Categoria: Vittorio Flick

  • OLI 367: VITTORIO FLICK – Piangiamo un amico

    Vittorio Flick è mancato il 25 febbraio.
    Le notizie di stampa lo ricordano per la sua attività di dirigente dell’Alfa Sud, responsabile dei rapporti con il personale, e perché per questo ruolo fu vittima di un attentato da parte del gruppo “Operai Combattenti per il comunismo”. Il 26 giugno 1977 gli spararono alle gambe.
    Noi lo piangiamo perché era una persona generosa, intelligente, interessata ad ascoltare gli altri. E in continua ricerca di ragioni e soluzioni per immaginare un paese migliore.
    Incontrare Vittorio era sempre occasione per parlare di politica e di futuro con passione.
    E’ stato una voce preziosa di OLI e rileggere i suoi contributi passati recenti  permette di incontrarlo ancora.
    Al suo funerale, alla Chiesa del Carmine, si sono potuti avvertire profondamente la disponibilità e l’affetto che ha regalato nella sua esistenza.
    Con Vittorio abbiamo perso un vero amico.
    (Eleana Marullo – Paola Pierantoni  – Giovanna Profumo)

  • OLI 338: ELEZIONI – L’alternativa del voto disgiunto

    Oli bipartisan? Così sembrerebbe leggendo gli ultimi articoli pubblicati da Oli, se pur circoscritti a “Lista Doria” e “Movimento Cinque Stelle”. Tali raggruppamenti, peraltro, sembrano catalizzare l’interesse di coloro che intendono esercitare il “diritto di voto” ma non intendono più riconoscersi nelle logiche e nei programmi dei partiti del centro sinistra. A sensazione sono molti.
    Inutili le recriminazioni! Bisogna partire da un dato di fatto presente in tutto il Paese: la voglia di amministratori diversi per “amministrare” la città e “gestire” programmi e progetti condivisi. E questo nella consapevolezza delle ristrettezze finanziarie in una fase di crisi, purtroppo esasperata da ricette accademiche di algidi professori universitari, con laute prebende, molteplici incarichi, ma avulsi dal contesto sociale e propensi a risolvere i problemi economico – finanziari del paese a scapito delle classi più deboli e meno abbienti.
    La Liguria sembra destinata a regredire ulteriormente; ha cercato lo sviluppo essenzialmente nel cemento e nel mattone. Risultato: i fascicoli giudiziari accumulati in questi mesi (malaffare, corruzione, inquinamenti mafiotici, mala gestione e quant’altro).
    Per quanto concerne il lavoro si accrescono le preoccupazioni in Genova. Quello che resta di industria sta per essere venduto al miglior offerente (Ansaldo – Elettronica), vivacchia su commesse residuali (Fincantieri), cede quote di traffico ad altri porti esteri e italiani (Livorno – Civitavecchia).
    I genovesi, ma non sono i soli nel paese, vogliono amministratori nuovi e soprattutto non collusi con le vecchie logiche di potere. Le due realtà su cui si è soffermato OLI rispondono, in parte, a questa esigenza di novità. Ma sembra esistere incomunicabilità tra i due modi di intendere la politica e solo parziale affinità sulle logiche di gestione e di amministrazione.
    Come evitare che il Comune finisca, come già avvenuto nelle elezioni piemontesi, in mano alle destre? Là infatti una presenza significativa del movimento “Cinque Stelle” ha portato alla vittoria la Lega e ad una giunta di centro destra. E’ questa l’alternativa voluta dagli elettori un tempo di sinistra e oggi insoddisfatti?
    Che fare? Forse la soluzione è nelle mani dell’elettore, accantonando impossibili o utopistici accordi tra partiti e movimenti così diversi. Infatti l’attuale legge prevede il voto disgiunto (la facoltà di votare per il sindaco e optare contestualmente per un partito non apparentato con la sua coalizione).
    Inutile dire che il voto disgiunto, a Genova, potrebbe evitare un probabile ballottaggio ed i relativi rischi di una saldatura tra le destre, sotto l’autorevole guida dei “poteri forti”, sempre presenti e alla ricerca di come poter influire sulle scelte nella gestione della cosa pubblica.
    Il risultato potrebbe essere l’affermarsi, sin dal primo turno, di un sindaco “nuovo” che coesista con una nutrita e coesa pattuglia di opposizione cui delegare il controllo, per evitare il riaffiorare della logica spartitoria, dei compromessi, o che si perpetui il malcostume recentemente venuto a galla nelle commissioni comunali in tema di “prendi il gettone e scappa”.
    Ma fino ad ora poco si parla del “voto disgiunto”, quasi fosse una cosa disdicevole. E questo anche sui quotidiani locali di informazione.
    (Vittorio Flick)

