Categoria: EUROPA

  • OLI 428: REFERENDUM – Trivelle sì, trivelle no

    OLI 428: REFERENDUM – Trivelle sì, trivelle no

    Trivelle sì, trivelle no… a ciascuno la sua margherita.
    Incontro la giornalaia dell’edicola sotto casa, che ha voglia di chiacchierare, parla del tempo, delle aiuole e poi mi fa:
     “Ma lei che ne sa, cosa vota sulle trivelle?”
    Resto interdetta e penso “ma guarda, va a votare”.
    Se non ci fosse stato il tamtam della ministra e l’amico del petrolio il referendum sulle trivelle finiva tra quelli “tutti al mare”, invece se ne parla eccome, difficilmente il quorum sarà raggiunto, ma un sussulto di partecipazione è sicuro, soprattutto gli anta, ai giovani poco importa, hanno altri problemi. “Rischiamo di perdere una generazione”, dice Draghi, anche di cittadini.
    Gli sfidanti portano ciascuno le proprie motivazioni, un pot-pourri di equivoci e mistificazioni sottotraccia. L’accusa più dolorosa e vile appare quella che votando per il sì si faranno perdere posti di lavoro: intanto la maggior parte delle concessioni ha durata almeno trentennale, pur se alcune degli anni ‘70, più dieci anni e ancora dieci e noi abbiamo sottoscritto il protocollo Cop21 a Parigi sulle emissioni e sulla dismissione di energie fossili. Perciò la nostra ricerca, le nostre risorse devono puntare su energie alternative e le rinnovabili in questi anni hanno creato e creeranno nuovo posti di lavoro.
    Illusorio però, come sostengono gli ambientalisti, che per il nostro piano energetico nel prossimo futuro si possa contare soltanto su fonti pulite. Tutta l’Europa, compresa la verde Norvegia ha un piano energetico “misto”, estrae petrolio dal mare di Bering, così la Germania, che molto investe su energie rinnovabili, utilizza la lignite, assai più inquinante del carbone.
    Per l’Italia stiamo parlando di una dorsale di petrolio e metano che va da Novara lungo l’Appennino fino alla Sicilia, i numeri, dal National Geographic a stampa varia sono un po’ discordanti, 64-66 concessioni per un totale di 130-135 piattaforme, ma Legambiente precisa, e molti concordano, che entro le 12 miglia sono coinvolte 35 concessioni, di cui 26 produttive, con 79 piattaforme e 463 pozzi, cioè 1% di consumo nazionale di petrolio e il 3% di gas, che sembra comunque non essere inquinante, se si dovessero verificare incidenti. Un potenziale pericolo per l’ambiente, anche se danni non ce ne sono stati per ora ed effetti sul turismo neppure, lo dimostra l’Emilia Romagna, dove si trovano più piattaforme, mentre altri timori suscitano le navi che arrivano da tutto il mondo, solcano i nostri mar , portandoci gas e petrolio, spesso natanti senza verifiche e prive di seri controlli come quelle dei nostri cari armatori greci e italiani.
    D’altra parte il Mediterraneo è un mare chiuso, le coste della terraferma sono lontane a volte poche miglia, non è un oceano e di fronte nei Balcani si trivella… Del petrolio ne sappiamo qualcosa noi liguri: i resti delle perdite della petroliera Haven, al largo di Arenzano a 25 anni dall’incidente sono ancora lì, vi nuotano pesci e sub imprudenti tra i fondali suggellati per sempre dal materiale della fuoriuscita del greggio.
    La legge di Stabilità prevede che non vi siano nuove concessioni, ma che quelle già rilasciate entro le 12 miglia, limite acque territoriali, proseguano a tempo indeterminato, ad esaurimento, così come i permessi di attività di ricerca, una decina sparsi nel mar Adriatico e in Sicilia con rinnovi da sei più sei. Il tutto a prescindere, con proroghe che non rispettano la legalità, come la Normativa europea prevede, la trasparenza sull’affidamento di beni pubblici. E noi abbiamo moli, spiagge assegnate non in chiaro: votando No si continua a perpetuare privilegi, cui purtroppo abbiamo fatto l’abitudine, ma nulla vieta che i titoli possano essere riassegnati con nuova gara o si debba smantellare. Sotto sotto le società petrolifere estraggono anche secondo l’andamento dei prezzi, con calma, se non c’è scadenza, tanto hanno già ammortizzato.
    La partita appare in realtà tutta politica, con una comunanza trasversale di oppositori a Renzi e alle sue riforme costituzionali, un fronte compatto da Fratelli d’Italia a Sinistra Italiana e Movimento 5 Stelle, ma anche uno scontro non meno importante tra Enti locali e potere centrale: una calamità, la modifica al titolo V ha dato alle regioni competenze che non hanno saputo gestire, dai rifiuti, al trasporto pubblico, alla sanità e chi teme una longa manus delle regioni sul Piano Energetico Nazionale ha buone ragioni .Per una volta tanto pare che gli enti locali si preoccupino della loro terra, del loro ambiente… o no? Intanto l’amore per bellezza del nostro paesaggio muoverà a torto o a ragione più di un cuore.
    (Bianca Vergati – immagine di Paolo Gasaldo)

