Categoria: Urbanistica

  • OLI 429: BOCCADASSE – Una rotonda sul mare

    OLI 429: BOCCADASSE – Una rotonda sul mare

    Boccadasse com’era

     Prima è comparsa la recinzione, poi i buchi,  tanti, lungo tutta la facciata di Vittorio al Mare a Boccadasse e i boccadassini seduti imperturbabili accanto all’allaggio, a chiacchierare, come tutti i giorni di bel tempo. Pare che nessun residente si sia fatto sentire ai piani alti, al Settore Edilizia Privata dicono così e soltanto una foto ha fatto scattare i controlli.
    Ma come, hanno iniziato i lavori, si era lì lì per rilasciare i permessi, birbantelli. Anche il vicesindaco è intervenuto sui media per confermare la sanzione, uno stop di quarantacinque giorni.
    Il progetto prevedeva più di trenta metri di balconata, facciata e scogliera, quasi cinquanta metri cubi di nuove volumetrie, un’inezia d’intervento in un’area tutelata, si badi bene, non vincolata, dove, secondo il nuovo Piano Urbanistico comunale appena adottato, non si contempla alcun vincolo, ma come “ antico borgo marinaro” nelle Norme di Conformità. si sancisce un “ divieto di installazione di qualsiasi struttura tipo dehor o veranda…le scogliere e gli approdi mantenuti nella loro attuale conformazione..”
    Ma una balconata cos’è? E di quelle dimensioni poi, pure a picco sugli scogli.

    Eppure per costruire quegli oltre trenta metri di balconata Vittorio al Mare aveva compilato una semplice DIA, una denuncia di inizio attività, un po’ di euro in bolli, senza nemmeno un onere in denaro o in opere di pubblica utilità: migliorie accettasi, riqualificazioni pure perché scogliera e dintorni in quell’angolo di Boccadasse sono un pianto.

    Il progetto saltato

    Invece per un progetto così impattante, che ha dovuto fare il giro di Enti vari per essere autorizzato, non si prevede che una specie di autodenuncia.
    I committenti lamentano la troppa burocrazia, Regione e Soprintendenza però avevano dato il via da due anni, su media e social si definiscono danneggiati, loro che vorrebbero fare una cosa bella,loro che da anni hanno muri scoloriti, veranda fatiscente e in bella vista orribili condizionatori, li puoi vedere appena scendi la scalinata sotto la chiesa di Boccadasse. Un eccesso di burocrazia per un edificio di proprietà demaniale, cioè pubblica, su area del demanio marittimo, cioè pubblica e protetta, per un edificio a suo tempo contestato e davvero brutto.
    C’è l’Autorizzazione della Regione Liguria già dal 2014, sostengono gli Uffici del Comune ed è vero. Peccato che il via della Regione sia stato dato prima dell’adozione del Piano Urbanistico Comunale di Genova adottato nel 2015. La Regione lo ha precisato a suo tempo. “Resta fermo l’obbligo del rispetto ….di strumenti urbanistici.. “Cioè ad oggi il Puc vigente, che contiene prescrizioni precise restrittive, mentre la richiesta di inizio i lavori è di pochi mesi fa.
    A ferragosto 2014 la Soprintendenza scriveva di aver espresso “ parere di competenza favorevole” visto “il parere favorevole” della Regione. A sua volta la Regione esprimeva approvazione con Decreto a settembre 2014, “ preso atto del parere favorevole competente della Soprintendenza”, atto quest’ultimo non allegato presso il Comune. Chiaro?

    Il progetto in itinere

     Il cantiere adesso è lì, nessuno sgombero, hanno rifatto dei buchi e scaricato sul piazzale le” strutture leggere”, impalcature in inox, per il nuovo look in legno da barca, stile marinaro, adatto al contesto, si precisa nella relazione tecnica, accompagnate da pannelli di lamiera a onda..
     Pare che gli Uffici abbiano concesso la sanatoria per i lavori iniziati senza permesso. Pare abbiano ridotto le misure: soltanto una terrazza sospesa, profonda due metri e lunga un po’ meno di trenta metri, senza il pezzo sulla scogliera. Un interventino insomma, che però riqualificherà l’edificio, bontà loro: nessuna contropartita per migliorare il contesto d’intorno, che ne avrebbe bisogno e su cui le risorse pubbliche sono sempre meno, un’opera edilizia a gratis in un posto unico in città.
    Al caso sembra si sia interessato pure il governatore della Liguria, il buon Toti, anche se l’autorizzazione non era ancora di sua gestione.
     Tutto a posto ora: niente più terrazza sulla  scogliera, che avrebbe previsto ben altro iter perchè quell’angolo di Boccadasse non lo si considera parte del “nucleo storico” e nemmeno facente parte, secondo il Comune, di tutela del Paesaggio costiero. Dalla Soprintendenza tutto tace ad oggi.
    Le barche si faranno un po’ più in là, i ragazzi non s’incontreranno più a chiacchierare, a bere una birra sul muretto, niente amoreggiare sugli scogli.
     Da sottolineare che il Comune di recente ha vinto presso il Tar il ricorso di un residente, che voleva costruire un balcone nel Borgo e per cui l’Ufficio Paesaggio comunale aveva espresso diniego. Così la balconata di Vittorio al Mare potrà divenire magari un precedente comodo comodo per alcuni, un po’meno per la dignità delle Istituzioni e per chi vorrebbe preservare, al meglio s’intende, l’antico borgo marinaro caro a tutta Genova e a Montalbano.

