Categoria: OLI 296

  • OLI 296: VERSANTE LIGURE – LAMPEDUSANZE

    Dei profughi, con cura,
    far carne (di gran resa)
    per spot sulla paura:
    stiparli è buona cosa.
    Poi, con faccia sparviera,
    all’isola, già offesa,
    spacciar balle da fiera
    promesse alla rinfusa:
    così ci si sdecora,
    nell’Italietta fusa,
    così si fa e lavora
    così si (Lamped)usa.
    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA
  • OLI 296: POESIA – Ho deciso di cavalcare il popolo

    Gli arabi in giro per il mondo stanno facendo circolare in rete questi versi di Nizar Qabbani, siriano, nato a Damasco nel 1923, forse il più popolare dei poeti arabi contemporanei. Questi versi fanno parte di una lunga poesia dal titolo “Autobiografia di un macellaio arabo”, compresa nella raccolta “Ti ho sposata libertà”. I versi sono stati scritti nel 1988, ma sono resi attualissimi dalla caduta dei dittatori nel mondo arabo e dai loro ultimi discorsi al popolo in rivolta prima di fuggire e lasciare il potere. Nizar è morto nel 1998 a Parigi. Famoso per essere “il poeta dell’amore” e “il poeta delle donne” è riuscito a scrivere le migliori poesie politiche. Le sue poesie erano censurate e proibite in quasi tutti i paesi arabi ma erano le più diffuse e popolari tra i cittadini arabi in particolare tra i giovani. Nizar è uno di quelli che hanno lavorato e pagato molto per la libertà e la democrazia nel mondo arabo, peccato non abbia vissuto ancora per assistere all’attuale straordinario cambiamento nel mondo arabo. La sua raccolta di poesie “Il fiammifero è nella mia mano e i vostri piccoli stati sono di carta” è stata pubblicata, nel 2001, dalla casa editrice San Marco dei Giustiniani di Genova:

    Ho deciso di cavalcare il popolo
    di Nizar Qabbani, traduzione di Saleh Zaghloul

    Ogni volta che ho pensato di lasciare il potere
    la mia coscienza me lo ha proibito ..
    Chissà chi dopo di me governerà questa brava gente?
    Chi dopo di me guarirà lo zoppo ..
    il lebbroso ..
    e il cieco ..
    Chi ridarà vita alle ossa dei morti?
    Chissà chi sarà capace di far uscire la luce della luna dal proprio mantello?
    Chi potrà mandare la pioggia alle persone?
    Chissà chi li frusterà novanta volte?
    Chi sarà a crocifiggerli sopra gli alberi?
    A costringerli a vivere come le bestie?
    E a morire come le bestie?
    Ogni volta che ho pensato di lasciarli ..
    le mie lacrime scoppiavano come una nuvola ..
    e fiducioso nel sostegno di Dio ..
    ho deciso di cavalcare il popolo ..
    da ora fino al Giorno dell’apocalisse.

    (a cura di Saleh Zaghloul)

  • OLI 296: POLITICA – Il discorso di Berlusconi a Lampedusa

    da Nerone di Alessandro Blasetti, con Ettore Petrolini e altri, 1930.

    (a cura di Ferdinando Bonora)

  • OLI 296: GEOPOLITICA – Bahrain & Co: la geografia serve a fare la guerra

    Uno dei motivi scatenanti delle rivolte che sono divampate in Bahrain, secondo le notizie che circolano in rete, è stata la diffusione di una serie di immagini, tratte da Google Earth (http://www.businessinsider.com/bahrain-google-earth-2011-3#-1 ). Nel documento sono messe a confronto le aree di proprietà della famiglia reale e del suo entourage – minoranza sunnita – con quelle in cui abitano e possiedono terreni gli sciiti. Il problema sociale e politico più sentito è infatti la distribuzione iniqua delle terre, che costringe le fasce povere della popolazione ad accalcarsi nelle case e a vivere in aree ristrette, specialmente nel sud dell’isola. Residenze imperiali, palazzi, campi da golf, ippodromi e yacht sfilano ad accendere il malcontento della popolazione. Le immagini hanno iniziato a circolare nel 2006, in occasione delle elezioni parlamentari nello Stato del golfo Persico ma sono tornate attuali con il propagarsi delle rivolte nel mondo arabo. Friedman, editorialista del NY Times, ha raccontato questa vicenda in un articolo, poi tradotto su Repubblica (4 marzo 2011), sottolineando come, tra i vari strumenti della rete che hanno reso possibile il propagarsi delle rivolte, ci sia anche il grande occhio di Google Earth, che mette a nudo il mondo e lo offre a disposizione di chiunque. Un fattore che invece non è stato messo sufficientemente in luce è la forza dirompente e politica che la rappresentazione dello spazio possiede. Fa tornare alla mente che, senza alcun dubbio, “La geografia serve a fare la guerra”. Questo era il titolo del numero 0 della rivista Hérodote/Italia, che nel 1978 si proponeva di considerare criticamente il ruolo della geografia, nelle università, nella politica, nella guerra. Alla geografia insegnata nelle scuole, che si crede oggettiva e fatta di dati inconfutabili, se ne affiancano altre. La geografia spettacolo, ad esempio, quella delle cartoline, del turismo e delle vacanze, oppure la geografia del potere strategico, che viene controllata da chi il potere lo detiene e lo vuole conservare. Si continua a leggere, nel manifesto di intenti della rivista “In molti paesi la vendita delle carte geografiche a grande scala è stata proibita dal momento in cui le tensioni sociali hanno raggiunto un certo stadio”.