  • OLI 427: GRECIA – La Grecia al voto sull’euro

    OLI 427: GRECIA – La Grecia al voto sull’euro

    Cosa dire di più di tutte le analisi e discussioni che si incrociano sui mezzi di informazione di tutta Europa? Forse solo le parole raccolte dagli amici che abbiamo qui.
    Dice Nikos, capitano di nave ora in pensione ‘Io sono per il sì, ma voterò no’. E forse riassume perfettamente il dilemma. Sì per l’Euro, sì per l’Europa, sì per un accordo comunque necessario, ma no perché non esiste una alternativa politica a Tsipras, e se vince il ‘sì’ si andrà di nuovo ad elezioni politiche più incerte e pericolose che mai. Inoltre le forze politiche e le personalità politiche che ora sostengono il sì sono quelle responsabili della situazione finanziaria ed economica in cui si trova la Grecia.
    Sicuramente no, dice un altro Nikos molto più giovane, perché c’è in corso in Europa un gioco pesante che vuole far cadere i governi orientati a sinistra, e se cade la Grecia ci sarà un effetto ‘domino’ in tutta Europa, a partire da Spagna ed Italia.
    Io voterò sì, dice Panaghiotis, lavoratore autonomo, grafico pubblicitario, intanto perché non sono assolutamente d’accordo sul referendum: Tsipras doveva prendersi lui la responsabilità di decidere, era il suo compito di governante, è lui che ha gli elementi per poter decidere. Poi la vittoria del ‘no’ porterà ad una paralisi economica ancora più drammatica, tutto il lavoro che ho fatto in questi anni andrà bruciato.
    Marina, che lavora in un albergo, ci dice che ha il cuore stretto: ‘Non sappiamo più cosa sia la Grecia, e dove sia la Grecia’; con i turisti, naturalmente, deve mostrare un aspetto sereno, allegro, ma le è davvero molto, molto difficile.
    Christiana, antropologa, insegnante di ballo e di lingua ci dice che tutti ‘stanno giocando’, e che questo ‘gioco’ interminabile è diventato davvero faticoso da sopportare. Lei però non si sente depressa, e fonda il suo stato d’animo in questo: le generazioni che ci hanno preceduto, dice, hanno passato cose peggiori, la guerra, la fame. Quindi ce la faremo anche noi, e alcune cose non ce le possono comunque togliere. Accenna alla bellezza della musica, della natura che abbiamo intorno nel momento in cui stiamo parlando, al clima di amicizia che circola tra le persone che con lei stanno seguendo un seminario di canto.
    Teodosia racconta un breve scambio sentito in paese: ‘Andiamo in compagnia a Raxes stasera?’ (Raxes è un villaggio ricco di vita notturna) ‘A bere qualcosa?’ chiede uno… ‘No, a cercare benzina’. Molti stanno infatti riempiendo non solo i serbatoi delle auto, ma taniche di scorta. Teodosia si dice invece tranquilla ‘Non ho ancora prelevato un euro al bancomat, e non sto facendo scorta di benzina…’
    Teodoro, architetto, libero professionista affida i suoi pensieri a Facebook:
    ‘Andiamo bene… stasera ci saranno fianco a fianco ad Atene una manifestazione per il ‘Sì’ e una manifestazione per il ‘No’. Vogliono farci diventare come l’Ucraina?’
    E poi: ‘Quando vedo quali sono i politici che sostengono il ‘Sì’ corro verso il ‘No’, Poi quando vedo che per il ‘No’ c’è Alba Dorata ci ripenso molto seriamente…’
    ‘Questo referendum è come se un ingegnere affidasse ai proprietari di una palazzina la decisione su quali materiali e tecniche usare per costruirla’
    La nostra emozione? I governi greci hanno avuto enormi responsabilità, e il popolo greco è stato largamente connivente con politiche clientelari e tolleranti verso un sistema molto diffuso di corruzione e di evasione dalle tasse. Inoltre Tsipras ha sicuramente vinto le elezioni perché ha promesso cose che sapeva assai bene di non poter mantenere. Ma l’Europa ha spinto cinicamente la Grecia in un vicolo sempre più cieco, senza possibilità di uscita. Per quale scopo? Per quali interessi? Solo per cecità? Inoltre, con tutti i difetti che gli si possono attribuire, se Tsipras non si fosse spinto a promettere quel che non poteva dare, c’era pronta una deriva a destra pesantissima, con un partito neo-nazista già al 12% e pronto ad allargare ulteriormente il suo consenso tra le persone più povere.
    Alla Grecia serve una spinta per riaprire l’economia, e all’Europa ‘politica’, all’Europa ‘dei popoli’ serve che la Grecia non collassi, che ce la faccia.
    l’Europa potrebbe ben permettersi di pagare qualche prezzo per questo obiettivo, o no? A meno che gli obiettivi non siano altri, e che per questi obiettivi serva proprio la caduta del governo Tsipras, per segnare uno ‘stop’ a qualunque ipotesi di spostamento a sinistra degli Stati europei.
    (Paola Pierantoni e Ivo Ruello – foto degli Autori)
  • OLI 419: PAROLE DEGLI OCCHI – Italia e Germania

