Categoria: OLI 307

  • OLI 307: VERSANTE LIGURE – PSICODRAMMA

    Ha un Ego che ’gigante’
    è dire una robetta
    è enorme, devastante
    e poi cova vendetta
    su chiunque sia innocente:
    precari ed in bolletta
    statali, odiata gente
    artisti, schiatta infetta
    li insulta di frequente
    mentendo poi a manetta.

    Lo curo inutilmente
    (ridicola paghetta)

    lavoro mio usurante

    a Freud darò disdetta
    sentendomi impotente
    è meglio che io smetta:
    la faccio vanamente,
    l’analisi a Brunetta.

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA
  • OLI 307: NO TAV – Quella benna contro la gente

    27 giugno 2011, presidio No Tav in Valsusa sgomberato dalla Polizia. Sfuggito al commento dei giornalisti è l’operato della macchina “forbice”, che ha tagliato le strutture incurante della presenza di persone nella sua area di lavoro. Il fatto viene denunciato da Alberto Perino, leader dei No Tav, che parla senza mezze misure di un tentativo di omicidio.
    Certamente si tratta di una forzatura dai risvolti penali, perché la legge non autorizza certo lo sfondamento di cortei usando benne gigantesche in diretta prossimità della testa della gente. Se ne ricava un’idea di mancanza di professionalità da parte della dirigenza dell’ordine pubblico, interessata solo a “far presto” senza curarsi minimamente delle possibili conseguenze di tale operato. Il ministro Maroni parla invece di uno sgombero effettuato con grande merito da parte delle forze dell’ordine.
    Adesso si attende la reazione dei No Tav che, se sfocerà in una denuncia, causerà l’apertura di un’indagine da parte della magistratura. Di certo in questa storia resta l’immagine di una “benna” che taglia delle strutture metalliche sulle quali sono saldamente aggrappate delle persone: non è certo l’immagine di una grande democrazia occidentale.
    http://www.youreporter.it/video_Scontri_no_tav_infuria_la_battaglia_sassaiola_1 (la benna in azione)
    http://tv.repubblica.it/copertina/perino-riempiti-di-lacrimogeni-da-far-paura/71543?video (intervista a Alberto Perino, leader dei No Tav)
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 307: G8 / PUNTO G – Genere, globalizzazione e Cgil

    Monica Lanfranco di Marea

    Nella pila di documenti raccolti ai tempi del G8 ritrovo una mia lettera del 7 giugno 2001 alle donne della Segreteria della Cgil genovese. Parlavo della iniziativa “Punto G, genere e globalizzazione”, organizzata un mese prima del G8 di Genova dalla “Marcia mondiale delle donne”, protagonista la rivista Marea. In allegato c’era il materiale preparatorio della conferenza.
    Il tono era quello di una disperata invocazione: “ … Vi chiedo di leggere questo materiale e di pensarci su … si tratta di una occasione di riflessione da non perdersi assolutamente, alla quale aderire, alla quale invitare a partecipare … è ovvio che vi sono diversi gradi di radicalità che emergono dai documenti, ma se così non fosse, che discussione sarebbe? Confrontarsi con pensieri in cui la radicalità della analisi non è ancora del tutto mediata è indispensabile a poter pensare davvero. Poi si potrà mediare sulle azioni …”

    Laura Guidetti di Marea

    L’adesione non ci fu. Fu “permessa” solo la partecipazione individuale, che in assenza di informazione e promozione, fu naturalmene scarsissima. In una lettera del 13 giugno Laura Guidetti, una delle organizzatrici, scrisse: “Avremmo desiderato maggiore attenzione e adesione … un’altra occasione mancata per sperimentare lavoro comune e collaborazione col sindacato”.
    Conservo precisa memoria della mia emozione lacerata tra l’entusiasmo per la ricchezza di pensieri e di esperienze che vedevo espressa in quella sala, e la rabbia per la cecità della organizzazione a cui appartenevo.

    Lidia Menapace e Valentina Genta di Marea

    In uno dei documenti preparatori Lidia Menapace scriveva: “Dovendo di necessità far ricorso al diritto di espressione politica (non militare!) attraverso le manifestazioni, è decisiva la scelta delle forme … dobbiamo constatare che il militare esercita ancora un appello diffuso sul maschile e si diffonde anche tra le donne … dunque i movimenti di lotta cerchino nella loro memoria storica altri simboli, altre forme che siano efficaci e che rendano impossibile la provocazione violenta del potere … “
    Oltre ai temi della mondializzazione le donne mettevano in discussione le forme di lotta che il movimento stava scegliendo: la questione della zona rossa da violare, in modo più o meno simbolico. Cosa sarebbe potuto nascere da un incontro, da una alleanza, tra il sindacato e il movimento femminista? Magari si sarebbe potuto capire quale poteva essere, in quella occasione, la “mossa del cavallo” esaltata da Vittorio Foa come strategia alternativa allo scontro diretto, capace di spiazzare l’avversario.