  • OLI 423: COMUNE – Una modifica allo Statuto per salvare la partecipazione

    Il Permesso a costruire è un atto autorizzativo che viene emesso dagli uffici comunali a seguito di un lungo percorso burocratico al termine del quale viene approvato un progetto edilizio. Sono soggetti al permesso a costruire tutte quelle opere quali posteggi interrati, edifici civili e industriali che in questi anni hanno cambiato l’aspetto di Genova.
    Spesso, il percorso burocratico edilizio avviene, nel pieno rispetto della legge, all’interno degli uffici stessi, e i cittadini vengono al corrente di queste opere solo a cose ormai fatte, quando il ritiro di un permesso potrebbe essere solo effettuato mediante un ricorso al TAR o per effetto di una delibera di Consiglio comunale, con danni nei confronti del richiedente il permesso e quindi con una probabile richiesta risarcitoria anche onerosa per il Comune.
    Un esempio di macchina burocratica in questo senso è il parcheggio di Piazza Solari, intercettato dai cittadini a poche ore dal rilascio del permesso (o meglio dalla consegna materiale di un permesso già firmato). Ancora oggi la situazione di quel posteggio è in forse, in quanto il titolo sarebbe valido se fossero consegnate le fidejussioni richieste, unico motivo al momento per il quale il bosco è ancora lì. Un altro caso, meno fortunato, è il parcheggio di via Cadighiara, dove è stato dichiarato l’inizio del cantiere.
    Per ovviare a questo problema, sfruttando un percorso di revisione dello statuto del Comune, il Movimento 5 Stelle ha prodotto un emendamento per introdurre un margine di sicurezza temporale che consenta ai cittadini la visione dei permessi a costruire attraverso il sito web del Comune, prima che questi siano firmati dai dirigenti, in modo da evitare le richieste di danni in caso di opposizione da parte di qualcuno. E’ stato proposto un termine di trenta giorni, trascorsi i quali senza inconvenienti il dirigente potrà firmare il permesso certo che il percorso di informazione sia effettivo, oppure valutare insieme all’assessorato eventuali opposizioni e richieste derivanti da un percorso “cieco” della pratica.
    Si tratta di una proposta semplice, che andrà adesso vagliata insieme al Segretario generale per il parere di legittimità e poi accolta (o meno) a livello politico dal Consiglio comunale.
    Certo è che il Movimento intende mettere i gruppi consiliari di fronte alla responsabilità di un eventuale “no” nei riguardi della cittadinanza genovese che chiede trasparenza e maggiore voce in capitolo sull’andamento dell’edilizia nella propria città.
    (Stefano De Pietro)
  • OLI 407: MUNICIPI – Medio Levante, ecologisti per caso