    (foto di Giovanna Profumo)

    Italia e Germania è un dipinto allergorico di Fredrich Overbeck del 1828. E’ esposto alla Neue Pinakothek di Monaco di Baviera e intende simboleggiare l’amicizia tra i due paesi. In relazione agli ultimi articoli di giornale speriamo che qualcuno riesca a trarre ispirazione da questa tela.

  • OLI 403: PAROLE DEGLI OCCHI – Senza tetto in Europa / Parigi

    Foto di Paola Pierantoni
    La difesa del clochard: una tenda sulle bocchette dell’aria calda della metropolitana
  • OLI 403: EUROPA – Morte del Carnevale a Siviglia

    12 marzo 2014. Una banda si esercita in periferia tra vicoli e svincoli di fabbriche, capannoni dismessi, sono in maggioranza giovani: pure la musica sembra cogliere l’aria della Crisi.
    Anche in città, con il bel tempo, le persone sono in giro ma bar e ristoranti hanno tanti tavoli liberi, nonostante i turisti. Nei vicoletti panni stesi, poche luci accese, nessun fiore e finestre chiuse: c’è aria di abbandono e il turismo non basta più. Anche le cristaleras, le verande e i balconcini di Spagna, paiono tristi.
    Si vede in giro meno gioventù, donne già d’età fanno crocchio per la strada e gli uomini in gruppetti a parlottare.
    Sarà suggestione d’Italia, ma non sembra ci sia più l’aria festosa che sempre ritrovavi, dall’Andalusia alla Catalogna, a Gibilterra.
    La Spagna è in piazza il 4 aprile, da Madrid a Saragozza, da Valencia a Granada con 53 cortei per gridare “Stop recortes”, basta tagli.
    Per favore, ridatemi il mio ola e i miei olé.