    Questo è solo uno spunto per un gioco di analisi che si può proseguire. Esempi nostrani e quotidiani dell’utilizzo strategico della rappresentazione dello spazio non mancano davvero. Basta pensare a Bossi, che sfrutta le sue competenze geopolitiche affermando sui profughi del Maghreb “E’ meglio tenerli a sud, è più vicino ( http://www.newnotizie.it/2011/03/29/immigrati-bossi-meglio-tenerli-al-sud/ ), oppure al premier che – magicamente – sostituisce le immagini da frontiera di Lampedusa, carica di disperati in fuga e abbandonata all’emergenza, con cartoline da geografia-spettacolo: palme, villette, casinò. Siamo ancora sicuri che la geografia sia banale e noiosa?
    (Eleana Marullo)

  • OLI 296: NUCLEARE – No e basta.

    Passato un po’ di tempo dalla catastrofe del terremoto giapponese, si possono tirare le prime somme, usando il linguaggio molto diretto di chi è preoccupato per la nuova svolta nuclearista del governo italiano. E’ mia convinzione che dietro l’apparente gentilezza del modo di pensare comune a chi lavora con una formazione tecnica universitaria e legato a concetti economici e affidabilistici, si nasconde in realtà la determinazione di imporre il nucleare in modo paternalistico, come risultato di un processo di analisi alterato per farlo suonare come logico ed apparentemente inattaccabile. Invece, fuori dalle considerazioni economiche ci sono, tanto per iniziare, quelle sanitarie, che hanno già ampiamente dimostrato che il nucleare, in realtà, è letale per fondamento stesso, al di là delle ipotesi incidentali, ad esempio come quando (non) si parla dei rifiuti, che rifiuti restano anche se prodotti da centrali di ennesima generazione. Per quanto riguarda la sicurezza, avere avuto tre incidenti “top” nel giro di poco più di trent’anni lascia presumere che i valori di frequenza attesa siano stati a dir poco sottostimati. Certo, a posteriori, sia Three Miles Island, che Chernobyl e adesso Fukushima, così come le centinaia di piccoli eventi “minori” silenziosi (per questo a mio avviso ancora più inaccettabili), innestano il ciclo virtuoso di analisi che consente di capire i difetti degli impianti per renderli “un po’ più sicuri”.
    Però, quando poi si scopre che un’ondata d’acqua, per quanto gigantesca ma comunque prevista in quella zona, mette in ginocchio 4 reattori, allora il parere anche dei tecnici dovrebbe cambiare. Cosa sarà stato questa volta? I muri hanno dimostrato di reggere perché l’ondata era prevista, quindi cosa scopriremo? Che si sono staccati i serbatoi del gasolio dei generatori, galleggiando sull’acqua? O che le prese d’aria non sono state previste ad un’altezza tale da garantirne il funzionamento con i motori sommersi? Non mi stupirebbe che particolari tanto semplici possano aver causato un effetto domino di tale dimensione, i generatori erano molti e che tutti siano saltati lascia presupporre ad un problema di progettazione comune legato all’inondazione o ad un punto critico non previsto nell’analisi di rischio. Diversamente da così sarebbe ancora più preoccupante, perché la stupidità di un particolare purtroppo esiste al di là dei calcoli generali più esatti, mentre un evento dovuto ad un problema “di fondo” sarebbe davvero inaccettabile e criminale. E nel caso di Fukushima, il progetto ha affidato la vita della centrale ad un sistema non a sicurezza intrinseca, direi quindi che si è trattato di un problema “di fondo”: il flusso d’acqua legato ai generatori (sicurezza attiva) è un errore lampante, una scelta operativa sicuramente dettata dai famosi “costi inaccettabili” di una centrale più sicura. Ricordo che un giorno proposi ad un’assicurazione di legare il premio della RCT al livello di attenzione che l’azienda poneva nella gestione degli impianti, in quel caso dei semplicissimi stoccaggi di gas, e della loro conformità ai gradi più elevati della tecnica migliore. Ricevetti un diniego, perché, mi spiegarono, le assicurazioni lavorano proprio sull’imprevedibile, basandosi su un’analisi statistica dei dati a posteriori, sull’esperienza. E i dati storici sul nucleare, al di là dei numerini “dieciallamenoqualcosa”, delle promesse dei progettisti, delle parole dei politici, dicono che è l’ora di smetterla.
    Votai a sfavore del nucleare nel 1987, allora non tanto perché non credevo nella capacità della tecnica in sé stessa, quanto per una basilare sfiducia di una gestione così complessa in un paese come il nostro (non credo di dover citare i motivi, sono evidenti, ed oggi siamo peggiorati). Adesso, invece, si scopre che questa tecnologia è “troppo complessa” anche per un popolo come quello giapponese, esempio di efficienza e dove l’amministratore delegato della Tepco va in giro per i campi profughi a scusarsi personalmente per il *casino* che hanno combinato (scusate il termine, ma è davvero appropriato).
    Comunque, arrivati a questo punto non credo che ci sia più spazio per una discussione su questo argomento, chi ancora è convinto che si possa fare e gestire la fissione, vive in un passato di illusione ingegneristica sconfessata dai fatti. Per noi, antinuclearisti della prima ora, resta solo di avvisare che difenderemo duramente il nostro diritto alla vita. Il vecchio motto del “Nucleare, no grazie” da oggi diventa un esplicito “Nucleare, no e basta!”. Pazienza se saremo tacciati di non essere democratici come le nubi radioattive, quando sorvolano il mondo inquinando ricchi e poveri in egual misura.
    E non si venga a dire che “tanto le centrali straniere sono a pochi chilometri fuori del confine”: chi vuole cambiare il mondo, cominci a cambiare sé stesso.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 296: POLITICA – Pinotti & C: lobby bipartisan per il nostro futuro

