Categoria: OLI 309

  • OLI 310: GENOVA – AAA Cercasi Sindaco

    Ci dicono che non ci sono alternative.
    E che le loro eventuali alternative sono le più ponderate.
    Alcune volte restano senza parole.
    E ci fanno aspettare decisioni prese in stanze segrete e nei loro circoli.
    In alcuni casi chiedono le primarie. Spinte dalle correnti.
    Ma quanti sono i potenziali Sindaci sconosciuti ai cittadini?
    Quanti uomini e donne preparati e sensibili, ignorati dai partiti?
    Ci piacerebbe che il dibattito politico relativo alle elezioni comunali del 2012 per la città di Genova si accendesse attorno a nomi nuovi, persone di cui fosse provata la competenza relativa al territorio, alle molte criticità di Genova, capaci di presentare un programma politico sensibile a mobilità, occupazione, ambiente, integrazione. Persone di cui, oltre ai dati anagrafici, siano chiari ed offerti al pubblico giudizio il percorso scolastico, le esperienze professionali, la conoscenza di lingue straniere e della macchina comunale. E le passioni. Persone, naturalmente, libere da pendenze penali.
    Magari qualcuno tra chi ci legge potrebbe avere qualche interessante proposta da offrire al dibattito e alla speranza di tutti coloro che hanno una forte preoccupazione per il futuro della città, e di tutti quelli che la politica vorrebbero farla ma non possono, frenati dalle dinamiche di partito.
    Le idee potrebbero impilarsi qui sotto, nei commenti a questa piccola sollecitazione.
    (Giovanna Profumo e Paola Pierantoni)

  • OLI 309: VERSANTE LIGURE – ANGELI NO

    Dir “cretino” di un compare
    che va a epiteti molesti;
    nella Reggia soggiornare
    di un adepto a rischio arresti;
    in decreti trafficare
    per schivar verdetti giusti:
    prime mosse, ma già chiare
    del Partito degli Onesti.

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA
  • OLI 309: ISRAELE – Esportare immigrati in Australia


    Il Corriere della Sera del primo luglio, nell’articolo “Esportare clandestini: l’idea di Israele”, parla della proposta del governo israeliano a quello australiano di esportare in Australia gli immigrati africani che vivono in Israele in cambio di cooperazione tecnico–scientifica con Israele e la possibilità così per l’Australia di evitare l’obbligo umanitario di accogliere i profughi asiatici dall’afghanistan o da Timor Est. “Il governo Netanyahu – scrive il Corriere – eviterebbe (questo il vero scopo della proposta) un aumento dei musulmani nella popolazione d’uno Stato che preferisce ebraico”.
    Il carattere ebraico dello stato di Israele: uno degli ultimi pretesti che gli israeliani hanno inventato per bloccare le trattative di pace con i palestinesi ed impedire la nascita dello stato palestinese. Secondo i negoziatori israeliani non basta che i palestinesi riconoscano Israele (cosa che hanno già fatto dagli accordi di Oslo del 1993), ma occorre che i palestinesi riconoscano il carattere ebraico dello stato di Israele. I palestinesi temono che questo possa dare forza ai piani di pulizia etnica e di deportazione della “minoranza” di palestinesi che hanno la cittadinanza israeliana dal 1948. Stato confessionale dove la confusione tra nazione e religione viene accettata come qualcosa di normale, esattamente come vengono tollerate le aggressioni,  le occupazioni di territori altrui (dei palestinesi  e dei siriani dal 1967), le bombe atomiche di questo stato che si dice ebraico.
    In un altro articolo (http://mideast.foreignpolicy.com/posts/2011/07/05/the_million_missing_israelis) dell’americano Foreign Policy, del 5 luglio, si parla invece della forte emigrazione degli Israeliani per gli Stati Uniti ed altri paesi europei che coinvolge circa 800 mila – un milione di persone equivalenti al 13% della piccola popolazione israeliana. Si tratta, secondo il Foreign Policy, della parte più giovane, istruita, democratica e laica dei cittadini israeliani. Le ragioni citate dalla ricerca sono le migliori condizioni di vita, l’occupazione, le opportunità professionali, e l’istruzione superiore, così come il pessimismo sulle prospettive di pace con i palestinesi. Coerentemente con questi motivi, gli intervistati hanno frequentemente detto: “La questione non è per quale motivo l’abbiamo fatto, ma perché ci abbiamo messo così tanto tempo prima di farlo”. In questo caso la preoccupazione del governo israeliano è quella, opposta, di fermare l’emigrazione di ebrei da Israele: oltre a mettere in pericolo la purezza ebraica dello stato, la partenza degli ebrei israeliani contribuisce a minare l’ideologia sionista; se un gran numero di ebrei israeliani sceglie di emigrare, perché gli ebrei che sono ben integrati e accetti in altri paesi dovrebbero immigrare in Israele? Questo accade mentre persone illuminate di tante parti del mondo sono convinte che in Palestina sia necessario un unico stato laico, veramente democratico ed interculturale, dove palestinesi e israeliani, ebrei, musulmani e cristiani possano convivere in pace con pari diritti e opportunità
    (Saleh Zaghloul)
  • OLI 309: CITTA’ – Sondaggi segreti e private conversazioni

