
Categoria: OLI 258
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OLI 258: VERSANTE LIGURE – Sani Veleni
Intossicano bilidi Unti, servi & affiniproducon stizza a chilideturpano i santini:le polveri sottili?Macché: polveri Fini! -
OLI 258: STORIA – L’orizzonte transnazionale
Ad ogni popolo la sua nazione e ad ogni nazione il suo popolo! Assunto che sembra appartenere a La Repubblica di Platone, logico quanto la geometria euclidea. Connubio fondato sull’epica narrazione della storia dei popoli. In realtà idea che risale all’epoca moderna e vede nel XX° secolo, con la conclusione dei due conflitti mondiali, la definizione in strutture statali dai confini geopolitici ridisegnati o assegnati ex-novo.Il 17 aprile scorso per La Storia in Piazza, dinnanzi ad una gremita sala del Gran Consiglio del Palazzo Ducale di Genova, Beshara Doumani, professore di storia all’Università della California di Berkley, e Shlomo Sand, professore dell’Università di Tel Aviv, hanno provato a scardinare l’equivalenza popolo-nazione partendo dalla più emblematica situazione internazionale, Israele, Palestina e i rispettivi abitanti.Doumani ha focalizzato il suo intervento “The Ironies and Iron Law of Palestine and Palestinians”, sulla situazione paradossale (Ironies) vissuta dal popolo palestinese, che ha subito la sua prima sconfitta in coincidenza della dichiarazione dello stato palestinese. I palestinesi si sono scoperti popolo nell’accezione moderna del termine solo nel 1948, dopo l’ufficializzazione della nascita della Palestina. Da allora sino ad oggi i suoi confini murati si sono chiusi progressivamente nell’assurdo di uno stato non governato dai suoi abitanti, sui quali vigono leggi inflessibili (Iron Law), senza che venga loro riconosciuto alcun diritto. Un’esposizione chiara, accompagnata dall’evidenza di una serie di diapositive. L’uditorio poteva facilmente presagire una chiusura nei confronti dell’altro interlocutore.Shlomo Sand esordisce dichiarando I’m from Israel. Rafforza, I’m Israeli. E da lì, sorprendentemente, muove nella direzione di Doumani. Il punto di partenza, illustrato nel suo The Invention of the Jewish People, è diverso: l’invenzione del popolo ebraico e, come alterità, quella del popolo palestinese. Ritiene che attribuire l’appellativo popolo agli ebrei sia un falso storico, emanazione del pensiero sionista, sorretto sull’evidenza non scientifica della Bibbia. Parte dal principio che un popolo si possa definire tale su comuni basi linguistiche, religiose, di tradizione e di sangue. Solo la religione poteva accomunare ebrei nordafricani ad ebrei ucraini. Fondandosi su una particolare interpretazione della diaspora e della storia dei popoli fuoriusciti, sostiene che sarebbe più facile rintracciare origini ebree nei palestinesi. La religione è l’identità di popolo che rende Israele nazione degli ebrei del mondo e di Woody Allen, più che degli israeliani stessi. Dunque una democrazia negata. Tesi molto dibattute quelle di Sand, volte a sostenere l’idea di Israele stato di tutti i suoi cittadini, ebrei ed arabi. Contestate, non nella positiva conclusione, da alcuni studiosi, tra i quali Anita Shapira, come artificiale riscrittura della storia. Salutate positivamente da altri, tra i quali Eric J. Hosbawn.Forse la retorica storica sulla quale si sostiene una nazione è una delle tante possibili. Sicuramente il suo vuoto è rischiosamente sostituibile con altre ancor più negative. La storia ce l’ha dimostrato. Quale antidoto per il futuro? Doumani e Sand sono d’accordo nel partire dalla critica dell’identità nazionale. Doumani ricorda che i palestinesi si trovano nella condizione più difficile e simbolicamente globale: l’assenza totale di diritti. Il linguaggio politico attuale non coglie che superficialmente la situazione. Solo un orizzonte transnazionale, forse tra qualche generazione, potrà comprenderla e superarla. Sand conclude con un’immagine proposta ai suoi studenti. Siamo su una macchina che corre all’impazzata senza modo di fermarsi. I vetri sono sporchi delle lordure della storia, Pol Pot, Stalin etc. ad impedire la vista. Il tergicristalli non funziona. Per andare avanti possiamo solo guardare nello specchietto posteriore. Ci dirigiamo verso la catastrofe.È possibile che le future generazioni inventino qualcosa per fermare la corsa? Uno studente risponde di no, ma aggiunge, possiamo spaccare un finestrino…(m.a.p.) -
OLI 258: SOCIETA’ – Ma l’etrusco lo potrei usare?
