Categoria: OLI 360

  • OLI 360: PAROLE DEGLI OCCHI – Amore rosso sangue

    Niki de Saint Phalle – Giardino dei Tarocchi – Capalbio (Foto di Giovanna Profumo)

  • OLI 360: FEMMINICIDIO – Il privato è politico

    Lunedì 10 dicembre a Staglieno si è svolta una semplice cerimonia, frutto della relazione che si è creata tra la giunta Doria e le donne, attraverso i diversi gruppi che le rappersentano: nel viale che fiancheggia il ‘tempio laico’, a cura del Comune, è stata scoperta questa targa:

    Una cinquantina di persone, donne e uomini, hanno fatto arco intorno, e hanno ascoltato le brevi parole pronunciate dall’assessore comunale a Legalità e diritti Elena Fiorini, da una rappresentante di “Usciamo dal silenzio” e da una donna dell’associazione Arcilesbica.

    Un minuto di raccoglimento, e un applauso. Tutto qui. Lo scopo è che le persone che transiteranno nel viale, volta dopo volta, si confrontino con la parola, femminicidio, e ci pensino su.
    Bice di “Usciamo dal silenzio” ringrazia il Comune proprio per avere accettato di nominare questa parola: “le parole sono importanti”.
    Il termine femminicidio – utilizzato per la prima volta nel 1992 dalla criminologa Diana Russel – dichiara senza equivoci il fatto politico che molte donne sono uccise proprio perché donne. La presa datto di questa realtà è un passo per cambiare una cultura che fino a poco fa è stata sostenuta e santificata dalla legge italiana: solo nel 1981 sono stati abrogati il delitto d’onore e il matrimonio riparatore, un pugno danni ci separa da questa barbarie legislativa.
    L’assessore Fiorini ad un certo punto dice che il femminicidio “non è un problema privato”. Intende che è un problema sociale e politico che va assunto da tutti.
    Non concordo. Le violenze verso le donne, il loro estremo esito nell’assassinio, sono un problema privato, e in quanto tale politico, perché hanno radici in quello che, sotto la superficie di una legislazione finalmente più moderna, si muove nell’intimità dei rapporti tra i sessi, in molti casi ancora segnate da elementi arcaici.
    Se non si trova la strada per agire su questo piano le cose non cambieranno.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)

