Categoria: SCUOLA

  • OLI 429: (BUONA?) SCUOLA – La triste parabola dei docenti potenziati, da risorse a tappabuchi

    OLI 429: (BUONA?) SCUOLA – La triste parabola dei docenti potenziati, da risorse a tappabuchi

    Lo scorso autunno quarantottomila precari sono entrati in ruolo a ricoprire, per la prima volta, il ruolo di “organico di potenziamento”.
    Cosa significasse, nel momento in cui hanno preso servizio, non lo aveva ben chiaro nessuno. Non lo sapevano loro, che arrivavano ad anno iniziato spesso da migliaia di chilometri di distanza, così come non lo sapevano i dirigenti, che si sono trovati nuovo personale da gestire quasi piovuto dal cielo, a volte non corrispondente alle classi di insegnamento di cui avevano fatto richiesta. Neppure il Contratto Nazionale di categoria prevede ancora la figura dell’organico di potenziamento, quindi non ne definisce espressamente compiti o mansioni
    L’anno scolastico è quasi finito, ormai: i giorni sono trascorsi eppure il mistero è rimasto nella maggior parte dei casi irrisolto: di cosa dovrebbero occuparsi i docenti di potenziamento? Come mai stazionano in sala professori, o vorticano tra una classe e l’altra?
    Nell’idea della legge, gli obiettivi didattici dei docenti di potenziamento sono nobili e a largo spettro di interventi. La legge li elenca puntualmente: la valorizzazione e il potenziamento delle competenze linguistiche, dell’italiano, inglese e delle altre lingue dell’Unione europea, il potenziamento delle competenze matematico-logiche e scientifiche, della pratica e della cultura musicale, dell’arte e della storia dell’arte, del cinema e dei media di produzione o diffusione delle immagini e dei suoni. Nella legge 107/15 ( ecco il riferimento al testo della Buona Scuola riportato sulla Gazzetta ufficiale: http://goo.gl/20xLCs ): si auspica il coinvolgimento di musei ed altri istituti pubblici, lo sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica, il rispetto della legalità e della sostenibilità ambientale, la prevenzione della dispersione scolastica e del bullismo, l’alfabetizzazione all’arte, l’incremento dei progetti di alternanza scuola-lavoro, l’apertura pomeridiana delle scuole, l’alfabetizzazione dell’italiano come lingua seconda, lo sviluppo di uno stile di vita sano.
    Le intenzioni dunque sono encomiabili e permetterebbero molteplici interventi.
    In realtà, le scuole, nel momento in cui si sono trovate a ricevere i docenti di potenziamento, non erano pronte, non c’erano progetti  mentre le linee guida della legge 107/15, che permettono di utilizzare i docenti in “autonomia” per le supplenze brevi, hanno avviato la pratica di usare l’organico di potenziamento quasi esclusivamente come tappabuchi, girovago di classe in classe, per coprire le assenze dell’ultim’ora ad opera dei colleghi.
    Quindi, in sostanza, in grande percentuale, l’organico di potenziamento è rimasto a bivaccare per i corridoi o nelle sale professori, mortificato nell’attesa di “poter tornare utile” e percependo, comunque, lo stipendio seppure costretto nella frustrante sensazione di far nulla. Talvolta la partecipazione a progetti è stata anche limitata dal desiderio, da parte della dirigenza, di avere a disposizione persone sempre libere, che potessero far risparmiare le supplenze dell’ultima ora ai colleghi di ruolo.
    Anche il Ministero ha recepito il malcontento e la cattiva gestione dell’organico potenziato ( Orizzonte scuola: http://goo.gl/TsSENl ), che ha portato frustrazione tra i neoassunti e massiccio, inutile spreco di soldi pubblici, impiegati nello stipendiare persone che poi, per incapacità, volontà o forza maggiore, sono state lasciate per lo più inattive (Orizzonte scuola: http://goo.gl/ZSm9Dn ).