    Si è svolto presso il Municipio il convegno “Idee per il futuro”, presentazione del lavoro di questi ultimi anni dei laureati e laureandi della Facoltà di Architettura su un modo diverso di ripensare la Mobilità, con focus su forte di S. Martino, Fiera e dintorni, Brignole – Tommaseo e Boccadasse – corso Italia.
    I progetti spaziano dai giardini di Brignole, dove si è collocato, primi del tragico alluvione del 2011, il Mercato Orientale con parcheggi, negozi, bar e sopra un parco a verde per arrivare al degradato Forte di S. Martino con un percorso ciclopedonale e le creuze dell’Antica Via Romana da ritrovare.
    In stand by la Fiera, tra un’ipotesi di stadio o di centro commerciale all’ex palazzo Nira – un brivido – anche se questi spazi andranno pur recuperati, e l’agognato collegamento con il Porto Antico, mentre Boccadasse lotta per il suo ruolo di “borgo di pregio”. Se Architettura propone una riqualificazione pedonale all’interno, intanto gli abitanti ne invocano la pedonalizzazione completa, più sanzioni, sono arrivati persino in consiglio comunale con le foto di veicoli illegalmente parcheggiati a testimonianza di reato: che figura, tra queste c’era pure l’auto di un residente.
    Anche il sindaco presenzia per un po’ e gli assessori all’Urbanistica e alla Mobilità sono a disposizione dei cittadini intervenuti: il comitato della tramvia in Valbisagno, la signora che si lamenta degli eventi in Fiera, accidenti quanto fastidio. Chi invoca il diritto alla vivibilità dei cittadini, citando come esempio piazza della Vittoria: troppe auto, non si può passeggiare e ha ragione; peccato che a parlare sia il progettista del megaparcheggio bocciato sotto le Caravelle.
     Tra innovazione e creatività di occhi giovani, un accorato appello per un potenziamento del trasporto pubblico, della ciclopedonabilità più diffusa, della pedonalizzazione, che il Municipio presenta come fiore all’occhiello del nuovo corso. Che smemorati! Ci si dimentica che quatti quatti la sera prima in Consiglio di Municipio si è votato tutti insieme appassionatamente, tranne Sel, per la cancellazione delle corsie gialle in corso Aurelio Saffi, direzione centro. Il marciapiede davanti al solo palazzo in curva non è sicuro, è troppo stretto, come se a Genova fosse una rarità. E una bella ringhierina per andare in sicurezza? In realtà si protesta perché non ci sono più i parcheggi davanti al portone, ma appena cinque metri più in là.
    Dopo via Archimede e via Tommaso Invrea, si chiedono di nuovo altre modifiche o soppressioni alla corsia bus per il solito motivo, il parcheggio, un refrain irresistibile per la politica dal cuore tenero. Eppure gli abitanti sono diminuiti, non sarà che le auto in famiglia dei residenti della Foce sono più d’una e non si può garantire spazio a tutti?
    Pochi giorni sono passati anche dalla bocciatura in Commissione Municipio di una mozione per limitare il consumo di suolo e anzi incrementare aree verdi e permeabili nella zona della Foce, da considerarsi a rischio fino a quando non si completeranno le opere sul fiume Bisagno e rio Fereggiano: basta costruire e in primis nel sottosuolo. “Non diamoci troppi vincoli, ci sono già le normative”, sostiene il pd astenendosi, mentre l’opposizione votava contro: cassata dunque la mozione, tenuta nel cassetto per mesi.
    Che bello chiacchierare al buffet di ecologia.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 397: URBANISTICA – Renzo Piano e la Timidina C

