Categoria: Resistenza

  • OLI 378: PAROLE DEGLI OCCHI – Don Andrea Gallo (1928 – 2013)

    (Don Andrea Gallo – Foto di Giovanna Profumo)
    Genova, 22 Maggio 2013 
    E’ mancato oggi Don Andrea Gallo. 
    Genova e l’Italia perdono un testimone di fede e di laicità. 
    Un uomo che dava voce ai deboli, a chi era ai margini e a chi voleva cambiare in meglio il paese. 
    Resistenza e partecipazione sono tra le molte cose che Andrea lascia a chi lo ha amato.
    Ci mancherà.
  • OLI 348: MEMORIA – Bicicletta partigiana

    Di solito non trasmettono nulla. Ed è inevitabile perché i nomi – con data di nascita e morte – non restituiscono il senso più intimo della loro storia. Genericamente si sa che si tratta di giovani partigiani. Ma le targhe non ci parlano della loro vita, con le imboscate, le fughe, le amicizie e le riunioni politiche. Restituiscono il dato anagrafico, lapidario, appunto.
    Che una guida ciclistica si ponga come traguardo l’unire la passione della “pedalata serena” con quella della “memoria” non è cosa da poco di questi tempi e in quest’Italia.
    Lorenzo Torre con il suo libro ha ripercorso i passi di chi ha scelto, dopo il 1943, di battersi per la libertà. Bicicletta Partigiana (Joker edizioni) propone al lettore ciclista dodici itinerari corredati da accurate schede tecniche e informazioni storiche, con l’obbiettivo di ridare alla memoria il peso specifico che le spetta. Siamo nelle valli appenniniche comprese nel poligono che ha come estremi Genova, Varazze, Ovada e Tortona, Voghera, Bobbio e Sestri Levante, per entrare nella 6° Zona Operativa. Negli itinerari c’è modo di ricordare, tra gli altri, anche i partigiani sovietici che si unirono ai nostri, c’è la memoria degli eccidi – dalla Benedicta alla strage di Portofino – per pedalare alla Scoffera nel ricordo di Ramon, Quarto e Nato fucilati il 27 luglio 1944, che sono solo tre delle molte vite che emergono nella guida.
    L’auspicio è che il lavoro di Lorenzo Torre trovi diffusione, oltre che tra i ciclisti, anche tra gli amanti della Liguria e della sua storia.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 277: POLITICA – Giovinezza, giovinezza…

    S’è già detto e scritto abbastanza sull’infelicissima idea di proporre insieme, nella prossima edizione del Festival di Sanremo, il canto partigiano Bella ciao e l’inno fascista Giovinezza, avanzata dal direttore artistico Gianmarco Mazzi insieme al conduttore Gianni Morandi per la serata dedicata al 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, suscitando perplessità a destra e soprattutto ferma indignazione a sinistra, per questo ennesimo tentativo di equiparare Fascismo e Resistenza mescolandoli in un calderone buonista in cui tutto si confonde, si banalizza e perde quel senso che è bene rimanga vivo e presente.

    Il Consiglio d’amministrazione della Rai, a fronte della polemica, ha tagliato la testa al toro stigmatizzando tale scelta e revocandola (peraltro in modo assai pilatesco, senza distinguo tra i due brani).
    Se non si avrà modo di ascoltare Giovinezza a Sanremo – e non se ne sentirà certo la mancanza – val comunque la pena di dedicare un po’ di tempo a questa composizione nata come canto goliardico nel 1909, poi fatta propria dagli Alpini e quindi dagli Arditi nella Grande Guerra, per approdare infine al Ventennio di cui divenne il tema più popolare e rappresentativo, approvato ufficialmente come “Inno Trionfale del Partito Nazionale Fascista”.
    Per limitarsi a quanto offre la rete, una voce di Wikipedia ne traccia la storia, seguendone le vicende e i progressivi adattamenti del testo, in cui si rispecchia l’evoluzione sociale che condusse al regime fascista.
    Spostandosi su Youtube, è inquietante scoprire quanti siano i video confezionati per supportarne diverse esecuzioni, con montaggi di immagini fisse, filmati e anche varie versioni col solo testo, per impararne le parole grondanti retorica e poterle cantare tutti insieme in un bel karaoke del littorio.
    Particolarmente agghiacciante è una sequenza di spezzoni di cinegiornali Luce in cui le esercitazioni e le parate di balilla e avanguardisti, di piccole e giovani italiane hanno Giovinezza come colonna sonora, in una ben ordinata e fiera Italia inconsapevolmente proiettata verso la catastrofe. Ancor più raccapriccianti sono qua e là i commenti di coloro che rimpiangono quell’Italia e la vorrebbero ancora.



    Se Arturo Toscanini si rifiutava di dirigerla, sostenendo che le sue orchestre non si abbassavano a suonare il vaudeville e ricevendo per questo gli schiaffi delle camicie nere (Teatro Comunale di Bologna, 14 maggio 1931), fino a dover lasciare l’Italia per l’America, un’altra gloria nazionale non si faceva invece scrupoli a cantarla: Beniamino Gigli la interpretò con enfasi, accompagnato da orchestra e coro.
    Tra gli elaborati che lo utilizzano, è sconcertante l’instant-video appena ideato il 4 novembre scorso da tale Carlo, per celebrare “uno degli inni del periodo fascista, censurato dalla Rai”. Vi si susseguono immagini d’ogni tipo, evidentemente per esemplificare e magnificare la giovinezza, la primavera di bellezza, il popolo d’eroi e la patria immortale, mescolando foto d’epoca e d’attualità, comprese procaci fanciulle semisvestite oltre i limiti della pornografia (del resto, non è forse “meglio essere appassionati delle belle ragazze che gay”?), in un grottesco guazzabuglio di cui si fatica a seguire il senso ma in cui è chiarissima la cultura che ne è alla base.
    Sarà anche una canzone che ha 100 anni, ma non ha certo perso la sua carica e il suo appeal in una buona fetta di italiani. Sarà opportuno che tutti gli altri continuino (o riprendano) a non abbassare la guardia.


    (Ferdinando Bonora)