  • OLI 428: (BUONA?) SCUOLA – Countdown per il concorso che non vuole nessuno

    OLI 428: (BUONA?) SCUOLA – Countdown per il concorso che non vuole nessuno

    Perché i meccanismi di assunzione dovrebbero interessare tutti, e non solo la scuola? I dipendenti della scuola sono tanti: il numero preciso è difficile da reperire. Una rilevazione del 2012 ne conta un milione 43mila, una del 2013 963mila: le stime oscillano ma approssimando si può affermare siano circa un milione di persone.
    La scuola è un argomento che tocca trasversalmente tutta la popolazione, che ci è passata in età di formazione e che ci si rapporta quotidianamente seguendo i propri figli: per questo motivo il reclutamento degli insegnanti non dovrebbe rimanere soltanto un argomento per specialisti del settore.
    Eppure la riforma ed il dibattito intorno alla legge 107/2015, meglio nota come “La buona scuola” passa poco sui mezzi di informazione. Al contrario, sui blog del settore il confronto è acceso e specialistico, poco digeribile per chi non è pratico della materia.
    In poche parole: la notizia recente è che sono uscite le date del concorso per l’immissione in ruolo dei docenti: tra il 28 aprile e il 31 maggio le prove scritte impegneranno circa 200mila partecipanti (per un totale di 63mila posti).
    Ma il concorso, in realtà, non lo vuol quasi nessuno: non lo vogliono i docenti abilitati che lavorano da anni e che hanno pagato caramente, in termini economici e di impegno, la propria abilitazione. Non lo vogliono i non abilitati, esclusi dalla possibilità di parteciparvi. Non lo vogliono, pare, neppure i docenti chiamati a lavorare nelle commissioni d’esame con compensi risibili.
    Vediamo le ragioni nel dettaglio:
    A questo concorso potranno partecipare soltanto coloro che sono stati abilitati. Questo può essere avvenuto tramite diversi canali: la frequentazione di una scuola di specializzazione per l’insegnamento superiore, che è stata attiva tra il 1999 ed il 2009, il percorso del “Tirocinio Formativo Attivo”, noto anche con l’acronimo TFA, che ha sostituito la scuola di specializzazione, oppure il conseguimento di una laurea abilitante in scienze della formazione primaria.
    Quindi il concorso è stato indetto per valutare docenti che hanno superato un concorso per accedere all’abilitazione, sono stati formati dallo Stato in ambiti identitici ed hanno sostenuto un esame di abilitazione sulle stesse materie del prossimo concorso.
    Inoltre, ai docenti abilitati che hanno più di 36 mesi di lavoro alle spalle e che non dovessero passare il concorso non potranno più essere proposti contratti a termine: quindi sarà impossibile farli lavorare ancora nelle file del precariato scolastico, mettendo in atto una sorta di licenziamento di massa.
    I supplenti della cosiddetta “III fascia”, precari tra i precari, che non sono ancora abilitati, non potranno accedere al concorso e non hanno ancora notizia certa se saranno attivati a breve percorsi abilitanti per la propria materia di insegnamento.
    I docenti, che hanno creato un movimento contro il concorso,  hanno poi chiesto la solidarietà dei colleghi chiamati per la loro valutazione, denunciando il compenso irrisorio stabilito (circa 250 euro in totale, quindi circa 50 centesimi/ora) ed invitandoli a ritirare la propria candidatura.
    Quindi, a ormai poche settimane dall’inizio del concorso, la situazione è ancora burrascosa, come d’altronde si prevede che sarà l’inizio del prossimo anno scolastico.