    La città perfetta per Renzo Piano resta Genova, città d’ardesia e pietra, silenziosa, attenta, dove puoi restare “attaccato come una patella”, come diceva Calvino, ma anche aperta, luminosa, con il mare, che ti fa venire voglia di andare a conoscere il mondo.      Con intelligenza “leggera”, con un’ostinazione non sempre “permeabile”, come sospira di sé stesso, l’architetto senatore ha spiegato sabato 25 gennaio a La7 in Ottoemezzo la sua idea di città, dalla bellezza “non paludata”, paventando il timore che consegneremo ai posteri le città peggiori della storia se non s’interverrà, tenendo a mente proprio la bellezza. Che non significa demolire e ricostruire e tantomeno consumare altro suolo per nuove costruzioni, cinque milioni di case vuote e 8 metri quadrati al secondo di suolo consumato negli ultimi anni in Italia, ma anche recuperare ciò che più trascurato e degradato è spesso nel contesto urbano, ovvero le “periferie”, le città del futuro, secondo Piano.
     E’ la grande scommessa dell’urbanistica se diverranno o no urbane, nel senso anche di civili, se si ridarà loro una nuova identità, che non è quella di oggi, sovente quartieri dormitorio, perché sono veri luoghi ricchi di umanità e di energia, dove abita la quasi totalità degli abitanti, soltanto il dieci per cento risiede nei centri storici. Su Cultura-Domenica del Sole 24 Ore del 26 gennaio precisa il suo pensiero, racconta che le periferie vanno riviste, “rammendate” con “funzioni catalizzanti che fecondino questo grande deserto affettivo”.
     Se occorre un nuovo ospedale lo si costruisca in periferia, vi si aprano teatri, nuove piazze, spazi d’incontro, riutilizzare caserme, aree industriali o ferroviarie dismesse e tanto verde, che non è un fatto “cosmetico”, anzi si deve tracciare una green belt, una cintura verde che definisca e circondi la città, un limite oltre il quale non si deve più costruire ed entro il quale si deve ricompattare la città medesima. Senza estendere ancora il costruito, insostenibili ormai i costi per mantenere i servizi, le strade.
    .  Per “rammendarla” tanti micro-interventi, che darebbero lavoro al comparto edilizio, a molti artigiani, a piccole imprese per l’adeguamento funzionale ed energetico degli edifici esistenti, dal punto di vista idrogeologico, sismico, estetico, a cominciare dalle 60 mila scuole a rischio: un serbatoio di occupazione e di recupero di mestieri anche per giovani, che necessiterebbe di capitali modesti per un Paese che ha un disperato bisogno di manutenzione. Lo Shard, il grattacielo più alto a Londra, costruito da Piano, ha soltanto quaranta parcheggi per diecimila persone: un sistema di trasporti pubblici altamente efficiente quello londinese, ma tale scelta la dice lunga sull’inutilità di costruire ancora parcheggi nelle nostre città, si deve invece puntare sul trasporto pubblico e alternativo.
     Mentre in Parlamento con la “ghigliottina” è stato approvato mercoledì 29 gennaio il decreto Imu-Bankitalia,  insieme all’ennesimo condono edilizio sottobanco. Per questo progetto Renzo Piano stipendierà con il suo introito di senatore il gruppo G124, dal numero della stanza assegnatagli a Palazzo Giustiniani, sei giovani architetti under 40, che elaboreranno proposte per trasformare le periferie, non per distruggerle, per rammendare un  paese sott’acqua e che frana.
       Prevedendo uno spirito da polis, sviluppare processi partecipativi, coinvolgere gli abitanti come già nel 1979 ad Otranto si fece con il Laboratorio di quartiere, patrocinato dall’Unesco. E con un tocco sfizioso: la Timidina C, inventata dall’architetto Marco Ermentini e reclamizzata da Renzo Piano, di cui diamo di seguito le ISTRUZIONI per l’uso.
     – La prima pillola deve essere inghiottita immediatamente al sorgere del desiderio di ricostruire un edificio in stile com’era e dov’era . Normalmente la dose è di 3 pillole al giorno da assumersi in occasione dei sopralluoghi in cantiere. Si consiglia di prolungare il dosaggio per almeno una settimana. In caso di attacchi di ripristino al primitivo splendore, sospendere immediatamente la somministrazione e recarsi al più vicino ospedale oppure alla più vicina CLARTI (CLinica di ARchitettura TImida).
     CONTROINDICAZIONI. Delirio da piccone demolitore, Sindrome da messa a norma, Lifting esasperati al botulino, Arredi urbani in corten (acciaio patinato). Presenza di archistar nelle vicinanze. Tenere il medicinale alla portata dei bambini. Contraccettivo orale del tipo architettonico caratterizzato dal più alto contenuto di intelligenza sino ad ora impiegato in un’ associazione (Shy Architecture Association, www.shyarch.it ). Assunta correttamente sopprime la libido demolitoria e ricostruttoria nei soggetti a rischio professionale nel restauro. Inoltre modifica le caratteristiche psichiche del soggetto ostacolando le decisioni affrettate.
    (Bianca Vergati – immagine da Internet)

  • OLI 387: URBANISTICA – Medio Levante, Case, casine e cavalli

    Dalla  Direzione Urbanistica “ .. per informare che il 16/8/ 2013 è stato disposto l ’annullamento del Permesso a Costruire .. del 7/12/2011 limitatamente agli interventi edilizi che riguardano il manufatto esistente nel parco in considerazione del fatto che la suddetta costruzione non risulterebbe realizzata antecedentemente  al 1942 come indicato in sede istruttoria ed è invece risultata priva di regolarità edilizia”.

