Categoria: Maria Di Pietro

  • OLI 429: PAROLE DEGLI OCCHI – Protesta sindacale a Marsiglia

    OLI 429: PAROLE DEGLI OCCHI – Protesta sindacale a Marsiglia

    Fotografia di Maria Di Pietro
    Sabato 4 giugno – Vieux Port – Marsiglia. 
    Nell’ambito delle manifestazioni contro la proposta di legge volta a modificare i diritti del lavoro in Francia, è stata organizzata una serie di incontri promossa dal movimento Nuit Debout.
  • OLI 425: LAVORO – Un concerto di macchine da cucire in ricordo del Rana Plaza

    A due anni dalla terribile tragedia avvenuta a Dacca in Bangladesh per il crollo dell’edificio Rana Plaza del 24 aprile 2013, a Genova sono state ricordate le 1138 vittime al Palazzo Ducale durante la performance “13600hZ concerto per macchine da cucire“.
    “Un progetto che nasce dall’abitare l’abito, dalla responsabilità dei consumatori in relazione al reale rapporto con l’abito” dichiara Sara Conforti dell’Associazione Culturale Hòferlab “e mira a coinvolgere il pubblico attraverso un discorso sensoriale per quel che riguarda la compulsività contemporanea rispetto all’acquisto”
    Il crollo del Rana Plaza è stato uno dei più gravi incidenti nella storia del tessile. Un edificio di otto piani, l’ultimo costruito illegalmente, in cui c’erano cinque fabbriche tessili che non rispettavano le norme di sicurezza.
    Il giorno prima dell’incidente le lavoratrici avevano visto delle crepe e sentito dei rumori ed ebbero paura, visti i crolli di edifici simili nei mesi precedenti, e nonostante le loro denunce furono costrette dai padroni ad entrare quel giorno 24 aprile nell’edificio.
    Gli operai del Rana Plaza lavoravano per 30 marchi internazionali della moda tra cui la Benetton italiana che dopo due anni di pressioni da parte della Campagna Abiti Puliti ha deciso di pagare solo 1,1 dei 5 milioni richiesti per il fondo delle vittime.
    La Campagna Abiti Puliti (Clean Clothes Campaign) da 30 anni segue casi di violazione di diritti del lavoro e violazione dei diritti umani, da due anni fa pressione a livello internazionale per il risarcimento economico ai familiari delle vittime del crollo del Rana Plaza da parte dei grandi marchi della moda coinvolti.
    La Campagna ha ottenuto due risultati importanti” dichiara Deborah Lucchetti portavoce italiana della Clean Clothes Campaign “un’accordo per la sicurezza e la prevenzione degli incendi in Bangladesh entrato in vigore l’anno scorso e firmato da 170 marchi multinazionali e un accordo per il risarcimento dei danni ai familiari delle vittime. Questo accordo non è ancora compiuto perchè mancano 7milioni di dollari al fondo che ne richiede 30milioni”
    Ad oggi sono 80milioni gli operai, donne e bambine nell’industria del tessile che lavorano in condizioni

    disumane e di sfruttamento, 16 ore al giorno per sei giorni a settimana per pochissimi dollari al giorno, il 2% del prezzo finale del prodotto, ogni giorno cuciono e confezionano abiti e accessori per i consumatori occidentali ma loro non potranno mai comprare quello che producono. “Oggi, in questa età del capitalismo contemporanea” dice Deborah Lucchetti “non esiste un meccanismo globale che faccia si che un’impresa che produce danni di violazione di diritti umani in paesi terzi, venga in qualche modo accusata e penalizzata per tali comportamenti”.
    Per questo motivo è sempre più urgente la necessità di costruire momenti di sensibilizzazione e presa di coscienza sulle storie di ingiustizia che si celano dietro le etichette che indossiamo, solo così possiamo diventare consumatori critici per i nostri acquisti e dire “mai più Rana Plaza”.
    (Maria Di Pietro – foto di Giovanna Profumo)