    È stata lanciata una petizione ondine contro il “Concorso truffa” (reperibile qui https://www.change.org/p/stop-al-concorso-truffa-gli-italiani-devono-sapere-matteorenzi-stegiannini). Inoltre dal 7 aprile è in corso la raccolta firme per il referendum abrogativo de “La buona scuola”, che si prolungherà fino al 7 luglio.
    (Eleana Marullo)

  • OLI 426: RIFORME – La buona scuola, i cattivi maestri

    Non è facile entrare nel merito del DDL “La Buona Scuola”, senza correre il rischio di semplificare o banalizzare l’argomento alla maniera delle tribune televisive, spesso unico luogo di informazione. E’ stato invece semplice per il governo cavalcare alcuni luoghi comuni che indicano la poca simpatia sociale di cui godrebbero gli insegnanti. Strumentalmente, la rottamazione è iniziata proprio da ciò che nella scuola pubblica necessitava almeno di una revisione e cioè le graduatorie (oggetive, ma al contempo limitanti, in quanto consentono la carriera interna solo attraverso il parametro anagrafico) e la valutazione dei docenti, cioè di coloro che da sempre hanno registro e penna rossa in mano (chi non ha avuto un insegnante demotivato e comunque inamovibile per ragioni varie?). In seconda battuta il governo ha giocato la carta delle migliaia di assunzioni di precari, attingendo dalle graduatorie ad esaurimento, escludendo altri abilitati e rilanciando poi, in modo ambiguo, su un futuro concorsone.
    Letta e riletta la proposta di Renzi&pGiannini, per coloro che la scuola la conoscono da dentro, è evidente il fatto che rappresenti l’ennesima tappa di peggioramento della scuola pubblica ad opera della politica italiana. Andrebbe bocciata in toto e non emendata o corretta. Un giudizio così netto non è volto aprioristicamente a difesa di una categoria – quella dei docenti – in buona parte disomogenea e spesso ripiegata su se stessa, ma a difesa della SCUOLA PUBBLICA e del suo mandato costituzionale, leso dal DDL in più articoli (come ad esempio l’art.33 e il divieto di oneri per lo Stato a vantaggio delle scuole private).
    Il governo, fino ad oggi, ha avuto gioco facile nell’imporsi poichè insegnanti e sindacati di categoria spesso si sono divisi su molti punti: la bontà delle prove Invalsi, le ingerenze della Chiesa Cattolica in merito ai nuovi progetti sulla parità di genere, le forme di reclutamento ritenute più o meno meritocratiche. Una maggiore coesione si è registrata invece nel combattere le nuove forme di valutazione dei docenti stessi, il futuro blocco della mobilità, l’attribuzione del punteggio, lo scandaloso mancato adeguamento contrattuale dal 2009, la concessione di bonus economici a discrezione dei Dirigenti. L’adesione significativa allo sciopero del 5 maggio, indetto da tutte le sigle, non sembra aver condizionato gli autori della riforma. Servirebbe un massiccio blocco delle attività didattiche, per settimane, ad oltranza, come non è nella tradizione del nostro paese. E quindi assistiamo al compimento finale della cosiddetta “autonomia”, che ufficializza definitivamente l’identità aziendalistica della scuola, in cui la concorrenza tra istituti prende il posto della collaborazione e pianificazione territoriale, e il Dirigente Scolastico perde completamente la sua natura di pedagogista e primus inter pares, per diventare capo indiscusso, libero di decidere quasi ogni cosa senza l’approvazione del Collegio Docenti. E’ chiaro il tratto autoritario e liberista della riforma. La creazione di albi territoriali, che si riformulano ogni tre anni, ricalca il modello degli ordini professionali ma in un mercato del lavoro viziato dall’assenza di un reale potere contrattuale da parte dei docenti e quella di strumenti normativi a cui appellarsi a propria tutela. E’ facile prevedere in tutto ciò la pretesa da parte dei Dirigenti di prestazioni di molte più ore, a retribuzione invariata per coprire più discipline. In linea col malcostume italiano non è difficile ipotizzare un modus clientelare nel reclutamento dei docenti.
    (Silvia Suriano, docente – immagine di un archivio familiare)

  • OLI 420: SCUOLA – Quante bambine perdute?

