Categoria: Vittorio Arrigoni

  • OLI 370: PALESTINA – Vittorio Arrigoni: ambasciatore di pace

    (foto dell’autrice)

    Un incontro emozionante domenica sera a Genova con Egidia Beretta Arrigoni e Don Andrea Gallo per la presentazione del libro “Il viaggio di Vittorio“, scritto dalla madre, che ripercorre la breve vita di Vittorio Arrigoni rapito e assassinato a Gaza il 14 aprile 2011.
    Molta commozione nel ricordare Vittorio. La sua passione per la giustizia e per la dignità umana lo portano a servizio degli oppressi durante i suoi viaggi. Attivista, militante, volontario, pacifista, scudo umano, reporter. Vittorio trova il senso della sua vita in Palestina nella Striscia di Gaza nella prigione a cielo aperto dove gli abitanti non possono varcare i confini neanche per andare a lavorare. Vittorio decide di stare affianco ai palestinesi nella loro quotidiana lotta di sopravvivenza interponendosi tra i contadini e i cecchini israeliani che sparano durante il raccolto, tra i pescatori e la marina militare israeliana che con ogni mezzo violento impedisce la pesca ai palestinesi.
    Vittorio vivrà a Gaza 3 anni fino al suo assassinio. Soggetto scomodo per le autorità militari israeliane, inserito già nella black list delle persone sgradite ad Israele, arrestato e poi espulso, Vittorio torna nella Striscia via mare, non si lascia intimidire e continua il suo impegno con l’International Solidarity Movement; decide di restare nell’inferno di Gaza durante “Operazione Piombo Fuso”: tre settimane di bombardamenti israeliani su Gaza che tra dicembre e gennaio del 2009 hanno causato oltre 1300 morti e più di 5000 feriti. Vittorio, unico testimone italiano, attraverso il suo blog guerrillaradio ha dato voce alla popolazione martoriata. I suoi reportage sono stati raccolti nel libro “Gaza. Restiamo umani“.
    “Davanti a tanta disumanità devi restare umano…” mi disse quando lo incontrai a Genova dopo Operazione Piombo Fuso; e Vittorio la disumanità la conosceva bene: raccogliere pezzi dei suoi amici palestinesi e teste di bambini erano le cose più atroci che aveva visto quando girava con le ambulanze della mezzaluna rossa per trasportare i feriti all’ospedale. “…ho scoperto oggi di essere un pessimo cameraman” scrive Vittorio durante la strage a Gaza “non riesco a riprendere i corpi maciullati e i volti in lacrime. Non ce la faccio. Non riesco perchè piango anche io….”.

    (foto da internet)

    Certi giorni, quando sono sola, mi rifugio nella stanza segreta del mio cuore e lascio che il dolore mi strazi, e piango e lo chiamo, chiamo forte il mio bambino che non c’è più” scrive Egidia nel libro. E per lei Vittorio oggi vive attraverso gli incontri, attraverso la corrispondenza che aveva con lui, attraverso il blog e attraverso le persone che lo hanno conosciuto e che continuano a ricordarlo.
    Vittorio, “ambasciatore di pace” e ” grande fiore della pace” come lo ha ricordato Don Gallo, sembrava essere insieme a noi domenica, con la sua pipa e il berretto nero, ad esortarci a “restare umani”.
    E noi domenica lo abbiamo ricordato così:
     “La storia siamo noi, la storia non la fanno i governanti codardi con le loro ignobili sudditanze ai governi militarmente più forti. La storia la fanno le persone semplici, gente comune, con famiglia a casa e un lavoro ordinario, che si impegnano per un ideale straordinario come la pace, per i diritti umani, per restare umani. La storia siamo noi che mettendo a repentaglio le nostre vite, abbiamo concretizzato l’utopia, regalando un sogno, una speranza a centinaia di migliaia di persone. […] 
    Il nostro messaggio di pace è un invito alla mobilitazione per tutte le persone comuni , a non delegare al vita al burattinaio di turno, a prendersi di petto la responsabilità di una rivoluzione, rivoluzione interiore innanzitutto, verso l’amore, l’empatia, che di riflesso cambierà il mondo. […] la pace non è un’utopia e se lo è abbiamo dimostrato che a volte le utopie si concretizzano. Basta crederci, fermamente impegnarsi, contro ogni intimidazione, timore, sconforto, semplicemente restando umani”.  Vittorio Arrigoni, 3 settembre 2008

    video dell’incontro del 17 marzo: http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Unique&id=15797
    (Maria Di Pietro)