    Susanna Camusso

    Oggi, a dieci anni di distanza, un convegno internazionale (*) organizzato dalle donne di Marea (**) e aperto agli uomini, ha fatto riempire la grande sala dell’Aula magna di S. Salvatore. Stesso titolo di dieci anni fa ma nessun “amarcord”, nessuna rievocazione, solo un guardare all’oggi e al futuro. Che immenso sollievo, che senso di speranza!
    E stavolta per la Cgil c’era la massima carica: Susanna Camusso, segretaria generale, donna, e protagonista del movimento delle donne nel sindacato.
    Al traino, una minuscola rappresentanza del “gruppo dirigente” della Cgil genovese.
    (*) http://puntoggenova2011.wordpress.com/
    (**) http://www.mareaonline.it/
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 307: G8 / PUNTO G – Il femminismo secondo Marta Vincenzi

    Poche ore dopo la conclusione del convegno internazionale “Punto G – Genere e globalizzazione” ricevo due mail relative all’intervento di Marta Vincenzi.
    Provengono da due donne, divise da almeno trenta anni di età ma unite da livello culturale, capacità di pensiero ed una grande competenza e attenzione sui temi del femminismo e del rapporto tra donne e lavoro.

    La prima si dice “sgomenta” per quello che ha detto Marta Vincenzi. Le è rimasta impressa l’affermazione che sui temi del lavoro non è esistito un vero e proprio movimento autonomo delle donne, e che è ora che le donne comincino a darsi da fare per cambiare il mondo. Per fortuna Susanna Camusso nel suo intervento ha fatto notare che “le donne hanno sempre preso in mano la propria vita, anche lavorativa, al traino di nessuno, anzi, anticipando lotte e conquiste maschili … per esempio la giornata lavorativa di otto ore è stata conquistata dalle operaie tessili e dalle mondine, ben prima che dalle lotte dei metalmeccanici … interessante interesse delle donne per la vita oltre il tempo di lavoro!”
    Peccato però che lei, la sindaco, se ne fosse ormai andata.
    La mia amica aggiunge di non essere riuscita a prendere appunti, per cui nel ricordo ci può essere qualche inesattezza.

    L’altra amica gli appunti invece li ha presi, e precisa: “Marta Vincenzi non ha parlato del femminismo in generale, ma dell’impegno femminista rispetto alle tematiche del lavoro … Vincenzi ha fatto il seguente distinguo: l’elaborazione femminista su corpo, sessualità e salute è stata efficace ed è riuscita a passare anche alle nuove generazioni, viceversa l’elaborazione sui temi del lavoro sarebbe stata debole e scarsa (al traino delle proposte del movimento operaio – maschile) e questa sarebbe la ragione per cui oggi le donne della generazione del neofemminismo hanno difficoltà a confrontarsi con le giovani sui temi della precarietà …”

    Naturalmente – annota l’amica – “E’ una lettura assurda e priva di qualunque fondamento storico. Camusso ha così dovuto ricordare che non è esistito un femminismo, ma sono esistiti diversi femminismi (ad esempio quello sindacale). E’ vero che il confronto tra generazioni sul lavoro (che non c’è, oppure è sempre più spesso precario, privo di tutele e prospettive) è difficile, ma le ragioni non sono certo quelle indicate dalla Sindaco!”.

    Platea sbagliata per le approssimative affermazioni di Marta Vincenzi: una sala in cui di donne che hanno lottato per la loro autonomia nel lavoro e nel sindacato ce ne erano parecchie, insieme alle giovani autrici di “Non è un gioco da ragazze – Femminismo e Sindacato: i Coordinamenti Donne FLM” – Prefazione di Anna Rossi Doria – Ediesse 2008.

    Le giovani lavoratrici di oggi, precarie e no, non erano lì per caso.

    Non era un caso che ci fossero le cassintegrate della Omsa …

    … e il gruppo “Generazioni di donne”.

    Un passaggio di testimone nel movimento femminista è stato finalmente avviato.
    Anche sui temi del lavoro.
    E altrove?

    (Paola PierantoniFoto dell’autrice)
  • OLI 307: ANZIANI – Stoccolma, Rivarolo e le inaugurazioni del PD

    La casa di riposo è a Solna.