    (Bianca Vergati – video dell’autrice)

  • OLI 402: EUROPA – Università tra i PIGS

    E’ un tramonto fantastico, il cielo azzurro si tinge di rosa, un vento sottile corre tra le fronde, le cicogne si accoccolano sul camino del chiostro, in Spagna le chiese chiudono tardi, alle otto c’è ancora messa e così puoi entrare a visitare chiese e musei. Intanto nella piazzetta della facoltà di filologia c’è chi legge sulle panchine, mentre ragazzi chiacchierano stravaccati sulla scalinata in mezzo alla strada perché il centro storico è rigorosamente pedonale, con la gente che passeggia, godendosi l’arietta e l’ultimo tiepido sole. Poi la piazza si svuota, restano soltanto i passanti, non ci si fa caso, ma si sono accese le luci al piano rialzato del vecchio palazzo, ecco s’intravedono una lavagna con scritte in francese, un uomo in piedi che sta parlando, di fronte tanti giovani: sono le otto di sera della vigilia di giovedì grasso e c’è lezione all’università di Salamanca e alla sera i ragazzi saranno in piazza a festeggiare il carnevale. Ma che bravi questi insegnanti spagnoli e anche i ragazzi.

    A Coimbra, Portogallo, è domenica e c’è fermento nel cortile centrale dell’Università, un piazzale maestoso, edifici importanti, dall’aria antica e molto fatiscente, fotografati dai turisti insieme al panorama che si gode da lassù. Coimbra è sede universitaria dal 1300, una delle più antiche del mondo, arroccata nel centro storico dalle viuzze strette, lucide di ciotoli bianchi, percorsi da temerari in auto che sfiorano i muri. Tutto appare un po’ fanè, poche le vie ben tenute e le case paiono abbandonate, soltanto alcune, le più degradate, hanno panni stesi, luci accese e manifesti appesi alle ringhiere. Sembra disabitato il centro storico, in maggioranza vedi giovani, probabilmente studenti, che taroccano su giù per i vicoli sotto lo sguardo indifferente dei rari abitanti del posto. Non ci sono spazi, piazzette, ritrovi e i giovani sono invisibili. Non c’è l’atmosfera di Salamanca, l’università più antica della Spagna, dove, non soltanto per il Carnevale, il centro della città, Plaza Mayor, il modello di quella più famosa di Madrid, è un brulicare di giovani e non, che passeggiano in libertà, senti chiacchierare in tante lingue sotto gli ombrelloni dei baretti. Coimbra ricorda Genova per il “riguardo” riservato alla gioventù, ai ragazzi che vengono qui a studiare, ma nel cortile dell’Università di Coimbra gli studenti hanno trascorso il pomeriggio festivo a distribuire volantini ai turisti, disciplinavano le visite all’Aula magna, alle cappelle, con la loro toga nera svolazzavano sorridenti tra i passanti.
    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)

