Categoria: Il Secolo XIX

  • OLI 429: TEATROGIORNALE – Al parco giochi

    La mamma con la sua bambina esce per andare al parco giochi.

     – Stai vicina alla mamma, tesoro, dai sempre la mano, che in strada ci sono le macchine che sono grandi e possono fati tanta, tanta bua.-  La bambina è vestita di rosa con una grande “Anna” disegnata sulla maglietta, sorride e tiene stretta la sua manina in quella della mamma.
     – Quando arriviamo al parco non devi mai perdere di vista la mamma.
     – Ci sarà Camilla?
     – Penso di sì tesoro, ho sentito la sua mamma oggi a pranzo, dopo l’asilo venivano anche loro al parco.
     – E Consuelo?
     – Chi è Consuelo, cara?
     – Una mia compagna di asilo.
     – Non lo so, ma se la vedi fammi conoscere la sua mamma.
     – Io non la conosco la sua mamma, viene sempre con il papà.
     – Anche il papà va bene, anche se non credo che verranno al parco, tesoro.

     Arrivano ai giochi, Camilla è già lì che la aspetta e le va incontro con due mini pony pieni di mollettine glitterate.
     – Hai sentito di ieri? Chiede la mamma di Camilla alla mamma di “Tesoro”, è una ragazza sui trentacinque anni, capelli corti e i-phone.
     – Mi è arrivato un what’s up e non ci volevo credere.
     – Credici, la mamma di Carlotta è una mia cara amica, non è una che si inventa certe cose.
     – Ma è vero che è rumena?
     – No, italiana. Sembra rumena perché è bionda ma no, è italiana, non ha un accento straniero. – Magari è nata in Italia.
     – La mamma di Carlotta mi ha detto che si chiama Elisabetta, lo ha chiesto e poi ha un ciondolo con scritto Elisabetta.
     – Incredibile, peccato che non l’abbia fotografata.
     – Chi?
     – Questa ragazzina che voleva rubare Carlotta!
     – Tredici anni e rubare i bambini…Pensa che stava giocando con Carlotta, la teneva per mano e poi, pian pianino si stava allontanando. La mamma di Carlotta gli ha urlato : “Che fai?”
     – Meno male che è una mamma attenta, se no, chissà dove finiva… – Te lo dico io dove finiva… Comunque questa gli ha risposto: “è con me!”
     – Cosa? è con me? Ma che sfrontata… è con me?
     – Allora la mamma di Carlotta gli si è avventata contro
     – Come minimo
     – Poi Carlotta ha cercato di scappare
     – E quella?
     – Non la lasciava andare. Ed è scappata.
     – Chi?
     – La rapitrice.
     – E Carlotta?
     – Per fortuna è riuscita a divincolarsi.
     – E allora come ha fatto a sapere che si chiama Elisabetta?
     – L’ha rincontrata nel parco.
     – Cercava di rubare altre bambine, come minimo.
     – E allora la mamma di Carlotta, anche se a quel punto mi sono unita anche io ed eravamo in otto e l’abbiamo accerchiata così che non potesse più scappare…
     – Brave!
     – Le ha chiesto: “Come ti chiami? Sei qui da sola o hai dei complici?”
     – E quella?
     – E quella ha detto che era al parco per giocare e il padre la aspettava fuori, allora ci siamo tutte girate verso l’uscita e quella è scappata di nuovo. Sono furbe.
     – E siete andate fuori?
     – Sì, certo era pieno di macchine che aspettavano, dentro ogni macchina un uomo solo. Il motore acceso, pronti a fuggire.
     – Meno male, meno male che la mamma di Carlotta è attenta.

     La mamma di Camilla apre la bocca, gli occhi le si riempiono di terrore e urla. Urla più forte che i suoi polmoni da ex fumatrice di Marlboro prima della gravidanza le possano permettere.
    La mamma di “Tesoro” si gira e lo vede: Un uomo di una quarantina d’anni è chino sulle loro bambine e le sta accarezzando sulla testa.
    L’urlo congela la scena per qualche istante prima che l’uomo alzi gli occhi e veda le due donne che gli piombano addosso. Istintivamente abbraccia le bambine per proteggerle da quelle che sembrano due folli in preda a una crisi, aggravando così la sua situazione. Una terza donna che è seduta lì vicino, che anche lei ha ricevuto un post di Facebook il giorno prima, in cui si spiegava la terribile emergenza rapimenti dei bambini nei parchi, si avventa sull’uomo con una borsa piena di succhi biologici e merendine al farro, sbattendogliela ripetutamente sul viso. Contemporaneamente la mamma di “Tesoro” fotografa il rapitore con il suo Nokia e condivide l’immagine su Facebook e Twitter digitandoci sotto: “Chi conosce quest’uomo? Ha cercato di rapire mia figlia”.
    Nel giro di sedici ore l’uomo fotografato perderà il posto di lavoro, ora però è caduto bocconi a terra e sei mamme, altre tre sono soccorse nel frattempo, hanno iniziato a tirargli calci e pugni per non farlo rialzare e tutte chiamano contemporaneamente la polizia.
     Nessuna sente le bambine piangere, sopratutto Consuelo che sussurra:
     – Papà.

