Se fosse ancora viva, avrei preso il telefono e l’avrei chiamata per dirle che il suo ultimo romanzo Emisferi è davvero bello. Sono certa che, con la sua voce rotonda, un po’ diffidente, mi avrebbe chiesto: “Davvero ti è piaciuto?”.
Sarebbe iniziata così una lunga telefonata nella quale avrebbe preteso le segnalassi eventuali dissonanze o buchi narrativi, perché Silvia Bonucci era esigente con se stessa e di una precisione martellante. Lo era sul lavoro – traduttrice per il cinema – nelle ostinate battaglie politiche, in tempi in cui i girotondi, senza grilli per la testa, sembravano a un passo dal dare una svolta al paese, e nella narrativa, sempre molto documentata, mai lasciata al caso.
Alla presentazione romana del libro, ad un anno dalla morte dell’autrice, è stato detto che Emisferi (ed. Fandango Libri) è il quarto di una serie di romanzi che ripercorrono eventi della storia d’Italia dai primi del Novecento ad oggi. Infatti Silvia nell’ultimo libro ci porta nel presente, a Roma, tra le stanze mentali di Elena, una donna di cinquantotto anni alle prese con il bilancio spietato che l’avvicinarsi della vecchiaia impone. Stanze mentali dove va in scena la vita matrimoniale della protagonista con un uomo già in pensione, mentre lei attende la “finestra” per lasciare l’impiego alla Asl, in un quotidiano in cui ogni personaggio, dal barbone che dimora fuori dal suo palazzo, ai figli inghiottiti nel precariato, all’anziana madre, è parte di un universo che richiede attenzione, cura, equilibrio. Elena è, nei fatti, la madre di oggi, preoccupata dal futuro dei figli, delusa per le attenzioni che loro non sanno darle, è la moglie di mezza età che, nonostante menopausa e annichilimento, non si vuole arrendere al grigiore, ma è anche figlia di una generazione di anziani, talvolta egoista e ostinata, incapace di dare il meglio di sé per quello che gli resta da vivere. L’esplosione, anticipata da sintomi lievi e narrativamente incalzanti, che coinvolgerà ogni personaggio, porterà il lettore nei corridoi di un ospedale, tra le pagine di una diagnosi dura, nell’attesa paziente di un possibile ritorno alla vita. Emisferi è un libro completo, attuale che descrive con parole intelligenti e calde la vita di molte famiglie di oggi e delle proprie donne, senza mai cedere al patetismo e alla banalità.
Chi volesse conoscere l’opera di Silvia Bonucci la troverà qui e nei suoi precedenti romanzi. Per chi le ha voluto bene Emisferi è la conferma che le persone straordinarie lasciano il segno anche se non sono più tra noi.
(Giovanna Profumo)
Categoria: Giovanna Profumo
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OLI 429: LIBRI – Emisferi, l’ultimo romanzo di Silvia Bonucci
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OLI 427: POLITICA – La sinistra dei 100 fiori, i cani e i porci
Alla fine fu un atroce inganno e quello che parve a molti uno straordinario progetto di rinascita cultuale e politica si trasformò in una trappola tesa dal leader per individuare coloro che dissentivano.
Per questo leggere su Il fatto quotidiano del 29 giugno il titolo “Contro Renzi neocentrista una sinistra dei cento fiori” non sembra esattamente propedeutico alla fortuna del progetto.
Certo qualcosa bisogna comunicare, e dev’essere questo motivo che ha spinto Cofferati a scegliere la metafora della primavera cinese per lanciare l’idea che porterà in campo le energie di “chi ancora non c’è e chi si è allontanato”.
Alla sua generazione Cofferati assegna il compito di mettere a disposizione “l’esperienza” ricordando che “c’è bisogno del protagonismo dei giovani”, comunque, prima o poi, è sempre lì che si approda.
Alla festa nazionale della Fiom, dichiara Cofferati, si è parlato di “beni comuni, land grabbing, diritti della rete” ed è dai valori di riferimento che bisogna partire
Quindi, proprio nel momento in cui torna in edicola L’Unità ed anche le feste del PD si riappropriano del nome della testata – la parola “unità” per un certo periodo fu cancellata da solerti funzionari – viene lanciato il cantiere della nuova casa ché quella originaria è stata squattata.