  • OLI 399: GRECIA – La fantapolitica che vede chiaro

    Atene, monumento all’ultima emissione della dracma

    L’ultimo giallo di Petros Marxaris (Pane, Istruzione Libertà, ancora non tradotto in Italia) inizia con una visione onirica: è l’ultimo dell’anno 2013, e la famiglia del commissario Charitos, riunita attorno al televisore, assiste ai festeggiamenti che si svolgono nella principale piazza di Atene. Ma non è un Capodanno come gli altri: col primo gennaio 2014 la Grecia tornerà alla dracma!
    La moglie del commissario ha in mano un biglietto da mille dracme, e lo accarezza dolcemente. La mano addirittura le trema per l’emozione. Sussurra: “Lo credereste? Mi è mancata!”, ma la figlia la gela: “Con quelle mille dracme domani non riuscirai nemmeno a berti un caffè!
    Improvvisamente lo schermo si riempie dell’immagine di migliaia di finti biglietti da cento, mille, cinquecento dracme lanciati dai palazzi. Uno speaker grida entusiasta: “Dal cielo piovono dracme!”. La gente nella piazza grida evviva!
    Quando tutta la famiglia Charitos si reca a Syntagma per vedere quel che accade, si trova di fronte a qualcosa di meno trionfale: non più di mille persone, disoccupati o precari “che attendono di essere pagati da mesi”, che gridano slogan: “Finealla schiavitù dell’Euro!”, “Se dobbiamo vivere poveri, meglio con la dracma!”, “vogliamo lanciare un messaggio agli altri Paesi del Sud: siamo qui uniti per combattere, Greci, Italiani, Spagnoli, Portoghesi, Ciprioti!” … Pochi passanti battono le mani, e qualcuno grida “Bravo!”

    Mercatino a Ikaria

    Improvvisamente arriva un gruppetto di pensionati che gridano slogan diversi: “Ridateci L’Euro!”, “Con l’Euro prendiamo briciole, ma con la dracma non prenderemo nulla!”. Alle loro spalle vite da gastarbeiter in Germania. Guardano a quelli che manifestano per la dracma come a gente ‘cresciuta nella bambagia’ che pensa di salvarsi dallo spettro della povertà rifugiandosi nei sogni.
    I due gruppi si affrontano insultandosi, si rischia perfino lo scontro fisico. In altro punto del libro si vedrà un assalto dell’ultra destra a un alloggio di immigrati, sotto lo sguardo passivo e indulgente dei passanti.
    Una fantapolitica molto realistica, che descrive bene le emozioni che corrono per la Grecia, dove le persone vivono condizioni terribili e divise nel più assoluto buio politico. Tutti sanno che non c’è nessuna base da cui ripartire. Alle spalle un benessere appena intravisto, cresciuto sulla corruzione, sul clientelismo, sul debito incontrollato, su una crescita edilizia senza regole, sul concentramento della popolazione nelle città, sull’abbandono dell’agricoltura e delle attività che potevano derivarne, sull’illusione di un turismo ‘salva tutto’.

    Sulla nave Mitilini

    Ora che quel poco che c’era è stato raso al suolo da un’Europa cieca e indifferente per le conseguenze sociali e politiche dell’accanimento con cui ha agito, anche le navi che portano gli indispensabili turisti da un’isola all’altra stanno andando a pezzi.
    La salvezza possibile sta in Tsipras? Nell’intervista rilasciata a Repubblica lo scorso 7 febbraio pare voler buttare colpe, problemi e soluzioni tutti all’esterno. Così la crisi “è figlia delle asimmetrie dell’unione monetaria”, i movimenti populisti che stanno crescendo ovunque (in Grecia l’inquietante Alba Dorata è ormai il terzo partito) “sono il prodotto politico del liberismo”, e tutte le misure europee hanno il solo scopo di “salvare le banche che avevano titoli di Stato dei paesi altamente indebitati “.
    Nessun accenno all’altra faccia della luna, quella delle responsabilità nazionali, del patto che il potere politico ha stretto con la gente: consenso e voti, in cambio di clientelismo, privilegi, assenza di controlli sugli atti illeciti, tolleranza per l’evasione fiscale.
    Nessun accenno all’incapacità della sinistra greca di formulare prospettive credibili, fondate sui dati di fatto, oltre gli slogan e i vittimismi.
    (Paola Pierantoni – fotografie dell’autrice)