  • OLI 366: PALESTINA – Open Shuhada Street

    Dal 22 al 25 febbraio in tutto il mondo si celebrerà la quarta azione globale per la riapertura della Shuhada Street di Hebron che è stata chiusa nel 1994 dopo il massacro di 29 palestinesi, che pregavano nella moschea Ibrahim, da parte del colono israeliano Baruch Goldstein.
    Shuhada street è la via principale del centro storico di Hebron, una volta la più importante via di comunicazione commerciale e molto affollata.
    Ora è deserta.
    I 500 negozi arabi di Shuhada Street sono stati sigillati e questo ha devastato l’economia locale, i palestinesi non sono autorizzati a percorrere “la strada dell’apartheid” e sono costretti a fare lunghe deviazioni per arrivare dall’altro lato della strada, solo gli israeliani possono transitarvi. Hebron è l’unica città della Cisgiordania dove 600 coloni, protetti da 2000 militari israeliani, vivono in cinque insediamenti all’interno della città vecchia. Inoltre è l’unica città in cui i check point ed i blocchi alla circolazione sono imposti all’interno del centro cittadino. Secondo il protocollo che definisce lo statuto di Hebron, la città è divisa in due parti: H1 sotto l’autorità palestinese e H2 sotto il controllo militare israeliano.
    La via del mercato arabo, parallela a Shuhada street, è coperta da una rete metallica che protegge i palestinesi da spazzatura, sputi, olio bollente, escrementi, che i coloni israeliani ogni giorno gettano dalle loro case sui passanti.
    La violenza fisica e psicologica da parte dei coloni è una tragica realtà, le libertà personali dei palestinesi sono ridotte al minimo, i controlli sono eccessivi e a causa della “closure” molti servizi, inclusi quelli sanitari, risultano di fatto inutilizzabili.
    L’imposizione ai palestinesi della chiusura della strada, dei coprifuochi, dei posti di blocco militari, la detenzione senza motivo delle persone e la mancanza di protezione dalle continue violenze ha spinto 15000 civili palestinesi a fuggire dalle loro case, trasformando il centro storico di Hebron in una città fantasma.

    Il 25 febbraio ad Hebron ci sarà una grande manifestazione organizzata da Youth against Settlements insieme ad attivisti internazionali e pacifisti israeliani per chiedere la riapertura di Shuhada Street e la fine dell’occupazione. In varie città del mondo ci saranno iniziative di solidarietà, Anche a Genova verrà ricordata l’iniziativa Open Shuhada Street durante l’incontro con la mamma di Vittorio Arrigoni, Egidia Beretta, che sarà al teatro della Tosse domenica 24 febbraio h.18,30 con Don Andrea Gallo.

    (Maria Di Pietro – foto da internet)

  • OLI 298: VITTORIO ARRIGONI – Morire senza un perché

    Il 15 aprile nella casella mail arriva un appello dall’Associazione per la pace, che invitava a firmare per la liberazione di Vittorio Arrigoni, il giovane pacifista che viveva a Gaza, rapito il giorno 14 e apparso su youtube bendato e pestato. Troppo tardi.
    Troppo tardi per firmare, troppo tardi perchè Vik era già morto, ucciso ancor prima che scadesse l’ultimatum dei suoi rapitori.
    “Restiamo umani” era il suo blog, commoventi i suoi scritti: Stay Human, a conclusione di ogni intervento su http://guerrillaradio.iobloggo.com/
    Folgorato dal barbaro embargo che Israele imponeva agli abitanti della Striscia, Vittorio viveva ormai a Gaza da tre anni, scortava nel mare i pescherecci, sfidava il blocco navale. Era palestinese persino nel passaporto concessogli da quella terra, dove la cecità dello Stato israeliano è paragonabile a quella dei Paesi fratelli di quel popolo, che a parole ma non con i fatti lo aiutano.
    Finte democrazie arabe; in realtà in quasi tutta l’Africa e dintorni, sia pure con eccezioni, il potere è oggi dei militari, ed erano fino a ieri in vigore regimi autoritari fondati sulla forza, come in Egitto con una “democrazia socialista” presidenziale, eletta a suffragio universale da decenni. (Corriere della Sera, Giovanni Sartori, 15/4)
    Non si può certo dimenticare come vivono i palestinesi nelle altre terre arabe, confinati da decenni in quartieri ghetto e campi profughi. Un popolo scomodo: non sono tanti quelli riusciti ad affrancarsi da una sorte segnata.
    L’Onu, l’ Europa, il pontefice esprimono condoglianze per la morte di Vik, che non risultano pervenute dalla Lega Araba, mentre in Egitto per Vittorio funerali di stato, dopo le tante manifestazioni di solidarietà da parte dei palestinesi per l’amico, che condivideva le loro difficoltà.
    L’ultimo scritto di Vik è del 13 aprile, per comunicare la morte di quattro palestinesi nel crollo di uno dei tunnel della sopravvivenza, che servivano a far passare viveri e ogni bene di prima necessità ai palestinesi. Nel suo racconto per PeaceReporter riassume i bombardamenti, le violenze, le uccisioni, un bollettino di guerra atroce e infinito: tanta pietà per i bimbi palestinesi, ma nessun accenno ai bambini israeliani trucidati da un palestinese in Cisgiordania il 12 marzo insieme ai loro genitori.
    Non giovano alla causa della pace le parole della madre: “Israele non l’ha voluto da vivo. Non avrà il mio Vik da morto”, ribadendo il suo desiderio di far passare dal valico di Rafah, dalla parte egiziana, la salma del figlio e non da Israele.
    Così la risposta all’appello dello scrittore israeliano Etgar Keret comparso sul Corriere della Sera il 17 aprile: “La madre ci ripensi. La nostra Terra merita speranza..Così quest’ultimo viaggio diventa simbolo dell’odio”. Purchè restiamo tutti umani.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 298: PAROLE DEGLI OCCHI – La Storia in Piazza, per Vik

    Foto di Giorgio Bergami ©

     Genova, venerdì 15 aprile 2011: nel pomeriggio ci si ritrova in Piazza De Ferrari, sgomenti per l’uccisione di Vittorio Arrigoni.