  • OLI 424: PALESTINA – Chiudo gli occhi e sono di nuovo dietro le sbarre

    Mi chiamo Samar, sono stata arrestata quando avevo 22 anni, in seguito ad una protesta studentesca e condannata a due anni e mezzo di carcere. Ero a capo del Consiglio studentesco dell’Università islamica. Avevamo organizzato una protesta contro l’occupazione… Due giorni dopo anche mio marito è stato arrestato e condannato a 9 mesi di prigione, senza accusa alcuna. Eravamo sposati da tre mesi. Ero nelle prime settimane di gravidanza. Ho subito ogni tipo di tortura. Mi hanno tenuto per 66 giorni in una cella sotterranea, gelida, costretta a stare in equilibrio su un seggiolino. Sono stata umiliata, maltrattata… quando è iniziato il travaglio mi hanno legato mani e piedi e mi hanno fatto il taglio cesario non perchè fosse necessario… Ora ho 28 anni e vivo a Gaza dove sono stata deportata, mentre mio marito e la mia famiglia vivono in Cisgiordania. Mi è negato l’accesso e quindi non posso vedere nè mio marito nè mio figlio
    Il 17 aprile ricorre la Giornata dei Prigionieri Palestinesi che sono detenuti nelle carceri israeliane per la loro opposizione all’occupazione illegale. Ad oggi sono più di 6200 detenuti: 480 condannati all’ergastolo, 454 in detenzione amministrativa, 22 donne, 163 bambini. Dal 1967 sono state arrestate 850mila persone, 15mila sono donne e decine di migliaia di bambini. Israele viola costantemente i diritti dei detenuti per le condizioni disumane nelle quali sono costretti a vivere e i trattamenti crudeli e degradanti. Spesso i detenuti sono in detenzione di isolamento. Restano da soli per 24 ore al giorno in una cella vuota con solo materasso e coperta. Il detenuto non può tenere nulla con sè, nemmeno libri o radio. La cella non ha WC.
    Le condizione di detenzione nelle carceri israeliane hanno un forte impatto sulla salute dei prigionieri: la mancanza di luce naturale, l’umidità delle celle, lo scarso e scadente cibo, le restrizioni di uso degli spazi, il servizio sanitario carente. Inoltre le visite da parte dei familiari sono limitate. La sospensione delle visite è molte volte usata come forma di punizione collettiva. Sono 207 i detenuti morti nelle carceri israeliane a seguito di torture e uccisioni ma nessuno è stato incriminato o giudicato colpevole dato che la legislazione israeliana prevede l’immunità per i funzionari di Israele.

    Sono Habed… il giorno del mio sedicesimo compleanno, i soldati israeliani sono venuti a prendermi. Era l’1,30 di notte. Hanno buttato giù la porta di casa… Mi hanno bendato e ammanettato. Mi hanno picchiato di fronte ai miei che mi guardavano impotenti. Una jeep militare mi ha portato al centro di detenzione di Beit Jala. Durante il tragitto è iniziato il pestaggio. Durante l’interrogatorio ho chiesto acqua, mi hanno portato vodka. Ridevano mi umiliavano. 24 ore di interrogatorio, gli ufficiali si davano il cambio e usavano metodi vari per farmi confessare quello che non avevo fatto: un’accecante luce rossa negli occhi, minacce contro la mia famiglia, braccia legate, l’interrogatorio va avanti per 45 giorni: Ero sfinito, ero certo che sarei morto. Ho perso 16 chili e ancora oggi ne soffro le conseguenze. Habed resterà in carcere per due anni e mezzo passando da una prigione all’altra. Ad Hasharon vive l’esperienza peggiore ero lì da due settimane quando i soldati hanno lanciato dentro le celle gas lacrimogeni e ci hanno chiuso dentro. Non riuscivamo a respirare e hanno aperto le celle. Più di cento soldati ci aspettavano fuori… mentre camminavamo, ci picchiavano sulla testa e sulla schiena con manganelli. Mi hanno rotto una gamba. Sono caduto a terra e si sono lanciati su di me: mi hanno colpito non so quante volte. Ho perso conoscenza per circa sette ore per le botte alla testa. Mi sono risvegliato all’ospedale militare, il medico mi ha detto che la gamba stava benissimo, avrei solo dovute bere un po’ d’acqua per sentirmi meglio. Una volta tornato a casa non sapevo più chi ero… Vorrei solo tornare alla vita di prima, ma non riesco a cancellare la prigione. Chiudo gli occhi e sono di nuovo dietro le sbarre“.
    (Maria Di Pietro – foto da internet – fonte delle interviste Addammer.org)