    Incontro la Maestra Tina in via Cairoli, è furibonda.
    La settimana scorsa, mi racconta, ho finito il giro delle scuole del circondario. Ogni anno, ad inizio anno scolastico, vado a trovare i miei bambini che sono andati in prima elementare, parlo con le maestre e vedo come stanno. Ma non riuscivo a trovare O. Pensando che fosse tornata in Bangladesh sono andata al negozio di frutta e verdura del papà per avere notizie.
    Quando mi vede il papà mi accoglie sorridendo, gli chiedo della bambina e mi dice che è a casa con l’ultima nata. – E la scuola? – Quale scuola? Mi risponde lui. – In Italia tutti i bambini e le bambine devono andare a scuola. Se no vengono i Carabinieri. Il padre si scusa, dice che non sapeva, che da loro non usa. – Mi aiuti lei maestra! E così l’ho accompagnato a fare l’iscrizione a scuola. Ma pensa, quanti mesi ha perso O. di scuola e quanti mesi ha perso la scuola per lavorare con O.? Una bimba sveglia, curiosa, che ha voglia di imparare.
    Ma come è possibile che una bambina nata in Italia, che ha fatto la scuola materna nel nostro paese, ad un certo punto sparisca così? Quale sistema di vigilanza abbiamo? La domanda della maestra è importante, e io la ringrazio. Se non ci fosse lei, che di sua iniziativa e utilizzando il suo tempo libero, va a trovare i “suoi bambini”, nessuno si sarebbe accorto di O. E chissà se ci sono altre O. che vivono chiuse tra le mura domestiche ad allevare fratellini, a cucinare e a lavare, a soli sei anni, magari di fianco a casa nostra, che hanno condiviso la stessa aula dei nostri figli l’anno precedente.
    (Arianna Musso)

  • OLI 419: SCUOLA – OttoXmille di zero

    Una storia grillina, qualcuno la giudicherà di parte, non me ne vogliate.
    Un anno fa il Governo italiano, ammettendo in Parlamento un emendamento del Movimento 5 Stelle, aveva inserito una nuova voce che riguarda l’otto per mille dell’Irpef, quello indirizzato al finanziamento dell’edilizia scolastica. Il termine per la presentazione dei progetti da parte dei Comuni, da finanziare con questo capitolo di bilancio, era stato fissato al 30 settembre 2014, termine poi prorogato al 15 dicembre, per dare modo ai Comuni di rilevare l’elenco degli interventi e predisporre dei progetti.
    Il gettito ipotetico, in un calcolo svolto tenendo conto del ricavato destinato in passato allo Stato, potrebbe aggirarsi sui 50 milioni di euro, una cifra poco significativa rispetto alle reali necessità degli edifici scolastici italiani, comunque una risorsa utilizzabile in aggiunta ai finanziamenti sempre meno copiosi previsti nelle finanziarie, di anno in anno.
    La Giunta genovese ha ricevuto nei primi giorni di settembre una lettera dal Gruppo consiliare di cui faccio parte che indicava i termini temporali e i riferimenti legislativi per poter accedere al fondo, sapendo che a livello italiano questa opportunità non era stata pubblicizzata a sufficienza negli ambienti amministrativi, per cui si rischiava il flop. A fine settembre è stato presentato infatti da Genova un solo progetto (da 1,2 milioni di euro), chissà se senza l’avviso ci sarebbe stata almeno questa opportunità. Rispetto invece alla proroga, questa ha trovato la Giunta completamente spiazzata, e solo l’interessamento del Consiglio comunale ha potuto smuovere ancora qualcosa, anche se pare, dalle parole dell’Assessore Crivello e dei suoi tecnici, che l’argomento interessi poco perché ci si aspettano pochi soldi da quel fondo nazionale.
    Dire di no a priori certamente è un ottimo modo per lasciare ad altri le opportunità.
    (Stefano De Pietro – immagine da internet)

  • OLI 408: SOCIETA’ – Come vai a scuola?