Non è in agenda un bilancio politico del perché un partito con una storia così importante non sia stato presidiato, per essere ceduto a chi ne massacra ideali, magari riflettendo sul fatto che aver definito il PD “ditta” non faceva onore alla storia ed ai fini nobili dell’impresa, parafrasando le metafore aziendali.
Civati, compagno di esodo di Cofferati e Fassina, ha già un sito della nuova creatura battezzata “Possibile”, un prodotto politico dal marketing accattivante ma dai contenuti ancora un po’ vaghi.
Il rischio che si corre è che si metta in scena il gioco delle tre tavolette, imbarcando nel progetto volpi di partito che, quando dovevano proporre e presidiare, non l’hanno fatto.
Se è vero che a sinistra c’è una prateria da esplorare, sarebbe interessante capire perché Rete a Sinistra, che in Liguria ha fatto una dura campagna contro il PD, non abbia colto la sfida di dare il proprio voto per la Vice Presidenza del Consiglio Regionale ad Alice Salvatore di M5S, favorendo invece la carica di Pippo Rossetti, mentre a livello nazionale proprio Civati, referente politico di Rete a Sinistra, non disdegna il sostegno a M5S per promuovere i 7 referendum contro leggi volute dal PD di governo. Mistero
Nel frattempo, per il rotto della cuffia, Toti ha salvato il progetto “codice d’argento”, che garantisce l’assistenza domiciliare estiva a famiglie “economicamente fragili” che stava per saltare perché la giunta precedente, dopo averlo messo a bilancio, non aveva deliberato. La vicenda, sulle pagine locali per qualche giorno, ha registrato anche le dichiarazioni fatte al Secolo XIX da Anna Banchero – ex-coordinatrice nazionale dei progetti regionali destinati agli anziani – che, mentre stavano per saltare i fondi, ha dichiarato: “Questa non gliela perdonerò mai, parlo della giunta Burlando. Hanno dato contributi a cani e porci, e non sono stati in grado di trovare 200 mila euro per mandare avanti un progetto che ci invidia mezza Italia”.
Cani e porci. Chissà a chi si riferiva. Chissà che la sinistra dei 100 fiori non voglia approfondire.
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice) -
OLI 426: ELEZIONI REGIONALI 2015 – Di tutto, di più
Una cosa è certa, i liguri sopravvivranno anche questa volta alla tornata elettorale, molti di loro sedotti dal lungo ponte diserteranno le urne, e visto che i più la considerano una battaglia persa non saranno nemmeno in preda al leggero senso di colpa indotto dal senso civico
E’ tale la disillusione che armi e bagagli partiranno sereni poiché nessuno è stato in grado di convincerli del contrario, tanto più lunedì sera, durante la diretta di Sky tg 24 che dava visibilità solo a 4 candidati, lasciando fuori dalla diretta Bruno, Musso, Piccardi e Batini
Per chi non abbandona la trincea elettorale lo sguardo scruta una scheda che ricorda le promozioni di un supermercato, con una campagna politica che, a livello giornalistico, ha parlato di tutto tranne che dei problemi reali delle persone. Hanno vinto le solite generiche promesse che garantiscono ai sogni di diventare realtà. Il fatto che l’elettore non capisca con quali e quante risorse si possano concretizzare non è un dato da campagna politica.
Qui siamo e i programmi, redatti nel migliore marketing politico, ci fanno sentire l’impossibile a portata di mano. Dall’abbattimento del 50% delle liste d’attesa negli ospedali, alla possibilità di effettuare gli esami primari direttamente dal medico di famiglia, alla realizzazione del Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018, fino alla gestione collettiva dei beni comuni e al redditto minimo di autonomia. Il gioco di seduzione dell’elettore non ha regole. E sulle reti ammiraglie appaiano anche i Cinquestelle, non più vittime dei veti grillini i cui strali, contro chi osava farsi anche solo inquadrare da una telecamera, falciavano uomini e donne con accuse sessiste e minacce dal web.