    Il centro di Stoccolma è a quindici minuti di metropolitana.
    La casa di riposo è il ricordo di un viaggio dell’estate scorsa.
    All’estero, in certi luoghi, ci si finisce per accompagnare qualcuno in visita. E’solo il caso che ti ci porta e non fanno mai parte dell’album di fotografie.
    La casa di riposo di Solna a Stoccolma è una palazzina liscia liscia che affaccia sulla strada principale. Chi accompagno mi spiega che i degenti sono tendenzialmente divisi per età, ad ogni piano corrisponde una fascia di tempo. L’ultimo piano, quello più vicino al paradiso è per i più anziani. Il reparto è accogliente come la hall di un albergo: divani svedesi, televisore, sala da pranzo spaziosa che un’addetta sta spazzando dopo cena, l’ora del nostro arrivo. Una porta a finestre è spalancata su un lungo balcone pieno di piante. La luce del tramonto schianta sui pensili allineati su tutta una parete. Nella sala accanto un gruppo di ospiti chiacchiera.
    La porta della stanza dell’anziana è preceduta da una targhetta con il suo nome ed una fotografia nella quale è inquadrata assieme alla persona che più si occupa di lei nel reparto. E’ uno scatto amicale. All’interno, un grande bagno per disabili precede sulla sinistra una camera spaziosa con cucinino e frigo. La stanza è arredata con alcuni oggetti cari alla donna: un tavolino da tè, un bureau, due poltrone e alcuni quadri che l’hanno accompagnata tutta una vita.
    Lì i degenti fanno molte attività. Chi può esce e vive il quartiere. Ed è assolutamente normale che l’assistenza all’anziano venga fornita al massimo livello, al di là del reddito. La casa di riposo di Solna è pagata dalle pensioni dei degenti stessi.
    Sul Secolo XIX , nei giorni scorsi, un’inchiesta ha svelato il livello di assistenza fornita in alcune case di cura genovesi. Anziani affamati, fatti dormire nel “locale destinato alle attività riabilitative”, parcheggiati davanti al televisore ore ed ore, messi a letto subito dopo cena e alzati all’alba il mattino successivo.
    Molti dettagli atroci sono stati forniti dalla lettera di Marta Bianchi apparsa il 27 giugno sul SecoloXIX.
    Marta Bianchi è lo pseudonimo di una dipendente di “Anni azzurri – Sacra Famiglia di Rivarolo”. Prima di essere trasferita lì, spiega, lavorava alla “Casa Protetta Villa San Teodoro, piccola struttura con soli 18 anziani, con addirittura certificazione di qualità, già lodata dal Cardinal Bagnasco e dal sindaco Vincenzi, che dopo le lodi (“fiore all’occhiello per il Comune” la definì) nulla fece per evitarne la chiusura. Ciò permise, guarda caso, alla Sacra Famiglia di aprire con largo anticipo i battenti assorbendo qualche dipendente e 17 dei 18 anziani. La metà dei quali morì nei primi sei mesi dal trasferimento”.
    Nel 2009 su Oli 227 Paola Pierantoni, occupandosi di assistenza pubblica, forniva dettagli sull’evento: “L’inaugurazione più recente, celebrata in grande spolvero, è quella della struttura “La sacra famiglia” di Rivarolo, che ha avuto il privilegio di una procedura di accreditamento insolitamente rapida. Pare che la qualità della residenza sia ottima. Di certo ottima è la stampa di cui gode sul sito del PD”. (*)

    (Giovanna Profumo)
  • OLI 307: SANITA’ – Sanità per gli “ultimissimi”