“Ciao, oggi sono stato al forum piscarium e ho comprato delle triglie bellissime”, “guarda che giù al forum coquinum non si risparmia mica”, “al macellum del venerdì in piazza Ottaviano c’è davvero di tutto”. Strano, vero, che come si usa fare le parole latine non siano state scritte in corsivo. E’ il possibile effetto della proposta della deputata leghista Silvana Comaroli (*), consentire il commercio solo a chi parla bene l’italiano e vietare le insegne in lingue che non siano comunitarie, forse dimenticando che si potrebbero trovare insegne scritte in lingua rumena (ohibò, che svista), nel comprensibilissimo danese, per non parlare del greco. E che ne sarà del lituano, del polacco? Se saranno ammesse il catalano, il basco, l’irlandese di Dublino, non è dato ancora saperlo.Potranno essere usati anche tutti i dialetti italiani, ma solo nella regione di competenza, il che lascia presumere che ci potremo dimenticare la pizzeria “Dicitencello vuje” a Milano, o il ristorante “A madunina” a Palermo. Stop insomma allo scambio fonetico.Una possibile soluzione, la propongo io per salvare la situazione, sarà di aggiungere al decreto l’articolo correttivo finale: “o la lingua dalla quale le altre derivino”, ossia il latino. Da lingua morta a lingua ufficiale della politica italiana, altrettanto morta. Dopo le messe in latino che spuntano qua e là per lo stivale, potremmo cominciare ad avere i consigli comunali in bergamasco o latino, in piemontese o latino, in genovese o latino. Visto? La cosa è presto risolta, per insegne, parlamento, consigli regionali, provinciali, comunali e municipali, modulistica, pubblicità elettorale. Proporrei, nei casi nei quali l’assemblea condominiale sia fatta di persone extra UE, l’uso dell’esperanto obbligatorio. Tutti, amministratori, inquilini, politici, presidenti, commercianti, con regolare certificato di frequenza emanato da ente autorizzato.Bene, finite le barzellette delle proposte di legge fatte ad mentulam canis, torniamo a vedere la bellezza di non capire nulla di “arabo”, entrare nel kebab e chiedere, masticando il panino multirazziale: “ma che diavolo c’è scritto nella tua insegna?”. Si chiama “convivenza multietnica”.*http://www.camera.it/29?shadow_deputato=302764
(s.d.p.) -
OLI 258: 25 APRILE – Passaggio di fase
Benedetta da una rara sintonia tra popolo in piazza e autorità sul palco, Genova ha avuto un bel 25 Aprile, ma (o forse: e quindi) non ha conquistato spazi né in edicola, né sul web: sulle loro pagine nazionali La Repubblica e Il Secolo XIX mettono in evidenza solo gli scontri di Roma e Milano, ed il vero traino viene dato dalle lacrime di Claudio Burlando, che forniscono il titolo sia al brevissimo articolo (?) del Secolo XIX, esattamente 49 parole – incluse congiunzioni, articoli e preposizioni, sia alle cronache di Repubblica.Sul web va anche peggio: gli unici siti che portano un titolo sul 25 Aprile sono – come vuole la distribuzione delle parti in commedia – quelli dell’Unità e del Manifesto.In questa logica ci si aspetterebbe qualcosa da Liberazione che però sorvola, facendoci pensare all’imbarazzo di dover prendere posizione di fronte agli eventi di Roma e Milano, coerentemente, anche in questo caso, al canovaccio della commedia politica italiana. Ma cosa c’era di bello, che valeva la pena di essere detto, nel 25 aprile di Genova? Di bello c’era il passaggio, la transizione dalla commemorazione all’oggi. Nelle parole di chi ha parlato dal palco, e nei cervelli di chi stava ad ascoltare, il centro non era né la celebrazione, né la retorica. Gli eventi della Resistenza erano uno sfondo, in primo piano c’erano le responsabilità da prendersi su quello che avviene ora in Italia.Purtroppo però è sempre più difficile che si verifichino le condizioni al contorno indispensabili a formare ed esprimere pubblicamente un pensiero e un sentimento collettivo articolato e non semplificato.(p.p.) -
OLI 258: COMUNICAZIONE – Pinocchio, il gatto e la volpe
Come sempre il gatto Telecom, la volpe Poste Italiane e il Pinocchio Ministero che crede ancora al Paese dei Balocchi hanno combinato il solito pasticcio. Ringraziamo che il crollo del sito della posta elettronica certificata di Stato sia avvenuto subito prima che milioni di italiani avessero affidato ad esso le loro pratiche amministrative.Tre didascalie a scelta a commento della immagine:
1. La Posta Elettronica Certificata di Poste, Telecom e Governo? Questo il commento dei tecnici informatici: ahahahhahahahahhaha hhahhahahahahahhahahahahha hahahha hahahhahhahahahhahahahhaha hahhahahahhaha hahhaha hahahahahhahahahhah”. Chiaro?