Così in TV agli anziani si ricorda la truffa di cui sono vittime, il taglio sulle pensioni che ha sottratto loro 18miliardi e vengono promessi progetti di invecchiamento attivo. Si disegnano scenari in cui utilizzare h24 sale operatorie e c’è chi, da destra, dichiara che “gli ospedali saranno aperti anche di notte”. Se non fosse abbastanza ci sarà lavoro per cinquantenni e giovani e c’è chi promette il definitivo superamento di un sistema di gestione della regione in mano alle lobby, rivendicando la purezza dell’atto di rottura da un partito che non incarna più gli ideali del passato. Nella regione più vecchia d’Italia, con un problema di assistenza agli anziani grosso come un elefante, non è stato detto con chiarezza nulla sulle badanti, sullo stato delle strutture di accoglienza, sui costi che gravano sulle famiglie e sulla lenta ed inesorabile cancellazione della presenza pubblica in questo settore. Ma in piazza, tra i militanti, in occasione del comizio di Civati, c’era chi, accennando alle cure per madre malata, confidava di dover sostenere una spesa media di milleduecento euro al mese per assisterla in casa.
A sinistra del Pd due liste cugine si contendendo i voti, ma non le parole, distinguendosi solo su Gronda e Terzo Valico. I continui tagli in tutti i settori – occupazione, scuola, trasporti, sanità, manutenzione delle strade, gestione del territori – sotto elezioni sono spariti, soffocati dalle promesse. Come è stato garantito che, certo, ad elezioni finite ogni candidato presenterà i conti ed i finanziatori della propria campagna politica. Nessuno ha fatto i nomi dei componenti della propria giunta.
Si può fare di meglio?
Almeno andare a votare.
(Giovanna Profumo – immagine dell’autrice) -
OLI 426: SANITA’ – I precari cronici e le promesse della politica
20 maggio 2015. E’ alla manifestazione per lo sciopero della Cgil contro il Jobs Act che tra striscioni istituzionali si distingue, come un lenzuolo al sole, quello dei precari del Gaslini, iscritti al Nidil e temporanei cronici. In uno degli ospedali pediatrici più famosi d’Italia sono “centoventi ricercatori – tra biologi, biotecnologi, tecnici di laboratorio, data manager” – come spiega Patrizia De Marco, la loro portavoce – con un’anzianità da precariato di dieci, quindici anni con picchi che possono arrivare ai trentatre”. In tanti anni pochissimi concorsi, assenza di finanziamenti e volontà politica hanno generato questo vulnus al quale però il Gaslini attinge per vantare, anche all’estero, i progetti di ricerca del proprio istituto. Loro chiedono di essere stabilizzati, molti hanno fatto dei concorsi, ed hanno tutte le carte in regola. Ma fino ad oggi hanno ricevuto solo promesse, De Marco, delegata Nidil (Nuove Identità di Lavoro), parla “dell’assessore Montaldo, del presidente Burlando che hanno promesso un impegno nella stabilizzazione” delle loro figure professionali, ma in dieci anni di giunta “non hanno fatto assolutamente nulla” se non concedere delle deroghe senza sostenerle economicamente. E chi è entrato è stato grazie ai finanziamenti che l’istituto ha ottenuto autonomamente.
Al Gaslini arrivano anche bambini dal Centro e dal Sud e bambini stranieri per curare patologie uniche, De Marco si occupa della ricerca sulla spina bifida, ma i contratti possono essere rinnovati in base “alla disponibilità economica” dei capi servizio, e ai fondi disponibili.