  • OLI 422: PALESTINA – La Campagna Open Shuahada Street in Italia

    In questi giorni è partita la quinta Campagna Internazionale Open Shuhada Street in solidarietà con gli abitanti di Hebron e della Palestina. Lo scorso 25 febbraio gli abitanti di Hebron hanno ricordato il massacro del 1994 in cui il colono israeliano Baruch Goldstein uccise 29 palestinesi mentre stavano pregando nella Moschea di Ibrahim, e a seguito di questo evento il governo israeliano chiuse la Shuhada Street, l’allora via di commercio principale per i palestinesi, con i suoi 500 negozi.
    Oggi sulla Shuhada street possono passarci solo israeliani, internazionali, animali, ma non palestinesi.
    La campagna internazionale con attivisti per i diritti umani provenienti da tutto il mondo, chiede la riapertura della strada, chiede rispetto dei diritti umani e la fine dell’occupazione militare israeliana nei Territori Occupati Palestinesi. Hebron è divisa in due: nella zona H1 vivono circa 120 mila arabi sotto l’autorità palestinese e nella zona H2 vivono 30mila palestinesi sotto l’autorità israeliana e 400 coloni “protetti” da 3000 militari israeliani. Il divieto di accesso alla Shuhada Street limita libertà di movimento ai palestinesi.
    In occasione della quinta campagna internazionale è arrivata in Italia Sondos Azza, una giovane studentessa di 21 anni dell’associazione Youth Against Settlements. L’associazione è formata da un gruppo di giovani attivisti palestinesi che organizza azioni di disobbedienza civile contro l’occupazione israeliana e supporta le famiglie danneggiate dai soprusi dei coloni.
    Ci sarebbe dovuta essere con lei anche Naywa Amro ma dopo essere stata trattenuta ed interrogata per 3 ore alla frontiera, gli israeliani non le hanno permesso di entrare in Giordania per poi volare verso l’Italia.
    Najwa Amro e’ una donna di 40 anni impegnata con le associazioni di donne, suo marito è stato condannato a diversi ergastoli e tre fratelli sono in carcere. Un fratello è stato ammazzato dai soldati israeliani.
    Ho incontrato Sondos a Padova durante il suo tour nelle città italiane in cui ha dato testimonianza della difficile quotidianità che l’associazione YAS e i palestinesi sono costretti a vivere ad Hebron.
    E’ difficile proteggerci, se andiamo in Shuhada street i militari ci arrestano e per andare a visitare una famiglia che abita a 5 minuti da casa mia devo chiedere un permesso” dice mentre mostra dei video che denunciano la repressione da parte di militari sui giovani, “ogni nostra azione di resistenza viene repressa violentemente dai soldati, è più dura di quello che vedi dai video“. L’associazione, che si trova nell’area H2, documenta tramite video la repressione sui palestinesi. “Gli israeliani non vogliono che si racconti la verità” dice Sondos, per questo spesso il materiale video e fotografico viene sequestrato.
    Per Sondos spesso è difficile raggiungere una delle università di Hebron che frequenta per diventare insegnante di lingua inglese. I check point, le barriere, i blocchi e i continui controlli impediscono la libertà di movimento.
    Il governo israeliano impedisce anche la libertà di studio: colpire l’istruzione per colpire il futuro del paese. Dal 1967 ad oggi sono stati arrestati 800mila palestinesi soprattutto giovani.
    Non vogliono aprire la strada, spero un giorno succederà” Sondos spera come tanti giovani che un giorno possa correre sulla Shuhada street e che l’occupazione finisca, nel frattempo la sua lotta quotidiana di resistenza ai soprusi non si ferma perché per lei, respirare, stare in quel posto, è già esistere!
    (Maria Di Pietro – foto dell’autrice)