    Dal secolo XIX: “Voleva rapire due bambine al parco: giallo su what’up”

      Arianna Musso

  • OLI 422: TEATROGIORNALE – Sala riunioni bambini interiori

    immagine tratta da:
    http://fractalenlightenment.com/it/32306/life/healing-our-inner-child

    Entra una bambinetta senza i denti davanti, ha un vestito a righe bianco e rosso e i codini allentati, il moccolo al naso le cade sulle labbra e ritmicamente lo lecca.
    La stanza è spoglia, al centro cinque sedie di metallo disposte in cerchio, le finestre danno su un parco cementato con tre alberi grandi, segno di un passato giardino. Il cielo è plumbeo. La bambina gira attorno alle sedie, spinge con le mani gli schienali, gira sempre più velocemente spingendoli con sempre più forza, le sedie iniziano a spostarsi, poi a cadere.
    – Perché sei arrabbiata?
    Una maestra magra, con la collana di perle è sulla soglia dell’aula, guarda la bambina con benevolenza.
    – Non sono arrabbiata, mi annoio.
    Da dietro una scatola bigia che si confonde con i muri esce un’altra bambinetta, ha una scamiciata rosellina e i calzettoni bianchi.
    – Perché hai paura?
    Chiede sempre la maestra, non alla bambina nascosta ma quella senza denti.
    – Non ho paura!
    – Io sì.
    Dice la bambina nascosta. La bambina senza denti le lancia una sedia, la maestra si siede tranquillamente su un’altra sedia.
    – Maestra, mi ha tirato la sedia!
    Urla la bambina nascosta correndole incontro.
    – Non fare la spia, cara, non lo sai che chi fa la spia non è figlio di Maria, non è figlio di Gesù e all’inferno ci vai tu?
    Le dice la maestra allontanandola gentilmente.
    La stanza si riempie di bambini e bambine, sono tutti vestiti da adulti con scarpe troppo grandi, giacche e pantaloni penzolanti tanto che spesso devono tenersele con entrambe le mani. Hanno tutti una gran fretta e guardano preoccupati nella direzione della bambina senza denti.
    – Sedetevi!
    Dice la maestra con voce autoritaria.
    – Perché l’avete lasciata sola con la sua rabbia? Lei non era sbagliata, lei era solo una bambina rifiutata, negata. Le hanno fatto credere di essere sbagliata. Ma voi che l’avete lasciata sola l’avete fatta diventare sbagliata.
    Tutti i bambini adulti sono seduti e si guardano la punta dei piedi, qualcuno inizia a frignare che non è colpa sua, una bambina con la sporta della spesa farfuglia che non è mica sua madre… In realtà oltre la punta delle scarpe tengono d’occhio anche la bambina senza denti. Hanno paura e non vedono l’ora di andarsene. Una bambina signora è rannicchiata sulla sedia e piagnucola ma non si capisce cosa dica. L’unica tra i bambini che continua a giocare annoiata è la bimba senza denti.
    – Tu dove eri, quando questa bambina chiedeva aiuto?
    Continua la maestra, rivolgendosi a una bambina con un cappotto di lana cotta troppo grande.
    – Io facevo la spesa e questa qui mi voleva sputare in faccia e allora io ho cambiato marciapiede, mi ha chiamato vecchia rinco…
    La maestra alza le spalle scuotendo la testa, la bambina in cappotto di lana cotta vorrebbe dire ancora qualcosa ma nessuno l’ascolta, trenta bambini in silenzio, inchiodati alle loro sedie, infagottati in abiti inadatti.
    – Li hai fatti tu questi disegni?
    Chiede la maestra indicando una cartellina colorata.
    – Ti piacciono i miei paciughi? Non sono dei veri disegni, sono solo degli scarabocchi. I bambini non sono capaci a disegnare. L’ha detto la mia mamma.
    – Non gliel’ho detto io, io volevo essere brava…
    Frigna la bambina rannicchiata sulla sedia.
    – Noi dobbiamo parlare con te, con il tuo bambino interiore, per questo siamo qui, nella sala riunioni dei bambini interiori.
    – Per questo ci sono tutti questi mocciosi?
    Ha la faccia sfigurata dalla rabbia, in alcuni atteggiamenti scimmiotta le adolescenti della tivù.
    – Sì, sono i bambini interiori di tutti quelli che hanno partecipato all’”evento”, chiamiamolo così. Sono bambini, spaventati, bambini incapaci. Bambini che cercano conforto e che non lo trovano.
    La bambina nascosta lentamente si avvicina alla maestra, cerca di mettere la mano nella sua. La maestra l’allontana.
    – Ma sbrigatela da sola, belinona!
    La bambina nascosta torna a nascondersi dentro la sua scatola bigia.
    – E tu, perché sei arrabbiata?
    Continua la maestra.
    – Non sono arrabbiata, mi annoio! Non c’è niente che mi piaccia! Mi sembra che siano tutti degli sfigati e che dandogli due sberle possano capirlo meglio quanto sono sfigati!
    – Compi su di loro la violenza che altri hanno fatto su te?
    – Io ho paura.
    Dice una voce da sotto la scatola bigia.
    – Zitta sfigata!
    Rispondono in coro la maestra e la bambina senza denti. La stanza è di nuovo vuota, i bambini adulti sono scomparsi, le sedie sono riverse sul pavimento, la bambina senza denti le prende a calci e molte finiscono contro la scatola bigia. La maestra in collana di perle continua a scrivere i suoi appunti. Dopo qualche tempo esce dalla stanza, chiude la porta a chiave e si incammina verso la macchinetta del caffè. Vicino alla macchinetta c’è un grosso bidone dove gettare i bicchierini sporchi. La maestra sospira, guarda la sua cartellina e la getta. Si sistema i capelli, cerca in tasca due spiccioli per prendersi un cioccocaffè. Dalla sala riunioni dei bambini interiori si sentono delle urla. Dal lungo corridoio arriva un’altra maestra, si riconosce dal giro di perle attorno al collo.
    – Com’è andata?
    – Bene, credo che l’abbiano linciata ora.
    – Di già? Ma chi delle due?
    – Ha importanza?
    – Certo che no.
    – Cioccocaffè? Quanto zucchero?