C’è la precaria del San Martino-Ist da 25 anni che per tre mesi quest’anno è rimasta a casa, senza contratto. In tutto sono una ottantina, ma il numero è fluttuante perché c’è chi va e chi viene. Normalmente sono sei, otto mesi di contratto, al San Martino ottenere un contratto di un anno è un lusso.In corteo la parola finanziamenti assume contorni più definiti con loro che ti accompagnano tra le tipologie di finanziamenti per la ricerca: quelli finalizzati, del Ministero della Salute – quotati in base alla produttività scientifica dell’istituto, tradotto numero di pubblicazioni su riviste scientifiche di alto livello; ma spesso quei soldi vengono dirottati per pagare le persone strutturate. E i fondi finanziati da fondazioni private – San Paolo, associazioni per la ricerca su patologie specifiche, Airc – finanziamenti che quando finiscono vedono i ricercatori bloccati nel loro lavoro. Inoltre il cda del Gaslini, nel 2011, ha deliberato che i ricercatori non possono avere contratti per più di cinque anni, questo nell’ottica di favorirne la regolarizzazione. Quindi a giugno 2016, 49 persone rischiano di non poter più lavorare al Gaslini perché nel frattempo nessuna assunzione è stata prodotta e i cinque anni saranno finiti. Anche lo screening neonatale al Gaslini è affidato a precari: chi si occupa della diagnosi precoce di alcune malattie “dal 1 settembre 2001” ha subito ogni forma di contratto esistente: dalle borse di studio, ai contratti co.co.co alle prestazioni occasionali nonostante il lavoro svolto fosse sempre lo stesso. Il contratto scadrà tra un anno ed è coordinatrice, precaria, di laboratorio. Quello della collega ha un rinnovo di otto mesi. Fanno decine di migliaia di esami all’anno.
Il voto per le Regionali? Non sanno. Ma il manifesto con il quale Burlando garantiva la ricerca in Liguria quello no, non lo hanno dimenticato. Lei si chiamava Paola.
(Giovanna Profumo – immagini dell’autrice e da internet) -
OLI 425: 25 APRILE – Resistere alle Valli e guardare al futuro
Anche quest’anno il 25 aprile è assurto alle cronache nazionali con palinsesti milionari, processioni e corone. Cerimonia laica sacrosanta, apparsa a molti ancor più necessaria visto che ricorrevano settant’anni dalla Liberazione. E poco importa che a commemorare ci fosse chi la Costituzione la mortifica in parlamento: è solo tristezza presente sommata alla memoria passata. Piccola assuefazione al peggio.
Tuttavia esistono luoghi felici dove commemorare corrisponde a ragionare e perché no, a progettare. Spazi toccati dalla presenza di giovani – è aperta la stagione di caccia a questa specie sotto campagna elettorale – che ascoltano e condividono idee per il proprio futuro, parlano della resistenza di oggi, magari al femminile e commemorano anche, con la proiezione di un docufilm su un partigiano diretto da uno di loro.
Ricordare il 25 aprile alle Valli Unite è stato questo: un grandioso fine settimana sui prati, tra le cascine della cooperativa di Costa Vescovato, tra i colli tortonesi, un fiorire di giovani famiglie con piccoli marmocchi che pareva di essere in Svezia. Così è stato possibile conoscere di più sulla resistenza delle miliziane curde in Siria e su un modello di democrazia che vuole rappresentare maschio e femmina con pari dignità.
E ancora sapere che – mentre l’Expo apre con la sfida di nutrire addirittura il pianeta – alle Valli, è nata l’associazione ForestIERI – perché per la gente del luogo chi si insedia rimane sempre un “foresto”, come ha spiegato Ottavio Rube – con lo scopo di ripopolare il territorio con nuovi insediamenti agricoli e abitativi. Così è stato fatto il punto della situazione grazie ad una ricerca di Jeff Quiligotti, insieme ai produttori di vino Timorasso, a Manlio Calegari, Marco Revelli, Andrea Cavallero. Lontano dalle dinamiche della politica, dai bandi europei – l’invito accorato è starne alla larga per non esserne vittime – si comprende cosa vuol dire tornare a coltivare la terra se c’è una visione dove si accoglie e si condivide e il trattore si presta al vicino.
Si è parlato di semplificazione per le aziende che nascono, di catalogare le terre libere facendo in modo che i comuni collaborino, di facilitazioni, e di una rete umana per non essere isolati. Quindi aiuto pratico per avere la terra, ripopolare il territorio e creare un’economia che generi ricchezza e qualità della vita.