2. Disinformatica di Stato – La Posta Elettronica Certificata si incaglia alla prima ora.
La comunicazione “sicura” tra il Cittadino e al Pubblica Amministrazione. Sicura di fare fiasco, qualcuno ne avrebbe dubitato?
3. Informatica dei bambini – Quando si uniscono Telecom, Poste e Ministeri, il Cittadino si barrichi in casa! Pericolo di frane.(s.d.p.) -
OLI 258: CITTA’ – Busvia: alla ricerca di una alternativa
Venerdì sera le luci a festa venivano incontro a chi andava verso la chiesa di San Gottardo, restituendo un’immagine che sapeva di vigilia di Natale. L’umidità circostante ricollocava l’atmosfera in primavera. Nella sala sottostante la chiesa, all’incirca duecento persone hanno risposto all’invito dei comitati del “No busvia” in Valbisagno ad assistere alla presentazione di un progetto di viabilità alternativo, sviluppato da un gruppo di studenti della Facoltà di Architettura dell’Università di Genova, guidati dall’ing. Troilo, ordinario di architettura dei sistemi di trasporto.Il gruppo di lavoro si è domandato che cosa porta un cittadino a prediligere il mezzo privato rispetto a quello pubblico. La risposta è stata la disponibilità continua del proprio automezzo. Perché avvenga la transizione da mezzo privato a quello pubblico è necessario ridurre i tempi di attesa ed incrementare la flessibilità di quest’ultimo. Così nasce questo progetto di viabilità sull’alveo del Bisagno con navette automatizzate sempre disponibili nelle aree delle fermate, alla stregua del Personal Rapid Transit (PRT), che collega Heathrow a Londra. L’idea è stata sviluppata in circa quattro mesi di lavoro, dunque non definitiva, ma fondata su un’analisi accurata della valle dal punto di vista demografico, geomorfologico, non trascurando la criticità idrica del torrente che la solca e l’influenza delle valli attigue.I people mover sembrano rappresentare una delle alternative possibili per la viabilità della zona. E’ stato un peccato non ascoltare nella stessa serata altri progetti. Sicuramente il confronto tecnico con Troilo, che non ha voluto entrare nel merito del dibattito politico, sarebbe stato efficace e costruttivo. Gli interventi invece si sono assestati nello spazio tra doverosa opinione e preoccupazione personale, inframmezzati in alcuni casi da parole di intolleranza e malcelate interpretazioni politiche. Un contraltare non felice alle passate altrettanto infelici esternazioni dell’amministrazione cittadina.Al movimento “No busvia” va il merito di aver riportato l’attenzione cittadina su una valle bistrattata, risvegliato la partecipazione degli abitanti con iniziative vivaci (gli aperitivi sulle strisce pedonali sono degni delle performance del Living Theatre), ed anche quello di aver riattivato gli storici comitati di quartiere. Non mancano preoccupazioni comuni tra queste realtà, ad esempio la rimessa AMT dell’area Gavette collocata sotto il complesso scolastico di via Lodi.La riuscita di un’alternativa per questa valle si gioca anche sul dialogo tra i diversi comitati, al di là di una frammentazione corporativistica.(m.a.p.) -
OLI 258: CITTA’ – Lo scoglio dei Mille per l’Unità d’Italia
Se Carlo Azeglio Ciampi si dimette dal comitato per le celebrazioni dell’Unità d’Italia per motivi anagrafici, e Gustavo Zagrebelsky con Dacia Maraini esprimono “un senso di disagio”, tuttavia il restauro dei monumenti, il museo virtuale del Risorgimento e tutte le altre iniziative sono ormai avviati, pur essendo spesso arrivati in ritardo i finanziamenti: per la scarsa convinzione con cui ci si predispone ad omaggiare la data fondativa della nostra identità italiana, dicono quelli che pensano male.Anche Genova si prepara ai festeggiamenti, e oltre