    Le scuole stanno finendo in tutta Europa, anche nei Paesi Bassi, dove mamma o papà vanno a prendere i bambini all’uscita, poi in fila indiana se ne tornano a casa lungo le piste ciclabili e tutte le auto si fermano per lasciarli passare. Sono molto carini e ben “visibili” gli alunni, hanno tutti il loro giubbotto “fluo” e “targa” sono scarrozzati sul seggiolino di dietro e talvolta nel ” risciò ” davanti insieme ai fratelli piccoli piccoli.
    Una delizia vederli sfrecciare, genitori e caschetti dove spariscono le piccole teste, intravedi solo l’espressione seria, ogni tanto un sorriso soddisfatto.
    Proprio come in Italia, dove l’uscita da scuola necessita di vigili e grandi veicoli sostano imperterriti in seconda e terza fila: si va a prendere i bambini e tutto è permesso nella testa di questi nuovi genitori, che non vanno più a piedi con i loro figli, nonostante inviti, progetti scolastici, ipotesi di amici della bicicletta… E’ allarme sanitario, sempre più grassocci, li vedi al mare le cosce che si appiccicano, sudati, corrono, si fa per dire, a ripararsi all’ombra, tirando fuori l’immancabile telefonino. E il vecchio pampano, i quattro cantoni, guardie e ladri? Ora va di moda un “rubabandiera” con computer e gps, ingress
    A Genova ci sono però tanti appassionati di bici,eccome! Scopriteli su: anemmuinbiciazena
    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)

  • OLI 405: SOCIETA’ – Scuola, non ti scordar di me

    La primavera è arrivata silenziosa, è entrata dentro la scuola Solari di San Fruttuoso a Genova e con i suoi colori, i suoi profumi ha appassionato i cuori degli alunni, degli insegnanti e dei volontari del Circolo Nuova Ecologia che hanno collaborato al progetto nazionale di Legambiente “Non ti scordar di me, operazione scuola pulita” con il patrocinio del Municipio Bassa Valbisagno.
    È stata una grande festa quel giorno, grazie alle insegnanti, che hanno risposto con entusiasmo alla proposta: lo studio e la realizzazione di alcune aiuole all’interno di un prato della scuola, la piantumazione di un albero da frutto, l’elaborazioni di disegni, di cartelli con i pensieri dei bambini che invitano a rispettare e a mantenere puliti gli spazi verdi, la ideazione di manifesti, che annunciavano agli abitanti del quartiere la grande festa di primavera.
    L’evento era un’opportunità particolare per i bambini, per conoscere il verde intorno a loro, comprendere quanto sia importante prendersi cura delle piante, che proprio loro avranno messo a dimora, dopo aver preparato la terra, dopo aver imparato i nomi delle erbe aromatiche e dei fiori che hanno scelto, innaffieranno e cureranno. Erano così contenti di poter “fare un buco” per le piantine, odorare i profumi delle aromatiche, ahimè, in tanti non distinguevano il rosmarino dalla salvia.. Adesso gli alunni della scuola sapranno raccontare che il giardino della scuola è uno spazio verde speciale e ogni spazio libero della città potrebbe trasformarsi in un giardino fiorito proprio come il loro: non accade soltanto nelle fiabe.
    (Ester Quadri)