Le storie raccontate sono quelle di chi “ha lasciato perdere l’azienda paterna” per insegnare in città, ma con la volontà di raccogliere testimonianze su tutta la memoria possibile del luogo, ma anche di chi ha deciso di farsi contadino senza nessuna radice familiare, senza esperienza, persone nuove. L’inchiesta ha messo a fuoco il ruolo di un intermediario sociale, l’associazione ForestIERI, che è poi la cooperativa, e il fatto che questi insediamenti sono in funzione di un volano che non è solo soluzione economica o imprenditoriale, ma è anche soluzione culturale complessiva di conoscenza, di fiducia: quella fiducia che nella storia della Cooperativa le Valli Unite, trenta, quarant’anni fa, il territorio non le voleva riconoscere.
E poiché senza i partigiani non è 25 aprile, è stato proiettato il docufilm “Like e bullet around Europe” sulla figura di Anton Ukmar detto Miro, comandate della VI Zona, diretto da Mauro Tonini .
(Giovanna Profumo – Foto dell’autrice) -
OLI 424: SINISTRA – In assenza del Messia si parla di maria
Dove eravamo rimasti?
Che per le Regionali della Liguria don Farinella aveva sognato di unire M5S e sinistra-sinistra in una grande coalizione senza riuscirci, e che poi era stato proposto e votato Giorgio Pagano per alleare almeno Rete a Sinistra e Altra Liguria (due componenti nelle quali erano confluiti SEL, Rifondazione, verdi, civatiani, lista Doria e tutti quelli che nel Pd si oppongono a Renzi) e che era quasi fatta, ma poi la pubblicazione di un carteggio mail ha dato la stura ad una coalizione, sostenuta da Cofferati, sfavorevole a Pagano, così è partita la candidatura di Pastorino (anche lui sindaco ma di Bogliasco, nonché parlamentare). Allora Giorgio Pagano ha rinunciato a candidarsi per non portare su di sé l’onta di aver scisso la sinistra, però Altra Liguria non ha appoggiato Pastorino ed ha deciso di presentarsi da sola insieme ai Verdi.
Situazioni che nemmeno gli sceneggiatori di House of Cards arriverebbero a immaginare…
Così da anime della sinistra i potenziali elettori si sono trasformati in anime in pena.
Quello che rimane di questa catastrofe, militanti sopravvissuti, era in Largo Pertini sabato mattina per la presentazione del candidato Antonio Bruno della lista l’Altra Liguria e ai giardini Luzzati domenica ad un incontro-aperitivo a favore della legalizzazione della cannabis, organizzato dai sostenitori di Pastorino.
Alla prima iniziativa è venuto a buttare uno sguardo anche Pierfranco Pellizzetti – analista raffinato e crudele del contesto politico regionale – che con un certo compiacimento non ha fatto che ribadire, interpellato, quello che già aveva scritto su Pagano, Pastorino e compagni, alimentando l’impressione che esista davvero la schiera dei promotori “del tanto peggio, tanto meglio”.
Alla seconda iniziativa, con ragionevole ritardo, si è presentato Pastorino, sulla scia di una tradizione consolidata per la quale i candidati sono come le spose. Per fortuna i suoi giovani supporters avevano preparato seriamente l’incontro sviluppando, anche in assenza del candidato, il tema cannabis nelle sue molteplici sfaccettature: utilizzo a fini terapeutici, personale, imprenditoriale e come rilancio delle aree agricole abbandonate dell’entroterra. Mentre il Consiglio comunale genovese ha approvato una mozione favorevolealla legalizzazione. Accrescendo in chi scrive la convinzione che il milione di metri quadri vista mare, con tanto di moli, afferenti all’Ilva di Cornigliano potrebbero essere convertiti alla coltivazione e lavorazione della pianta, se dovesse venir meno la vocazione siderurgica del sito.
Al dibattito ai giardini Luzzati, grazie ai relatori informati sulle inchieste andate in TV, è stato possibile un approccio costruttivo al tema della legalizzazione dell’oro verde, a partire dalla possibilità di sottrarre alla criminalità organizzata – Camorra SpA – un mercato che in Colorado ha creato legalamente 10.000 nuovi posti di lavoro, più il gettitio fiscale che permettermebbe un’entrata di otto miliardi di euro annui.