  • OLI 360: POLITICA – Le retour de la momie

    Le retour de la momie.
    Crudamente titola così Libération alla notizia della ricandidatura di Berlusconi, un evento che ha scorato tantissimi italiani, ma non tutti, visti i sondaggi di lunedì 11 dicembre su La7. Per il Popolo della Libertà c’è stato nel giro di pochi giorni un aumento dell’uno per cento e spiccioli, pur sempre significativo. Dunque una fetta d’Italia crede ancora al Cavaliere, mentre due terzi dell’elettorato di destra pensa, sempre secondo il servizio di Otto e mezzo de La7, che  “B. potrebbe risollevare le sorti e ritiene che non ci siano altri che lo possano fare, anche se crede che sia troppo tardi, il Paese è cambiato, ormai non è più il tempo”. Ok è il mese dell’Imu, ma inquieta non poco.
    “Allora mamma, sei contenta di poter votare di nuovo il tuo cavaliere?”.
    Ecco il saluto di mio figlio su Skype, citando il “Mamma mia ritorna” dell’Economist. Lui, giovane ingegnere che lavora all’estero, ragazzo di 25 anni, che frequentava le elementari quando vide per la prima volta il “faccione” di Berlusconi sui manifesti giganti lungo la strada per la scuola, una scuola che gli regalava un po’ di vacanze per le elezioni, una consuetudine di tutti gli anni o quasi, come imparò da studente.
     Lo stesso ragazzo entusiasta di poter votare on line per le Primarie del centrosinistra: un piccolo tamtam, più che altro un ping pong fra amici per avvisare che loro dall’estero avrebbero potuto votare sin dal sabato, non soltanto la domenica come in Italia. Da Londra, dove ha vinto Renzi, da Bruxelles, che ha visto Bersani vincitore, da Parigi che ha incoronato Vendola. Pochi voti ma importanti.
     Non più sorrisetti come un anno fa, battutone non appena si parlava d’Italia, ma voi avete Ruby, l’han votato in Parlamento e poi la dacia e le ragazze, le televisioni del cavaliere: un tormento e una resa senza storia, inutile ribattere che non tutti tifavano per B., come non tutti impazziscono per il Milan.
     Vent’anni sono una vita: era da poco caduto il muro di Berlino, è arrivato internet, gli americani hanno eletto e rieletto un nero a presidente degli States, poi c’è stata la primavera araba… E noi? Ancora lui, il Berlusca. Domenica scorsa il giovane emigrante è stato da Cécile, tirocinante francese insegnante di lingue, per il suo flat warming, ovvero la festa d’inaugurazione dell’appartamento, preso con un gruppo di amici, tra cui Giovanni, architetto valdostano, partito dall’Italia con EurOdyssée, programma di scambio tra regioni europee per giovani lavoratori e Nicola, matematico da Forlì.
     “Ancora?” commentavano, rabbrividendo ai titoli dei media planetari.
    Quasi centomila le nuove iscrizioni all’Aire già a giugno di quest’anno, secondo Rapporto Migrantes, italiani all’estero che cercano chance altrove, hanno nel cuore l’Italia e tante sono le Associazioni dai diritti ai talenti, dalla Nave di Barcellona a Fonderia Oxford, a InnovItalia: quando li senti parlare sono felici dell’esperienza all’estero, da chi ancora studia, da chi già lavora, da chi racconta i benefit se hai figli piccoli. In tutta Europa, negli States, ma anche in Australia, risorse umane che l’Italia sta regalando al mondo.
     Chissà se riusciranno a tornare prima o poi, senza rivedere e risentire l’intramontabile Berlusconi: ma chi l’ha detto che vecchio è prezioso sempre?
    (Bianca Vergati – immagine di Guido Rosato)

  • OLI 360: CITTA’ – Nuovo Puc, vecchio posteggio

    La salita a piedi verso il Fassicomo è diritta e piega i cuori non allenati, ma alla fine si arriva proprio di fronte al muro che sarà abbattuto per far passare i mezzi di cantiere. Dietro il muro una vegetazione impazzita da anni di incuria, ma pur sempre un po’ di verde in mezzo al cemento collinare che determina, a valle, la situazione alluvionale che tutti conosciamo. A lato, a valle del “bosco del Fassicomo”, tre condomìni interessati per vicinanza dalla costruzione di un nuovo posteggio, un progetto di silos privato di 98 posti auto con  sopra un po’ di verde acrilico e alcuni alberi salvati dalle ruspe, con due nuovi campi da calcio proprio all’altezza delle finestre. Una zona dove, oggi, costruire sarebbe vietato: troppa pendenza, ma per una magia tutta italiana la firma del Comune arriva due giorni prima del 7 dicembre 2011, data fatidica della votazione in Comune del nuovo Puc.
    Andrea Risso, il “patron” del comitato spontaneo che ha fatto ricordo al Tar riuscendo per ora a bloccare i lavori (vedi video nel M5Stelle), mi accompagna sul tetto del suo condominio, proprio di fronte al terreno che alcuni operai hanno cominciato a ripulire tagliando un po’ di alberi, sfoltendo i rovi, creando un inizio di strada di cantiere. Dall’alto, o meglio dalla stessa quota del cantiere, si comprende che l’opera sarà piuttosto invasiva, impatterà certamente sulla tranquillità degli abitanti per la presenza dei due campi da calcio, sia per il rumore che per l’illuminazione.
    Attualmente, la struttura del Fassicomo ha già un campo di calcio che resta più alto rispetto ai condomini sottostanti, nascosto dalla costruzione stessa che lo eleva oltre la visuale. I due nuovi campi sarebbero invece di fronte alle finestre dell’ultimo piano, difficile pensare a serate serene nelle notti d’estate.
    Un copione fin troppo conosciuto è che tutto l’iter per arrivare alla firma del permesso a costruire avviene con il parere contario del Municipio, che però sulla risposta favorevole degli uffici centrali non fa nulla per organizzare un incontro con i cittadini nel quale valutare il grado di sostenibilità sociale del nuovo inserimento.
    L’occasione di questa pratica consente un approfondimento sul pasticcio del nuovo Puc. Nel permesso a costruire, un articolo pone un paletto ben chiaro alla sua validità: l’entrata in vigore di norme in contrasto col permesso rilasciato ne determina la decadenza, se i lavori non fossero ancora iniziati. Ma nel nuovo Puc, si avvalora invece la tesi che tutti i permessi rilasciati prima della sua adozione sono da ritenersi validi: alla faccia della salvaguardia del territorio, del “costruire sul costruito”, delle linee verde, blu e sbirulò.
    Così il principio di salvaguardia viene messo in cantina per tutti i permessi a costruire emessi prima del 7 dicembre 2011: quasi una data spartiacque, o meglio spartisoldi, nel comune di Genova.
    (Stefano De Pietro)
    Intervista del Movimento 5 Stelle ad Andrea Risso
  • OLI 360: AMBIENTE – Posti barca, posti asilo e buchi nell’acqua

