Categoria: mondo arabo

  • OLI 332: ESTERI – Siria, Adonis contro il regime e contro l’opposizione fondamentalista

    La Siria è terra di poeti, ha regalato agli arabi e a chi vuole nel mondo intero almeno tre dei più importanti poeti arabi contemporanei: uno è senz’altro Adonis, 82 anni, più volte candidato al premio Nobel, vincitore dell’ultima edizione (2011) del prestigioso premio Goethe; nel nostro paese ha ricevuto il premio Nonino per la poesia (1999) ed il premio Lerici Pea per l’Opera Poetica (2000).
    Il grande poeta siriano è da sempre impegnato per la libertà, la democrazia e soprattutto per uno sviluppo laico del mondo arabo. Dopo un anno e mezzo nelle carceri siriane nel 1956 per attività di opposizione, va in esilio prima in Libano fino al 1982 e poi in Europa.
    Intervistato l’11 febbraio scorso dal giornale austriaco Profil, Adonis dice che egli è contro il regime siriano ma è anche contro l’opposizione composta da una stragrande maggioranza di fondamentalisti islamici; dice di non volere cambiare una dittatura militare con una peggiore dittatura religiosa e dichiara la propria contrarietà ad interventi esterni in particolare ad intervento militare che avrà gli effetti distruttivi avuti in Iraq. “Non capisco come è possibile chiedere agli stessi che hanno colonizzato la Siria di liberare il popolo siriano”. Egli non crede che l’occidente sia interessato alla liberazione dei popoli arabi: “fosse vero l’Occidente sarebbe intervenuto prima di tutto per liberare il popolo palestinese che soffre da 50 anni una sistematica oppressione e distruzione”. Adonis racconta di essere stato entusiasta all’inizio delle rivolte arabe in Tunisia e Egitto, di aver scritto qualche poesia ispirato da esse, ma dopo la vittoria dei movimenti islamici nelle elezioni egli ha cambiato idea: “non basta la democrazia delle elezioni, anche Hitler è arrivato al potere attraverso le elezioni”. Per Adonis le rivolte arabe sono più vicine al medioevo che all’era moderna: “non ci sono possibilità di un vero cambiamento senza la laicità, senza separare religione e stato e senza la totale parità dei diritti per le donne. La dittatura militare controlla la mente mentre quella religiosa controlla la mente, il corpo e la vita quotidiana; è una dittatura totalitaria”. Le dittature devono andarsene – dice Adonis – e bisogna continuare la lotta contro di esse ma liberi di ogni ideologia religiosa. “Dobbiamo chiederci quale regime verrà al posto di questo e non bisogna dimenticare che nella regione c’è già un paese che ha la religione come base ed è Israele, e non abbiamo bisogno di altri regimi religiosi”. Per Adonis esistono i musulmani moderati ma non i movimenti islamici moderati. “Il movimento dei fratelli musulmani è un movimento fascista ed è oggi sostenuto da Stati Uniti, Arabia Saudita, Qatar e Israele con l’obbiettivo distruggere l’asse composto da Iran, Siria e Hezbollah. Se davvero l’occidente vuole un Islam moderato dovrebbe iniziare ad instaurarlo in Arabia Saudita”. Alla domanda se pensa dunque che il mondo arabo abbia perso la battaglia per la libertà e la democrazia Adonis risponde di si.
    I laici democratici nel mondo arabo sono oggi divisi in una parte che condivide il pessimismo di Adonis ed un’altra che continua a sperare: da più di un anno i cittadini arabi continuano a riempire le piazze e le strade, anche in Tunisia ed Egitto e finché la lotta continua nelle piazze c’è speranza.
    (Saleh Zaghloul)


  • OLI 299: PAROLE ED EMOZIONI – Morte di Osama

    Un premio Nobel per la pace, Obama,
    Presidente degli Stati Uniti d’America,
    non può dire “giustizia è fatta” (ansa),
    nel comunicare al mondo che una pianta
    di male è stata eliminata. Con una moglie,
    due bambini non coinvolti, alcuni uomini e donne,
    guardie del corpo, di cui mai sapremo nomi e numeri.
    È questione di linguaggio. È questione di umanità.
    Non c’entra l’utilità politica, né la buona politica.
    Deve trovare un altro linguaggio un Presidente,
    deciso e amato, premio Nobel e per la pace.
    Altrimenti è un misero premio Nobel.
    Da primitivo West e di tempi che speravamo andati.
    (Angelo Guarnieri)