Gli interventi dei presenti hanno dato voce alla fatica di chi, gravemente malato, è sottoposto alla sadica burocrazia del sistema sanitario per ottenere cannabis, e dei consumatori che rivolgendosi alla rete illegale dello spaccio, rischiano di assumere sostanze tagliate e gravemente dannose. Peccato che gli operatori del Sert non siano intervenuti, che fossero assenti i medici del lavoro che, per legge, devono verificare il consumo di droghe nei siti produttivi e che poco si sia detto sulle piantine coltivate dai militari italiani a Firenze.
Così in assenza del messia a sinistra si è parlato di maria.
Un saggio provvidenziale inizio. Una speranza per il coltivatore diretto di Ospedaletti finito in manette dopo aver convertito la produzione della sua azienda alla coltivazione illegale di canapa.
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice) -
OLI 423: SIRIA – Cartoline da Genova per ricordare la guerra
Domenica 15 marzo, Genova.
Il pomeriggio è sospeso, con il cielo grigio gravido di acqua.
Si incontrano in piazza Cernaia, nel cuore del centro storico, famiglie, ragazzi e ragazze che vogliono commemorare i 4 anni dallo scoppio della guerra siriana. Scambiano palloncini rossi, legano ai fili sagome di stoffa leggere che raffigurano bambini e bambine, che grazie a quei palloncini possono volare. Così li portano in processione per i vicoli bui del centro storico. La Siria sfila a Genova, grazie ad Alessandra Raggi animatrice di un movimento colorato di persone che non dimentica il conflitto che insanguina il suo territorio, un movimento che porta nelle piazze della città – San Lorenzo prima e Matteotti dopo – le voci e i corpi dei bambini siriani vittime di questa tragedia.
Camminano tra i turisti, superano l’Acquario di Genova fino al punto in cui il molo si arrende al mare, e sotto la pioggia e mazzi di palloncini rossi, si fermano sul pontile per farne volare alcuni verso Sud.
Le foto, scattate a dispetto del brutto tempo, sono le cartoline che Genova spedisce alla Siria e ai suoi figli più piccoli.Marco Doria ha dato la sua solidarietà tramite F.B. all’inziativa, ma l’evento non ha registrato la presenza di politici e assessori.
Peccato, non sanno cosa si sono persi.(Giovanna Profumo – foto dell’autrice)
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OLI 423: REGIONALI 2015 – Il ritorno dei boiardi e la scelta di Pagano
(ex Voto a San Torpete – Genova) C’erano una volta i boiardi di stato.
Il temine negli anni Ottanta indicava il gotha di dirigenti, voluti dalla politica, che gestiva aziende pubbliche e che ne decideva i destini. Uomini potentissimi capaci di scelte sciagurate. Ancora oggi le conseguenze delle loro decisioni bruciano sul tessuto produttivo del paese.
Esistono nuove tipologie di boiardi?
Scelgono bene?
La recente vicenda delle elezioni regionali liguri induce a pensare che i boiardi esistano, pronti a dettare a sinistra l’agenda politica della Liguria. Il sostegno, come candidato “antipaita” a Luca Pastorino, sindaco di Bogliasco, parlamentare e ormai ex Pd di area “civatiana”, è un segnale del clima che si respira nei partiti di di sinistra a livello nazionale, dove si punta su un carino dal passato politico innocuo, piuttosto che su un cooperante internazionale, sindaco per due mandati di La Spezia, con una militanza nel Pci.
Se sono gli uomini a fare la storia, quella di Luca Pastorino non tiene il confronto con quella di Giorgio Pagano e nemmeno sarà una minaccia per Raffaella Paita, visto lo spessore politico dell’avversario.
Si sarebbe potuto avere di più, con buona pace di Pastorino che garantisce una campagna politica “col sorriso”, quando in Liguria da tempo, non c’è nulla da ridere. Si poteva convergere su Pagano, scelto da primarie di area e presentato agli elettori di sinistra dopo una lunga serie di incontri. Ma così è andata e la pubblicazione di un carteggio mail di don Farinella non ha certo favorito l’unità.