  • OLI 418: PALESTINA – Oltre il muro con gli scout

    Sono stati tantissimi a partecipare la sera del 21 novembre all’iniziativa AGESCI per la pace in Medio Oriente e per la solidarietà con i palestinesi: “Uno sguardo oltre il muro: Genova – Palestina”. Il convento di Santa Maria Castello era pieno di gente, naturalmente moltissimi giovani. E’ stato presentato il progetto “Uno sguardo oltre il muro”: un gruppo di giovani scuot palestinesi sarà ospitato nelle case degli scuot genovesi. E’ stato proiettato un video girato in Palestina da Maria Di Pietro che ha spiegato la sofferenza dei palestinesi a causa del muro della separazione razziale costruito da Israele. Nel suo intervento Maria di Pietro ha fatto un breve racconto della storia della Palestina dall’anno 1948: I palestinesi sono stati espulsi e dispersi nella West Bank e in Gaza (territori palestinesi che sono stati occupati da Israele nel 1967 e che continua ad occupare ad oggi), in vari campi profughi nei paesi arabi limitrofi e nei diversi paesi del mondo. I palestinesi sono circa 11 milioni: 1.5 milioni in Israele, 4.5 milioni in West Bank e Gaza e altri 5 milioni in campi profughi e comunque fuori dal territorio della Palestina.
    Maria Di Pietro ha spiegato come i territori palestinesi occupati sono continuamente rubati alla popolazione palestinese per costruire insediamenti per i coloni israeliani proprio in quei territori che l’ONU considera territori occupati da restituire ai palestinesi, dove dovrebbe nascere lo stato palestinese in base agli accordi di pace che Israele non ha mai rispettato. Israele invece continua la sua guerra di aggressione nei confronti dei palestinesi e nell’ultima aggressione contro i palestinesi di Gaza Israele ha ucciso circa 2000 civili palestinesi, 577 dei quali sono bambini.
    Il medico palestinese Mohamed Nature, che vive a Genova da trent’anni, ha raccontato la sua storia personale e di come i palestinesi hanno di colpo perso la loro patria e sono stati sradicati dalla loro terra. Nature, che fa parte di quella piccola parte dei palestinesi sfuggita alla deportazione forzata nel 1948 ed alla quale è stata concessa la cittadinanza

    israeliana, ha spiegato come per molti giorni i suoi familiari si sono nascosti nei boschi per evitare l’espulsione. I palestinesi “di Israele”, cioè quelli che vivono oggi in Israele con passaporto israeliano, sono circa il 20% dei cittadini di Israele e sono vittime di trattamenti razzisti. Come esempio di tale razzismo, Nature ha raccontato di non essere stato accettato come studente di medicina nelle università israeliane, malgrado avesse tutti i titoli per entrarci.
    Alla fine della serata un gruppo di giovani studenti palestinesi al Conservatorio Niccolò Paganini di Genova ha eseguito brani di musica palestinese.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 413: PALESTINA – Tribunale Russell sulla Palestina

    Il 25 settembre 2014 a Bruxelles la sessione straordinaria del Tribunale Russell ha preso in esame gli attacchi militari contro i civili e le infrastrutture civili di Gaza durante l’operazione militare israeliana “Protective Edge” durata 51 giorni dall’8 luglio al 26 agosto di quest’anno, rilevando prove di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, crimini di assassinio, sterminio, persecuzione ed anche di incitamento al genocidio.
    Testimoni ed esperti, giornalisti e operatori medici che si trovavano sul posto durante gli attacchi, sono stati ascoltati a Bruxelles, tra cui il giornalista Paul Mason di Channel 4 News, il chirurgo Mads Gilbert, l’avvocato Agnes Bertrand, il Dr.Paul Behrens esperto in genocidio, il direttore del Centro Palestinese per i Diritti Umani Raji Sourani.
    Accuse da parte di Human Rights Watch, Amnesty International, e delle Nazioni Unite che hanno dato prove di crimini contro guerra e crimini contro l’umanità: bombardamenti su scuole, ospedali, moschee, abitazioni civili rese inagibili.
    Il tribunale chiede a tutti gli Stati di collaborare per porre fine all’occupazione illegale israeliana

    “Viene riconosciuto che in una situazione dove vengono perpetrati tipi di crimini contro l’umanità in modo impunito, e dove nella società si manifesta un incitamento diretto e pubblico al genocidio, è molto plausibile che individui o lo stato possano decidere di sfruttare queste condizioni per perpetrare il crimine di genocidio.”
    Chissà se anche lo Stato Italiano farà la sua parte a favore dei diritti umani mentre a Gaza, nonostante la tregua, continuano quotidianamente le persecuzioni sui civili e lo stato di assedio.
    (Maria Di Pietrofoto da internet)

    Di seguito il testo integrale del Comunicato Stampa 
    25 settembre 2014
    La sessione straordinaria del Tribunale Russel per la Palestina sulla operazione militare di Israele Protective Edge tenutasi ieri a Bruxelles ha rilevato le prove di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, crimini di assassinio, sterminio, persecuzione ed anche di incitamento al genocidio.
    La Giuria [1] ha riferito: “L’effetto cumulativo di un regime di lunga durata di punizione collettiva a Gaza appare infliggere deliberatamente condizioni di vita  per condurre ad una crescente distruzione dei Palestinesi in quanto gruppo, a Gaza”.

