(Saleh Zaghloul)
Categoria: regolarizzazione
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OLI 354: Immigrazione – Il flop della sanatoria
Circa 130 mila datori di lavoro che impiegavano (in nero) immigrati senza permesso di soggiorno hanno presentato una domanda di condono nel periodo dal 15 settembre al 15 ottobre in base ad un apposito decreto del governo Monti. Lo stesso decreto prevede anche la regolarizzazione della situazione di soggiorno dei lavoratori dichiarati dai loro datori di lavoro. Nessuno sa con precisione quanti sono gli immigrati che vivono in Italia senza permesso di soggiorno. Alcune stime, prima della regolarizzazione/condono, indicavano la presenza di circa 500 mila, altri di un milione di irregolari. La ministra dell’Interno Annamaria Cancellieri commentando tali risultati ha detto che “l’obiettivo era cercare di far venire fuori, all’aperto, tutte le situazioni di ‘nero’ che c’erano”. “Probabilmente – dice – non erano tante, il fenomeno non era così diffuso come si pensava”. Commenti negativi sono giunti dalla Caritas Ambrosiana, dall’Arci e dalla Cgil che chiedono al Governo un ripensamento. Jamal Quaddorah, responsabile immigrazione della Cgil Campania, dice che la sanatoria è stato un grande fallimento visto che le stime parlavano di circa 500 mila immigrati irregolari. Il sindacalista della CGIL ha denunciato il fatto che molti datori di lavoro hanno fatto pagare il costo del condono ai lavoratori immigrati e che altri hanno licenziato i lavoratori pur di non pagare tali costi (1000 Euro + 6 mesi di contributi previdenziali e fiscali arretrati), altri hanno dichiarato come lavoratori domestici i loro lavoratori edili o agricoli per pagare i costi minimi del condono. Valentina Brins dell’Associazione Italia Razzismo, commentando il “Poche domande? Pochi irregolari” della ministra Cancellieri, dice di non essere d’accordo e che “il motivo della scarsa partecipazione è legato alla difficoltà di rispettare tutti i parametri previsti. Oltre tutto non si ha mai dato una minima garanzia di non essere espulsa o comunque denunciata, alla persona il cui datore di lavoro non fosse riuscito a terminare positivamente la pratica di regolarizzazione.” Strano modo quello adottato dal governo Monti per regolarizzare gli immigrati attraverso domande di condono che presentano i loro datori di lavoro che li impiegano irregolarmente. Persino un governo di politici avrebbe capito che non avrebbe funzionato e che “rischia di offrire un messaggio ai datori di lavoro che in questo momento, di guerra dichiarata contro l’evasione fiscale, non pare certo opportuno: è possibile farla franca perché tanto, prima o poi, ci sarà un nuovo condono”. La regolarizzazione infatti doveva essere per gli immigrati, non per chi li aveva fatti lavorare in nero: andava rilasciato un permesso di soggiorno a tutti coloro che non avessero commesso reati gravi.
(Saleh Zaghloul) -
LE CARTOLINE 2012: IMMIGRAZIONE – Regolarizzazione o condono
L’articolo di Tito Boeri “Il condono e gli immigrati”, pubblicato da La Repubblica (11 settembre) è molto interessante. Ha ragione Boeri quando scrive che la sanatoria, più che una regolarizzazione per gli immigrati, è un condono contributivo (e fiscale) e che “rischia di offrire un messaggio ai datori di lavoro che in questo momento non pare certo opportuno: è possibile farla franca perché tanto, prima o poi, ci sarà un nuovo condono”. La regolarizzazione infatti doveva essere per gli immigrati (circa un milione), non per chi li aveva fatti lavorare in nero: andava rilasciato un permesso di soggiorno per tutti coloro che non avessero commesso reati gravi.