    (Arianna Musso – Foto da Internet)

    Dal secoloxix.it:Gli amici: è una ragazzina pericolosa, va fermata: poteva uccidere”

  • OLI 417: INFORMAZIONE – La forza dei titoli

    Un titolo di giornale ha la forza di cambiare l’interpretazione di una notizia, poi riportata correttamente in fondo all’articolo, che però pochi leggono fino alla fine. E’ il caso dell’articolo “Bonus bebè, “no agli immigrati”. Blitz Lega, M5S d’accordo. Il testo non passa” pubblicato su Il Fatto Quotidiano online del 30 ottobre 2014. Una strategia tecnica da aula parlamentare viene stravolta al punto di far capire esattamente il contrario della realtà.

    Il caso: il Movimento 5 Stelle in Senato coglie l’occasione per votare una proposta della Lega Nord, che vorrebbe aumentare la durata degli aiuti fino al 2017 per il “bonus bebè”, a scapito però della sua applicazione alle persone con nazionalità diversa da quella italiana.
    I senatori pentastellati hanno votato a favore della proposta leghista, ma ben consci che sarebbe poi sopravvissuta soltanto la proroga, con la decadenza del restringimento di applicazione ai soli italiani per la sua inammissibilità costituzionale. Il titolo corretto avrebbe quindi dovuto essere: “Bonus bebè. Proroga al 2017 bocciata dai partiti della maggioranza“.
    (Stefano De Pietro – illustrazione di Guido Rosato)
  • OLI 397: (DIS)INFORMAZIONE – Pesce in barile