alle manifestazioni culturali si è attivata per recuperare i “luoghi della memoria”. Così lo scoglio di Quarto è stato ripulito, commovente per la sua semplicità. Inoltre si sta procedendo sul monumento dei Mille, dove è atteso per il 5 maggio il presidente Napolitano. Via le aiuole ai piedi delle statue e al loro posto gradoni che esaltano la liricità del gruppo di figure. In atto anche l’intervento sul promontorio che, secondo la Pianificazione del litorale, approvata in Comune a fine 2009, “…dovrà essere oggetto di generale riqualificazione dell’intorno, per consolidare e porre in risalto gli elementi della memoria, favorendo la fruizione pedonale e migliorando accessibilità e visibilità anche da mare”.Sono previste tre terrazze su tre livelli, collegate da una scala, dove prima c’era il frequentatissimo “Bar Monumento”, che verrà ripristinato. Considerandone la visuale da terra, da levante e da ponente, nonché dal mare, nel mezzo del promontorio spicca la lunga scala dritta dalle pareti in cemento, che arriva agli scogli e condurrà alle tre terrazze. Chi scende lungo la scalinata vedrà un bellissimo panorama, spaziando da Portofino a capo Santa Chiara. Non sarà così per chi guarda dall’Aurelia o dalle spiagge che fiancheggiano la nuova costruzione: da qui “le pubbliche visuali panoramiche”, citando Urban Lab, appaiono compromesse.Forse si volevano rammentare le crose liguri o le scalinate di Portovenere, ma vista dal mare in lontananza, la scala con le sue impenetrabili pareti, pare una fenditura, quasi una ferita, e da terra un ostacolo alla vista, un tapis roulant nel contesto a ziggurat (http://it.wikipedia.org/wiki/Ziqqurat) di piattaforme ulteriormente ampliate, anch’esse in cemento. Le mareggiate sono violente, si sa.La Pianificazione prevede che i futuri interventi dovranno garantire percorsi-accesso “perpendicolari” alla costa, che si estendano come nuovi belvedere, ma in Liguria solitamente la modulazione degli accessi nei tratti di costa alta corre “in parallelo”, lungo le pareti delle scogliere o della strada a picco.Più di un milione di euro per un progetto non da tutti apprezzato, com’è successo alla presentazione pubblica la settimana scorsa. Mai dire mai all’innovazione però. A restauri ultimati – e ce n’era bisogno – l’effetto sarà certamente piacevole, con il verde fra le terrazze e gli scogli lambiti dal mare, gradito ai ragazzi che s’affollano d’estate.Un po’ meno la pedonalizzazione, ma la mobilità per ora non è contemplata, giusto per restare in una progettazione generale degli spazi e nel rispetto dei criteri della Pianificazione, in cui si sottolinea che “gli interventi di riqualificazione dovranno valorizzare le visuali della città verso il mare … secondo un approccio teso a re-naturalizzare le strutture esistenti, riducendo le superfici cementificate e impermeabili, a favore di aree verdi e permeabili e ricostruire con materiali ecocompatibili”.Sic. Chissà che direbbe Garibaldi di quest’Italia.(b.v.) -
OLI 258: MOSTRE – Ragazze di fabbrica: considerazioni a margine
I dati a consuntivo parlano di un successo ottenuto a basso costo per le casse pubbliche: 3350 visitatori in 30 giorni di apertura, più di mille commenti lasciati sul libro della mostra, punte di presenze dalle 150 alle 200 persone nei giorni in cui sono stati organizzati eventi particolari. Il tutto per 20.000 €, spettacoli, animazioni, visite guidate e video inclusi.10.000 euro li ha messi la Fondazione Ducale per allestimento, vigilanza e promozione. Gli altri – utilizzati per la stampa del catalogo – vengono da Comune, Provincia, Regione, Coopsette e Cgil.Si è trattato, in effetti, di una conquista. La proposta di portare al Ducale