Alla fine di gennaio il Secolo XIX “ha rivelato” il piano della ristrutturazione sanitaria genovese, definendo “una rivoluzione degli uffici e ambulatori” l’idea di traslocare le attività che si svolgono tanto in via Assarotti quanto in via Archimede nel palazzo di Pammatone della Foce.
Il ragionamento ha una sua logica amministrativa: le strutture attuali sono vecchie, e in questi casi le manutenzioni sono difficili e costose. Insomma la scarsa funzionalità unita alla necessità di risparmiare imporrebbero un sacrificio: un ufficio centralizzato dove troverebbe posto anche l’utenza della Foce potrebbe funzionare meglio, come il palazzo della salute di via Brigate Partigiane, gestito dall’ospedale San Martino.
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Lettere – Il rebus della sanità
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Lettere – Ambiguità del primo marzo
Cari redattori di OLI, mi chiamo Roberto Marras e sono un insegnante di Lettere delle Superiori, precario pur con 14 anni di carriera alle spalle, forse, dato il governo che abbiamo, senza prospettive di entrare di ruolo… ma non è di questo che voglio parlare.
Voglio parlarvi, piuttosto, della questione dei rapporti tra immigrati e noi nativi, la quale, come sapete bene, è molto attuale e scottante, visto che l’attuale governo ha vinto le elezioni soprattutto grazie alla sua campagna xenofoba, culmine di decenni di diffusione di stereotipi e pregiudizi disinformativi a aizzare il razzismo comune.