    Allora Signora, lo vuole comprare un bel posto barca a Chiavari? – il sorriso accattivante è quello del venditore di lungo corso
    No grazie. Non sono interessata. Ma mi tolga una curiosità: quanto ha pagato la sua azienda per gli oneri di urbanizzazione?
    Ma che razza di domanda è questa? – il sorriso sfiorisce, al suo posto un franco disappunto.

    Fiera di Genova, Salone delle Identità Territoriali, 24 novembre, diversi stand per promuovere qualsiasi cosa: dalla donna imprenditrice, all’essenza alla lavanda, al canestrello, fino all’acciuga di Camogli, e perché no? Anche il posto barca. Un evento tra mercatino del Tirolo, fiera gastronomica, Ted Conference: in cerca di identità, appunto.

    L’agente di posti barca risponde vago alla domanda accennando a milioni di euro a favore del Comune di Chiavari. Il progetto – brochure alla mano – dovrebbe fare incassare all’ente pubblico una bella cifra: 149 posti barca e 147 posti auto. Quindi sarebbe interessante sapere con precisione il beneficio effettivo per chi non ha un natante da parcheggiare, giusto per persuaderlo che il porticciolo vale la candela.
    E se un posto barca corrispondesse a un posticino in un asilo nido?
    O a un posto a letto in residenza protetta per un anziano?

    In Liguria ce ne sono pochi – mi dice un’amica che va in barca – in Francia è pieno.
    Ride dei circa 350 posti barca in costruzione a Ventimiglia, poco lontani da Villa Hanbury e dal confine.
    Il cantiere, visto dall’alto pare un cratere sul mare, destinato a soddisfare le voglie di approdo anche dei pirati.
    Tre anziani seguono imperturbabili l’avanzamento lavori.
    Forse hanno capito che il buco nell’acqua esiste.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 360: ESTERI – Integralismo religioso del terzo tipo