la prima e la seconda parte della mostra Ragazze di Fabbrica, già allestite a Ponente rispettivamente nel 2005 e nel 2008, era stata avanzata l’anno scorso, e si è fatta strada attraverso ipotesi iniziali assai più minimaliste, come quella di una breve e parziale esposizione nel cortile del palazzo.La pazienza di attendere, e l’arte di stare nei confini di stanziamenti ridottissimi, ha creato una possibilità di incontro tra il progetto delle donne e le disponibilità / possibilità della Fondazione, e alla fine il percorso attraverso 150 anni di storia del lavoro delle donne del ponente industriale genovese è riuscito a trovare uno spazio espositivo adeguato.L’arte è consistita in una grandissima mole di lavoro da parte delle addette alle biblioteche, nella attività totalmente gratuita del gruppo “Generazioni di donne” (www.generazioni-di-donne.it) che ha realizzato la sezione “15 donne” della mostra e molti degli eventi che si sono svolti al Ducale, e nei contributi che sono arrivati sotto forma di attività (Centro Ligure di Storia Sociale), o di sostegno economico per la realizzazione degli eventi teatrali (lo SPI Cgil e sessanta singole persone che hanno contribuito ad una colletta).Quindi, più di tremila visitatori. Donne soprattutto, ma con una presenza maschile tutt’altro che trascurabile, che hanno avuto con la mostra un rapporto prevalentemente individuale: le uniche visite guidate sono state quelle delle scuole, perfino una materna, ma nessuna fabbrica o categoria sindacale.Visitatrici e visitatori con chi parleranno ora di quello che hanno visto o pensato? Il sindacato potrebbe essere un tramite di rapporto, e in effetti nell’ultimo giorno della mostra la CGIL ha organizzato un convegno di grande interesse, “Che genere di innovazione?”, con interventi di donne attive nei campi della ricerca e della produzione. Novanta le presenze: uomini, donne, esponenti di segreteria e di apparato sindacale.Ma dopo il breve intervallo dedicato allo spuntino, nel momento della reciprocità, quando c’era ascoltare le donne che avevano organizzato parte della mostra e degli eventi, le presenze sono evaporate. Nove di numero le/i superstiti.Tra di loro Susanna Camusso, oggi segretaria nazionale della Cgil che con alcune delle donne “della mostra” aveva condiviso l’esperienza dei Coordinamenti donne FLM degli anni ’70, e il segretario generale della CGIL Liguria che si è lasciato coinvolgere e commuovere. Presenze “importanti”, ma la barriera che divide il sindacato genovese da quello che si muove al di fuori dei suoi apparati e dei suoi schemi resta alta.(p.p.) -
OLI 258: PAROLE DEGLI OCCHI – Donne che raccontano
Questa settimana proponiamo lo slide del servizio fotografico di Giorgio Bergami, realizzato nel corso della mostra RAGAZZE DI FABBRICA
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OLI 258: LETTERE – Museruola alla tariffa sui rifiuti
Preoccupati della piega che sta prendendo la faccenda della tariffa sui rifiuti, abbiamo ritenuto di inviare questo invito, a mezzo stampa, alla nostra Amm. comunale e AMIU affinché riflettano e abbandonino “la mediocrità per l’ eccellenza” quale criterio da seguire nelle loro scelte in materia di ciclo dei rifiuti.Lasciamo da parte le sigle che ci hanno solo complicato la vita negli ultimi anni e parliamo di quella che i cittadini dovranno continuare a pagare perché il Comune continui ad occuparsi dei loro rifiuti. Innanzitutto lasciamo da parte anche la parola rifiuto a cui molti, in particolare i governi che si sono succeduti, continuano a dare significati atti solo ad aggirare il fisco, e parliamo invece di materiale post consumo, che e’ tutto ciò che buttiamo via ma che può trovare