    Confesso distrazione e disattenzione, ma di fronte al titolo “Minova politica contro l’isolamento di Genova” (La Repubblica, 4 aprile) la prima cosa che mi è venuta in mente è che si trattasse di un refuso, di un lapsus di scrittura. Forse, ho pensato, intendevano manovra … Poi ho associato! L’allusione era alla nuova città invisibile del nostro futuro, MiNova = Mi(lano) + (Ge)nova, “benedetta” nei giorni scorsi da Burlando e Formigoni (La Repubblica, 30 marzo), suggestivo scenario per la intervista alla “esponente di punta del PD ligure” Roberta Pinotti, preoccupata per l’isolamento di Genova.
    Il tono è narrativo, evocativo (“… tempo fa sentii Berneschi affermare che la realizzazione delle grandi infrastrutture poteva essere anche sostenuta dalle banche”), gli scenari affascinanti: una lobby politica positiva … una lobby bipartisan … la necessità di un cambio di passo, da favorire con un invito a cena. Commensali: Roberta Pinotti, Giampiero Cantoni, Pdl, presidente della commissione difesa del Senato e di Expò 2015, Luigi Merlo e, forse, (il tentativo di coinvolgimento è ancora in corso …) Luigi Grillo “che da più di venti anni si occupa della vicenda e che a mio avviso dovrebbe diventare il promotore di un tavolo fra parlamentari liguri e lombardi uniti nella realizzazione del terzo valico”.
    Il cronista ha un dubbio: “Non rischia la Pinotti di aprire eccessivamente al centro-destra in questa operazione?”.
    “Non scherziamo!” – reagisce l’intervistata – “La situazione è così conflittuale con la maggioranza che vorrei che il governo cadesse”
    Ah, menomale. Ci eravamo impensieriti.
    Per note biografiche sul Senatore Lugi Grillo consultare Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Grillo
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 296: CITTA’ – Nuovo Puc, se il Parlamento docet