  • OLI 323: POLITICA – Liquidazioni ed encomi solenni

    Ho speso buona parte della vita lavorativa in aziende del gruppo IRI. Di scandali ne ho visti molti nel periodo 1960 – 2000: in Finsider, in Alfasud, in Finmeccanica (ripetutamente), in Fincantieri, in Ilva. Ai miei tempi, però, quando gli scandali emergevano in sede giudiziaria, oppure superavano un certo limite ritenuto, a torto, accettabile, scattava la “risoluzione per giusta causa”. Difficilmente questa era accompagnata da una “buona uscita”. Per contro, a differenza di quanto avvenuto negli Stati Uniti (Enron), poche sono state le condanne e mai, a mia memoria, azienda a partecipazione statale si è costituita parte civile.
    Quindi non mi meraviglio degli episodi di cronaca riportati in questi giorni dai giornali e solo in parte oggetto di indagine giudiziaria. Considero invece uno scandalo nello scandalo sia la liquidazione concordata con l’ex presidente del gruppo (5,5 milioni di euro) che il comunicato del Consiglio di Amministrazione che recita “i più sentiti ringraziamenti per l’altissima professionalità e il proficuo impegno che hanno consentito la crescita e l’affermazione del gruppo sui mercati internazionali…” (per il seguito si rinvia al Fatto Quotidiano del 2 dicembre u.s.). Liquidazione che, aggiunge il giornale, è pari a circa 220 anni di stipendio di un impiegato della Finmeccanica.

    Anche se ormai pensionato da tempo, formulo alcune riflessioni:
    1) L’andamento dei titoli Finmeccanica evidenzia oggi, primo dicembre, una perdita del 61,72 % rispetto al 1 gennaio 2011.
    2) La “promotion internazionale” non è stata affidata ad “area manager”, tecnicamente competenti e cresciuti in azienda, ma a faccendieri, a uomini delle pubbliche relazioni e, sempre a detta dei giornali, ad una cosi detta “ambasciatrice” sud americana proveniente da altra attività non meglio chiarita.
    3) Nessuno ha mai esternato il pesante condizionamento esercitato dai politici, non circoscritto al solo “nepotismo” e “familismo” (vedere ultimo numero di Panorama) ma esteso alla concessione di appalti, ai finanziamenti ai partiti, alle carriere manageriali interne.
    4) L’assenza di ogni verifica – controllo da parte dei consiglieri di amministrazione (profumatamente pagati); in particolare di quelli del Ministero del Tesoro (azionista di maggioranza relativa), dei sindaci e degli enti preposti.
    5) Il taglio mediatico alla questione Finmeccanica che porta ad individuare ogni responsabilità nei coniugi Guarguaglini e nel responsabile delle p.r.

    Quanto sopra unicamente per concludere, amaramente, che le conseguenze ricadranno, come sempre, sui contribuenti e, in particolare, sui lavoratori del gruppo, mentre chi è causa del disastro potrà godersi in pace la “buona uscita”. Le “buone uscite” dei c.d. manager sono infatti lievitate a livelli stratosferici, le loro retribuzioni, sia nel “pubblico” che nel “privato”, sono cresciute esponenzialmente e in modo inversamente proporzionale al potere di acquisto di pensionati e forza lavoro. Continuano ad essere richiesti, sin dagli anni ottanta, in nome di “patriottismo per una salvezza nazionale” sempre sventolata e mai raggiunta, pesanti sacrifici, cui operai, impiegati e pensionati si sono abituati, ma che hanno raggiunto e stanno superando i limiti di sopportabilità, mentre i loro figli non hanno sbocchi occupazionali significativi.
    Genova, infine, dopo le pesanti ristrutturazioni degli anni ottanta, della svendita dell’ILVA e in presenza della incombente minaccia rappresentata dalla Cantieristica, si deve preparare a ulteriori ridimensionamenti e “spezzatini” per consentire lo sviluppo di un gruppo che si sta orientando verso aeronautica e difesa, cedendo (o svendendo?) gli altri settori di attività (vedi Repubblica del 2/12/2011 – articolo di Giovanni Pons).
    (Vittorio Flick)

  • OLI 292: CULTURA – Fenzi all’Università: un parere

    “Il professore ex brigatista torna in cattedra a Balbi 4” così titolava La Repubblica – Genova lo scorso 2 marzo l’invito della facoltà di lettere ad un convegno di studio al professor Fenzi nella sua qualità di “esperto riconosciuto a livello internazionale sul Petrarca”.

