Categoria: Torino

  • OLI 345: TRASPORTI – Divorzio da Amt

    Una signora di 83 anni mi confida il suo divorzio, ormai definitivo, da Amt.
    Fino all’aumento tariffario in vigore dallo scorso 1 febbraio 2011 lei si poteva permettere l’abbonamento annuale: l’età e l’invalidità superiore al 66% le davano diritto ad una tariffa agevolata sostenibile, sui 170 euro annui.
    Ma poi la tariffa agevolata è aumentata, e soprattutto è stata condizionata al reddito, così un abbonamento annuale a 190 euro oggi si può avere solo se il reddito non supera i 15000 € annui. In caso contrario l’abbonamento viene a costare 380 euro: troppo per un bilancio da pensionata.
    Così la signora ha divorziato dagli autobus, e se ne sta a casa o dintorni: “Questo aumento non è stato una grande idea, perché l’Amt da me non ha guadagnato niente, anzi ha perso i miei 170 euro. E la stessa cosa vale per le mie amiche, più o meno coetanee. Ci ho perso anch’io, però, perché non mi muovo più”. Restrizione degli spazi.
    Il racconto dell’anziana signora ha il suo parallello con quello di giovani amiche che, fatti i conti, hanno anche loro divorziato dagli autobus, optando per il podismo, ottima cosa per dieta e salute, meno per i bilanci cittadini.
    L’Amt è uno dei problemi più gravi e urgenti per la nuova amministrazione, e se le politiche tariffarie da sole non bastano a risolvere la situazione, costituiscono però uno dei fattori che nel tempo possono incidere in modo significativo.
    Ad esempio: biglietti a basso costo per tragitti brevi; abbonamenti davvero appetibili diversificati per categorie di utenti; salvaguardia delle fasce deboli di utenza (invalidi, disoccupati, anziani); eliminazione delle taccagnerie auto-lesioniste, come quella del Volabus dove non valgono gli abbonamenti nè mensili ed annuali. Misure come queste estendono l’utenza, rendono sempre più residuale il viaggio col biglietto singolo, e diminuiscono la percentuale di chi viaggia a sbafo.
    Nei mesi passati avevamo suscitato scientemente l’invidia degli utenti genovesi descrivendo il sistema di trasporti urbani di città come Zurigo (Oli 286), Berlino (Oli 282), Vienna (Oli 324), Copenagen (Oli 314).
    Ma in realtà basta andare a Torino per trovare una politica tariffaria davvero interessante. Il biglietto singolo costa come da noi 1,50 €, anzi di più, dato che vale 90 minuti, però basta girare tra le varie, articolatissime, proposte tariffarie del GTT (Gruppo Torinese Trasporti), e la differenza salta fuori. Per stare al caso da cui siamo partiti: l’abbonamento annuale per chi ha più di 65 anni e un reddito non superiore a 36.151 euro costa 155 € che scendono a 140 se si accetta una fascia oraria di utilizzo più ridotta.
    Marco Doria ha spesso auspicato la collaborazione di idee con i sindaci delle altre città: da Torino possono venire dei bei suggerimenti.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 318: DONNE – A Torino per il Feminist Blog Camp