  • OLI 398: GRECIA – Tra vecchi slogan e la ‘novità’ Tsipras

    “Pane, cultura, libertà” è lo slogan che identifica la lotta del Politecnico di Atene: quaranta anni fa, il 14 novembre 1973, gli studenti greci occuparono l’Università, e diedero vita ad una stazione radiofonica libera. Il primo messaggio fu: “Qui Politecnico! Popolo della Grecia il Politecnico è il portabandiera della nostra lotta, della vostra lotta, della nostra lotta comune contro la ditattura e per la democrazia”. Durò tre giorni.
    Il 17 novembre i tanks dell’esercito misero fine alla rivolta, 23 studenti morirono.
    Dopo la cacciata dei colonnelli questa data è diventata festa nazionale. Ma è stata anche subito adottata dalla organizzazione terroristica “17 Novembre”, nata nel 1975: all’attivo 25 omicidi ‘mirati’ e moltissimi tentati omicidi, ferimenti, attentati e rapine di ‘autofinanziamento’. Fu smantellata solo alla vigilia dei giochi olimpici del 2004.
    E’ necessario andare così indietro per capire qualche cosa della Grecia di oggi? Sì, e in direzione non scontata.
    Le tre parole del Politecnico, nella Grecia della crisi, sono tornate di moda: oggi campeggiano, come quaranta anni fa, sugli striscioni che fasciano tutta la zona universitaria.
    Collegamento comprensibile, dato il salto nella povertà che la Grecia ha fatto in questi anni.

    immagine da internet

    Ma quando le usa Petros Marxaris (vedi anche Oli 324 ) per dare il titolo al suo ultimo giallo ambientato nella Grecia della crisi economica, questo riferimento si colora di una profonda critica su quella che i greci chiamano ‘la generazione del Politecnico’, cioè i protagonisti di quella epica vicenda.
    Nel libro, i figli di alcuni di questi padri ‘eroici’ mettono a nudo le menzogne e le compromissioni in cui hanno visto incistarsi le vite dei genitori, che si sono fatti scudo di una breve stagione di lotta per conquistare posizioni di privilegio.
    Chiedo a un’amica ateniese un parere su questo quadro disincantato e pessimista.
    Lei mi dice di condividerlo. La sinistra in Grecia si è fatta scudo della retorica sui passati eroismi per coprire una gestione del potere corrotta, collusa, clientelare. Il Pasok si è alternato al governo col partito di centro destra, Nèa Dimokratìa, e ne condivide le colpe.
    Un altro amico mi dice che non ce la fa nemmeno più ad ascoltare le canzoni e le musiche (spesso bellissime) che hanno accompagnato e celebrato la stagione della lotta contro la dittaura dei colonnelli, per l’uso retorico che poi  ne è stato fatto.
    Non posso evitare di chiedere alla mia amica che ne pensi di Tsipras, il leader del partito Syriza che, come dicono i giornali, ‘ha sedotto la sinistra europea’ che lo ha candidato alla presidenza della Commissione Europea.
    Mi dice: “Tsipras è un populista. E’ una figura molto debole. E l’80 % degli aderenti a Syriza è gente che prima stava nel Pasok. Parlando con la gente in giro si vede che ha paura di votarlo, ma non vedono un’altra soluzione. La gente pensa di votarlo come atto di rabbia. Ormai la gente e’ disperata e pensa: cosa abbiamo di più da perdere? Al massimo torniamo alla dracma. Syriza conta sui disperati. Dice di essere ‘contro il sistema politico’, contro ‘il capitale’, ma poi rassicura la massa (per la gran parte impiegati nel settore pubblico, in grado di paralizzare lo stato con gli scioperi) dicendo che ‘nessuno perderà il proprio posto’. Non parla di controlli, di valutazione. Dice che il modello da seguire è Brasile … 
    Dice che il modello europeo, che prima era un sogno, ormai e’ diventato un’ incubo, le tasse sono devastanti e la gente non ce la fa piu’. E quindi? 
    Dice che mandera’ via la Troika. Come? Non ho ben capito. 
    Dice che la Merkel è la ‘cattiva’ della situazione. Ma come siamo arrivati alla Merkel?“.
    (Paola Pierantoni – Fotografia dell’autrice)