    Il mare visto dalla collina di Sant’Ilario

    Giornale da bar di circolo, titolo conseguente. Così potremmo definire la “testata” Il Secolo XIX e un articolo che intitola a Grillo il vantaggio della bocciatura da parte della Capitaneria di porto di Genova di un progetto di pescicoltura proprio di fronte alla passeggiata Anita Garibaldi. Un’arguzia sopraffina, riuscire a trovare un collegamento tra il fatto crudo (vasche di pesci che danneggiano i pescatori e la navigazione) e il fatto mediatico, come dire, lavorato di fine all’uncinetto (la vista salvata dalla villa di Beppe), non è cosa da tutti. Se non fosse per la smorfia di dolore etico che questo artifizio crea in chi ancora crede nell’importanza dell’informazione vera, dei fatti e delle idee, sarebbe da applaudire il giornalista, purtroppo sconosciuto, un articolo figlio di NN. Anche guardando la foto, ci si accorge che da Sant’Ilario la visione delle vasche sarebbe stata impossibile, sia per la collocazione che per la distanza.
    Poiché i fatti sono sconosciuti al redattore, ci tocca presentarli noi, supplendo a quello che avviene ormai spesso a questo giornale, che quando si riferisce al Movimento 5 Stelle e a Beppe Grillo pare andare in cortocircuito. Eccoli quindi.
    Alcuni mesi fa, a settembre 2013, durante una commissione sul litorale, alcuni residenti di Nervi cominciarono a chiedere della pescicoltura che un progetto già approvato dalla Regione e molto ben visto dal Comune stesso piazzava proprio di fronte al Castello di Nervi, all’inizio della passeggiata. Molti consiglieri restarono interdetti, non se ne sapeva nulla. Come sempre, la Giunta e gli Uffici comunali lavorano senza alcuna partecipazione, né con i cittadini, tanto meno in questo caso con i pescatori professionisti che da questa installazione trarrebbero un danno, figuriamoci con i Consiglieri.
    Nel tempo che intercorre tra allora e la giornata di mercoledì scorso, alcuni gruppi consiliari si “scatenano” nell’attività di indagine, tra i quali il Movimento, che organizza una riunione pubblica in un locale in passeggiata, durante la quale insieme ai pescatori, invitati dai volantinaggi di preparazione all’evento, spunta anche l’imprenditore. Ne nasce una discussione molto civile, senza urla ma con posizioni divergenti, quel minimo di confronto partecipato. Ulteriori indagini del Movimento fatte con persone abitanti di fronte ad un impianto similare a Lavagna lasciano presumere che l’impianto, in quella posizione, oltre ai problemi indicati dalla Capitaneria sul traffico navale, sarebbe inquinante e pericoloso per la biologia della costa. La posizione cinquestelle si attesta quindi su un diniego dell’opera. In commissione, viene anche posto l’accento sul sistema ombroso usato per l’iter della pratica, che è transitata tra regione e comune senza che i cittadini fossero minimamente interessati. La partecipazione, si sa, è scomoda, allunga i tempi, soprattutto non riempie le pagine dei giornali se non quando, come in questo caso, arriva l’inghippo: una recente norma statale leva al Comune la competenza sul demanio marittimo che ritorna al Ministero dell’agricoltura e, quale suo braccio operativo, alla Capitaneria di porto. Ma al giornale serviva parlare male di Grillo, quindi il titolo assume la forma di una colpa inevitabile, un marchio di spregio, pazienza se la Verità viene sacrificata alla linea editoriale non propriamente “movimentista”. Amabili contastorie.
    (Stefano De Pietro – immagine da internet)

  • OLI 392: TEATROGIORNALE – Lo sciopero dei miei sogni

    [Il Teatrogiornale è un racconto di fantasia liberamente tratto dalle notizie dei giornali].

    A Genova c’è lo sciopero generale e il vento. Non è una novità a Genova, c’è sempre vento ma non tutti sanno che a volte questo si incanala tra i pilastri e fa cantare la sopraelevata. Il suo canto oggi non è disturbato dal rumore delle macchine perché dopo una settimana di sciopero dei mezzi pubblici i genovesi hanno deciso che è stupido prendere tutti la macchina e rimanere imbottigliati nel traffico. Molti motorini, biciclette, monopattini, pattini a rotelle, passeggini e anche un sidecar. Le poche macchine che girano vanno ai venti all’ora e si fermano a chiedere alle donne incinte o agli anziani se desiderano un passaggio.
    -Io ho fatto la partigiana!
    Urla una vecchina brandendo il bastone a tre piedi contro una punto classic grigia che si è fermata ad offrirle uno strappo.
    -Non mi spavento per due passi, belinun! E scendi da quella macchina che ti si rammollisce il cervello!
    La punto classic rimane interdetta e poi continua il suo viaggio solitario, all’altezza del secondo semaforo di Corso Aurelio Saffi posteggia e un signore sui cinquant’anni apre la portiera ed esce, il vento gli scompiglia i capelli radi. Il mare è grigio blu, le nuvole toccano l’orizzonte.

    All’entrata del porto antico, all’altezza dei giochi, dei controllori dell’AMT hanno un banchetto dove chi desidera può versare un euro a sostegno dei lavoratori precettati e multati dalla prefettura: c’è la fila.
    -Alla fine oggi avrei dovuto spendere tre euro e trenta per l’autobus, ne do due e ci ho guadagnato un euro e trenta.
    Una signora bionda, con una borsa di Prada, parla con un’altra sciura con medesima pettinatura e borsa; le scarpe basse da ginnastica Hogan invece del solito mezzo tacco fanno trasparire l’eccezionalità del momento.
    -Ma non avrei mai detto di trovarti qua, cara.
    Dice l’altra tirando fuori il suo portafoglio Gucci non taroccato.
    -Ragazza, non è una questione di comunisti o di facinorosi, io non voglio che tolgano i mezzi pubblici perché non mi piace guidare e voglio il mio 35.
    Per chi non lo sapesse il 35 è l’autobus che va a Carignano.