    Sono giovani. Giovanissime. Una di loro, sedici anni, è arrivata da Roma. Altre dalla Sicilia, Sardegna, Pisa, Bologna ed anche da Berlino. Si dividono i turni dei pasti e invitano chi è presente a lavarsi piatti, forchette e bicchieri stando attente a non intasare con gli avanzi lo scarico del lavandino.
    Il sole bianco torinese scivola sulla grande sala dove sedie e lunghi tavoli sono circondati da muri dai toni gialli e azzurri, manifesti e striscioni. E’ l’ambiente più luminoso di questa antica palazzina a Torino, sede del Centro Sociale Occupato Autogestito Askatuasuna che ospita dal 28 al 30 ottobre il Feminist Blog Camp .
    Tre giorni intensi con spettacoli, incontri, workshop, seminari caratterizzati dalla volontà di riflettere e comunicare idee e informazioni sulla cultura sessista che prescrive a uomini e donne ruoli imposti da altri. Il web diventa così risorsa, luogo reale dove l’azione delle blogger può emergere, senza essere soffocata dalla rete.
    Sono consapevoli da anni che i server possono essere traditori ed invitano le persone presenti a cliccare su google il sostantivo donna e vedere cosa accade. Da qui la necessità di rendere proprio le donne capaci nel ICT (Information and Communication Technologies), nella ideazione e nella gestione di software. Segnalano un dominio maschile, una visione distorta del femminile legata ad un’immagine della donna incentrata su corpo e sesso.
    Sanno che un altro mondo esiste e gli offrono spazio in un server autogestito www.women.it, sul quale lavorano da anni. Una mappa di idee, indirizzi, siti, proposte, video con una sezione cercatrice  che alla parola donna e a molte altre parole offre una serie di nessi costruttivi, seri e di riflessione.
    Vogliono un web diverso, coscienti che è da lì che bisogna partire, smascherandone trappole e utilizzandone risorse.
    Traducono libri e, durante il pranzo, parlano della sindrome di PAS (Parental Alienation Syndrome) – patologia inventata ad hoc negli USA per criminalizzare le madri, nelle cause di separazione.
    La locandina dell’evento riproduce la sagoma di una donna che con un cavo usb doma l’universo davanti a sé. Parlando con loro non si tratta solo di una metafora, ma è l’intenzione.
    Alla politica, soprattutto se donna, l’invito a seguirle e ascoltarle. Anche solo per cogliere, oltre i contenuti, l’energia genuina, giovane e consapevole di queste donne.

    (Giovanna ProfumoFoto Paola Pierantoni)

  • OLI 304: RICONVERSIONI – Torino / Genova, uno a zero

    Mi sono recato a Torino in occasione di “Esperienza Italia 150”, mostre dedicate al 150° anniversario dell’Unità d’Italia: sedi delle mostre sono la reggia di Venaria, e l’area industriale ex Officine Grandi Riparazioni, riconvertita a sede espositiva dopo “anni di abbandono”, come recita il sito del Comune di Torino
    http://www.comune.torino.it/scatTO/archivio/2007/ottobre07/20071025.shtml
    Dopo anni di “acceso dibattito”, dovuto all’importante “posizione strategica” ed all’estensione del sito (oltre 190000 mq), la destinazione finale decisa dal Comune di Torino ci permette di entrare in un ambiente estremamente suggestivo, una saggia miscela di ambienti nuovi e strutture murarie preesistenti volutamente intatte.

    Il pensiero mi corre al destino dell’area genovese della Fiumara, ora tetro centro commerciale: nel giugno 1998 il Teatro della Tosse suggerì (metaforicamente) un possibile utilizzo con l’ambientazione nelle ex-officine de “I Persiani” di Eschilo http://www.kinoweb.it/teatro/i_persiani_alla_fiumara/scheda.htm
    L’evento ebbe un enorme successo, ma, purtroppo, non impedì il cosiddetto “cammino del progresso”, cioè della speculazione, banale e ripetitiva, che annulla storia e identità e ci precipita in luoghi tutti eguali.
    Eppure è possibile conciliare esigenze diverse, come mostra, sempre a Torino, l’attuale centro multifunzionale del Lingotto (http://it.wikipedia.org/wiki/Lingotto): al suo interno, si trovano un centro commerciale, un’area espositiva, due alberghi NH (4 e 5 stelle), una pinacoteca, e molte altre realtà, oltre al centro direzionale FIAT.

    Cambiare significa solamente arrendersi alla banalità di ristrutturazioni che rispondono ad interessi economici di basso livello, o esiste la possibilità di modificare, inglobare la realtà industriale storica al fine di raggiungere un equilibrio tra vecchio e nuovo e dare alla città una prospettiva culturale? Se, una domenica pomeriggio, chiedessimo ad un quindicenne che passeggia alla Fiumara cosa c’era vent’anni fa in quell’area, cosa pensate risponderebbe?
    Ricordo un amico musicista che, anni fa, diceva tristemente: all’alternativa tra teatri e supermercati, sono stati scelti i supermercati… almeno a Genova.
    (Ivo Ruello, foto dell’autore: l’area industriale delle ex Officine Grandi Riparazioni)