    Riproduzione di un disegno di G. Cavellini

    Leggendo sui giornali i risultati del sondaggio segreto del PD il mio primo e spontaneo pensiero è stato: soldi gettati via per scoprire l’acqua calda, e cioè che in una città decisamente orientata a sinistra Marta Vincenzi rischia seriamente di non farcela. Ma, probabilmente, i soldi sono stati spesi per dare a questa sensazione diffusa una base “scientifica”, e quindi politicamente utilizzabile.
    Per quel che mi riguarda questa sensazione ha preso forma e si è mano a mano consolidata in questi mesi a seguito del susseguirsi di private e sparse conversazioni con amiche ed amici.
    Certamente non ho costruito la mia rete di rapporti sulla base di un campione statisticamente significativo, e quindi mi si può dire che di quel che pensano gli amici miei …
    Fatto sta che il microcosmo umano che mi circonda è formato da una cerchia di conoscenze e amicizie abbastanza larga, prevalentemente femminile, formatasi a seguito di attività e interessi di vario tipo. Nessun attivista di partito salvo la recente affiliazione di un amico al Movimento 5 stelle, nei più anziani pregresse esperienze nel PCI o nel Manifesto, età variabili dai ventotto anni ai più di settanta, origini nazionali articolate. Gente attenta e informata, che nelle precedenti tornate elettorali ha distribuito il suo voto tra centro sinistra e sinistra, nelle varie accezioni.
    Dopo questa specificazione vengo al punto: molti mi confidano che voteranno Marta Vincenzi con fatica, o che non la voteranno affatto. Alternativa Pinotti? Per carità! Peggio che andar di notte.
    Riporto fedelmente il più recente di questi scambi, intercorso in una riunione di lavoro in cui non tutti i cinque partecipanti si conoscevano tra loro, anche se si poteva dare per scontato un certo terreno comune:
    Speriamo che questo progetto vada in porto prima delle prossime amministrative …
    … Paura, eh?
    … è per la Vincenzi, vero?
    Sento tirare una brutta aria.
    Ma sapete che tutti, ma proprio tutti quelli con cui parlo mi dicono la stessa cosa?
    Se si presenta Musso siamo fritti
    Soprattutto se si presenta con una lista civica
    Ma che alternative ci sono?
    La Pinotti …
    Per la carità del Signore!
    Dalla padella alla brace!
    Non me ne parlate!
    Eh già … dovrebbero cercare qualcuno che ora non c’è …
    Ma devono sbrigarsi …

    I motivi? Per la Vincenzi ricorre un forte fastidio per una auto-referenzialità che la rende incapace di ascolto e di comunicazione con la città, con conseguenti passi falsi.
    Per la Pinotti, in misura ancor più estesa e radicale, una valutazione di irrimediabile inadeguatezza.
    Sul Secolo XIX del 7 luglio un articolo riferisce che le due donne politiche, sullo stesso aereo, non si sono rivolte la parola. Invece farebbero meglio a parlarsi, e a cercare insieme come costruire le condizioni per una alternativa che vada oltre i loro due nomi, oltre l’appartenenza di partito, ma sempre donna. Sarebbe bello, una vera lezione.
    Chi cerca trova, ma deve uscire dalla gabbia del narcisismo.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 309: SETTIMANA DEI DIRITTI – Viviana Matrangola racconta Renata Forte, sua madre

    “Non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili.” Viviana Matrangola ricorda ai presenti una frase del giudice ragazzino, Rosario Livatino, assassinato dalla mafia nel 1990.
    Viviana parla sul sagrato della Chiesa delle Vigne a Genova. E’il 10 luglio, domenica pomeriggio. La piazza è piena. E lei racconta di sua madre Renata Fonte, assessore alla cultura del comune di Nardò, in provincia di Lecce, uccisa il 31 marzo 1984 perché aveva a cuore un parco che non voleva venisse lottizzato. Viviana viene dopo l’intervento di don Andrea Gallo e di Pietro Grasso, la storia di sua madre è la storia dei giusti che si sono opposti. “Mia madre diceva no mentre gli altri dicevano sì” e Viviana spiega che, per molti anni, dell’assassinio di sua mamma non si è quasi parlato. La voce di Viviana è spezzata dall’emozione del ricordo, un ricordo vissuto in solitudine con la sua famiglia per diversi anni. Adesso lei è responsabile internazionale di Libera Memoria, associata alla rete Libera di Don Luigi Ciotti.
    A questa donna è difficile dare un’età. Ha una bellezza fresca, pare giovanissima. Ma aveva già dieci anni quando sua madre è stata ammazzata dopo aver partecipato ad un consiglio comunale. Ha energia e determinazione e il suo intervento pone l’accento sul fatto che a parole ognuno è in grado di sostenere un’idea, ma sono i fatti che marcano la differenza.
    La sensazione, sentendola parlare, è che Viviana non sia orfana.
    (Giovanna Profumo- galleria fotografica di Giovanna Profumo)

  • OLI 309: PAROLE DEGLI OCCHI – Pranzo turistico

    Foto di Giorgio Bergami ©

    I sempre più numerosi turisti che giungono a Genova, attratti dal fascino di una città inaspettatamente ricca di suggestioni e di testimonianze d’arte e di storia, non sempre hanno la possibilità o la voglia di spendere altri soldi in costosi ristoranti, specie quando si è in tanti in famiglia.