    Ci sono undici persone in Liguria in attesa di risposte appropriate per i loro bisogni di salute fisica e mentale. Una piccola quantità se confrontata con il milione e seicentomila abitanti ai quali la Regione Liguria ha il dovere costituzionale di garantite il diritto alla salute attraverso strumenti efficaci ed efficienti di prevenzione, cura e riabilitazione. Un problema trascurabile o di soluzione immediata, un granello, se immesso nei complessi nodi strutturali, economici, finanziari, politici in senso proprio e ampio, che la Regione Liguria in questi giorni si trova costretta ad affrontare. E che non pochi mal di pancia, conflitti, ansie provoca.
    E’ in ballo tutta la politica sanitaria, ormai solidamente incamminata sul primato, forse inevitabile, ma certamente non brillante nei risultati, della visione aziendalistica dei bisogni sanitari, nell’ottica di politiche di bilancio, che non devono moltiplicare buchi, ma sempre più sottoposte alle logiche restrittive e punitive verso il Servizio Sanitario Pubblico, finora tra i migliori e meno costosi del mondo, nonostante sprechi, mafie, malesanità, familismo amorale, e partitismo immorale. Ma intanto alla chetichella, sono stati introdotti i tickets anche sui farmaci generici della fascia essenziale e “salvavita”, e si continua ad intaccare uno dei principi costituzionali e fondamentali della sanità pubblica: la gratuità.
    Ma veniamo ai nostri undici cittadini liguri in attesa di appropriate risposte ai loro bisogni di salute. Un caso che mette in discussione, come già fanno i tifosi del privato asociale e del libero mercato, un altro principio fondamentale del nostro Servizio Sanitario Nazionale: l’universalità e l’uguaglianza di tutti i cittadini.
    La notizia ci viene dalla newsletter del Senatore Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta sugli Ospedali Psichiatrici Giudiziari.
    Da un recente convegno nazionale, il primo, tenuto il 9 giugno, è risultato che nei sei O.P.G. (luoghi di detenzione e cura) esistenti in Italia sono internate circa 1500 persone. Di queste “389 risultano dimissibili perché non socialmente pericolose, ma al 31 maggio 2011solo 130 sono state dimesse dopo la denuncia e le sollecitazioni della Commissione d’inchiesta”. Degli altri: 7 sono morti e per 200 è stata prorogata la permanenza.
    La mancanza di fondi era la causa dell’impossibilità di accogliere le persone espressa da Presidenti di Regione e responsabili delle Asl. Ebbene, grazie all’impegno e alla tenacia della Commissione d’inchiesta, i fondi sono stati trovati e il Ministero della Salute ha stanziato 5 milioni di euro. Eppure, continua il Senatore Marino, 10 regioni non solo non hanno approntato nessun percorso per le dimissioni, ma non hanno presentato alcuna richiesta di fondi.
    Ecco un elenco: il Lazio per 41 cittadini, l’Abruzzo per 6, la Campania per 75, la Calabria per 11, la Sicilia per 31, il Friuli Venezia Giulia per 7, la Liguria per 11.
    Ci sorprende trovare la Liguria in questa lista, anche perché, dalla legge Basaglia in avanti, ci sono state positive esperienze di ritorno di questi pazienti nel proprio ambiente.
    Nel ringraziarlo per il lavoro fatto e per l’impegno controcorrente, ci permettiamo di consigliare al Senatore Marino di fare qualche telefonata più stringente ai suoi compagni di partito e conterranei: presidente di Regione, Assessore alla Sanità, direttori di Asl e di Dipartimenti di Salute Mentale.
    (Angelo Guarnieri)
     

  • OLI 307: ENERGIA – Legambiente ha le idee confuse

    Giuseppe Lisciotto, Gatto mutante
    www.giuseppelisciotto.it

    Sul sito di Legambiente (*) è stata pubblicata la proposta di legge popolare per lo sviluppo delle energie rinnovabili, intese come una rosa ristretta di voci relative alla produzione e alla ricerca, dimenticando completamente il nucleare a fusione, calda e fredda. E anche qualcos’altro.
    Primo appunto, tecnico: ci si riferisce ad un generico “nucleare”, intendendo forse quello a fissione ma dimenticando che i processi a fusione (ancora da realizzare per l’utilizzo civile ma già dimostrati in via teorica e sperimentale) sono anch’essi “nucleari” ma sono adatti alla produzione di energia elettrica in modo sicuro. Si dimentica anche qualsiasi riferimento alla fusione fredda, che proprio nei laboratori Enea aveva avuto alcune risposte affermative grazie a Giuliano Preparata e il suo team, senza voler citare le attuali celle dell’Energy Catalyzer di Rossi e Focardi (**). Invece, nella legge si vieta esplicitamente qualsiasi forma di finanziamento per il fantomatico “nucleare”.
    Secondo appunto, politico: l’energia prodotta viene considerata “di pubblica utilità” e quindi si è obbligati ad immetterla in rete pubblica secondo regole stataliste. Dietro a questa apparente ottimizzazione si nasconde in realtà la volontà di mantenere il controllo del mercato dell’energia, che non diventa libero tra cittadini-produttori, ma è soggetto alle tariffe imposte dall’AEG (Autorità per l’energia e il gas).
    Si sarebbe auspicata invece un’apertura alla possibilità dei cittadini di “far da sé”, con la libertà di vendere il surplus al vicino di porta. Così invece si fanno fuori eventuali consorzi condominiali, che con la vendita di energia ricaverebbero un utile. Si pretende di far passare il sistema della produzione diffusa attraverso la cruna dell’ago della gestione centralizzata, abortendone i vantaggi.
    Esiste anche un motivo psicologico che gioca a favore della liberalizzazione, cioè che vivere la filiera produttiva dell’energia fin dall’inizio comporta una presa di coscienza del suo costo effettivo. Di conseguenza, ci si aspetta un comportamento più ragionevole, che tenda al risparmio “in casa propria”, senza pretendere una “sovraproduzione” in casa d’altri (l’Enel, appunto).
    Terzo appunto, ambientalista: a fronte di un’impostazione rigida della parte economica, è stato invece completamente dimenticato il problema dell’impatto visivo e ambientale degli impianti, ad esempio del fotovoltaico. Provate ad immaginare una città cosparsa di pannelli ovunque, senza alcuna regola. L’argomento è totalmente assente dalla norma proposta.
    In conclusione, sull’onda del successo del referendum sul nucleare (a fissione!) si rischia adesso di affidare la politica energetica italiana in mano alla scia speculativa dei produttori delle attuali sorgenti alternative (fotovoltaico, eolico), assestando la mazzata finale alla ricerca di sistemi di maggiore efficienza e minore impatto.
    * http://risorse.legambiente.it/docs/legge.0000001403.pdf
    ** http://www.energycatalyzer.com/threads/video-ny-teknik-tested-the-energy-catalyzer.7/