     
  • OLI 395: CITTA’ – Scuola Daneo, la nuova Genova

    Nei giorni scorsi la scuola Daneo ha tenuto tra Via Cairoli e Piazza della Meridiana il suo mercatino annuale. Con la vendita dei piccoli oggetti prodotti dai bambini vengono finanziate attività che senza questo sforzo straordinario di speranza e fantasia non potrebbero esistere, in un mondo in cui la scuola è abbandonata da tanti anni alla deprivazione di risorse tanto indispensabili quanto negate.
    A un certo punto inizia il coro, diretto dalla Maestra Giusi Giannubilo. In tanti a Genova ormai lo abbiamo sentito, ed è sempre una festa.
    Giusi mi dice che sono in trecentocinquanta oggi le bambine e i bambini. La metà italiani, l’altra metà ancora no, anche se ne avrebbero, a rigor di logica, diritto perché sono nate e nati qui, seconde e terze generazioni, che iniziano regolarmente la scuola a inizio anno, diversamente da come avveniva anni fa, quando bambine e bambini di famiglie appena immigrate arrivavano quando capitava.
    Non era facile fare fronte a queste classi a geometria variabile; oggi il problema non c’è quasi più perché di immigrati nuovi ne arrivano pochi. La maestra lo dice senza sollievo e senza allegria.
    Già, si fermano in mare, o nei ‘centri di accoglienza’.
    Un bambino propaganda la vendita: “Comprate! Per piacere comprate! E’ per il nostro futuro!” Sullo sfondo due striscioni recitano: “Per la scuola pubblica, per la scuola di tutti” e “Un piccolo mondo unito a sostegno della buona scuola e della cultura”.
    Buon 2014, Genova.
    (Paola Pierantoni – Foto dell’autrice)

  • OLI 393: SOCIETA’ – Così fan tutti

    “Quell’universitaria in Ferrari figlia di tredici anni inutili di scuola”, titolava in prima pagina domenica 1 dicembre il Corriere della Sera, spendendo quasi tre mezze colonne per una reprimenda ai “ ragazzi e ragazze che hanno imbrogliato, sottraendo ai bisognosi e magari più meritevoli”, chiedendosi “se la scuola serve a qualcosa, se fornisce educazione civica, se i figli non sanno ribellarsi ai padri su quel minimo di eticità su cui si fonda la convivenza civica”. Giusto, troppo comodo però dare colpa alla scuola, in fondo in fondo alle famiglie e a nient’altro.
    C’è la crisi, si è scoperto però che da Nord a Sud s’ imbroglia per ottenere agevolazioni su borse di studio, rette mensa, asili nido, tanto che d’ora in poi, decreta il governo, si potrà fare un’autocertificazione “parziale” dei redditi, ai dati importanti risponderà direttamente l’agenzia delle entrate. Ah sì? E ad esempio per quelli che hanno auto intestate a società, la villa–casale dichiarata al catasto casa agricola, bilanci in passivo perenne, che si fa? Si dirà, l’imbroglio è nell’animo umano, quanti cittadini-modello girano con il tagliando park invalidi della zia che manco guida, in fondo che male vi fo?
    Ormai il senso di comunità pare la sottile linea grigia che si sbiadisce sul mare all’orizzonte, puoi dare addosso alla scuola, ma è la famiglia l’ambiente primario, cui un individuo dovrebbe fare riferimento. Nella società dell’apparire forse si sono rimescolati i modelli e non ce ne siamo accorti, non abbiamo ancora messo a fuoco i danni.
    Anche la legge pare un po’ meno uguale a quella di una volta.
    Farà scuola la sentenza pronunciata nei giorni scorsi dalla corte d’appello di Genova (Secolo, 2/11): almeno sul piano penale non è reato dichiarare un reddito fasullo per accedere alla riduzione dell’abbonamento dell’autobus (e con l’azienda trasporti in bancarotta..). 
    I magistrati infatti hanno stralciato in secondo grado l’addebito di falso contestato ad una quarantenne, che aveva dichiarato con atto notorio di non arrivare al reddito di settemilacinquecento euro. Omettendo di essere inserita nello stato di famiglia come convivente di un medico: convivente però non vuol dire moglie a quanto sembra per i giudici, e qui giuristi e femministe potrebbero schiumare, perciò la sua dichiarazione, compreso il reddito non era poi “così falsa”. Si è passati quindi ad ipotizzare sul piano penale il reato specifico per “indebita percezione di erogazioni ai danni dello stato” e sorpresa però, tale reato non si lo può applicare se il “beneficio ricevuto “ è inferiore ai quattromila euro. Al massimo una sanzione amministrativa, l’avvocato in trionfo, la signora estasiata.
    Di fatto, la sentenza suggerisce che si può fare un pochino i furbetti, carta straccia diverranno dunque tutti quelle denunce ai suddetti furbetti strombazzate in tv, con buona pace per chi il furbo non fa e ogni tanto si sente pure un po’ fesso.
    (Bianca Vergati – immagine di Guido Rosato)

  • OLI 377: SINDACATO – La Fiom e il futuro

    Da Repubblica ed.Genova, 7 maggio 2013: Scuola, mobilitazione flop, la Cgil convoca i precari, rispondono solo in venti.