    Il Tribunale sottolinea che “un regime persecutorio può portare ad un effetto genocida, alla luce della chiara escalation della violenza fisica e verbale relativa a Gaza diffusa nell’estate 2014, il Tribunale sottolinea l’obbligo di tutti gli Stati firmatari della Convenzione sul Genocidio del 1948, di prendere secondo la Carta delle Nazioni Unite, misure considerate adeguate per la prevenzione e la soppressione di atti di genocidio”.
    La Giuria ha ascoltato prove da testimoni oculari degli attacchi di Israele durante la guerra di Gaza nel 2014, inclusi i giornalisti Mohammed Omer, Max Blumenthal, David Sheen, Martin Lejeune, Eran Efrati e Paul Mason, e i chirurghi Mads Gilbert, Mohammed Abou Arab, l’esperto di crimini di genocidio come Paul Behrens, il Colonnello Desmond Travers e Ivan Karakashian, capo dell’azione di sostegno e difesa di Children International.
    Relativamente al crimine di incitamento al genocidio, il Tribunale ha accolto le prove a dimostrazione di una ripresa al vetriolo della retorica e incitamento razzista nell’estate del 2014. “Le prove mostrano che un tale incitamento si è manifestato in molti livelli della società israeliana, sia sui social media che su quelli tradizionali, dai tifosi di calcio, a funzionari di polizia, a opinionisti, a leader religiosi,e legislatori e ministri del Governo”.
    Il Tribunale ha inoltre rilevato prove dei seguenti crimini:
    a) Omicidi volontari;
    b) Distruzioni diffuse di proprietà non giustificate da necessità militare;
    c) Attacchi diretti intenzionalmente contro una popolazione civile e obiettivi civili;
    d) Uso sproporzionato della forza;
    e) Attacchi contro edifici dedicati alla religione e alla’istruzione;
    f) L’uso dei palestinesi come scudi umani;
    g) Impiego di armi, proiettili, materiali e metodi nelle azioni di guerra di natura tale da causare danni eccessivi e inutili sofferenze, intrinsecamente indiscriminati;
    h) L’uso della violenza per diffondere  terrore tra la popolazione civile.
    Inoltre il Tribunale ha stabilito: “Viene riconosciuto che in una situazione dove vengono perpetrati tipi di crimini contro l’umanità in modo impunito, e dove nella società si manifesta un incitamento diretto e pubblico al genocidio, è molto plausibile che individui o lo stato possano decidere di sfruttare queste condizioni per perpetrare il crimine di genocidio.”
    Nota inoltre: “Abbiamo davvero paura che in un ambiente di impunità e di assenza di sanzioni nei confronti di una criminalità grave e ripetuta, le lezioni del Rwanda e di altre atrocità di massa possano ancora una volta restare inascoltate”.
    Il Tribunale chiama Israele ad adempiere ai suoi obblighi secondo il diritto internazionale e lo Stato di Palestina ad accedere, senza ulteriori ritardi, allo Statuto di Roma della Corte penale Internazionale, a cooperare pienamente con la Commissione di inchiesta del Consiglio dei diritti umani e ad impegnarsi appieno nei meccanismi della giustizia internazionale.
    Il Tribunale inoltre ricorda a tutti gli stati di collaborare per mettere fine alla situazione di illegalità che deriva dalla occupazione israeliana, dall’assedio e dai crimini nella striscia di Gaza. Alla luce dell’obbligo di non fornire aiuto e assistenza, tutti gli stati devono prendere in considerazione appropriate misure per esercitare una sufficiente pressione su Israele, compresa l’imposizione di sanzioni, l’interruzione di relazioni diplomatiche, collettivamente, attraverso organizzazioni internazionali, o, in assenza di consenso, individualmente rompendo le relazioni bilaterali con Israele.
    Chiama tutti gli stati ad adempiere al loro dovere “di intraprendere secondo la Carta delle Nazioni Unite azioni che considerino appropriate per la prevenzione e la soppressione di atti di genocidio”.
    Oggi il Tribunale ha presentato le sue conclusioni al Parlamento Europeo
    [1] Componenti della Giuria
    http://www.russelltribunalonpalestine.com/en/sessions/extraordinary-session-brussels/meet-the-jury
    [2] Testimoni
    http://www.russelltribunalonpalestine.com/en/sessions/extraordinary-session-brussels/witnesses
    Contatto
    Email: pressRTOP@gmail.com
    Ewa Jasiewicz 0032 487 384 948 (English, Polish and Arabic)
    Katarzyna Lemanska 0032 489 04 48 22 (French and Polish)
    www.russelltribunalonpalestine.com/en

