell’occupazione italiana nell’isola di Ikaria durante la guerra, alle opere e biografie dei rappresentanti del filellenismo francese.
    Leggere, corrispondere con un’amica lontana sono da anni le sue risorse. Ora sta perdendo la vista, ma l’intervento chirurgico di cui avrebbe bisogno è impossibile ottenerlo da una struttura pubblica, e farlo privatamente costa duemila euro, cosa che la sua pensione, tagliata come sopra, non permette.
    Tutte le volte che lo incontriamo in paese il discorso torna sempre lì.

    “Qui, nell’isola, le cose vanno un po’ meglio. Qui non c’è la fame”. Te lo dicono tutti, qui, e va inteso in senso letterale. Ci sono gli orti, che danno patate, pomodori, zucchini, melanzane, fagioli, zucche, peperoni, cipolle. Ci sono il maiale e l’agnello, al singolare, che fatti a pezzi e surgelati forniscono la carne per tutto l’anno. Ci sono le galline con le uova, e i conigli, che danno anche il letame per l’orto. Ma stipendi e pensioni fatti a pezzi non permettono altro. Anche un impiego apparentemente sicuro, come un posto d’insegnante nella scuola professionale dell’isola, è diventato incerto: non si sa cosa vorranno fare di questa scuola. Forse toccherà andar via. L’ospedale, unico dell’isola, lo vogliono chiudere, e si infittiscono manifestazioni per tentare di difenderlo. La sanità, l’università per i figli, finire di sistemare la casa sono diventati obiettivi al di là del confine. C’è chi per avere una diagnosi dovrebbe fare una biopsia. Aspetterà un anno. Per farla privatamente i soldi non ci sono. Tutto è fermo. Anche andare e venire da Atene all’isola è diventata questione di calcoli attenti: i 35 euro del biglietto, il doppio almeno per l’automobile, sono costi che non ci si può più permettere con leggerezza.
    Ci dicono: meno male che questo inverno è stato mite, abbiamo acceso il riscaldamento solo due volte, altrimenti con quel che è aumentato il petrolio come potevamo fare?
    (Le cronache continueranno nei prossimi Oli)

    Informazione: un documentario sull’isola di Ikaria verrà proiettato sabato 8 giugno alle 18.30 al Cinema Sivori, nell’ambito della rassegna “CINEA – Il filo di Gaia – Cinema ed educazione alla sostenibilità ambientale”. Dal programma di sala leggiamo che narra la storia di  un giovane disoccupato ateniese che ha lasciato la città per trasferirsi a Ikaria, per lavorare nell’apicultura, scoprendovi una comunità che sopravvive grazie a una particolare cultura incentrata sull’autonomia e la cooperazione.
    (Paola Pierantoni –  Foto dell’autrice)

  • OLI 380: VIAGGI – Senegal, il diario di Giulia

    Demi 1 maggio mercoledì
    Festa dei lavoratori.
    I miei piedi rifiutano camminamenti conosciuti, sono desiderosi di altri sentieri.
    Questa mattina ho fatto il giro dell’oca nel deserto prima di arrivare al varco fra le dune.
    Leggevo sdraiata quando è arrivato Aziz sotto ad un capello di tipo cinese. Ieri mi si era affiancato con un suo monologo interrogativo nella passeggiata sul bagnasciuga in direzione Dakar.
    Ha guardato la copertina del mio libro di Dacia Maraini. “Espagnola!” ha sentenziato squadrandomi come se gli avessi detto una bugia. “Italiana” ho ribadito.
    Mi ha chiesto se conoscevo il suo di libro, e si è seduto accanto leggendo il Corano in arabo a voce alta. L’ho salutato con mussulmana tolleranza. Difficile spiegargli che il Corano l’avevo già letto in italiano ma che io sappia nessun dio si è messo a scrivere qualcosa di suo pugno.
    Gli dei, parlano a profeti o indovini. E a noi arriva l’elaborazione di quello che pensano, ma una volta scritte le parole, diventano pietre, costruzioni che creano muri, protezioni, ponti.
    Meditazione sulla via del ritorno.
    C’è qualche scrittura che dica:
    – la donna che sa nutrire, generare, essere due in un solo corpo è importante come lo è la terra che, nel rispetto delle leggi delle stagioni, ci sostiene e mantiene;
    – in natura non esistono gerarchie, ma differenze che vanno rispettate
    – tra gli esseri viventi bisogna coltivare la solidarietà
    – chi farà del male intenzionalmente vivrà infelice fino alla fine dei suoi giorni, perché la divinità che è dentro a ogni essere non può essere offesa?
    Alla sera Lamine torna a Pekini. Aidà manda a chiedere se vogliamo del pane.
    Mangio un panino con la cipolla e a Papà ne diamo uno con la chocoleca.
    Questa sera siamo sole con Papà, di otto anni.
    Abbiamo una bombola col gas. La si può usare con un aggeggio che non abbiamo. Mariella che qui è quasi di casa, chiede a Papà di andarcelo a procurare. Ceniamo con riso e zucchini dell’orto del papà di Papà. Io su quella bombola non saprei cucinarmi un uovo sodo,
    Con Mariella facciamo un piano di tour turistico da realizzare al più presto
    Forse perché assieme a Mariella e Lamine avevamo voluto vedere su Earth dove mi ero persa ieri, poi hanno cercato la casa dove abita Dù con la sua famiglia allargata, il mercato, lo stadio…
    Li avevo lasciati a guardare il mondo dall’alto.
    (Giulia Richebuono)