    Evviva, dunque non solo Villa Raggio non aveva mai avuto un’antica foresteria ma vi è pure stato un abuso edilizio. E finalmente lo si è riconosciuto. Peccato, spiace proprio per quella  villetta progettata nel bel mezzo del parco della Villa grande, all’ombra di alberi centenari.
    Spacciato come dépendance di Villa secentesca vi era in realtà un precario, una costruzione che aveva tutta l’aria di un prefabbricato anni ’60, come si evidenzia dalle foto ritrovate per caso, unica traccia, presso il faldone corpulento che la Soprintendenza ai Beni Artistici e Culturali custodisce come storia cartacea di Villa Raggio, bene vincolato. Fungeva da palestrina , ricordi personali,  per l’istituto ortopedico S.Giorgio, che vi aveva sede perché la Villa era stata donata alla comunità per scopi sociali, ma ci si è dimenticati di chiedere il permesso di tirarla su.
    Appena aperto il cantiere, di gran carriera la palestrina è stata dunque demolita, insieme al grottesco nel sotterraneo della Villa, dato che  il progetto prevede la trasformazione in appartamenti dell’intero edificio con sei unità immobiliari in più sottoterra, che vedranno la luce per l’inserimento di una vetrata a tolda di nave scavata nel sedime anch’esso vincolato (Oli 342).
    L’architetto però ha buon gusto e il risultato sarà magari gradevole, è un esperto nel rimaneggiare antiche ville, in Albaro se ne ha prove: residenze di lusso, anche se l’edificato non è più quello di prima, dentro e fuori, ma non si può preservare tutto, dice l’architetto e va pure in giro a lamentarsi che non gli si concede  il sottosuolo dei parchi per fare parcheggi. Eh già, s’è visto come tratta i parchi, come quello di villa Candida, con un edificio di finti uffici, annessi cucina e servizi, bloccato troppo tardi dai ricorsi. Ha conciliato con una sanzione di oltre un milione di euro, ma intanto addio al verde e “tardivo” il vincolo apposto dalla Soprintendenza secondo il Consiglio di Stato, concedendo il completamento degli “uffici”, che però rimarranno tali e non diverranno residenze. Di questi tempi gli uffici vanno forte.

    Ci ha riprovato l’architetto, una bella villetta in sovrappiù nel parco di Villa Raggio.

    Per avvalorare la tesi che la Villa aveva una dèpandance si è persino scomodata la non più giovane nipote del custode, che asseriva suo nonno raccontarle della casina del maniscalco, dove ancora negli anni ‘50 ci si ferrava i cavalli. Negli stessi anni però, altro testimone, c’era un galoppatoio di fronte alla villa e chi lo frequentava afferma che nella villa i cavalli non c’erano, il maniscalco aveva bottega altrove, andava in giro con i suoi attrezzi e lo si ricorda alla stalla del galoppatoio per ferrare le bestie. Tra il galoppatoio e la villa esisteva già la strada percorsa allora da due linee di tram, il 52 e il 53: pericoloso per gli animali attraversarla.
    Memorie d’altri tempi, ville, cavalli, vecchi ricordi e funzionari distratti, almeno il parco è salvo.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 387: CITTA’ – Ripensare via Cornigliano, tra boulevard e fruttivendoli

    Il 18 febbraio al Centro civico di Cornigliano cittadinanza e istituzioni si sono riunite in assemblea pubblica, per  l’incontro “Cornigliano cambia faccia”, sul concorso di idee per il rinnovamento di via Cornigliano. Al tavolo il Comune, il Municipio, Società per Cornigliano, in platea un pubblico vociante e numeroso.
    Il direttore di Società per Cornigliano Da Molo ha illustrato il concorso dal punto di vista dell’ente finanziatore. Compresa nell’ambito degli interventi previsti dall’Accordo di Programma, la riqualificazione passerebbe attraverso la trasformazione della via da arteria di attraversamento della città (il 96 percento del traffico attuale è di transito), a strada cittadina, in cui la gente ami fermarsi, passeggiare e fare acquisti. I criteri adottati dalla commissione per la scelta del progetto vincente saranno esplicitati nel Documento preliminare alla progettazione, che dovrebbe guidare il lavoro dei candidati.
    Il progetto dovrebbe – idealmente – perseguire la creazione di un’identità per la via. D’altra parte, le istanze raccolte dal municipio e recepite nel definire i criteri di valutazione sono molto pratiche: riduzione a due corsie nel tratto centrale della via (da via D’Acri a via Dufour), ampliamento dei marciapiedi per rendere più agevole il transito pedonale, eliminazione totale dei sottopassaggi, un numero limitato di parcheggi lungo la via per incentivare le attività commerciali, e la creazione di una pista ciclabile. Le opzioni possibili  per l’allargamento dei marciapiedi, saranno – continua ad illustrare Da Molo – una soluzione “a boulevard”, come Parigi, con corsie a centro strada e marciapiedi larghi ai lati, oppure una soluzione a “rambla” come Barcellona, con corsie laterali ed isola pedonale al centro. Il dato sulla consistenza finanziaria del progetto viene scomposto in una sorta di espressione matematica: 800 metri, di lunghezza del tratto di strada interessato per 20 di larghezza, per una superficie di 16mila metri quadrati; ogni metro quadrato ha un costo parametrico di 280 euro.
    Facendo due calcoli, si arriva quasi a cinque milioni di euro.
    Chiuso l’intervento del direttore di Società per Cornigliano, si alzano dal pubblico le prime voci. Prima qualche perplessità sull’avanzamento dei progetti in corso “Ma la strada di scorrimento a mare è ferma? Abbiamo sentito che ha avuto qualche problema a raccordarsi col ponte…”, poi in molti si soffermano sul tessuto commerciale di Cornigliano, impoverito e decaduto: soltanto negozi di frutta e verdura. “Ma avete contato quanti sono, dall’inizio alla fine della strada? Più di quindici, senza contare le traverse…”, con le cassette che, centimetro a centimetro, invadono il marciapiede, si allargano dalla superficie concessa e contendono lo spazio risicato ai pedoni, mentre i vigili fanno quotidianamente il giro e verificano di quanto zucchine e peperoni abbiano sforato dallo spazio concesso. Voci di disparità geografiche che diventano disparità sociali “Nella parte bassa l’Amiu non passa abbastanza. Noi che viviamo nella Cornigliano bassa vogliamo vivere dignitosamente come gli altri”. C’è il consigliere municipale che fa presente alle autorità che non serve una strada in mezzo al deserto, se a Cornigliano ci sono ancora i fangodotti ed il depuratore continua ad appestare l’aria. E quando Bernini afferma che la procedura di spostamento del depuratore è in atto, si leva un coro unanime “Sono dieci anni che lo dicono!”.
    Qualcuno chiede i tempi: si parla del 2015, sia per i tempi necessari al concorso, sia perché prima deve essere conclusa tutta la viabilità a mare, per poter lavorare senza soffocare il traffico della città. C’è chi conclude “Ci hanno sempre tolto…abbiamo avuto un passato, abbiamo un presente…”, il futuro rimane ancora difficile da immaginare.
    (Eleana Marullo – foto dell’autrice)