ancora un suo impiego: i rottami con cui si fanno ormai da tempo le auto senza estrarre altro minerale dal sottosuolo, la plastica delle bottiglie dell’ acqua minerale con cui facciamo i maglioni, lo scarto di cucina con cui concimiamo il nostro giardino e così via.Tariffa e materiali post consumo un binomio che può risolvere il problema che assilla come tante città anche Genova: se separi gli scarti della tua cucina dalla plastica della bottiglia di acqua minerale, la carta del tuo giornale dal vetro della tua bottiglia di birra, produci materiale post-consumo pronto per essere riutilizzato con innegabili vantaggi economici rispetto al fatto di utilizzare la materia prima. Le industrie risparmiano, la nazione pure e lo stesso deve essere per il cittadino che e’ l’artefice primo di questo guadagno e grazie a questo “premio” il ciclo virtuoso e’ mantenuto.Il ministro Ronchi ci aveva pensato inventando la tariffa, cioè il meccanismo secondo cui chi produce più rifiuti paga di più, come d’altronde si fa da sempre per l’acqua, il gas e l’energia elettrica.Sono passati ormai 13 anni da quel decreto ma nonostante gli inviti della comunità europea ad applicare il principio del “chi inquina paga”, l’ Italia non solo li ignora, ma applica indebitamente alla tassa sui rifiuti un altra tassa chiamata IVA.Adesso la Corte Costituzionale se ne e’ accorta e denuncia la truffa che anche l’ Agenzia della Entrate conferma: milioni di Euro indebitamente presi dalle tasche degli Italiani sotto forma di IVA dovranno essere restituiti.O forse no, sarebbe infatti sufficiente riformare il modo con cui si paga la tassa sui rifiuti applicando il principio che nel lontano ’97 ispirò il Decreto Ronchi: i Comuni continuerebbero a prelevare l’ IVA sulla tariffa dei rifiuti e il cittadino, che pur dovrebbe continuare a pagarla, avrebbe però la possibilità di risparmiare e lo farebbe producendo meno rifiuti, realizzando in fondo ciò che a parole tutti si augurano avvenga prima o poi.Ma con italica fantasia il nostro amministratore locale “trova l’inganno”: pur di non complicarsi la vita, dando il giusto riconoscimento ai cittadini che producono meno rifiuti, bizantinamente ma anche prepotentemente cancella dal vocabolario il vero significato di tariffa e lo sostituisce con uno di comodo che gli permetta di assoggettarlo all’ IVA.E’ inutile dire che si tratta di una squallida mossa che non solo perpetua un furto ai danni della collettività ma contraddice ogni benché minima intenzione di risolvere il problema dei rifiuti in maniera sostenibile.E purtroppo a tutto questo non e’ rimasta immune neppure Genova, dove Comune e AMIU stanno febbrilmente balbettando per una soluzione che lasci, prima di tutto, le cose come stavano prima, alla faccia delle Direttive europee e, quel che e’ più grave, anche delle belle intenzioni sul ciclo dei rifiuti che stanno dimostrando.Invece, viste le loro intenzioni anche ambientalmente “virtuose” per ciò che riguarda certi aspetti del ciclo dei rifiuti, potrebbero dimostrare coraggio e sposando l’eccellenza al posto della solita “mediocrità”, rilanciare i Progetti Porta a Porta di Sestri e Pontedecimo adottando in via sperimentale tariffazione personalizzata (tipo Priula) e, perché no, nel frattempo invitare i cittadini ad autocertificare il proprio sforzo di riduzione e differenziazione dei materiali post-consumo attraverso iniziative come il compostaggio domestico, l’ uso dei pannolini riutilizzabili, l’acqua liscia e gasata alla spina nei ristoranti, e la diffusione di stoviglie riciclabili al posto di quelle usa e getta nella ristorazione collettiva.(Franco Montagnani – Legambiente Liguria Circolo G. Rebora San Pier d’ Arena)