  • OLI 382 – DONNE: Femminicidio, Daphne prevenire grazie ai fondi di Bruxelles

    A Dafne pare sia andata meglio.
    Da un certo punto di vista.
    Perché nessuno l’ha picchiata, accoltellata e uccisa. La lettura del mito contiene qualcosa di rassicurante: incapace di opporsi all’amore folle di Apollo e consapevole che la sua fuga da lui è inutile, sopraffatta dalla paura, prega la madre Gea di trasformarla: i suoi capelli diventano fronde, le braccia rami, il suo corpo si ricopre di corteccia, i suoi piedi in radici ed il volto svanisce nella cima dell’albero. Dafne diventa il Lauro che prende il suo nome (dal greco dafne = lauro). Apollo si ritrova ad abbracciare inutilmente il tronco di un alloro, che da quel giorno sarà considerata la pianta sacra in capo ai vincitori.
    Parlo di Dafne con un’amica, Norma Scacchetti. Arriviamo al mito partendo dal nome del programma europeo Daphne III . E dalla concreta presenza di tre locandine stese sul tavolo: Sei ancora caduta dalle scale? Sei a rischio con un uomo violento? E’ tardi per chiedere scusa.
    Il programma ha entusiasmato Norma e i suoi colleghi del Consorzio Agorà. Ma è anche frutto di una partnership con la capofila polacca Merkury Fundacja e la portoghese Desincoop.
    A Genova si può fare prevenzione sul femminicidio grazie ai fondi di un programma europeo – quei fondi che, troppo spesso, in Italia ci lasciamo sfuggire.
    La campagna sociale – ideata da Alessandra Grasso, Pierfrancesco Russo e Norma Scacchetti – è apparsa su mezzi di AMT con le tre immagini: una donna incinta, la spalla di un’altra piena di lividi, la lapide di una vittima alla quale il compagno sta portando dei fiori. L’invito su ogni manifesto è di proteggersi, non provare vergogna, sottrarsi alla violenza e chiamare il 1522.

    Norma mi mostra anche il cartellino rosso, per ammonire gli uomini al primo cenno di violenza, anche verbale, gergo cultura pop, del calcio però d’effetto.
    La campagna sociale è stata fatta in Polonia con modalità diverse: shopper, volantini, messaggi contenenti immagini relative anche alla violenza generata dall’alcoolismo e sui bambini. I portoghesi hanno fatto campagne rivolte ai maltrattanti e con un’immagine della donna stesa all’obitorio con la scritta ecco come finiscono le riconciliazioni, per rivolgersi alla donna convinta che sarà la prima e l’ultima volta che viene picchiata. Ma non è così. Le esperte del centro antiviolenza hanno spiegato che dopo essere stata picchiata per la prima volta si verifica la seconda luna di miele: il marito si pente e, a seconda delle risorse disponibili, fanno insieme una cena importante o un viaggio. Ma è l’inizio dell’escalation che può avere un esito tragico come quello del femminicidio. “Ovunque nel mondo la seconda causa di morte per le donne in stato interessante è la violenza domestica”.
    Sul sito della campagna sociale “basta” oltre alle interviste si trova anche il video rap ideato dai ragazzi dei servizi socio-educativi che sono stati sensibilizzati al tema. Norma mi parla di una contaminazione di settori normalmente distanti, come il Civ della Maddalena che li ha chiamati e ha organizzato a fine maggio all’interno delle loro giornate un evento dedicato alla campagna contro la violenza.
    (Giovanna Profumo – Immagini da internet)

