Tutti gli integralismi religiosi sono da condannare, non soltanto quello musulmano e quello cristiano ma anche quello ebraico. L’informazione italiana, purtroppo, trascura molto il fondamentalismo ebraico. Non vi è stata, infatti, alcuna traccia delle due notizie riguardanti questo integralismo riportate la prima dal Daily Mail del 28 novembre e la seconda da Israel Hayom del 7 dicembre. Notizie che se riguardassero la religione o un paese musulmano avremmo trovato in prima pagina su tutti i giornali e tra le più importanti di tutti i telegiornali. Il Daily Mail racconta del processo contro un rabbino della comunità ebraica di New York che avrebbe abusato sessualmente di una ragazzina per diversi anni. I genitori della ragazza avevano portato la loro figlia ribelle di 12 anni da lui dopo che lei aveva violato diverse rigorose regole della setta ebraica Satmar Hasidic, tra cui la lettura di riviste come Cosmopolitan e People, e aveva osato indossare calze troppo sottili. Il Rabbino Weberman, leader rispettato della piccola comunità, doveva ricondurre la ragazza all’osservanza della dottrina ultraconservatrice. Invece, qualche anno più tardì, la giovane ha confidato che il rabbino abusava sessualmente di lei.
La notizia di Israel Hayom riguarda invece un cartello pubblicitario a Gerusalemme che ha suscitato un grande scalpore tra gli attivisti che operano contro l’esclusione delle donne dalla sfera pubblica in Israele. Il cartello ordina alle donne di nascondersi per non tentare gli uomini in preghiera. “Aspetta tuo marito dietro il furgone bianco e luoghi del genere in modo da non essere un ostacolo per chi prega”, dice il cartello, fotografato dal Canale 2 israeliano.
Al di là delle dichiarazioni della destra italiana che ha sempre strumentalizzato il maschilismo islamico e i diritti delle donne musulmane per diffondere il razzismo tipico della parte peggiore dell’Italia, e promuovere e giustificare la guerra contro i popoli ai quali appartengono queste donne, fondamentale sarebbe che la sinistra italiana – quella che si è battuta per la pace e per i diritti delle donne – si preoccupasse di tutelare anche le donne ebraiche dall’integralismo ebraico, le donne cristiane dall’integralismo cristiano, allo stesso modo con cui si è preoccupata di tutelare quelle afghane ed egiziane dall’integralismo islamico, altrimenti le battaglie per le donne non hanno efficacia e risultano poco credibili perché rischiano di essere confuse con la campagna antislamica occidentale.
(Saleh Zaghloul – foto da internet)
Categoria: rete di donne contro la violenza
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OLI 360: ESTERI – Integralismo religioso del terzo tipo
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OLI 358: CITTA’ – De Ferrari crocevia: donne, Gangnam style e Palestina
Foto di Giorgio Bergami Sabato 24 novembre Piazza De Ferrari è stato un interessante crocevia, e forse è proprio questo insieme, questa contemporaneità di eventi, che andava raccontata. Attorno ai gradini di Palazzo Ducale dal primo pomeriggio bandiere, musica araba e un centinaio di persone che manifestavano a sostegno del popolo palestinese e per raccogliere medicinali tramite l’associazione Music for Peace. L’evento più separato e ignorato. Contemporaneamente le donne della “Rete di donne per la politica” e di “Se non ora quando” avevano iniziato ad allestire una iniziativa contro la violenza sulle donne: uno ad uno più di cento di palloncini bianchi sono stati gonfiati, vi è stata disegnata in nero una croce, e sono stati gettati nella fontana, con l’acqua colorata in rosso.
Un palloncino per ogni donna uccisa in Italia dalla violenza maschile. Poi a poco a poco iniziano ad arrivare ragazzine e ragazzini, girano intorno alla fontana rossa che si sta popolando dei palloncini, qualcuno li prende, li tira di nuovo nell’acqua, giocano, non capiscono, e chiedono. Non sapevano cosa volesse dire, che senso dare a quel rosso e a quel bianco. Manifestano stupore, non riescono a credere che i violenti siano quasi sempre dentro la famiglia.
Molte e molti non avevano proprio idea dell’esistenza e della dimensione della violenza verso le donne, solo in pochi casi ne avevano parlato a scuola. Le giovanissime ragazze però si sentono forti: “li mettiamo a posto noi, i maschi!” Una mi dice: “ma adesso tra un po’ come facciamo? Voi fate questa cosa e alle quattro e mezza noi balliamo la danza coreana … ” e mi fa dei gesti ritmici che suppone che io comprenda al volo. Questa volta sono io a non capire.
Nella mia disinformazione nulla sapevo di questo flash mob promosso via Face Book per ballare il ‘Gangnam Style’. Non sapevo che su Youtube il video che ha reso famoso questo ballo ha avuto 825.545.515 visualizzazioni, in assoluto il più visualizzato del mondo, e ingenuamente le dico, beh qui c’è spazio per tutti … Proprio non immaginavo. E ancor nemmeno immaginavo che potesse esserci un anello di congiunzione tra cose tanto diverse.Lo scopro quando vedo le studentesse del “Gobetti”, anima coreografica dell’evento, indossare delle magliette tutte eguali, con davanti scritto in rosa “Respect, I’m pro woman” e dietro “Ne tocchi una, ci tocchi tutti”. Portano cartelli e scandiscono slogan che si collegano a quelli di anni passati Le donne di oggi hanno memoria, fuori la violenza dalla storia, Abbattiamo il muro della violenza, Col silenzio e l’indifferenza si nasconde la violenza. Alcuni ragazzi al collo portano scritto La violenza sulle donne fa violenza anche a me. Si scopre che se ne è parlato in classe, che le ragazze hanno fatto una ricerca, hanno trovato slogan del passato, e li hanno uniti alle parole e ai gesti del presente.
(Paola Pierantoni – foto dell’autrice e di Giorgio Bergami)Links
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