Boeri fa una giusta critica delle politiche migratorie degli ultimi dieci anni ma il fallimento in materia è almeno ventennale. Vede soltanto i misfatti del centrodestra e della legge Bossi-Fini di dieci anni fa, ma non quelli del centrosinistra e della legge Turco-Napolitano (1998). La doppia ipocrisia di cui scrive Boeri è infatti alla base di entrambe le leggi. La terza ipocrisia, non citata nell’articolo, è invece la principale, quella di pretendere di poter impedire gli ingressi irregolari e, di fronte all’ingresso irregolare di centinaia di migliaia di immigrati, di trasformarli in soggetti (oggetti) senza diritti, esposti al lavoro nero e ad ogni ricatto (secondo le leggi del centrosinistra) e addirittura perseguibili del reato di clandestinità (secondo il centro destra).
La discontinuità auspicata da Boeri dovrebbe iniziare da una revisione di tutta la politica degli ingressi e la soluzione non è certamente quella della politica degli ingressi selettivi, di immigrati qualificati o culturalmente più vicini a noi, ma quella di rendere semplicemente possibili gli ingressi regolari, almeno quelli di cui il paese ha bisogno. Dall’altra parte non basta la cancellazione del reato di clandestinità, ma occorre una forte politica di regolarizzazione permanente di tutti i presenti sul territorio nazionale. Civiltà, democrazia, libertà, trasparenza, legalità e lavoro regolare contrastano fortemente con la presenza di persone irregolari prive di alcun diritto.
Boeri scrive del “contratto di soggiorno che vincola la presenza regolare al fatto di avere un lavoro, al termine del quale bisogna tornare a casa se non si trova lavoro entro sei mesi”. In verità questa norma non esiste più: è stata modificata dalla riforma Fornero.
Infine, sono necessarie riforme politiche e culturali: diritto al voto, cittadinanza, rispetto e valorizzazione delle diversità culturali e religiose. L’assenza totale della rappresentanza e del punto di vista degli immigrati non ha aiutato chi deve disegnare e governare le politiche migratorie. La rappresentanza politica e sociale degli immigrati non avviene tramite associazioni e comunità immigrate non rappresentative o attraverso quelle definite da Sergio Romani “nomenklature composte da persone ambiziose che aspirano a servirsi dei loro connazionali per diventare gli interlocutori accreditati delle autorità”. La rappresentanza non si realizza con le consulte ed i consiglieri aggiunti senza diritto di voto o attraverso personaggi assimilati, incuranti e addirittura irrispettosi delle loro origini e diversità culturali. La rappresentanza dovrebbe avvenire attraverso la partecipazione di tutte le persone immigrate allo stesso processo politico e sociale dei cittadini italiani esercitando pari diritti politici, a partire da quello del voto, ed attraverso la loro vera ed effettiva partecipazione e rappresentanza nelle varie istituzioni dello Stato e della società (parlamento, consigli comunali e regionali, partiti, associazioni, sindacati, ordini professionali, ecc).
(Saleh Zagholul – foto di Giovanna Profumo) -
OLI 328: IMMIGRAZIONE – Regolarizzazione semplificata e di lunga durata
La settimana scorsa ACLI e CGIL hanno chiesto al governo la regolarizzazione degli immigrati irregolari. Il segretario della CGIL, Susanna Camusso, ha detto a la Stampa, che “la regolarizzazione porterebbe nelle casse dello Stato 5 miliardi di euro, risorse che potrebbero essere utilizzate per gli ammortizzatori sociali e per rilanciare l’occupazione”. Richiesta, dunque giusta ed opportuna, ma come fare la regolarizzazione?