  • OLI 298: VITTORIO ARRIGONI – Morire senza un perché

    Il 15 aprile nella casella mail arriva un appello dall’Associazione per la pace, che invitava a firmare per la liberazione di Vittorio Arrigoni, il giovane pacifista che viveva a Gaza, rapito il giorno 14 e apparso su youtube bendato e pestato. Troppo tardi.
    Troppo tardi per firmare, troppo tardi perchè Vik era già morto, ucciso ancor prima che scadesse l’ultimatum dei suoi rapitori.
    “Restiamo umani” era il suo blog, commoventi i suoi scritti: Stay Human, a conclusione di ogni intervento su http://guerrillaradio.iobloggo.com/
    Folgorato dal barbaro embargo che Israele imponeva agli abitanti della Striscia, Vittorio viveva ormai a Gaza da tre anni, scortava nel mare i pescherecci, sfidava il blocco navale. Era palestinese persino nel passaporto concessogli da quella terra, dove la cecità dello Stato israeliano è paragonabile a quella dei Paesi fratelli di quel popolo, che a parole ma non con i fatti lo aiutano.
    Finte democrazie arabe; in realtà in quasi tutta l’Africa e dintorni, sia pure con eccezioni, il potere è oggi dei militari, ed erano fino a ieri in vigore regimi autoritari fondati sulla forza, come in Egitto con una “democrazia socialista” presidenziale, eletta a suffragio universale da decenni. (Corriere della Sera, Giovanni Sartori, 15/4)
    Non si può certo dimenticare come vivono i palestinesi nelle altre terre arabe, confinati da decenni in quartieri ghetto e campi profughi. Un popolo scomodo: non sono tanti quelli riusciti ad affrancarsi da una sorte segnata.
    L’Onu, l’ Europa, il pontefice esprimono condoglianze per la morte di Vik, che non risultano pervenute dalla Lega Araba, mentre in Egitto per Vittorio funerali di stato, dopo le tante manifestazioni di solidarietà da parte dei palestinesi per l’amico, che condivideva le loro difficoltà.
    L’ultimo scritto di Vik è del 13 aprile, per comunicare la morte di quattro palestinesi nel crollo di uno dei tunnel della sopravvivenza, che servivano a far passare viveri e ogni bene di prima necessità ai palestinesi. Nel suo racconto per PeaceReporter riassume i bombardamenti, le violenze, le uccisioni, un bollettino di guerra atroce e infinito: tanta pietà per i bimbi palestinesi, ma nessun accenno ai bambini israeliani trucidati da un palestinese in Cisgiordania il 12 marzo insieme ai loro genitori.
    Non giovano alla causa della pace le parole della madre: “Israele non l’ha voluto da vivo. Non avrà il mio Vik da morto”, ribadendo il suo desiderio di far passare dal valico di Rafah, dalla parte egiziana, la salma del figlio e non da Israele.
    Così la risposta all’appello dello scrittore israeliano Etgar Keret comparso sul Corriere della Sera il 17 aprile: “La madre ci ripensi. La nostra Terra merita speranza..Così quest’ultimo viaggio diventa simbolo dell’odio”. Purchè restiamo tutti umani.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 296: POESIA – Ho deciso di cavalcare il popolo

    Gli arabi in giro per il mondo stanno facendo circolare in rete questi versi di Nizar Qabbani, siriano, nato a Damasco nel 1923, forse il più popolare dei poeti arabi contemporanei. Questi versi fanno parte di una lunga poesia dal titolo “Autobiografia di un macellaio arabo”, compresa nella raccolta “Ti ho sposata libertà”. I versi sono stati scritti nel 1988, ma sono resi attualissimi dalla caduta dei dittatori nel mondo arabo e dai loro ultimi discorsi al popolo in rivolta prima di fuggire e lasciare il potere. Nizar è morto nel 1998 a Parigi. Famoso per essere “il poeta dell’amore” e “il poeta delle donne” è riuscito a scrivere le migliori poesie politiche. Le sue poesie erano censurate e proibite in quasi tutti i paesi arabi ma erano le più diffuse e popolari tra i cittadini arabi in particolare tra i giovani. Nizar è uno di quelli che hanno lavorato e pagato molto per la libertà e la democrazia nel mondo arabo, peccato non abbia vissuto ancora per assistere all’attuale straordinario cambiamento nel mondo arabo. La sua raccolta di poesie “Il fiammifero è nella mia mano e i vostri piccoli stati sono di carta” è stata pubblicata, nel 2001, dalla casa editrice San Marco dei Giustiniani di Genova:

    Ho deciso di cavalcare il popolo
    di Nizar Qabbani, traduzione di Saleh Zaghloul

    Ogni volta che ho pensato di lasciare il potere
    la mia coscienza me lo ha proibito ..
    Chissà chi dopo di me governerà questa brava gente?
    Chi dopo di me guarirà lo zoppo ..
    il lebbroso ..
    e il cieco ..
    Chi ridarà vita alle ossa dei morti?
    Chissà chi sarà capace di far uscire la luce della luna dal proprio mantello?
    Chi potrà mandare la pioggia alle persone?
    Chissà chi li frusterà novanta volte?
    Chi sarà a crocifiggerli sopra gli alberi?
    A costringerli a vivere come le bestie?
    E a morire come le bestie?
    Ogni volta che ho pensato di lasciarli ..
    le mie lacrime scoppiavano come una nuvola ..
    e fiducioso nel sostegno di Dio ..
    ho deciso di cavalcare il popolo ..
    da ora fino al Giorno dell’apocalisse.

    (a cura di Saleh Zaghloul)