  • OLI 380: GRECIA – Micro-cronache da una crisi / 1

    Ikaria. A mattina inoltrata i tavolini del piccolo caffè sono ancora vuoti. Parliamo con un giovane amico che vive di musica e del poco che gli dà, una volta pagato l’affitto, un esercizio commerciale, emporio di generi di prima necessità di un villaggio abbastanza isolato, e insieme caffè e punto di ritrovo dei pochi abitanti, e dei turisti di passaggio, d’estate.
    L’argomento è la crisi, tema su cui si cade immediatamente quando si parla con le persone di qui, e sfondo sonoro continuo, se per caso c’è un apparecchio televisivo acceso.
    Cerchiamo di sostenere con lui le ragioni del rimanere in Europa, ma l’unico altro avventore, un anziano signore seduto vicino a noi, interviene quietamente dicendo: “Avevo una pensione di 1300 euro, ora me ne danno 900. Ecco cosa mi è restato dopo 45 anni di lavoro”.
    Pochi giorni dopo, un’amica ateniese ci informerà che sono in arrivo altri tagli, che si sommeranno ai precedenti e colpiranno anche le pensioni minime, qui di 450 euro mensili, a cui verranno tolti 25 euro, e poi a crescere.
    A queste condizioni non c’è spazio per discutere. Ogni speranza, ogni ipotesi è stata tagliata. Notizie come un lieve miglioramento del rating, o promesse di ripresa nel 2015 non vengono nemmeno commentate.
    Ci dicono: aspettano di comprarci, che ci vendiamo tutto, per disperazione.

    Conosciamo qui un anziano signore, è stato professore di letteratura francese al liceo e all’università di Atene. Conosce diverse lingue, tra cui l’italiano. Ha all’attivo traduzioni e diversi saggi. Gli argomenti variano dalla storia dell’occupazione italiana nell’isola di Ikaria durante la guerra, alle opere e biografie dei rappresentanti del filellenismo francese.
    Leggere, corrispondere con un’amica lontana sono da anni le sue risorse. Ora sta perdendo la vista, ma l’intervento chirurgico di cui avrebbe bisogno è impossibile ottenerlo da una struttura pubblica, e farlo privatamente costa duemila euro, cosa che la sua pensione, tagliata come sopra, non permette.
    Tutte le volte che lo incontriamo in paese il discorso torna sempre lì.

    “Qui, nell’isola, le cose vanno un po’ meglio. Qui non c’è la fame”. Te lo dicono tutti, qui, e va inteso in senso letterale. Ci sono gli orti, che danno patate, pomodori, zucchini, melanzane, fagioli, zucche, peperoni, cipolle. Ci sono il maiale e l’agnello, al singolare, che fatti a pezzi e surgelati forniscono la carne per tutto l’anno. Ci sono le galline con le uova, e i conigli, che danno anche il letame per l’orto. Ma stipendi e pensioni fatti a pezzi non permettono altro. Anche un impiego apparentemente sicuro, come un posto d’insegnante nella scuola professionale dell’isola, è diventato incerto: non si sa cosa vorranno fare di questa scuola. Forse toccherà andar via. L’ospedale, unico dell’isola, lo vogliono chiudere, e si infittiscono manifestazioni per tentare di difenderlo. La sanità, l’università per i figli, finire di sistemare la casa sono diventati obiettivi al di là del confine. C’è chi per avere una diagnosi dovrebbe fare una biopsia. Aspetterà un anno. Per farla privatamente i soldi non ci sono. Tutto è fermo. Anche andare e venire da Atene all’isola è diventata questione di calcoli attenti: i 35 euro del biglietto, il doppio almeno per l’automobile, sono costi che non ci si può più permettere con leggerezza.
    Ci dicono: meno male che questo inverno è stato mite, abbiamo acceso il riscaldamento solo due volte, altrimenti con quel che è aumentato il petrolio come potevamo fare?
    (Le cronache continueranno nei prossimi Oli)

    Informazione: un documentario sull’isola di Ikaria verrà proiettato sabato 8 giugno alle 18.30 al Cinema Sivori, nell’ambito della rassegna “CINEA – Il filo di Gaia – Cinema ed educazione alla sostenibilità ambientale”. Dal programma di sala leggiamo che narra la storia di  un giovane disoccupato ateniese che ha lasciato la città per trasferirsi a Ikaria, per lavorare nell’apicultura, scoprendovi una comunità che sopravvive grazie a una particolare cultura incentrata sull’autonomia e la cooperazione.
    (Paola Pierantoni –  Foto dell’autrice)