  • OLI 380: TEATROGIORNALE – La colazione di Gaia


    Dal secoloxix: Non vedenti all’attacco: impossibile attraversare

    Gaia esce di casa, deve andare a comprare il latte. E’ mattina presto, nonostante sia l’ultimo giorno di maggio fa ancora fresco. 
    – Che fame!
    Pensa: comprare il latte, tornare a casa (e meno male che ha l’ascensore), fare colazione, finire di vestirsi, prendere l’autobus e andare al lavoro.
    L’ascensore è importante, da sua madre non c’è. Senza ascensore probabilmente avrebbe fatto colazione fuori: cappuccino e focaccia. Forse non è una cattiva idea. Cambio di programma: comprare il latte, attraversare la strada, comprare la focaccia, ri-attraversare la strada, prendere l’ascensore, colazione.
    Bello! Molto meglio che fare colazione al bar, a casa può farsi il cappuccino come piace a lei, tanto latte e tanta schiuma, e poi vestirsi per bene, lavarsi i denti, tanto c’è l’ascensore. Potrebbe anche inaugurare il tavolino sul terrazzo, anche se fa freschetto. Aggiudicato: oggi è la prima giornata di primavera e si può fare colazione sul terrazzo. Che al trentuno di maggio è tutto da ridere, ma per quest’anno è così, la primavera latita.
    Gaia entra nella latteria, la signora Franca la saluta senza guardarla, sta mettendo le tazzine in lavastoviglie. Gaia prende il latte dal mobile-frigo e dà due euro alla signora Franca.
    – Giusto?
    – Tutto apposto. Buona giornata.
    Gaia esce dalla latteria, la signora Franca si avvicina al mobile frigo e controlla che l’anta sia stata chiusa per bene.
    Gaia sorride al sole che le illumina il viso.
    – Guarda un po’ te che bella giornata.
    Pochi passi e arriva all’attraversamento pedonale, pochi metri la dividono dalla sua focaccia calda, ne sente già l’odore. La signora del terzo piano la saluta, è una vedova, poveretta.
     -Venga che è verde, va a comprarsi la focaccia? Una buongustaia lei. Anche a mio marito piaceva, solo che lui non ci beveva il caffè dietro, no, solo bianchetti, tanti bianchetti che poi li è andati a bere con gli angeli. Che era buono il mio Michele, sa.
    Gaia ascolta la signora del terzo piano, la saluta ed entra in panetteria:
    – Tre euro di focaccia, grazie. Morbida e non dal bordo.
    Se ne terrà un poco per stasera. Esce dal panificio con i suoi due sacchetti, ritorna all’attraversamento pedonale.
    – Sarà verde? – Si chiede, non sente alcun rumore. Nessuno che passa, cosa strana vista l’ora, nessun rumore di motore. Se ci fosse il semaforo rosso li dovrebbe sentire, quei motori puzzolenti e rumorosi, invece niente. Meglio aspettare, qualcuno dovrà pur arrivare.
    Gaia sente la vibrazione del suo orologio da polso, si sta facendo tardi, ha fame, deve ancora finirsi di lavare, fare colazione. Niente. Possibile che non passi nessuno alle otto meno un quarto di un venerdì mattina?
    Silenzio. Gaia perde la pazienza e scende dal marciapiede decisa ad attraversare. Si ferma, e se fosse rosso? Risale sul marciapiede. Si guarda attorno, non sente nessuno. I sacchetti le pesano sulle dita, il sole si deve essere nascosto dietro qualche nube.
     – Sarà verde?
