Categoria: Bologna

  • OLI 381: PALESTINA – Il Freedom Theatre a Bologna?

    …quando prendi i bambini e li metti in teatro la loro mente riscopre la fantasia di cui erano stati privati, e se dai a loro anche la possibilità di lavorare come attori, riabiliti il ragazzo, riabiliti la sua umanità e in questo modo diventa più forte la sua personalità, il suo pensiero e il suo carattere; tutto ciò rappresenta un pericolo per Israele, che non vuole questo….” ha dichiarato Mustafa Staiti durante il nostro incontro al Freedom Theatre di Jenin a nord dei territori occupati palestinesi.
     Mustafa è uno dei tanti ragazzi che è nato durante la prima Intifada e che ha vissuto la sua adolescenza durante la seconda Intifada nel campo profughi di Jenin, dove ha visto amici e parenti uccisi durante l’invasione dell’esercito israeliano nel 2002 nel campo profughi e l’arresto di suo papà.
    Mustafa lavora al Teatro della Libertà “…l’arte può diventare uno strumento per la libertà…” mi dice.
    Il Freedom Theatre è stato fondato da Arna Mer Khamis, attivista ebrea sposata con un arabo-palestinese, che durante la prima Intifada crea un luogo artistico in cui bambini e bambine del campo profughi di Jenin possano esprimere paure, frustrazioni, rabbia e amarezze attraverso corsi di recitazione e seminari di drama therapy.
    Dopo la morte di Arna nel 1995, il teatro continua a portare avanti il sistema alternativo di educazione. Nel 2002 il teatro è stato distrutto durante l’invasione nel campo profughi di Jenin da parte dell’esercito israeliano e alcuni ragazzi, giovani attori, cresciuti con Arna sono stati uccisi.

    Nel 2006 il teatro è stato ricostruito dal figlio di Arna, Juliano Mer Khamis, attore e attivista, e Zakariya Al Zubeidi, leader delle Brigate di Al Fatah ed ex “bambino” di Arna, sopravvissuto alla seconda Intifada.
    Stiamo per iniziare una nuova intifada fatta di poesia, teatro, arte, diritti umani, dimostrazioni pacifiche contro il muro” aveva dichiarato Juliano, figlio di un’israeliana e di un palestinese, che si definiva al 100 per cento di entrambe le nazionalità anche se ha abbracciato la causa palestinese.
    Juliano porta avanti il lavoro di Arna e il suo impegno politico, insegna ai ragazzi ad usare il proprio corpo come mezzo espressivo, per agire dentro i conflitti e la guerra. Il suo lavoro termina il 4 aprile 2011 quando viene assassinato a Jenin con cinque colpi di pistola. Aveva 52 anni.
    La sua morte ha lasciato un senso di amarezza nei ragazzi del Freedom Theatre che, nonostante il dolore e la difficile perdita, hanno deciso di continuare a portare avanti il messaggio di libertà
    Il 13 e 14 luglio prossimi, i giovani attori del Freedom Theatre sono stati invitati a partecipare all’estate culturale a Bologna con un loro spettacolo, ma i fondi messi a disposizione non sono sufficienti per coprire tutte le spese ed avere un margine economico per gli attori, che è giusto siano retribuiti per il loro lavoro.
    Bisogna raccogliere 5000 euro entro il 30 giugno, per chi volesse contribuire può farlo sul c/c bancario:  IBAN IT 50 O 03127 74610 00000 0001527 intestato ad Assopace Palestina – causale Jenin
    Il Freedom Theatre crede che il teatro e le arti abbiano un ruolo cruciale per la creazione di una società libera e sana” Juliano Mer Khamis.
    (Maria Di Pietro – foto da internet)

  • OLI 377: SINDACATO – La Fiom e il futuro

    Da Repubblica ed.Genova, 7 maggio 2013: Scuola, mobilitazione flop, la Cgil convoca i precari, rispondono solo in venti.