    (Stefano De Pietro)

  • OLI 307: ENTROTERRA – Cogorno, ronde e mazze da baseball

    Cogorno, amena località dell’entroterra ligure, tra la Val Fontanabuona e la Val Graveglia, colline digradanti verso il letto dell’Entella, oliveti sulle fasce terrazzate e vista su Chiavari e Lavagna, che si uniscono alla foce del fiume, sulla costa.
    Se la descrizione evoca un luogo tranquillo, la realtà sembra essere differente: parecchi segnali inquietanti arrivano dalla vallata.
    Come ogni estate, infatti, aumenta il numero dei furti nelle abitazioni, villette isolate o abitazioni familiari, molto ambite dai ladri di appartamento (Il Secolo XIXed. levante, 22/06/2011). La media, preoccupante per un comune che annovera circa 5300 abitanti, è di un furto alla settimana.
    Altrettanto inquietante è l’affissione di manifesti che invitano all’arruolamento a ronde per il controllo del territorio. Sui manifesti troneggia, come unico segno grafico, una mazza da baseball; è poi ben leggibile il bollo di affissione del comune, con scadenza al 3 giugno 2011.
    Forse l’iniziativa può essere collegata alla proposta di creare delle ronde nel Tigullio, da parte del sottosegretario leghista al Ministero della semplificazione, Francesco Belsito, che l’ha riproposta di recente (“Ronde leghiste nel Tigullio”, Corriere mercantile 18/06/2011).
    Il taglio ai finanziamenti dei piccoli comuni da parte dello Stato ha inferto un grave colpo ai servizi di controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine. Ne deriva una percezione di insicurezza per cui molti lettori del blog che riporta la notizia (http://www.menabonews.it/notizie/primo-piano-liguria.php?id=15983 ) si dichiarano favorevoli alle ronde ed alle ricadute positive che deriverebbero dal controllo, (sedicente) pacifico e disarmato, del territorio.
    E allora che c’entra la mazza da baseball?

    (Eleana Marullo)
  • OLI 307: PAROLE DEGLI OCCHI – Citazioni a catena

    Foto di Giorgio Bergami ©

    “So foul a sky clears not without a storm”. Su un muro della città vecchia, già imbiancato per cancellare scritte precedenti, lo spray scuro degli anarchici ha tracciato queste parole di William Shakespeare, citando la traduzione italiana con cui Vinicio Capossela apre il suo ultimo album Marinai, profeti e balene, rubata al Bardo di Avon non però da La tempesta, come alcuni hanno scritto, bensì da Re Giovanni (The Life and Death of King John, atto IV, scena II).
    Una metafora del tempo che stiamo vivendo e di ciò che probabilmente ci attende.
  • OLI 307: LETTERE – Pannella e le carceri d’Italia

    Abbiamo ricevuto da Marco Pannella e invitiamo a diffondere:

    Ciao,
    ti chiedo di inserire il mio 1min e 30 al TG5 nella tua bacheca di facebook, nel tuo blog, e anche di passare la voce in tutti i modi possibili per segnalarlo a quanti più siti e blogger (perfino radicali :-> ).

    Ecco i link al video:
    su youtube

    (Marco Pannella)