    La reazione dell’AIVITER, associazione delle vittime del terrorismo, induceva i vertici dell’Ateneo a prendere la soluzione ritenuta più confacente per mettere la parola fine alle polemiche: annullare il convegno. Peraltro Sabina Rossa, figlia del sindacalista assassinato, esprimeva senza mezzi termini il suo dissenso sulla soluzione adottata dall’Università.

    Riprendeva l’intera questione il professor Coletti con l’articolo “Fenzi, la scienza, la memoria e le polemiche all’Università (La Repubblica, Genova 6 Marzo). Pacata e chiarificatrice presa di posizione del docente di Lettere, che dopo una sintetica descrizione degli anni di piombo a Balbi, le contestuali condanne espresse da Sanguineti e Croce, definite “stupende” le dichiarazioni di Sabina Rossa, precisa di considerare “sbagliato aver sospeso l’asettico convegno e assurdo che il rettore ed il preside di lettere abbiano, dopo averlo dato, ritirato il loro patrocinio”. Articolo che rifugge dal conformismo imperante anche all’università e che riafferma senza ambiguità quale dovrebbe essere la posizione nei confronti di chi, avendo sbagliato, ha espiato il suo errore. Il professore giustamente ricorda che “l’università è un luogo di studio e ricerca e l’annullamento di un convegno per ragioni non culturali è una sconfitta per la scienza”.

    Faccio parte anche io all’AIVITER e concordo con Sabina Rossa come pure con le argomentazioni del professor Coletti. Aggiungo che già anni fa non avevo condiviso il rifiuto dell’allora sindaco di Bologna di concedere nella città da lui amministrata gli spazi a Curcio che, espiata la sua condanna, doveva presentare una ricerca sulla grande distribuzione, commissionatagli dalla CGIL. Per questo ero presente alla presentazione fatta da Curcio a Genova, trovando molto interessante e documentato il suo studio, e appropriato concedere i locali nel Palazzo Ducale.

    Ritengo infatti che debbano essere pienamente reintegrati nel consorzio civile coloro che, dopo aver sbagliato, sottoposti a regolare processo, abbiano scontato la pena secondo la legislazione vigente. Mi restano invece molti dubbi su quanti, inquisiti o condannati in primo – secondo grado, possano continuare a sedere ove si gestisce la cosa pubblica, si legifera, si governa o, peggio, su chi facendosi scudo degli incarichi istituzionali possano sottrarsi alla giustizia.
    (Vittorio Flick)

  • OLI 292: LETTERE – Tricoloriamo i nostri balconi

    Mi ha colpito e sedotto, pur non essendo un nostalgico sentimentale, la proposta avanzata su Internet da più siti tra cui quello di “Giustizia e Libertà”: “tricoloriamo i nostri balconi”. Idea efficace e ad alta visibilità per esprimere consenso e adesione ai prossimi eventi “A difesa della Costituzione” (12 Marzo) e “150° anniversario dell’Unità d’Italia”.

    Inutilmente ho girato Genova alla ricerca di balconi colorati o di venditori di “tricolori”. Alle edicole mi hanno risposto non essere periodo di manifestazione sportive internazionali. Solo in via San Lorenzo, in un negozio di calzature, ho trovato quattro bandiere esposte nelle due vetrine. Un gentile signore mi ha precisato di averle comprate, a poco prezzo, a Savona in un’edicola di giornali, soggiungendo che tutta la città era imbandierata in particolare la via Boselli (a spese e cura dei commercianti).

    Ho trovato finalmente quanto cercavo in via Gramsci (Corderia Nazionale) ma ad un prezzo ben più salato di quallo richiesto a suo tempo per la “bandiera della pace”.

    Mi piacerebbe essere confortato, nei prossimi giorni, da molti balconi tricolorati per non sentirmi solo ma accomunato a quanti credono ancora che “Unità” – “Costituzione” – “Federalismo” siano valori sentiti e non taroccati per interessi personali o per motivi elettorali.

    (Vittorio Flick)