    Giuseppe Filetto ci racconta che appena una manciata di precari si è presentata all’assemblea indetta da Flc-Cgil per discutere con i lavoratori senza posto fisso. Sono più di duemila nella scuola, ma pochi si sentono rappresentati.
    A Bologna, il 30 aprile (OLI 376), Landini ha detto, riferendosi a FIOM e a Cgil, che “o il sindacato torna ad essere quel soggetto in grado di riunificare e permettere alle persone – ai precari, ai giovani alle persone che lavorano – di tornare ad essere insieme protagonisti del proprio futuro per cambiare la situazione, o c’e il rischio che il sindacato” stesso non abbia “più futuro”. Questo per Landini è il “punto di fondo”. Nodo al quale si aggiungono i dodici milioni di cittadini che non hanno votato insieme al sentimento di solitudine che porta a non credere più nella capacità di cambiamento di istituzioni e sindacato.
    Il tempo è un altro fattore prezioso per Landini, “Non possiamo più aspettare” è il titolo della manifestazione di sabato 18 maggio a Roma.
    L’ex ministro Barca con un video, è intervenuto a Bologna su cittadinanza, esclusione sociale, welfare come fonte di lavoro e innovazione. Bisogna chiudere con il liberismo. Lo stato deve tornare a produrre i servizi, consapevole della propria ignoranza, “la prima delle regole è che le regole si possono cambiare”. Va proposto lo sperimentalismo democratico, quindi la possibilità di modificare i modelli di funzionamento di sanità, scuola, servizi partendo dagli errori per correggerli. Va data una scossa alla macchina dello stato arcaica e autoreferenziale, tale perché funzionale alle classi amministrative, politiche e private che ne ricavano benefici. Barca immagina dei “partiti palestra” dove dibattere.
    L’Europa mantenga quanto promesso: con l’unione economica e monetaria è stato ceduto il potere di emettere moneta, fissare i tassi di interesse, comprare quando fosse necessario i titoli del nostro debito, “ma solo una parte di questa sovranità l’abbiamo ceduta a qualcuno, un’altra parte è evaporata” non si è creato “in Europa, se non per la Banca Centrale, un potere di politica sociale, di politica economica che assorbisse e sostituisse gli stati nazionali in ciò che veniva meno”. Il diritto di cittadinanza europeo è stato disatteso. Non il meglio di scuola, sanità e servizi per tutti gli stati, ma solo una competizione tra poveri, proprio partendo dal tema del lavoro.
    Sergio Cofferati ha ragionato, nel sindacato ma da europarlamentare, del “rigore a senso unico”. Le persone senza “una vita dignitosa rischiano di essere prigioniere della paura ed avere comportamenti che sfuggono alla razionalità”. Lo scenario è stato a lungo sottovalutato da Berlusconi e Tremonti. Mentre il governo dei tecnici, con la riforma delle pensioni e dell’articolo 18, ha penalizzato il soggetto debole. In Europa è cresciuta la povertà e il lavoro povero. Qui si parla di filantropia, ha detto Cofferati, di tagli lineari di beni e servizi, mentre nell’America di Obama introduce una forma di protezione sanitaria. Vanno riunificate le categorie a partire dal contratto dell’industria, ma anche gli strumenti come il reddito minimo garantito. Valori, rappresentanza sociale, e politica: bisogna ripartire da qui.
    Che cosa vuol dire essere di sinistra oggi? – ha chiesto Cofferati.
    Continua
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 376 – SINDACATO: La FIOM e la maggioranza politica senza diritti

    L’unica vera maggioranza è la nostra: quella rappresentata dal 37% di giovani precari o senza lavoro: una percentuale che supera di gran lunga quella ottenuta dai partiti e dalle loro coalizioni durante l’ultima tornata elettorale (Marina Molinari – campagna Io voglio restare)