    Da qualche tempo le panchine tra le aiuole di Spianata Castelletto, rinomato belvedere, si animano all’ora di pranzo di forestieri che si concedono una pausa nel verde, mangiando tutti insieme quanto portato da casa o acquistato nei vicini negozi di alimentari.
  • OLI 309: LETTERE – A proposito di safari urbani

    Come si sottolinea nell’articolo Safari in città di Ivo Ruello e Ferdinando Bonora (Oli 308), non è semplice commentare l’episodio della famigliola di cinghiali (o porcastri?). Ma provo a proporvi un po’ di riflessioni sparse.
    Il concetto di “equilibrio ecologico” è in sé un concetto dinamico, che con il variare dei fattori (clima, popolazione umana e non, ecc.) varia anch’esso. È forse utile riportare la voce dell’Enciclopedia Treccani:
    Ecologia umana – Nata come disciplina biologica l’e., da quando ha cominciato a occuparsi dell’ambiente dell’uomo, è divenuta una scienza trasversale, che interessa anche le discipline sociali e che ha contatti con la geografia. Questa, infatti, è stata a lungo interpretata come studio delle relazioni (varie, mutevoli e complesse) tra l’ambiente e le società. In realtà, la geografia non è tanto lo studio delle relazioni dell’umanità con l’ambiente quanto la scienza dell’organizzazione umana dello spazio; ma nell’organizzare il suo spazio l’uomo, se per un lato subisce certe influenze ambientali, dall’altro modifica profondamente e incessantemente l’ambiente (e anche lo sconvolge e lo degrada), rimettendo continuamente in discussione il suo rapporto con l’ambiente stesso.
    Da questa definizione si capisce che parlare di “nostro alterato equilibrio ecologico” non ha molto senso.
    Come non ha senso umanizzare gli animali, dividendoli in buoni e in quelli di cui non si deve parlare, atteggiamento al quale sono dediti purtroppo molti dei cosiddetti animalisti. A ben vedere, anche dei “buoni” bisogna parlare prendendo in considerazione solo alcuni aspetti. Una mia amica ha posto una mangiatoia per uccellini sul balconcino di casa, che dà sul giardino. Quello che non mangiano i supernutriti uccellini, attira la notte famigliole di ratti di campagna. Lei ne è deliziata e in fondo orgogliosa. Ma guai se i suddetti roditori si arrampicano sul tetto o entrano in casa!
    Amabili vecchine vagano per la città dispensando sacchi di cibo a piccioni, gabbiani e topi.
    I cani sono graziosi surrogati di figli, e lo stesso i gatti. Se sono randagi vanno sterilizzati. Ma non si tiene conto dei branchi che si aggirano fuori città e che fanno danni anche a chi alleva animali, oltre che alla fauna selvatica. Questa, peraltro, si arrangia benissimo da sola e non disdegna di entrare nelle sacre Città dell’Uomo per nutrirsi di ciò che trova, o di ciò che i sopracitati animalisti danno loro come se fossero i loro animali di casa. E questo non riguarda solo i cinghiali, ma anche volpi, ricci, donnole, faine, ecc. che poi rimangono vittime dell’Uomo, sotto forma di automobilisti, guardie municipali, ecc. Peraltro gli “animalisti” non si scandalizzano delle derattizzazioni e delle disinfestazioni che periodicamente si fanno in tutte le città, se non in funzione del pericolo che queste comportano per i loro propri beniamini, cani o gatti che siano.
    L’uomo deve regolare la natura? E se sì, come? Proteggendo certe specie e distruggendone altre? E se no, come? Noi per primi, da millenni (e non da pochi decenni, come si blatera in giro) stiamo stravolgendo l’ambiente che ci circonda: abbiamo trasformato i grandi boschi che coprivano l’Italia in campi prima, e in distese costruite poi. E continuiamo, basta guardarci intorno, anche noi in Liguria! Si dice che questo porterà alla fine dell’Umanità, della vita sulla Terra!
    Ma dove è il problema? La Terra può fare tranquillamente a meno degli uomini, come di qualsiasi altra specie: cambierà semplicemente l’“ecologia”. Noi non ci saremo, ma ci saranno altre specie capaci di sopravvivere e prosperare, fino a che non saranno soppiantate da altre più adatte ai mutamenti che interverranno, e così via.
    (Carlotta Bombrini)