    Giuseppe Filetto ci racconta che appena una manciata di precari si è presentata all’assemblea indetta da Flc-Cgil per discutere con i lavoratori senza posto fisso. Sono più di duemila nella scuola, ma pochi si sentono rappresentati.
    A Bologna, il 30 aprile (OLI 376), Landini ha detto, riferendosi a FIOM e a Cgil, che “o il sindacato torna ad essere quel soggetto in grado di riunificare e permettere alle persone – ai precari, ai giovani alle persone che lavorano – di tornare ad essere insieme protagonisti del proprio futuro per cambiare la situazione, o c’e il rischio che il sindacato” stesso non abbia “più futuro”. Questo per Landini è il “punto di fondo”. Nodo al quale si aggiungono i dodici milioni di cittadini che non hanno votato insieme al sentimento di solitudine che porta a non credere più nella capacità di cambiamento di istituzioni e sindacato.
    Il tempo è un altro fattore prezioso per Landini, “Non possiamo più aspettare” è il titolo della manifestazione di sabato 18 maggio a Roma.
    L’ex ministro Barca con un video, è intervenuto a Bologna su cittadinanza, esclusione sociale, welfare come fonte di lavoro e innovazione. Bisogna chiudere con il liberismo. Lo stato deve tornare a produrre i servizi, consapevole della propria ignoranza, “la prima delle regole è che le regole si possono cambiare”. Va proposto lo sperimentalismo democratico, quindi la possibilità di modificare i modelli di funzionamento di sanità, scuola, servizi partendo dagli errori per correggerli. Va data una scossa alla macchina dello stato arcaica e autoreferenziale, tale perché funzionale alle classi amministrative, politiche e private che ne ricavano benefici. Barca immagina dei “partiti palestra” dove dibattere.
    L’Europa mantenga quanto promesso: con l’unione economica e monetaria è stato ceduto il potere di emettere moneta, fissare i tassi di interesse, comprare quando fosse necessario i titoli del nostro debito, “ma solo una parte di questa sovranità l’abbiamo ceduta a qualcuno, un’altra parte è evaporata” non si è creato “in Europa, se non per la Banca Centrale, un potere di politica sociale, di politica economica che assorbisse e sostituisse gli stati nazionali in ciò che veniva meno”. Il diritto di cittadinanza europeo è stato disatteso. Non il meglio di scuola, sanità e servizi per tutti gli stati, ma solo una competizione tra poveri, proprio partendo dal tema del lavoro.
    Sergio Cofferati ha ragionato, nel sindacato ma da europarlamentare, del “rigore a senso unico”. Le persone senza “una vita dignitosa rischiano di essere prigioniere della paura ed avere comportamenti che sfuggono alla razionalità”. Lo scenario è stato a lungo sottovalutato da Berlusconi e Tremonti. Mentre il governo dei tecnici, con la riforma delle pensioni e dell’articolo 18, ha penalizzato il soggetto debole. In Europa è cresciuta la povertà e il lavoro povero. Qui si parla di filantropia, ha detto Cofferati, di tagli lineari di beni e servizi, mentre nell’America di Obama introduce una forma di protezione sanitaria. Vanno riunificate le categorie a partire dal contratto dell’industria, ma anche gli strumenti come il reddito minimo garantito. Valori, rappresentanza sociale, e politica: bisogna ripartire da qui.
    Che cosa vuol dire essere di sinistra oggi? – ha chiesto Cofferati.
    Continua
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)