    Poco più in là, davanti alla palestra del Mandraccio, c’è la scuola della Maddalena che fa lezione in piazza: i bambini hanno i cartellini identificativi come durante le gite e scrivono sdraiati a terra sopra un enorme telone colorato. I maestri e le maestre hanno portato la lavagna di ardesia e vi hanno attaccato degli striscioni che dalla lavagna vanno fino alle ringhiere del Porto Antico, un gabbiano passeggia sul filo. Sugli striscioni c’è scritto: “GIU’ LE MANI DALLA SCUOLA PUBBLICA- SCUOLE IN SICUREZZA ORA E SUBITO”.

    La scolaresca del convitto Colombo aiuta gli addetti dell’AMIU a raccogliere la spazzatura.
    -Ma perché non siete in sciopero?
    Chiede Homar di dieci anni a Pamela, la netturbina più bella di tutto il centro storico.
    -Ma siamo in sciopero.
    Risponde lei porgendo il sacchetto dove lui mette una bottiglia di plastica vuota.
    -Siamo in sciopero perché vogliamo vivere meglio e non peggio quindi raccogliamo la spazzatura ma poi la portiamo in comune.

    Via Garibaldi è presidiata dalla polizia, sia in Piazza Fontane Marose che in Piazza della Meridiana c’è una camionetta con relativi agenti, ad ogni vicolo ci sono poliziotti in tenuta anti sommossa pronti a fermare qualunque assalto da parte dei cittadini. I netturbini però passano da via della Maddalena e, grazie all’aiuto degli abitanti di quei palazzi, calano i sacchetti dell’immondizia dai tetti in via Garibaldi come tanti palloncini neri che volano dall’alto verso il basso, dolcemente, senza far rumore.

    I negozianti, per venire incontro a tutti in questo momento di emergenza, hanno abbassato i prezzi degli articoli di prima necessità.
    -Se loro non guadagnano è giusto che neanche noi guadagniamo.
    Dice la panettiera di via Lomellini, dietro il bancone il collega guarda duro il giornalista, un ragazzo di venticinque anni in giacca blu; quest’ultimo vorrebbe fargli una domanda ma poi ci ripensa, forse i trecento euro che prende a fine mese col suo contratto a progetto non valgono il confronto con quell’omone grosso dai capelli neri.

    In porto tutto è fermo e i portuali hanno circondato la zona rossa creata dal comune così che sembra che la giunta e il sindaco siano in gabbia, ostaggio della loro stessa città. Anche gli operai e gli impiegati dell’Ansaldo hanno aderito alla protesta e si incamminano tutti insieme verso Tursi, il comune, per aiutare i loro concittadini.
    -Ma come ci arrivo in centro da mia figlia?
    Chiede un signore in cappotto e coppola a un gruppo di impiegate in corteo.
    -Non lo so, signore, gli autobus non passano da giorni, qua c’è sciopero generale, le strade sono tutte un corteo.
    -E va beh, se non passa l’autobus dovrò prendere il corteo. Dice il signore e si mette a camminare dietro la scritta: -LO STATO SIAMO NOI! GIU’ LE MANI DALLA NOSTRA CITTA’!