    Bologna 30 aprile, Palazzo Re Enzo.
    Il seminario FIOM, su reddito, salario, modello sociale – programmato a Marzo – diventa per molti luogo del nuovo progetto, quello dove rimettere insieme i pezzi di una sinistra devastata dalle larghe intese Pd e Pdl. L’enorme sala è piena. La ferita del governo di Letta e compagni, vista da qui, non si rimarginerà più.
    Stampa e televisione restano per le prime ore dell’iniziativa – che si protrarrà fino alle 14 – e ci si avventano come su un buffet: a caccia del piatto forte, attratti dalla locandina che promette, oltre alla presenza di Landini, anche quelle di Barca, Rodotà, Revelli. L’informazione è lì per capire se la FIOM voglia fare sindacato o politica, come se l’uno escludesse l’altra.
    Landini spiega che la FIOM ha un’idea precisa di società. No, non si sostituisce ai partiti, ma fa il proprio mestiere di sindacato e chiede a chi dovrebbe avere un ruolo di rappresentanza politica di tornare ad avere quel ruolo, ragionando, con umiltà, su lavoro e processi. C’è un’analisi da costruire, anche il sindacato deve cambiare atteggiamento ripartendo da cosa produci, perché lo produci e quale sostenibilità ambientale ha. Compito della Cgil è impedire in ogni modo che ci possa essere una competizione tra lavoratori e tra giovani e non giovani.
    Landini parla della Federazione dei Sindacati dell’Industria che riunisce metalmeccanici, chimici e tessili a livello europeo e mondiale e della necessità di superare i 247 contratti nazionali. Poi di lavoro nero, reddito minimo garantito, finanziamento degli ammortizzatori sociali, devastazione dei diritti, in un contesto in cui il lavoro viene ridotto a merce, ad oggetto in cui viene comprato e venduto. Va costruito un nuovo modello sociale, imposta ai governi un’agenda che parta dal basso, e in Italia introdotto il reddito di cittadinanza per tutti.
    Questo paese è il nostro, questo tempo è il nostro e intendiamo riprendercelo, dice Marina Molinari di Io voglio restare. E’ la voce di una generazione sulle cui spalle sono stati scaricate tutte le contraddizioni di un sistema economico in affanno: senza lavoro, senza casa, senza la tutela di un sistema di walfare. Quando abbiamo lanciato la nostra campagna avevamo un governo di larghe intese sostenuto dal Pd, dall’Udc, dal Pdl sotto l’egida del presidente Napolitano con il compito di realizzare in Italia le politiche dettate dalla Commissione Europea, dalla Banca Centrale Europea e dal Fondo Monetario Internazionale. Dopo sei mesi, ed elezioni politiche in cui la coalizione dell’austerity ha perso dieci milioni di voti siamo ancora lì con un governo di larghe intese sotto l’egida del presidente Napolitano. L’autoreferenzialità, la totale impermeabilità alle spinte che vengono dall’esterno della politica italiana è senza precedenti. Molinari ha aggiunto intendiamo riprenderci il sindacato per contribuire a farne uno strumento reale di partecipazione e rappresentanza generale anche e soprattutto per chi non ha un contratto di lavoro tradizionale, intendiamo riprenderci la politica. Alcuni dei promotori della campagna erano all’estero quando è stata lanciata, altri se ne sono andati dopo, altri saranno costretti a farlo. Bisogna parlare di casa, di equo compenso, reddito di base, sostegno universale alla paternità e maternità, diritti del lavoro, pianificazione di occupazione legata alla conversione ecologica e all’innovazione per ricostruire il paese, occupazione basata sui saperi e sulla centralità della ricerca pubblica. Per questo Io voglio restare il 18 Maggio sarà a Roma a manifestare accanto alla FIOM.
    Marco Revelli – presidente della Commissione di Indagine sull’Esclusione Sociale (CIES) fino al 2010 – è implacabile, fornisce le cifre della catastrofe: i working poor, poveri al lavoro, esuli eterni sono il 10% in Italia. Tra chi ha un contratto a tempo determinato il 37% vanta un salario al di sotto della soglia tecnica di povertà. Parla di povertà assoluta tra laureati e diplomati. Grazie all’applicazione del paradigma neoliberista, dagli anni 70 ad oggi, il lavoro ha perso fino a dieci punti percentuali. Mentre 10 punti percentuali di PIL sono transitati dal lavoro al capitale. L’Indice GINI che registra quanto inegualmente si distribuisce il reddito, indica una crescita fortissima delle diseguaglianze. C’è stata una lotta di classe feroce, ha spiegato Revelli e come dice Luciano Gallino (OLI 352) è stato spolpato reddito e lavoro. Politica e sindacato non se ne sono accorti. L’Italia, Ungheria e Grecia gli unici tre paesi a non avere una garanzia universalistica del reddito. continua
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice) 

  • OLI 345: PAROLE DEGLI OCCHI – Le due attese

    Bologna – Foto di Maria Alisia Poggio