  • OLI 411: PALESTINA – A chi la responsabilità delle vittime

    Il 5 agosto scorso anche a Genova si è svolta la manifestazione, come in altre città del mondo, per protestare contro i bombardamenti sulla striscia di Gaza.
    Dopo 7 settimane di attacchi militari dall’8 luglio al 26 agosto, il bilancio delle vittime è tragico :
    2.100 persone uccise
    536 bambini ammazzati
    11.000 persone ferite
    3.000 bambini feriti
    1.800 orfani
    100.000 persone senza casa
    1.000.000 persone traumatizzate psicologicamente
    Chi si prende la responsabilità di queste vittime?
    Inoltre gli attacchi israeliani hanno colpito ospedali, scuole, università, le infrastrutture dell’acqua, l’unica centrale elettrica, aziende e negozi, locali pubblici.
    Con i valichi chiusi e l’embargo in atto sarà difficile fare entrare materiali per la ricostruzione della città.
    E mentre il mondo chiude gli occhi davanti alle violazioni dei diritti palestinesi da parte di Israele, il governo israeliano sta facendo affari con la Giordania per i gasdotti al largo della striscia di Gaza.
    E’ stata davvero una guerra contro il terrorismo?
    https://www.youtube.com/watch?v=N4mGsFF2LFs&list=UUDuzLwbh2c7AycQMn80mf2A
    Prossimi appuntamenti nazionali per manifestare a sostegno della libertà del popolo palestinese:
    Firenze – sabato 21 settembre 2014 – Piazzale Michelangelo h.11-16
    Roma – sabato 27 settembre piazza della Repubblica h.14
    (Maria Di Pietro – foto di Giovanna Profumo)

  • OLI 410: PALESTINA – A Gaza si muore mentre il mondo tace

    Ennesimo crimine di guerra contra la Striscia di Gaza iniziato domenica 6 luglio che il governo israeliano ha denominato “Protection Edge”  Israele ha comunicato che colpirà solo obiettivi della resistenza palestinese, ma dopo 5 giorni di bombardamenti sono 98 le vittime e più di 600 i feriti.
    E’ stato attaccato anche l‘Ospedale Europeo a Khan Younis. Secondo la Convenzione di Ginevra del 1949 attaccare un ospedale E’ UN CRIMINE DI GUERRA!

    Inoltre continui attacchi hanno reso molto difficili le operazioni di soccorso dei feriti in una città messa in ginocchio già dalle precedenti guerre.
    Mentre la maggior parte dei media internazionali si concentrano sui razzi lanciati da Hamas, civili palestinesi continuano a morire sotto le bombe israeliane.
    Gaza piange le sue vittime mentre il mondo tace. Ancora quante lacrime devono essere versate prima di porre fine a questa carneficina voluta dal premier israeliano Benjamin Netanyahu per la difesa di un progetto coloniale?
    Riportiamo i nomi delle vittime: esseri umani, bambini e donne, giovani e anziani a cui è stata rubata la vita, vittime considerate per molti solo numeri e statistiche.