    Tutti gli integralismi religiosi sono da condannare, non soltanto quello musulmano e quello cristiano ma anche quello ebraico. L’informazione italiana, purtroppo, trascura molto il fondamentalismo ebraico. Non vi è stata, infatti, alcuna traccia delle due notizie riguardanti questo integralismo riportate la prima dal  Daily Mail del 28 novembre e la seconda da Israel Hayom del 7 dicembre. Notizie che se riguardassero la religione o un paese musulmano avremmo trovato in prima pagina su tutti i giornali e tra le più importanti di tutti i telegiornali. Il Daily Mail racconta del processo contro un rabbino della comunità ebraica di New York che avrebbe abusato sessualmente di una ragazzina per diversi anni. I genitori della ragazza avevano portato la loro figlia ribelle di 12 anni da lui dopo che lei aveva violato diverse rigorose regole della setta ebraica Satmar Hasidic, tra cui la lettura di riviste come Cosmopolitan e People, e aveva osato indossare calze troppo sottili. Il Rabbino Weberman, leader rispettato della piccola comunità, doveva ricondurre la ragazza all’osservanza della dottrina ultraconservatrice. Invece, qualche anno più tardì, la giovane ha confidato che il rabbino abusava sessualmente di lei.
    La notizia di Israel Hayom riguarda invece un cartello pubblicitario a Gerusalemme che ha suscitato un grande scalpore tra gli attivisti che operano contro l’esclusione delle donne dalla sfera pubblica in Israele. Il cartello ordina alle donne di nascondersi per non tentare gli uomini in preghiera. “Aspetta tuo marito dietro il furgone bianco e luoghi del genere in modo da non essere un ostacolo per chi prega”, dice il cartello, fotografato dal Canale 2 israeliano.
    Al di là delle dichiarazioni della destra italiana che ha sempre strumentalizzato il maschilismo islamico e i diritti delle donne musulmane per diffondere il razzismo tipico della parte peggiore dell’Italia, e promuovere e giustificare la guerra contro i popoli ai quali appartengono queste donne, fondamentale sarebbe che la sinistra italiana – quella che si è battuta per la pace e per i diritti delle donne – si preoccupasse di tutelare anche le donne ebraiche dall’integralismo ebraico, le donne cristiane dall’integralismo cristiano, allo stesso modo con cui si è preoccupata di tutelare quelle afghane ed egiziane dall’integralismo islamico, altrimenti le battaglie per le donne non hanno efficacia e risultano poco credibili perché rischiano di essere confuse con la campagna antislamica occidentale.
    (Saleh Zaghloul  – foto da internet) 

  • OLI 360: TESTIMONIANZE – Perché vai in Palestina?

    Vittorio Arrigoni

    Perché vai in Palestina? Al corso di formazione per andare nei territori occupati mi chiedono cosa mi spinge a fare questo viaggio, cosa mi fa paura e cosa mi aspetto.
    L’ultima volta che sono stata in Palestina è stato quattro anni fa e da quel periodo sono successe molte cose in quella terra: l’occupazione militare si espande, gli arresti e incursioni sono maggiori, l’operazione piombo fuso che a Gaza mette in ginocchio una popolazione, l’assassinio di Vittorio che avevo conosciuto a Genova e che mi aveva dato il suo libro “Restiamo umani”, la collaborazione al documentario per la traduzione di “Le lacrime di Gaza” ecc.
    Ho voglia di tornare in Palestina e interagire con persone che vivono quotidianamente l’occupazione, ho voglia di entrare nelle loro storie e nel loro vissuto e mi piacerebbe tornare in Italia con delle interviste e del girato da mostrare. Se ho paura? Sì certo, sono consapevole di trovare un clima di tensione, ho paura di non saper gestire le eventuali ansie, ho paura di non sapermi muovere da sola in un paese in conflitto e ho l’ansia di subire un eventuale interrogatorio per entrare ed uscire dal paese da parte delle autorità israeliane. Cosa mi aspetto? Giornate cariche di input che mi permettono di mettermi in gioco ogni momento. Certo che le paure ci sono, ma le motivazioni per partire sono maggiori. Prenoto un biglietto aereo e dopo 15 giorni mi trovo sull’aereo per Tel Aviv: prima destinazione Ramallah nei territori occupati, poi si vedrà. Starò in Palestina circa un mese.
    Tutto quello che mi motivava e che mi angosciava prima della partenza si è avverato.
    A distanza di quattro mesi dal mio ritorno penso sia stato un viaggio forte sia emotivamente sia psicologicamente, un viaggio difficile ma intenso. Ho vissuto incontri emozionanti, ho ascoltato storie che mi sono entrate nel cuore, storie di una Palestina che subisce l’occupazione militare israeliana e che subisce violenze e assedi affinché gli interessi economici israeliani siano difesi e tutelati; ho raccolto storie di palestinesi che hanno ricordato momenti della prima o seconda intifada, ho incontrato i profughi che vivono nei campi sia in Palestina sia in Libano a Chabra e Chatila e che sono entrati per la prima volta nella loro terra. Storie di persone che fanno resistenza non violenta e soprattutto storie di palestinesi che hanno voglia di normalità.
    Cerco di documentare e di intervistare, però la maggior parte delle volte è bello stare a contatto con le persone senza una telecamera che separi l’intimità che si crea; sono tutti molto ospitali, ti invitano a casa e con la scusa di bere un tè insieme ognuno entra nella vita dell’altro. Non è sempre facile girare nei territori, i controlli da parte dei militari israeliani sono all’ordine del giorno, le lunghe attese ai check point mi innervosiscono; non riesco ad abituarmi al filo spinato disseminato ovunque, alle torrette di controllo e al muro che divide i due popoli, ai rumori assordanti di alcuni aerei militari che periodicamente sfrecciano nell’aria. Tutto questo è assurdo. Cercherò di raccontarvelo.
    (Maria Di Pietro – immagine da internet)