  • OLI 381: INFRASTRUTTURE – Dal tunnel al nodino, San Benigno “ostaggio” della Gronda?

    San Benigno: come sarà dopo i lavori
    (da www.infrastrutture.regione.liguria.it)

    Il nodo viario di San Benigno è un punto nevralgico per la viabilità cittadina, anche per la promiscuità tra traffico urbano e merci, e fin dal 2002 in città se ne parla, si discute, si ipotizza.
    Il tunnel subportuale, progettato nel 2003 su richiesta della società Tunnel di Genova S.p.A. (formata da Comune di Genova, Autorità Portuale di Genova e Cassa e Depositi e Prestiti), prevedeva un passaggio sottomarino, che collegasse il nodo viario di San Benigno con la zona della Foce, presso Calata Gadda.
    Nel progetto originario, il tunnel doveva essere costituito da “due gallerie circolari e parallele lunghe 720 metri” fino ad una profondità di 35 metri; ogni galleria, secondo il progetto, avrebbe dovuto avere tre corsie, ciascuna larga 3,75 metri (come si legge sul portale della mobilità in Liguria).
    A dicembre 2005, dopo 31 mesi di attesa, il progetto venne approvato dal Consiglio superiore dei lavori pubblici ma rimase fermo, in attesa dell’approvazione del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica).
    Nel 2008, dopo quasi 3 anni di attesa in cui il tunnel ormai era opera certa (nel 2006 il ministro per le Infrastrutture Di Pietro discuteva già della pianificazione e redistribuzione dei pedaggi), l’Anas divenne capofila del progetto.
    Bisogna aspettare ancora qualche anno per avere novità nell’avanzamento del progetto: dopo l’ingresso della Società autostrade (Anas), il destino del nodo di San Benigno e del tunnel sotterraneo si legano indissolubilmente a quello della Gronda.
    Nel 2010, per l’esattezza dopo la conclusione delle elezioni amministrative regionali, si viene a conoscenza che il progetto è saltato e che il nodo di San Benigno è diventato un “nodino” (http://genova.repubblica.it/cronaca/2010/04/02/news/fondi_tagliati_progetto_congelato_c_era_una_volta_il_tunnel_sotto_il_porto-3080988/), limitandosi ad una doppia rampa con due rotatorie, mentre il tunnel sotto il porto è scomparso del tutto dai progetti della Spea, Società di progettazione di Autostrade. Il risparmio sulla viabilità di San Benigno e sul tunnel sub portuale “dovrebbe”, secondo l’articolo citato, essere tenuto da parte per la Gronda. In seguito alla modifica di progetto, la Tunnel spa viene messa in liquidazione, e lo è tutt’oggi.
    Ma il tunnel sotto il porto non è destinato a sparire dalle cronache cittadine: ad ottobre 2012 il sindaco Doria e il presidente dell’Authority Merlo riprendono il progetto e si dichiarano d’accordo sulla ricerca di possibili investitori europei (http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2012/10/13/APRfOJhD-uffici_telepass_risorgere.shtml ); poco dopo, Doria si reca a Roma per discutere del tunnel subportuale presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e per discutere con l’a.d. di Autostrade per l’Italia, Castellucci, delle questioni in sospeso, tra cui il progetto Gronda (http://genova.repubblica.it/dettaglio-news/19:25/4285762).
    Nel frattempo, al tunnel ed al nodo sopravvive il “nodino” di San Benigno, il cui progetto è approvato nel luglio 2011. I lavori stentano a partire, anche perché la società Autostrade sembra temporeggiare per attendere l’esito della valutazione di impatto ambientale sulla Gronda, tanto da suscitare la risposta di Bernini, vicesindaco “Per noi il progetto nodo è fondamentale. Occorre realizzarlo subito perché è coerente al trasferimento della viabilità sulla nuova strada a mare, su Lungomare Canepa e sulla sopraelevata…Siamo stufi del gioco che sta conducendo Autostrade. Siamo di fronte ad un’evidente volontà di rallentare le cose. Non sta in piedi chiamare in causa le nuove norme previste dal Decreto Sviluppo per giustificare il ritardo nell’avvio dei lavori” (http://genova.erasuperba.it/inchieste-genova/nodo-san-benigno-ritardo-avvio-lavori-comune-genova-contro-autostrade) .
    Ma veniamo ad oggi. Di pochi giorni fa è la notizia che la realizzazione del primo lotto dei lavori a San Benigno è stata finalmente affidata a Pavimental, società controllata da Autostrade per l’Italia, e che i lavori dovrebbero partire durante l’estate (http://www.genova24.it/2013/06/nodo-san-benigno-in-estate-i-cantieri-del-primo-lotto-seconda-fase-ancora-da-approfondire-51835/ ). Il primo lotto prevede sistemi di accesso alla sopraelevata, rotatorie e rampa di accesso su via Milano: dopo più di un decennio di attesa e grandi aspettative, la città avrà finalmente il suo nod(in)o di San Benigno.
    (Eleana Marullo)

