Categoria: Costa Concordia
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OLI 334: VERSANTE LIGURE – IL NAUFRAGAR M’È DOLCE
Concorde non lo sono(con chi ha le mani in pasta)allegro tantomeno(la situazion rattrista)ma sono fantozzianouguale (essendo Costa).Versi di ENZO COSTAVignetta di AGLAJA. -
OLI 328: SOCIETA’ – La Costa Concordia mette tutti d’accordo
Una nave con 4000 persone a bordo, organizzata con le migliori attrezzature di sicurezza disponibili, con giubbotti di salvataggio abbondanti per tutti, s’incaglia a pochi metri dalla costa con il mare calmo e il comandante riesce ad avere morti a bordo: è il tragico epilogo di una gestione fallimentare dell’emergenza.
La stampa è ipnotizzata dall’evento, quel gigante piegato fa notizia, fa vendere, il leviatano inaffondabile è affondato, il comandante si presta al generale stupore di scoprire che è un uomo impappinato invece che lo “chef aprés dieu” che ci avevano venduto.
E il “meglio” che si riesce a trovare in rete è una canzone che lo prende in giro, sulle note di Onda su onda. Ci si sente avviliti pensando ai 4000 profughi nordafricani descritti nell’articolo di radio Babboleo, alle centinaia di migliaia che affrontano un viaggio nel quale l’arrivo dalla parte opposta non è una possibilità garantita, anzi la probabilità di morire annegato o di disidratazione in mezzo a tutta quell’acqua salata è valutata e affrontata insieme al fatto di stare in centinaia in un battello da decine senza saper nuotare. Allora, caro Elio delle Storie tese, sarebbe forse più utile una canzone che racconti di questi fatti e non della fragilità colpevole di un uomo che lavorava al di fuori del buon senso secondo dei criteri ritenuti però accettabili da tutti quelli che sapevano della pratica dell’inchino. Anzi, un vero inchino alle vittime dei naufragi ci sentiamo di dedicarlo noi di Oli per tutte le latitudini e longitudini della terra, per quelli delle guerre e della cecità umana così ben ignorati dalla stampa (ancora finanziata dallo stato) italiana.
(Stefano De Pietro) -
OLI 327: INFORMAZIONE – Vittorio Feltri spiegato da Pavlov
Su Il Giornale di lunedì 16 gennaio, in un editoriale dedicato al disastro della nave Costa Concordia (“Quella gara di stupidità tra uomo e tecnologia”) (*), Vittorio Feltri ci spiega come non sia prudente fidarsi troppo della tecnologia: negli ultimi anni “l’umanità ha dato troppo spazio e troppa fiducia al computer e derivati”.
Siamo sicuri, continua l’articolo, “che nella sala comando del Concordia qualcosa non sia andato storto? Che un computer non abbia fatto i capricci, mancando di segnalare il pericolo dello scoglio?”. A riprova di quanto la tecnologia possa essere inaffidabile, episodi professionali e personali, dal guasto al sistema editoriale che impedì l’uscita del giornale già pronto alla stampa, all’ultimo rasoio elettrico, con manuale di 70 pagine (?), per arrivare alla cancellazione dell’intera rubrica del cellulare per aver sbagliato la digitazione di un tasto. Sarà …
Tutte le opinioni sono legittime. E’ vero, ad esempio, che affidandoci ciecamente al navigatore GPS, non apprendiamo nulla della geografia dei luoghi attraversati, rischiando, non aggiornando le mappe, di finire in un senso vietato. Ma Feltri sfida la realtà parlando della coppia di coreani rimasta prigioniera in cabina: la responsabilità è da attribuire alle “porte delle cabine funzionanti con tessera magnetica”, infatti “se la tessera magnetica si smagnetizza, stai fresco: l’uscio non si spalanca”. Peccato che in questo caso, per elementare sicurezza, le porte di cabine e alberghi si possono sempre aprire dall’interno girando la maniglia, come facevano i nostri nonni …
Ma perché tanta ostinazione contro la tecnologia? Sarà dovuta all’età? Non lo crediamo. La lettura della prima metà dell’editoriale però incomincia a farci capire: “Il primo responsabile è stato identificato nel comandante … l’impressione è che lo abbiano già condannato, secondo costume giudiziario”. L’arresto sarebbe ingiustificato, non esistendo la possibilità di reiterazione del reato, né la possibilità di fuga, sostiene Feltri, che infarcisce l’articolo con la sua tipica ironia in punta di penna (!), e conclude: “in Italia è così: si comincia con il carcere, poi si vedrà”. Ah, ecco! La spiegazione ce la dà Pavlov! Quello che aveva compreso il meccanismo del riflesso condizionato, definito da Wikipedia (**) “reazione prodotta nell’animale in cattività da un elemento esterno, che l’animale si abitua ad associare ad un preciso stimolo (presentato subito dopo, durante la fase di condizionamento; subito prima, una volta effettuato il condizionamento). Il primo agente diventa perciò lo stimolo chiave, ciò che attiva il riflesso condizionato”.
A questo punto il percorso mentale seguito da Feltri risulta chiaro: l’elemento esterno è costituito da una persona in carcere, che l’animale in cattività (Feltri in questo caso) si abitua ad associare ad uno stimolo: scrivere un articolo contro la magistratura.
Il resto dell’articolo, la critica del computer padre-padrone, è frutto dell’abile penna del nostro capace maestro del giornalismo.
Però, che bravo Pavlov, aver capito tutto ciò già agli inizi del secolo scorso!
(Ivo Ruello)
(*) http://www.ilgiornale.it/interni/quella_gara_stupiditatra_uomo_e_tecnologia/concordia-giglio-vittorio_feltri-isola-tencologia-nave-capitano/16-01-2012/articolo-id=567245-page=0-comments=1
(**) http://it.wikipedia.org/wiki/Riflesso_condizionato