E in nome di quella unità a sinistra, Pagano ha ritirato la propria candidatura. Ma si è reso disponibile a parlare di programmi e propore buona politica.
(Giovanna Profumo)
Ecco il testo integrale della sua lettera inviata alla stampa il 26 marzo 2015:In queste settimane ho lavorato, insieme a molti amici, al progetto di una “coalizione civile, sociale e popolare”, alternativa al sistema dominante in Liguria. Un progetto capace di guardare a sinistra ma non solo, perché vuole mobilitare le coscienze e le passioni civiche di tutte le persone ammutolite di fronte a consuetudini stratificate di malaffare, mediocrità politica, assenza di visione, danni costanti alla cosa pubblica e al territorio. La forza di questo progetto è tutta nella capacità di coinvolgere e aggregare dal basso, di creare fiducia non solo attraverso iniziative e vertenze politiche ma anche e soprattutto attraverso pratiche solidali e mutualistiche capaci di dare risposte concrete ai bisogni delle persone.
Ho cercato fino all’ultimo l’alleanza, in vista delle elezioni regionali, con i piccoli partiti della sinistra,ma il tentativo è stato reso impossibile da una operazione politica vecchia e stantia, organizzata da minoranze partitiche che contano sempre meno, non hanno una reale visione alternativa e si rifugiano da tempo in una cultura minoritaria e perdente che parla a pochissimi e allontana le tante persone disamorate dalla politica per colpa di questa politica. Non rinnego il tentativo, che andava fatto: ma l’esito è stato fallimentare, e le responsabilità politiche sono evidenti. Non esistono dunque le condizioni perché io possa accettare la proposta che mi è stata fatta dal candidato a Presidente e dai dirigenti nazionali dei piccoli partiti di aderire a questa operazione assumendo il ruolo di capolista.
In questi giorni ho discusso a lungo con gli amici che mi hanno proposto e sostenuto. E’ cresciuto il consenso attorno a noi, forte era ed è la spinta a presentare una lista civica alle elezioni. Ma ho voluto ancora una volta compiere un atto di responsabilità, l’ultimo: ho deciso di ritirare la candidatura. L’ho fatto nel nome della lotta alle frammentazioni e alle divisioni, un sentimento da molti condiviso, di cui mi sono fatto carico.
Spero che questo atto possa ancora far riflettere sulla mia proposta, finora rifiutata, di una nuova candidatura unitaria, che eviti il danno di una dispersione dei consensi all’interno del campo dei cittadini impegnati per il cambiamento, potenzialmente maggioritario.
Confesso che il mio rientro nella politica tradizionalmente intesa, dopo otto anni di impegno sociale e culturale dal basso, è stato drammatico. Ora sono pienamente consapevole che l’obiettivo che mi ha sempre mosso, quello della riforma dei partiti e della loro apertura alla società, deve fare i conti con quella che purtroppo è la realtà: oggi sopravvivono i resti disperati di un sistema che ha condotto allo smantellamento inesorabile di una politica ormai screditata agli occhi dei cittadini.
Il mio atto non è però di abbandono, anzi: ho deciso di lavorare per costituire il movimento “La Buona Onda”, con l’obbiettivo di costruire insieme alle tante altre associazioni -a partire da “Altra Liguria”, che con tanto calore mi ha accolto- e a tutte le persone interessate la “coalizione civile, sociale e popolare” della Liguria. Una grande forza civica organizzata, radicata nei territori, che collabori con le forze di base e civiche che si battono per un cambiamento radicale. Durante la campagna elettorale stimoleremo il dibattito pubblico con interventi sui principali problemi della regione. Costruiremo un osservatorio sulle politiche regionali, con proposte specifiche e un monitoraggio stretto di chi governerà. Soprattutto ci impegneremo per una cultura politica nuova, che potrà supportare la nascita di liste civiche di cambiamento alle elezioni future e rafforzare un processo dal basso come contributo della Liguria alla coalizione sociale che sta crescendo nel Paese. La “Buona Onda” di entusiasmo, di centinaia di proposte di programma che mi sono arrivate, testimonia che la voglia di un cambiamento radicale è molto forte. “La Buona Onda” organizzerà questa spinta genuina e popolare: non è una scelta di testimonianza, ma ha lo spirito di una alternativa di governo.