    Dal secolo XIX: Genova nel caos, oggi quarto giorno di sciopero

  • OLI 380: TEATROGIORNALE – La colazione di Gaia


    Dal secoloxix: Non vedenti all’attacco: impossibile attraversare

    Gaia esce di casa, deve andare a comprare il latte. E’ mattina presto, nonostante sia l’ultimo giorno di maggio fa ancora fresco. 
    – Che fame!
    Pensa: comprare il latte, tornare a casa (e meno male che ha l’ascensore), fare colazione, finire di vestirsi, prendere l’autobus e andare al lavoro.
    L’ascensore è importante, da sua madre non c’è. Senza ascensore probabilmente avrebbe fatto colazione fuori: cappuccino e focaccia. Forse non è una cattiva idea. Cambio di programma: comprare il latte, attraversare la strada, comprare la focaccia, ri-attraversare la strada, prendere l’ascensore, colazione.
    Bello! Molto meglio che fare colazione al bar, a casa può farsi il cappuccino come piace a lei, tanto latte e tanta schiuma, e poi vestirsi per bene, lavarsi i denti, tanto c’è l’ascensore. Potrebbe anche inaugurare il tavolino sul terrazzo, anche se fa freschetto. Aggiudicato: oggi è la prima giornata di primavera e si può fare colazione sul terrazzo. Che al trentuno di maggio è tutto da ridere, ma per quest’anno è così, la primavera latita.
    Gaia entra nella latteria, la signora Franca la saluta senza guardarla, sta mettendo le tazzine in lavastoviglie. Gaia prende il latte dal mobile-frigo e dà due euro alla signora Franca.
    – Giusto?
    – Tutto apposto. Buona giornata.
    Gaia esce dalla latteria, la signora Franca si avvicina al mobile frigo e controlla che l’anta sia stata chiusa per bene.
    Gaia sorride al sole che le illumina il viso.
    – Guarda un po’ te che bella giornata.
    Pochi passi e arriva all’attraversamento pedonale, pochi metri la dividono dalla sua focaccia calda, ne sente già l’odore. La signora del terzo piano la saluta, è una vedova, poveretta.
     -Venga che è verde, va a comprarsi la focaccia? Una buongustaia lei. Anche a mio marito piaceva, solo che lui non ci beveva il caffè dietro, no, solo bianchetti, tanti bianchetti che poi li è andati a bere con gli angeli. Che era buono il mio Michele, sa.
    Gaia ascolta la signora del terzo piano, la saluta ed entra in panetteria:
    – Tre euro di focaccia, grazie. Morbida e non dal bordo.
    Se ne terrà un poco per stasera. Esce dal panificio con i suoi due sacchetti, ritorna all’attraversamento pedonale.
    – Sarà verde? – Si chiede, non sente alcun rumore. Nessuno che passa, cosa strana vista l’ora, nessun rumore di motore. Se ci fosse il semaforo rosso li dovrebbe sentire, quei motori puzzolenti e rumorosi, invece niente. Meglio aspettare, qualcuno dovrà pur arrivare.
    Gaia sente la vibrazione del suo orologio da polso, si sta facendo tardi, ha fame, deve ancora finirsi di lavare, fare colazione. Niente. Possibile che non passi nessuno alle otto meno un quarto di un venerdì mattina?
    Silenzio. Gaia perde la pazienza e scende dal marciapiede decisa ad attraversare. Si ferma, e se fosse rosso? Risale sul marciapiede. Si guarda attorno, non sente nessuno. I sacchetti le pesano sulle dita, il sole si deve essere nascosto dietro qualche nube.
     – Sarà verde?
    Gaia prova a dirlo ad alta voce, così, sbadatamente, magari qualcuno che lei non ha visto la sente. Nessuna risposta. Gaia percorre lentamente il marciapiede dall’attraversamento pedonale fino a dove iniziano a parcheggiarsi le macchine, e poi fino a sinistra, dove il marciapiede finisce. Nessuno. Non vede nessuno. Non sente nessuno. Ritorna sui suoi passi. Dove c’è il semaforo. Resta in ascolto.
    Nulla. Il semaforo sarà verde? Gaia guarda l’orologio, l’orologio risponde che sono le otto.
    Le otto? Inizia ad essere in ritardo, non riuscirà a farsi il caffè con la schiuma che le piace tanto, giusto un bicchiere di latte freddo, con una bella striscia di focaccia, questo si. Per vestirsi e lavarsi ci mette almeno una mezz’oretta, poi deve scendere e prendere l’autobus e arrivare il ufficio, per le nove al massimo deve timbrare. Possibile che non passi nessuno? Il semaforo sarà verde?
    La città sembra deserta, un leggero venticello inizia a batterle sulla gola. Forse sarebbe meglio tornare indietro, al panificio, e chiedere aiuto. Che vergogna.
    D’altra parte se non ci vede, se è un’ipovedente, una cieca insomma, che cosa ci può fare?
    Magari non andarsene tutta sola in giro, per cosa poi, per tre euro di focaccia?
    Si. Che problema c’è, per tre euro di focaccia, per la mia colazione prima di una giornata in ufficio.
    Il dialogo dentro di lei si fa serrato. Sa di aver ragione, sa che è un suo diritto poter andare a comprarsi tre euro di focaccia se ne ha voglia, sa che non è colpa sua ma della mancanza del segnalatore acustico, ma tant’è si sente sempre in difetto. E poi dov’è il panificio? Dovrebbe averlo dietro ma non c’è.
    Gaia si gira, porta le mani in avanti e le appoggia su un muro, un muro liscio. Gaia tiene i sacchetti del latte e della focaccia con la mano destra e percorre tutto il muro facendo scivolare la mano sinistra sul palazzo, alla ricerca della porta del panificio. Dopo qualche metro il palazzo finisce, Gaia cambia mano ai sacchetti e ripercorre tutta la facciata del palazzo, questa volta striscia la mano destra.
    Cammina, cammina, il suo orologio da polso vibra le otto e un quarto. Il sole si deve essere nascosto per bene perché inizia ad avere freddo. Torna indietro. Non solo il panificio è scomparso, ma sembra non essere mai esistito. Non c’è nessuno, nessun rumore di macchine, persone, neanche quei maledetti cani. Solo il suono del vento tra i platani.
    Gaia si ferma, decisa ad attraversare la strada. Almeno dall’altra parte c’è casa. Deve attraversare la strada, arrivare dall’altra parte, dal suo ascensore, dalla sua casa. Salire su, posare i sacchetti, finire di vestirsi, scendere, prendere l’autobus, andare al lavoro. Il semaforo sarà verde?
    Gaia spera di sì, lo spera con tutte le sue forze. Non lo può sapere, in realtà non sa neanche più se è sulle strisce pedonali. Può solo alzare la testa e lentamente scendere il gradino del marciapiede. Avanzare, guadare quel fiume d’aria che la separa dalla sua tranquillità. Il mondo è una serie di angoli, di rette, di semirette che si intersecano con dei solidi, Gaia li attraversa, da sola, e non ha paura.
    (Arianna Musso – Foto da internet)