    Noi li vogliamo ricordare come persone che avevano il diritto di vivere. Persone che hanno avuto la sfortuna di nascere in una terra dove i giochi politici sono più importanti delle vite umane:
     1. Rashad Yassin, 27 anni, campo profughi Nuseirat;
    2. Abduallah Kaware, Khan Younis;
    3. Mohammad Ashour, 13, Khan Younis;
    4. Riyadh Kaware, 50, Khan Younis;
    5. Mahmoud Judeh, Khan Younis;
    6. Bakir Mahmoud Judeh, 22, Khan Younis;
    7. Ammar Mohammad Judeh, 22, Khan Younis;
    8. Hussein Mohammad Kaware, Khan Younis;
    9. Fakhri Saleh Ajjouri, Abraj al-Sheikh Zayed;
    10. Ahmad Moussa Habib, 48, al-Shujaiyeh – Gaza City;
    11. Ahmad Ahed Habib, 19, al-Shujaiyeh –  Gaza City;
    12. Mohammed Shaaban, Gaza City:
    13. Amjad Shaaban, Gaza City;
    14. Khader Shaaban, Gaza City;
    15. Siraj Iyad Abdulal, 8, GazaCity;
    16. Ra’ed Shalat, 27 anni, Gaza City;
    17. Hafik Hamad, 30 anni, Beit Hanuna;
    18. Ibrahim Mamedhmed Hamad, 26, Beit Hanuna;
    19. Mahdi Mohammed Ahmad Hamad, 46, Beit Hanuna;
    20. Fawzia Khalil Hamad, 62, Beit Hanuna;
    21. Mehdi Hamad, 16, Beit Hanuna;
    22. Suha Hamad, 25, Beit Hanuna;
    23. Abdul-Hadi al-Sufi, 24, Rafah;
    24. Suleiman Salman Abu al-Sawaween, 30, al-Qarara;
    25. Abd al-Nasser Abu Kweik, 60, campo di Nuseirat;
    26. Khaled Abu Kweik, 29, campo di Nuseirat;
    27. Nayfa Farajallah, 80, al-Mughraqa;
    28. Rafiq al-Kafarna, 30, Beit Lahiya;
    29. Muhamad Malakah, un anno e mezzo, Zeitun;
    30. Amnah Malakah, 27, Zeitun;
    31. Sahr Hamdan Al-Misri, 40, Beit Hanun;
    32. Ibrahim al-Misri, 14 anni, Beit Hanun;
    33. Mohammed Khaled al-Nimra, 22, Zeitun;
    34. Hatem Abu Salem, 25, Zeitun;
    35. Amir Arif, 13, Zeitun;
    36. Nariman Abd al-Ghafur, un anno e mezzo;
    37. Sumoud al Manasrah, campo profughi Al Maghazi;
    38. Mohammed Khalaf al Manasrah, 4, campo profughi Al Maghazi;
    39. Nidal Khalaf al Manasrah, 5, campo profughi Al Maghazi;
    40. Salah Awwad al Manasrah, campo profughi Al Maghazi;
    41. Amal Youssef Abdel Ghafour;
    42. Ranim Jawde Abdel Ghafour;
    43. Ibrahim Daoud al-Balawi, 24;
    44.  Abdul Rahman Jamal Zamili, 22;
    45.  Ibrahim Ahmed Abdeen, 42;
    46.  Mustafa Abu Mar, 20;
    47.  Khaled Abu Mar, 23;
    48.  Faraj a-Jarba, 30;
    49.  Marwan Hassan Isleem, 27;
    50. Hani Saleh Hamad, 57, Beit Hanoun;
    51. Ibrahim Hamad, 20, Beit Hanoun;
    52. Samia al Arja, 65, Rafah;
    53. Meriam Al Arja, 11, Rafah;
    54. Hamdi Hishab, 27, Gaza City;
    55.  Mohammad Qanan, 26, Khan Younis;
    56. Hammad Qanan, Khan Younis;
    57. Ibrahim Qanan, 24, Khan Younis;
    58. Hamdi Sawali, Khan Younis;
    59. Ibrahim Sawali, Khan Younis;
    60. Suleiman al Astal, 55, Khan Younis;
    61. Ahmad al Astal, Khan Younis;
    62. Musa al Asta, Khan Younis;
    63. Mohammed Al ‘Aqad, 24, Khan Younis;
    64. Asmaa al Haj, Khan Younis;
    65. Tareq al Haj, Khan Younis;
    66. Najlaa al Haj, Khan Younis;
    67. Amna al Haj, Khan Younis;
    68. Sa’ad al Haj, Khan Younis;
    69. Omar al Haj, Khan Younis;
    70. Basma al Haj, 57, Khan Younis;
    71. Baha Abu al Lail, 35;
    72. Ra’id Al-Zaura’, 33;
    73. Mahmoud al Haj
    74. Salem Qandeel, 27;
    75. Amer al Fayiumi, 30;
    76. Ramadan Abu Gazal, 5, Beit Lahyia;
    77. Ismail Abu Jami, 19, Khan Younis;
    78. Mohammad Ehsan Farawneh, 18;
    79. Mohammed Wulud;
    80. Hazem Ba’lusha;
    81. Ala’a ‘Abd al-Nabi;
    82. Mohammed Kamal al Kahlot, Jabalya;
    83. Ahmad Hamda, 22 anni, nord di Gaza;
    84. Sami Shaldan, 25 anni, colpito da un raid aereo mentre guidava la moto;
    85. Yasmin Mohammad al Matouq, 4 anni;
    86. Hasananu Jame’, 75 anni;
    87. Noor al Sultan;
    88. ‘Abed al Rahman Khattab, 8 anni;
    89. Ghaliya Dib Jaber Ghannam, 7, Rafah;
    90. Wissam Abdulraziq Hassan Ghannam, 23, Rafah;
    91. Mahmoud Abduloraziq Hassan Ghannam, 26, Rafah;
    92. Kifah Shihada Dib Ghannam, 20, Rafah;
    93.Muhammad Munir Ashur, 25, Rafah;
    94.Raid Abu Hani, 50, Rafah;
    95.Anas Abu al-Kas, GazaCity;
    96. Nour al-Ajdi, 7, Rafah;
    97.Nour Abu al-Najdah, , neonato, Rafah;
    98. Senza nome;
    (Maria Di Pietrofoto da internet)