Un grazie di cuore alle migliaia di persone che in questi giorni hanno voluto manifestarmi affetto e vicinanza politica, a “Altra Liguria”, ai Verdi e soprattutto agli amici del “gruppo di San Torpete”, i primi a credere in me.
Giorgio Pagano -
OLI 422: ILVA – Landini, media assemblea
Un reporter riprende un lavoratore che fotografa un fotografo mentre scatta primi piani a Landini. L’immagine più evidente che si è nel cuore di una rappresentazione è data dal fatto che, ad un certo punto, due fotografi sistemano un casco ILVA proprio sopra i tubi innocenti che reggono il palco, come se quel casco fosse stato dimenticato da un operaio, ed iniziano a scattare foto.
Quella con Landini, non è, come promesso dal volantino affisso nelle bacheche aziendali, un’assemblea. Ma è incontro a porte spalancate, con stampa, lavoratori e cittadini. Un momento storico per l’ILVA di Cornigliano una giornata che ha dato alla siderurgia genovese visibilità, ma non un’assemblea che significa confronto, riflessione, condivisione di idee, tra lavoratori e sindacato.
Landini – dio lo benedica per il suo impegno politico – ha detto le cose che dice a Ballarò, Piazza Pulita, Servizio Pubblico, ma ha perso un’occasione importante: sentire le opinioni di chi in quella fabbrica lavora e di chi da quella fabbrica è stato messo in cassa integrazione. Dispiace che tutto diventi media, che in questo cacofonico rivolgersi all’esterno non ci sia più tempo per un ascolto autentico, il tempo per le parole. Anche scomode. Quelle che il sindacato non vuole sentir dire. I numeri, investiti in questa partita, sulla carta non permettono di immaginare grandi scenari sul fronte dei salari che drenano milioni di euro al mese. Un miliardo e duecento milioni dei Riva – ancora da rimpatriare – sono esclusivamente destinati alla legittima realizzazione dell’AIA e 556 milioni, provenienti dalle risorse della cassa depositi e prestiti oltre che dai soldi di Fintecna, sono una cifra che ILVA è capace di fumarsi in 6 mesi soprattutto alla luce dell’anticipata chiusura dell’altoforno 5 – indispensabile per la messa in sicurezza dell’impianto – che ridurrà ulteriormente la capacità produttiva del sito di Taranto già oggi, in perdita. I conti non tornano.
La Newco è ancora un soggetto molto magmatico. Si aggiunga che i Riva hanno fatto ricorso contro lo stato di insolvenza dell’Ilva lamentando che La mano pubblica potrà impunemente non eseguire quelle stesse misure per la realizzazione delle quali ha illegittimamente sottratto a degli imprenditori privati la propria fabbrica. E’ vero che nella fase più delicata della discussione del decreto legge, Claudio Riva aveva chiesto che si terminasse il ciclo delle audizioni in Commissione Senato, prima di procedere alla dichiarazione di insolvenza dell’ILVA, richiesta inascoltata. Che piaccia o meno – e la gestione Riva non è piaciuta affatto – a processo ancora da fare, le scelte strategiche che hanno riguardato l’Ilva rischiano di essere oggetto di ricorsi da molti fronti e sanzioni, comprese quelle della Comunità Europea.
Un ragionamento con Landini poteva mettere a fuoco dove trovare 150 milioni di euro per l’impianto della banda stagnata. Altro spunto di riflessione cosa ne sarà delle centinaia di lavoratori genovesi oggi “utile risorsa” degli enti pubblici, destinati però a rientrare a settembre 2015 con i contratti di solidarietà, e ancora cosa significa nel testo della legge, votata dal parlamento “garanzia di adeguati livelli occupazionali”.
Adeguati, rispetto a quale modello siderurgico? Sulla base di quale piano industriale?
Si fa strada il precedente Alitalia, e qualcuno, purtroppo, vuole afferrarlo al volo.
(Giovanna Profumo)