  • OLI 372: URBANISTICA – Corso Italia, la fuffa certificata delle spiagge libere

    Nel marzo 2012 l’assessore al Demanio Farello della Giunta Vincenzi annunciava con toni trionfali novità importanti per l’estate, in particolare per Corso Italia – “la parte di litorale più in sofferenza” ammetteva – dove ci sarebbe stato un aumento del 20% di spiaggia libera con l’ampliamento di spazi già pubblici fra S. Nazaro e Punta Vagno e fra i bagni Squash e Capo Marina con la riduzione di spazi in concessione, togliendo pure un po’ di cementificazione.
    Inoltre si sarebbe potuto mettere la barca in mare senza pagare su quattro nuovi scali fra Nervi e Punta Vagno e chiunque avrebbe potuto fermarsi gratis per fare il bagno, perché “La battigia si allargherà e dovrà avere una profondità non inferiore ai dieci metri per consentire sosta gratuita per la balneazione”, affermava.
    Evviva, finalmente. Il Pro.u.d., Progetto di Utilizzo del Demanio, licenziato dal Consiglio Comunale, prevedeva il nullaosta della Regione entro un paio di mesi. Gli uffici regionali però, hanno prodotto le loro osservazioni soltanto a gennaio di quest’anno e con qualche sorpresina niente male.
     Innanzitutto è stata smontata la tesi che a Genova si ottemperi alla legge regionale che prevede il 40% di spiagge libere, dove si dichiara di arrivare oltre il 54%, compresi gli scogli, come sottolineato dall’allora assessore.
    Nell’incontro del 5 marzo 2013 fra Municipio Medio Levante e gli uffici comunali  è uscita invece una percentuale assai diversa per il litorale fra Boccadasse e Punta Vagno: le spiagge libere arrivano ben all’ 11%! Come mai? Semplice: la Regione ha chiesto di “eliminare tra le aree libere quelle dichiarate non accessibili o non praticabili, …foci di torrenti, scogliere impraticabili… ed integrare …dettagliato Municipio per Municipio..” (Decreto n.3 del 7/1/2013). Ovvero di considerare i tratti liberi e accessibili per ogni porzione di costa, cioè per corso Italia, Quarto, Quinto, ecc.
    Il computo era stato invece redatto in maniera complessiva. Non solo. Si sono messi nel conto il tratto di spiaggia libera della Marinetta , che sarà interessato dal miniscolmatore del Fereggiano, rio che sfocia proprio a metà di corso Italia, la nuova spiaggetta della Motonautica, con accesso chiuso dai cancelli del club, e pure la nuova spiaggia che ancora non c’è accanto al depuratore.
    Il Progetto presentato “non risolve efficacemente il nodo della carenza di spiagge libere e libere attrezzate nel litorale cittadino con particolare riferimento a Corso Italia…” dichiara la Regione, che per contro ha stralciato “la previsione di una fascia intermedia tra le concessioni e la battigia, utilizzabile liberamente e in cui è permessa la sosta per la balneazione… in quanto costituisce una modifica e una servitù ai concessionari balneari. E ci si arriverebbe fra cancelli e barricate soltanto piedi in acqua dalla spiaggia libera di S.Giuliano, aggiungiamo noi: un aiutino ai balneari tanto perseguitati, alcuni dei quali sono anche in causa per i canoni giudicati troppo elevati, poveracci.
     Come clou dell’incontro alla richiesta di aprire gli stabilimenti Comunali tutto o parte dell’anno, come propone la nuova L.R di febbraio 2013, viste le perdite finanziarie della partecipata del Comune, la risposta dei Bagni Comunali ( con presidente in scadenza mandato) è stata: “ci sono problemi di personale”. Peccato che pochi giorni dopo in Consiglio Comunale l’assessore al Bilancio abbia dichiarato che per i due stabilimenti comunali ci sono in organico trentasette bagnini ( Mercantile, 21/3).
    (Bianca Vergati – disegno di Guido Rosato)