  • OLI 409: PALESTINA – Giovani vite perse

    Lunedi 30 giugno sono stati ritrovati nei pressi di Halhoul i cadaveri dei tre coloni ebrei scomparsi il 12 giugno scorso. Si tratta di Naftali Frankel, 16 anni; Gilad Shaer, 16 anni, Eyal Yifrah, 19 anni. I tre ragazzi erano stati visti l’ultima volta facendo l’autostop al ritorno dalla scuola ebraica Yeshiva, sita nell’insediamento illegale di Gush Etzion situato nella zona tra Betlemme ed Hebron nei territori occupati palestinesi.
    Il mondo è giustamente scioccato di fronte a tale orrore e violenza; l’uccisione di giovani ragazzi innocenti e disarmati deve suscitare dolore e indignazione.
    Ogni morte simile, soprattutto di adolescenti, non può essere giustificata per nessun motivo. Purtroppo, invece accade che alcune giovani morti passino inosservate perché non avvenute presso popoli dominanti.
    Il mondo non si è indignato per la morte di altre giovani vittime di violenza e assassinio. Ahmad Samada, 20 anni, ucciso il 15 giugno nel campo profughi di Jalazun; Muhammad Doudin, 14 anni, ucciso il 20 giugno nella città di Dura, nel distretto di Hebron; Ahmad Khalid, 27 anni, mentalmente disturbato, ucciso il 21 giugno nel campo profughi di Al Ain, Nablus; Mahmoud Tarif, 30 anni, ucciso nelle prime ore del 22 giugno a Ramallah. Ali Awr, 10 anni, morto a seguito di ferite riportate sotto un bombardamento dell’11 giugno vicino ad Al Sudania, ad ovest di Beit lahia, Gaza; Mustafa Aslan, 22 anni, colpito da proiettili il 20 giugno nel campo profughi di Qalandia; Yousef Abu Zagha, 18 anni, colpito al petto a Jenin,.
    Solo nel mese di giugno in Palestina sono state uccise 7 persone, ferite 118 e arrestate 471, inclusi 11 parlamentari. Le forze israeliane hanno effettuato 454 raid, hanno fatto irruzione in centinaia di abitazioni private palestinesi spesso con incursioni notturne, in negozi, in sedi di organi di stampa e uffici di organizzazioni della società civile.
    Il ritrovamento dei tre giovani israeliani giustificherà ancora di più la brutalità e la violenza dell’assedio israeliano nei confronti del popolo palestinese. In questi giorni si sta attuando una vera e propria “punizione collettiva”. Quattordicimila soldati sono stati mandati nelle case, nei villaggi e nelle città, distruggendo non solo le vite di innocenti, ma anche case e beni di civili.
    Il premier israeliano Netanyahu ha dichiarato che Hamas è il responsabile e pagherà. Sono stati intensificati i raid aerei sulla striscia di Gaza; non bastano le centinaia di bambini fatti a pezzi dalle bombe durante le precedenti operazioni militari a Gaza.
    Persino il ministro degli esteri, Federica Mogherini, ha espresso il suo “grandissimo dolore” per i tre giovani israeliani: “Siamo vicini a Israele in questo momento di grave lutto, voglio porgere al governo e al popolo israeliano le condoglianze mie e dell’intero governo italiano per questi omicidi che condanniamo nel modo più fermo”.

    Comprensibile essere vicini al dolore dei familiari delle vittime ma essere vicini ad un governo che dal 1967 viola i diritti umani e il diritto internazionale secondo la Corte Internazionale di Giustizia e il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, e usa armi chimiche sui civili, che causano malformazioni genetiche, vietate dal protocollo di Ginevra, pare essere un’affermazione azzardata.
    E ancora una volta gli omicidi di giovani palestinesi non suscitano l’indignazione di popoli e governi internazionali. Omicidi che non saranno condannati nel modo più fermo.
    Ancora una volta nessuno esprime lutto e condoglianze a genitori le cui lacrime passeranno inosservate dalla stampa mondiale.
    (Maria Di Pietro – foto da internet)