  • OLI 327: PRIMARIE – Doria, che differenza c’è?


    – Perché dovrebbero votarti? – chiede il direttore del Secolo XIX a conclusione dell’intervista al cinema Ritz lunedì 16, e Marco Doria risponde: “Perché la mia è una storia diversa, faccio il docente universitario, sono contento del mio lavoro mentre le signore candidate la politica la fanno di mestiere”.
    Nessuna replica da parte del giornalista, apparso eccitato alle parole del candidato “indipendente” sulla Gronda, rimessa in discussione da Doria come risoluzione della mobilità a ponente, a suo dire un problema di traffico cittadino e non di chi corre da La Spezia a Savona.
    Genova turistica come Nizza o no? incalza l’intervistatore, riferendosi alla liberalizzazione degli orari dei negozi, ma riceve come risposta: “Sogno una città diversa”, e un “no” ad una città all’americana: le piccole imprese, come i negozi, vanno salvaguardati, fanno parte del tessuto sociale; si riveda invece la politica del centro commerciale: follia prevedere due megastore nel nuovo Piano urbanistico come a Sestri, al posto di aree produttive, là dove c’è un vecchio centro storico. Non si parla solo del  centro storico dei Rolli, ma pure di altri presenti a Genova, da Nervi a Voltri, assurdi i percorsi obbligati dei turisti in via Garibaldi e non alla Maddalena o in via del Campo.
    Perplessità nel pubblico mentre “Il sogno di una città diversa” appena s’intravvede, delineata nel pomeriggio nell’incontro sul Piano Urbanistico Comunale: tra i relatori, ex di qualcosa, forse in attesa di ricollocamento.
    La città com’era, da ritrovare, da presidiare, pare un refrain di Doria, il solo candidato che parli con numeri alla mano, dal calo e invecchiamento demografico, ai 90mila addetti dell’industria negli anni ’70, ridotti alla metà nel 2001 e ancor meno nel 2011. Si deve dunque cercare lavoro “di qualità”, rifiutando l’idea però che comandino soltanto bilancio e mercato; l’Italia e Genova non avranno più i ritmi passati di sviluppo industriale, bisogna prenderne atto, ma si devono comunque salvaguardare eccellenze come Ansaldo Energia e Fincantieri, aiutandole come Comune a ritrovare spazi e sinergie.
    Favorire il lavoro d’innovazione e di ricerca, cercando di attirare nuovi abitanti e nuove imprese, offrendo loro spazi e agevolazioni. Basta territorio a centri commerciali, così si cambia il tipo di lavoro, non lo si aumenta, si dirotta semplicemente il consumatore verso altra direzione.
    Ah, se al posto della Fiumara e dei grattacieli si fosse dato lo sbocco a mare all’Ansaldo, sospira qualcuno.
    Argomenti che toccano le corde degli astanti nell’incontro al PalaQuinto, venerdì 14, dove più che delle solite manutenzioni si parla ancora di occupazione e tanto di salvaguardia del territorio e del verde. – Non sono troppi però i numeri degli addetti all’azienda Aster, non c’è invece verifica di quanto viene fatto e di come si lavora – Preziosa e da recuperare la partecipazione dei cittadini, vero presidio della città.
    Anche qui sala gremita di persone di mezz’età, che in attesa del candidato davanti ai giardini sentono dire da giovani passanti: – Ma chi è ‘sto Doria? –
    E alla domanda di un cittadino al direttore del Secolo XIX se abbia ricevuto da Roma o da Piazza De Ferrari l’input ad una campagna pro Roberta Pinotti nemmeno tanto velata, il giornalista risponde che “l’attuale sindaco e i suoi assessori paiono l’armata Brancaleone e poi c’è già la Repubblica pro Vincenzi”
    Siamo contenti per l’informazione democratica.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 327: SOCIETA’ – Ignoranza costituzionale