    Gaia prova a dirlo ad alta voce, così, sbadatamente, magari qualcuno che lei non ha visto la sente. Nessuna risposta. Gaia percorre lentamente il marciapiede dall’attraversamento pedonale fino a dove iniziano a parcheggiarsi le macchine, e poi fino a sinistra, dove il marciapiede finisce. Nessuno. Non vede nessuno. Non sente nessuno. Ritorna sui suoi passi. Dove c’è il semaforo. Resta in ascolto.
    Nulla. Il semaforo sarà verde? Gaia guarda l’orologio, l’orologio risponde che sono le otto.
    Le otto? Inizia ad essere in ritardo, non riuscirà a farsi il caffè con la schiuma che le piace tanto, giusto un bicchiere di latte freddo, con una bella striscia di focaccia, questo si. Per vestirsi e lavarsi ci mette almeno una mezz’oretta, poi deve scendere e prendere l’autobus e arrivare il ufficio, per le nove al massimo deve timbrare. Possibile che non passi nessuno? Il semaforo sarà verde?
    La città sembra deserta, un leggero venticello inizia a batterle sulla gola. Forse sarebbe meglio tornare indietro, al panificio, e chiedere aiuto. Che vergogna.
    D’altra parte se non ci vede, se è un’ipovedente, una cieca insomma, che cosa ci può fare?
    Magari non andarsene tutta sola in giro, per cosa poi, per tre euro di focaccia?
    Si. Che problema c’è, per tre euro di focaccia, per la mia colazione prima di una giornata in ufficio.
    Il dialogo dentro di lei si fa serrato. Sa di aver ragione, sa che è un suo diritto poter andare a comprarsi tre euro di focaccia se ne ha voglia, sa che non è colpa sua ma della mancanza del segnalatore acustico, ma tant’è si sente sempre in difetto. E poi dov’è il panificio? Dovrebbe averlo dietro ma non c’è.
    Gaia si gira, porta le mani in avanti e le appoggia su un muro, un muro liscio. Gaia tiene i sacchetti del latte e della focaccia con la mano destra e percorre tutto il muro facendo scivolare la mano sinistra sul palazzo, alla ricerca della porta del panificio. Dopo qualche metro il palazzo finisce, Gaia cambia mano ai sacchetti e ripercorre tutta la facciata del palazzo, questa volta striscia la mano destra.
    Cammina, cammina, il suo orologio da polso vibra le otto e un quarto. Il sole si deve essere nascosto per bene perché inizia ad avere freddo. Torna indietro. Non solo il panificio è scomparso, ma sembra non essere mai esistito. Non c’è nessuno, nessun rumore di macchine, persone, neanche quei maledetti cani. Solo il suono del vento tra i platani.
    Gaia si ferma, decisa ad attraversare la strada. Almeno dall’altra parte c’è casa. Deve attraversare la strada, arrivare dall’altra parte, dal suo ascensore, dalla sua casa. Salire su, posare i sacchetti, finire di vestirsi, scendere, prendere l’autobus, andare al lavoro. Il semaforo sarà verde?
    Gaia spera di sì, lo spera con tutte le sue forze. Non lo può sapere, in realtà non sa neanche più se è sulle strisce pedonali. Può solo alzare la testa e lentamente scendere il gradino del marciapiede. Avanzare, guadare quel fiume d’aria che la separa dalla sua tranquillità. Il mondo è una serie di angoli, di rette, di semirette che si intersecano con dei solidi, Gaia li attraversa, da sola, e non ha paura.
    (Arianna Musso – Foto da internet)