Le regolarizzazioni/sanatorie che si sono fatte dal 1987 ad oggi, una ogni circa cinque anni, hanno avuto uno svolgimento burocratico terribile. Sono state fatte concentrando la presentazione di centinaia di migliaia di domande in due o tre mesi. Ingolfando gli uffici stranieri delle questure, delle prefetture, delle poste, del sindacato e delle associazioni di volontariato e facendo “impazzire” i lavoratori di questi uffici. E’ come permettere agli automobilisti di fornirsi di carburante soltanto al lunedì di ogni settimana dalle 8.00 alle 14.00. Si scatena tra gli irregolari una disumana corsa contro il tempo, si usano tutti i mezzi per poter presentare domanda, si accetta ogni ricatto, si compra e si vende di tutto dal contratto di lavoro falso al proprio corpo. Si rivitalizzano le associazioni a delinquere di venditori e falsificatori di contratti di lavoro e se ne formano delle nuove. Il primo contatto degli immigrati con le istituzioni del nostro paese avviene aggirando regole e legalità. Centinaia di migliaia di domande vengono rifiutate e altre rimangono sospese per anni (ancora oggi vengono riesaminate le domande presentate durante l’ultima regolarizzazione del 2009 (colf e badanti). E’ inoltre assurdo che un paese civile e democratico riconosca così esplicitamente che prima di permettere la regolarizzazione di centinaia di migliaia di immigrati essi devono lavorare in nero per cinque anni con annessa evasione fiscale e contributiva e violazione dei diritti che in certi casi arriva allo sfruttamento ed alla schiavitù.
Un’operazione necessaria quale è la regolarizzazione degli immigrati irregolari è stata applicata in maniera assurda, complicata e dannosa per il paese, per chi cerca di regolarizzarsi e per chi si ne occupa. Quando, invece, per l’emersione dal lavoro nero degli immigrati irregolari si possono utilizzare gli stessi strumenti che si usano per i lavoratori italiani e dove è possibile presentare domanda tutti i giorni del mese, tutti i mesi dell’anno, per anni. Così è stata, ad esempio, l’emersione prevista dalla legge 383/2001 (Tremonti bis). Un altro strumento è quello dei piani d’emersione territoriali e nazionali che oggi il sindacato sta proponendo al governo Monti. Questi strumenti (previsti per i lavoratori italiani ed immigrati regolari) vanno adeguati in maniera da prevedere l’emersione anche del lavoratore immigrato irregolare e il rilascio in questo caso del permesso di soggiorno. Nel caso di rifiuto del datore di lavoro di presentare la domanda d’emersione va prevista l’emersione in base a richiesta e vertenza del lavoratore stesso e il rilascio del permesso di soggiorno (previa verifica) anche in questo caso. Inoltre, il dispositivo legislativo della regolarizzazione deve contenere la revoca d’ufficio delle precedente espulsioni amministrative per chi emerge dal sommerso e dalla “clandestinità”.
(Saleh Zaghloul, immagine di Guido Rosato) -
OLI 318: IMMIGRAZIONE – Caritas, 684.413 immigrati spediti nella clandestinità nel 2010
Secondo i dati del Dossier statistico immigrazione 2011 curato dalla Caritas, sono 684.413 i permessi di soggiorno che non sono stati rinnovati nel corso del 2010. Sono persone che si erano faticosamente regolarizzate, ora trasformate in irregolari, visto che quando perdono il permesso di soggiorno non ritornano nei loro paesi d’origine ma restano qui in clandestinità a lavorare in nero. In un solo anno è stato cancellato il risultato di tre provvedimenti di regolarizzazione (o sanatorie) che hanno richiesto almeno dieci anni di tempo: c’è stata una regolarizzazione circa ogni cinque anni e l’ultima (quella di colf e badanti) ha sanato la posizione di circa 200 mila persone. In un solo anno è stato polverizzato il lavoro faticoso e molto costoso degli Uffici Immigrazione di Prefetture e Questure, dei Patronati, delle Poste e delle ambasciate.
La crisi potrebbe aver contribuito in questo gravissimo fatto ma la maggiore responsabilità è da attribuirsi alle norme sul rinnovo del permesso di soggiorno e l’interpretazione restrittiva con la quale vengono applicate: perdere il contratto di lavoro equivale a perdere il permesso di soggiorno. La convenzione OIL n. 143/75, ratificata dall’Italia, tuttavia, dispone il contrario: “il lavoratore migrante non potrà essere considerato in posizione illegale o comunque irregolare a seguito della perdita del lavoro, perdita che non deve, di per sé, causare il ritiro del permesso di soggiorno”.