    Il sondaggio alle ore 10.00 del 17 gennaio 2012

    “Moschea, dove la vorresti?” è l’ultimo sondaggio sul sito web de Il Secolo XIX. “Da nessun parte” è una delle risposte possibili. Se ci avessero scritto “Noi del Secolo avvalliamo l’ipotesi che la Costituzione italiana consente di negare il diritto di professione religiosa”, sarebbe stata la stessa cosa. La cosa sconcertante è che il 51% di votanti risponde “Da nessuna parte”, quindi circa 2500 persone a Genova non sanno che la Moschea “deve essere fatta”, che è un diritto inalienabile.
    Invitando il Secolo a realizzare un quadratino informativo sull’argomento, ci auguriamo che il prossimo sondaggio de Il Secolo XIX non trovi una possibile soluzione costituzionale al problema: “Vorresti mandare via dall’Italia tutti gli islamici, italiani compresi?”.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 315: ELEZIONI – Marco Doria scende in campo

    Mercoledì 5 ottobre, nella sede del dopolavoro dei portuali a San Benigno, Marco Doria si è presentato alla città come candidato alle primarie per la scelta di chi dovrà contendere alla destra la poltrona di sindaco di Genova, nelle prossime elezioni amministrative.
    Il salone era strapieno: giovani e meno giovani, molta gente in piedi, tante facce estranee ai consueti appuntamenti della politica.
    Su di lui stanno convergendo grandi aspettative, come figura nuova esterna alle nomenklature dei partiti, pur con salde radici nell’esperienza della sinistra. Su alcuni può far colpo il fatto che abbia alle spalle una lunga tradizione familiare di gestione della città e dell’intera regione, fin dal medioevo, ma di questo non ama parlare, pur non rinnegandola: intende offrire il suo contributo come Marco Doria e basta, senza approfittarsi del cognome dei propri avi. Apprezzato storico dell’economia e dell’industria, docente prima in un istituto tecnico e ora all’università. Non è digiuno di politica, ma non ne fa la sua carriera, dichiarandosi soddisfatto e orgoglioso della propria professione di studioso: ha militato nella FGCI, l’organizzazione giovanile del PCI, ed è stato prima in un consiglio di quartiere e poi in consiglio comunale. È sceso in campo non di sua iniziativa, ma rispondendo all’invito di sette esponenti della società civile: Paolo Arvati, Luca Beltrametti, Mario Calbi, Walter Fabiocchi, Silvio Ferrari, Alessandro Ghibellini, Giovanna Rotondi Terminiello, firmatari di un appello pubblicato anche su Il Secolo XIX del 27 settembre scorso, insieme a due pagine dedicate a questa candidatura.
    L’incontro è stato moderato da Silvio Ferrari, che insieme ai suddetti ha introdotto Doria, leggendo due messaggi di Arvati e Rotondi Terminiello impossibilitati a presenziare. A questi si è aggiunto don Andrea Gallo, tra il pubblico, invitato a esporre anch’egli il suo sostegno.
    Prendendo la parola, Doria ha chiarito subito che la sua non è una candidatura “contro” le altre, ma “insieme” alle altre, per offrire ai cittadini un’opportunità di scelta in più. Per un resoconto del suo articolato discorso rimandiamo a quanto pubblicato l’indomani sulla stampa. Ci limitiamo a ricordare che, a chi gli rimprovera di apparire troppo serioso e di sorridere poco, ha risposto che nell’attuale situazione c’è poco da ridere, richiamando l’esempio e la serietà di Enrico Berlinguer, anch’egli avaro di sorrisi fuori luogo.
    E a chi si aspettava anche la presentazione del suo programma, ha fatto sapere che non intende affatto proporre un documento partorito da lui solo o con pochi intimi, ma che vuole costruirlo in un percorso comune, il più possibile condiviso e partecipato da tutti gli interessati, senza nulla di calato dall’alto, mettendosi in ascolto e misurandosi con le diverse componenti della città, operando soprattutto sulle problematiche del lavoro, della cultura – con una valorizzazione degli splendori di Genova non solo come attrazione turistica, ma soprattutto per i suoi abitanti – e dell’articolata policentricità di un grande comune frutto dell’unione di abitati diversi, tuttora caratterizzati da specifiche individualità.
    Il confronto con gli altri candidati è appena iniziato. Sarà interessante seguirne gli sviluppi.

    Video-intervista de Il Secolo XIX a Marco Doria:

    (Ferdinando Bonora, foto dell’autore)
  • LE CARTOLINE DI OLI.4: STAMPA – Distrazioni estive del Secolo XIX


    Il Secolo XIX ci ricade con il video-esclusiva di Lady Gaga estate 2011: il filmato è stato sospeso su Youtube per violazione dei termini di copyright, ma la pagina del giornale non viene aggiornata.

    http://www.ilsecoloxix.it/p/cultura/2011/08/17/AO0y9Nv-nuovo_video_anticipa.shtml

    (Stefano De Pietro)