  • OLI 360: SOCIETA’ – Cercando Itaca, a Genova

    Ho da poco conosciuto “Itaca Sostiene – Amministrazioni di sostegno solidale”.
    Ne avevo bisogno, il peso di problemi mai risolti fino in fondo per raggiungere un sempre lontano sereno vivere si è molto alleggerito. Ho trovato con chi condividere le mie vicende familiari.
    Sta nell’aggettivo “solidale” il compito e l’obiettivo di questa associazione, nata da pochissimo tempo per l’impegno di un piccolo gruppo di volontari, guidati dalla presidente Barbara Benazzi, che ha messo a disposizione la sua esperienza sul campo e la sua competenza legale per dare vita ad una associazione che si pone come tramite e guida per chi è disorientato, cominciando col conoscere i problemi del territorio, raggiungere le famiglie, costruire un progetto di sostegno.
    Alle spalle di questa iniziativa sta la difficoltà di rendere effettivo quanto prevede la legge 6/2004 relativamente all’istituzione “dell’amministrazione di sostegno” che, per migliorare la qualità di vita di persone socialmente deboli, dovrebbe coinvolgere a cascata il tribunale, i servizi sociali, i servizi sanitari, e le associazioni di “automutuo aiuto”.
    Una bella legge, che intendeva completare l’opera della vecchia legge Basaglia che ha liberato dall’isolamento dei manicomi i sofferenti di malattie psichiatriche considerati un pericolo per la società. Rimaneva però l’istituto dell’interdizione che collocava i pazienti psichiatrici, considerati incapaci di intendere e di volere, fra i cittadini esclusi dai diritti civili.
    Questa Legge, istituendo la figura dell’Amministratore di Sostegno, supera l’interdizione e si adatta alle esigenze personali di soggetti fragili sostenendoli nella quotidianità e restituendo loro dignità di cittadini.
    La legge 6/2004 inoltre non riguarda solo i pazienti psichiatrici, ma tutti i soggetti temporaneamente o definitivamente non autosufficienti: anziani, ammalati di Alzheimer, di Parkinson, persone afflitte da dipendenze (gioco d’azzardo, sostanze tossiche, alcool …), i giovani portatori di handicap e le loro famiglie che pensano con preoccupazione al “dopo di noi”.
    Farla conoscere era una vera necessità, per sopperire a grossi limiti di applicazione.
    Il Tribunale non basta, e il necessario rapporto di collaborazione tra i vari soggetti indicati dalla legge avviene molto raramente perché tante sono le difficoltà che impediscono la continuità di comunicazione fra gli addetti ai lavori.
    Così “Itaca sostiene” ha già organizzato primi incontri incontri presso il Municipio 8 Medio levante e presso il Municipio 2 Genova Centro Ovest. Altri se ne organizzeranno, col proposito di sensibilizzare e soprattutto di informare e formare le famiglie.
    Sono occasioni in cui il punto di vista del legale si amplia e si completa col punto di vista degli addetti ai servizi, dei medici e in, primo piano, degli utenti: quelli già organizzati in associazioni di automutuoaiuto e i moltissimi isolati nel territorio, in quartieri inquinati da troppi problemi, nascosti in famiglie prigioniere della loro sofferenza, conosciuti quando sono divenuti casi che esplodono drammaticamente. Non è un compito facile. C’è molto lavoro da fare. Io ho deciso di farne parte.
    Sul sito http://www.itacasostiene.it/ chiunque sia interessato troverà le informazioni sull’attività della associazione e il calendario delle iniziative in programma.
    (Gabriella Banti- immagine da internet)