I più colpiti sono i lavoratori dipendenti poiché le norme sul rinnovo sono più rigide. Colpite anche le famiglie, poiché il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di famiglia dipende dalla situazione del lavoratore stesso. Infatti in se il lavoratore perde il permesso di soggiorno, lo perdono i suoi familiari. Intere famiglie sono spedite nella clandestinità. Ecco i dati del Dossier Caritas in dettaglio: sono 398.136 i permessi di soggiorno non rinnovati che erano stati rilasciati per lavoro subordinato, 49.633 per lavoro autonomo, 220.622 per motivi di famiglia e 160.220 per attesa occupazione.
Preso atto che nulla è cambiato nelle leggi e nella loro applicazione, possiamo facilmente dedurre che anche quest’anno altrettante persone sono/saranno trasformate in “clandestini”. Malgrado la crisi, alcuni settori come, ad esempio, l’edilizia, l’agricoltura e servizi hanno bisogno vitale di mano d’opera immigrata. Perché privare l’economia italiana, che ha bisogno di crescere, dalla possibilità di impiegare legalmente lavoratori che conoscono la lingua italiana e che sono già formati? A chi giova condannare oltre un milione di persone alla clandestinità e al lavoro nero? Per quale ragione viene favorita l’evasione fiscale e la concorrenza sleale a sfavore dei datori di lavoro rispettosi della legalità? A chi giova togliere ad un numero enorme di persone la possibilità di avere alcun rapporto con le istituzioni e con le forze dell’ordine in particolare, da cui sono costretti a nascondersi per non essere espulsi? A chi giova esporli a rapporti con tutti gli altri soggetti criminali che si nascondono dalle istituzioni? Tutto questo è certamente un grave danno al paese, è ingiustificabile ed irresponsabile.
(Saleh Zaghloul) -
OLI 303: IMMIGRATI – La circolare è buona? Allora sospendiamola..
Molte domande di emersione dal lavoro irregolare (regolarizzazione del lavoro domestico e di cura alla persona del 2009) sono state rigettate in base ad un’interpretazione del ministero dell’interno per la quale il reato di mancato ottemperamento all’ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato è ostativo alla regolarizzazione.Il Consiglio di Stato con due sentenze del 2 e del 10 maggio 2011, recepisce la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE basata sulla Direttiva 2008/115/CE (Direttiva Rimpatri) ed accoglie i ricorsi contro i provvedimenti di rigetto delle domande di regolarizzazione fondati sull’interpretazione ostativa di cui sopra.A questo punto il Ministero dell’Interno il 24 maggio 2011, per evitare ulteriori condanne a pagare i risarcimenti e spese processuali, emana una circolare nella quale si raccomanda agli Sportelli Unici ed Uffici Immigrazione delle Questure di cambiare interpretazione: di accogliere d’ufficio le istanze non ancora definite e di valutare caso per caso le istanze già definite su richiesta del lavoratore straniero interessato.Queste sagge indicazioni del Ministero dell’Interno durano solo due giorni e rischiano di sparire del tutto: una seconda circolare dello stesso Ministero del 26 maggio 2011, dispone, infatti, di sospendere temporaneamente tali indicazioni.Comportamento denunciato dalla CGIL e dalla segretaria confederale nazionale Vera Lamonica. Nel comunicato stampa del 27 maggio 2011 pubblicato su http://www.cgil.it/ si legge che “La sospensione di un atto, peraltro dovuto, la dice lunga sullo stato di confusione e di pressapochismo in cui ormai versa il Ministero degli Interni in materia di immigrazione. Viene spontaneo pensare anche alla consueta e propagandistica strumentalità, orientata più alla campagna elettorale in atto che alla soluzione dei problemi delle persone. Chiediamo al Ministro – conclude – di risolvere questo stato di gestione confusionale e di ripristinare da subito diritto e buon senso”.(Saleh Zaghloul)