    Mercoledi 30 marzo, terzo incontro sul nuovo Piano Urbanistico di Genova.
    Non c’è la campanella ma servirebbe tanto. La sala rossa del consiglio comunale sembra un’aula scolastica, pochi al loro posto, tanti in piedi, gruppetti a chiacchierare. Invano il giovane presidente apre i lavori, i più indisciplinati non demordono, specie i senior. Comincia così la seduta della commissione urbanistica sul Puc, i timori si rilevano fondati, anche oggi si segue un rituale già visto per le proteste dell’opposizione, che si tramutano in liti aperte, attacchi personali, intimazioni a chi presiede. Durano quasi un’ora le intemperanze e alcuni della maggioranza sgattaiolano furtivi, hanno già fatto presenza.
    Il motivo del contendere è l’indisponibilità di materiale “cartaceo”, ovvero il documento del Puc è soltanto su dischetto e più consiglieri asseriscono di saper usare poco il computer.
    Al massimo la posta si borbotta e poi al grido di “non ci si può permettere! Ma qui ci prendono per … ” si sottolinea che il regolamento espressamente prescrive che va fornita documentazione comprensibile.
    “Il Puc non è ancora quello definitivo e quindi inutile stamparlo” si ribatte in un vociare fastidioso.
    Ecco infine la sindaco, trafelata, che spiega essere appena arrivata da Milano per la presentazione ufficiale di Euroflora, che si terrà a Genova e quindi altri buuh, contiamo meno di Busalla.
    Un po’ d’ordine, siamo qui per lavorare, si devono ultimare le spiegazioni: frettolose e schizofreniche, soprattutto per chi non ha nemmeno visionato il dischetto.
    L’oggetto del contendere è invero “corpulento” : centinaia di pagine di scritto e tavole a colori.
    A stamparlo per gli addetti (consiglio comunale, nove municipi, associazioni, Confindustria, ordini architetti e altri ancora) si presume un costo di migliaia di euro per cui: i volenterosi lo studino a computer, mentre l’unica corposa copia cartacea è consultabile presso l’ufficio di presidenza.
    A quel punto ci si chiede perchè non fare un bel corsetto di uso minimo del web o se invece non sia questo un modo per non proseguire i lavori, pur riconoscendo che un po’ di ragione chi protesta la possiede. Cartine, tabulati , obiettivi, sistemi, insomma un “tomo” così puntuale e preciso, davvero impegnativo per chi non è del mestiere.
    Confusione voluta, mania di grandezza, eccesso di precisione?
    Il Puc è comunque ambizioso con sfaccettature accattivanti come l’idea dell’acqua che accomuna i sistemi territoriali, in cui viene suddivisa Genova e dintorni, non più l’abitato del mare soltanto, ma lo spazio di collina e le sue vallate
    Certamente il “piano” risulta positivo per l’inserimento a livello europeo della città-porto e quindi giusto considerare infrastrutture, corridoi di mobilità nel contesto globale, insieme all’aspetto demografico, pur se quello socioeconomico appare sotto traccia. Si devono però fare i conti con l’Europa e anche con Autorità portuale, ente Fiera, Autostrade e insieme agli obiettivi, il verde, il piano energetico, l’aspetto geomorfologico, il costruito, gli spazi vuoti, i servizi,le aree dismesse o produttive….e se si va al succo del discorso, cioè che cosa ne sarà di un’area, ci si perde.
    Troppa frammentazione, non sembra un piano fatto per i cittadini. Sarà autentica, eppure sfugge, la proclamata reale attenzione per il territorio, sarà campo di caccia per dispute leguleie.
    Ad esempio l’ex ospedale di Quarto è inserito sia negli “obiettivi” come “parco tecnologico-scientifico” (“meraviglia, pensi, forse faranno un campus, visto che l’università dismette per far cassa …), sia nei “sistemi di trasformazione di aree”, e qui se ne parla come “insediamento residenziale integrato con un polo per atti direzionali e ad alto contenuto tecnologico del levante”. Ma non si sta già facendo il polo degli Erzelli a ponente? Forse un’ipotesi per Abb o Ericsson, o una vaghezza?
    “Una città che guarda al futuro con il nuovo Piano Urbanistico Comunale e la candidatura europea a Smart City, un progetto per migliorare la qualità della vita dei genovesi attraverso uno sviluppo economico rispettoso dell’ambiente” secondo Richard Burdett, l’archistar londinese, artefice del Piano, “perchè Genova ha tre qualità fondamentali: compattezza territoriale, al di là delle ovvie difficoltà di trasporto, una felice posizione geografica verso sud che può consentire di sfruttare al meglio l’energia solare e forte connessione tra il tessuto economico e sociale”. Sic, speriamo bene alla prossima seduta e non solo.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 296: PAROLE DEGLI OCCHI – La città

    Foto (C) 2011 – Giorgio Bergami