  • OLI 360: CITTA’ – Nuovo Puc, vecchio posteggio

    La salita a piedi verso il Fassicomo è diritta e piega i cuori non allenati, ma alla fine si arriva proprio di fronte al muro che sarà abbattuto per far passare i mezzi di cantiere. Dietro il muro una vegetazione impazzita da anni di incuria, ma pur sempre un po’ di verde in mezzo al cemento collinare che determina, a valle, la situazione alluvionale che tutti conosciamo. A lato, a valle del “bosco del Fassicomo”, tre condomìni interessati per vicinanza dalla costruzione di un nuovo posteggio, un progetto di silos privato di 98 posti auto con  sopra un po’ di verde acrilico e alcuni alberi salvati dalle ruspe, con due nuovi campi da calcio proprio all’altezza delle finestre. Una zona dove, oggi, costruire sarebbe vietato: troppa pendenza, ma per una magia tutta italiana la firma del Comune arriva due giorni prima del 7 dicembre 2011, data fatidica della votazione in Comune del nuovo Puc.
    Andrea Risso, il “patron” del comitato spontaneo che ha fatto ricordo al Tar riuscendo per ora a bloccare i lavori (vedi video nel M5Stelle), mi accompagna sul tetto del suo condominio, proprio di fronte al terreno che alcuni operai hanno cominciato a ripulire tagliando un po’ di alberi, sfoltendo i rovi, creando un inizio di strada di cantiere. Dall’alto, o meglio dalla stessa quota del cantiere, si comprende che l’opera sarà piuttosto invasiva, impatterà certamente sulla tranquillità degli abitanti per la presenza dei due campi da calcio, sia per il rumore che per l’illuminazione.
    Attualmente, la struttura del Fassicomo ha già un campo di calcio che resta più alto rispetto ai condomini sottostanti, nascosto dalla costruzione stessa che lo eleva oltre la visuale. I due nuovi campi sarebbero invece di fronte alle finestre dell’ultimo piano, difficile pensare a serate serene nelle notti d’estate.
    Un copione fin troppo conosciuto è che tutto l’iter per arrivare alla firma del permesso a costruire avviene con il parere contario del Municipio, che però sulla risposta favorevole degli uffici centrali non fa nulla per organizzare un incontro con i cittadini nel quale valutare il grado di sostenibilità sociale del nuovo inserimento.
    L’occasione di questa pratica consente un approfondimento sul pasticcio del nuovo Puc. Nel permesso a costruire, un articolo pone un paletto ben chiaro alla sua validità: l’entrata in vigore di norme in contrasto col permesso rilasciato ne determina la decadenza, se i lavori non fossero ancora iniziati. Ma nel nuovo Puc, si avvalora invece la tesi che tutti i permessi rilasciati prima della sua adozione sono da ritenersi validi: alla faccia della salvaguardia del territorio, del “costruire sul costruito”, delle linee verde, blu e sbirulò.
    Così il principio di salvaguardia viene messo in cantina per tutti i permessi a costruire emessi prima del 7 dicembre 2011: quasi una data spartiacque, o meglio spartisoldi, nel comune di Genova.
    (Stefano De Pietro)
    Intervista del Movimento 5 Stelle ad Andrea Risso