Categoria: Grecia

  • OLI 427: GRECIA – La Grecia al voto sull’euro

    OLI 427: GRECIA – La Grecia al voto sull’euro

    Cosa dire di più di tutte le analisi e discussioni che si incrociano sui mezzi di informazione di tutta Europa? Forse solo le parole raccolte dagli amici che abbiamo qui.
    Dice Nikos, capitano di nave ora in pensione ‘Io sono per il sì, ma voterò no’. E forse riassume perfettamente il dilemma. Sì per l’Euro, sì per l’Europa, sì per un accordo comunque necessario, ma no perché non esiste una alternativa politica a Tsipras, e se vince il ‘sì’ si andrà di nuovo ad elezioni politiche più incerte e pericolose che mai. Inoltre le forze politiche e le personalità politiche che ora sostengono il sì sono quelle responsabili della situazione finanziaria ed economica in cui si trova la Grecia.
    Sicuramente no, dice un altro Nikos molto più giovane, perché c’è in corso in Europa un gioco pesante che vuole far cadere i governi orientati a sinistra, e se cade la Grecia ci sarà un effetto ‘domino’ in tutta Europa, a partire da Spagna ed Italia.
    Io voterò sì, dice Panaghiotis, lavoratore autonomo, grafico pubblicitario, intanto perché non sono assolutamente d’accordo sul referendum: Tsipras doveva prendersi lui la responsabilità di decidere, era il suo compito di governante, è lui che ha gli elementi per poter decidere. Poi la vittoria del ‘no’ porterà ad una paralisi economica ancora più drammatica, tutto il lavoro che ho fatto in questi anni andrà bruciato.
    Marina, che lavora in un albergo, ci dice che ha il cuore stretto: ‘Non sappiamo più cosa sia la Grecia, e dove sia la Grecia’; con i turisti, naturalmente, deve mostrare un aspetto sereno, allegro, ma le è davvero molto, molto difficile.
    Christiana, antropologa, insegnante di ballo e di lingua ci dice che tutti ‘stanno giocando’, e che questo ‘gioco’ interminabile è diventato davvero faticoso da sopportare. Lei però non si sente depressa, e fonda il suo stato d’animo in questo: le generazioni che ci hanno preceduto, dice, hanno passato cose peggiori, la guerra, la fame. Quindi ce la faremo anche noi, e alcune cose non ce le possono comunque togliere. Accenna alla bellezza della musica, della natura che abbiamo intorno nel momento in cui stiamo parlando, al clima di amicizia che circola tra le persone che con lei stanno seguendo un seminario di canto.
    Teodosia racconta un breve scambio sentito in paese: ‘Andiamo in compagnia a Raxes stasera?’ (Raxes è un villaggio ricco di vita notturna) ‘A bere qualcosa?’ chiede uno… ‘No, a cercare benzina’. Molti stanno infatti riempiendo non solo i serbatoi delle auto, ma taniche di scorta. Teodosia si dice invece tranquilla ‘Non ho ancora prelevato un euro al bancomat, e non sto facendo scorta di benzina…’
    Teodoro, architetto, libero professionista affida i suoi pensieri a Facebook:
    ‘Andiamo bene… stasera ci saranno fianco a fianco ad Atene una manifestazione per il ‘Sì’ e una manifestazione per il ‘No’. Vogliono farci diventare come l’Ucraina?’
    E poi: ‘Quando vedo quali sono i politici che sostengono il ‘Sì’ corro verso il ‘No’, Poi quando vedo che per il ‘No’ c’è Alba Dorata ci ripenso molto seriamente…’
    ‘Questo referendum è come se un ingegnere affidasse ai proprietari di una palazzina la decisione su quali materiali e tecniche usare per costruirla’
    La nostra emozione? I governi greci hanno avuto enormi responsabilità, e il popolo greco è stato largamente connivente con politiche clientelari e tolleranti verso un sistema molto diffuso di corruzione e di evasione dalle tasse. Inoltre Tsipras ha sicuramente vinto le elezioni perché ha promesso cose che sapeva assai bene di non poter mantenere. Ma l’Europa ha spinto cinicamente la Grecia in un vicolo sempre più cieco, senza possibilità di uscita. Per quale scopo? Per quali interessi? Solo per cecità? Inoltre, con tutti i difetti che gli si possono attribuire, se Tsipras non si fosse spinto a promettere quel che non poteva dare, c’era pronta una deriva a destra pesantissima, con un partito neo-nazista già al 12% e pronto ad allargare ulteriormente il suo consenso tra le persone più povere.
    Alla Grecia serve una spinta per riaprire l’economia, e all’Europa ‘politica’, all’Europa ‘dei popoli’ serve che la Grecia non collassi, che ce la faccia.
    l’Europa potrebbe ben permettersi di pagare qualche prezzo per questo obiettivo, o no? A meno che gli obiettivi non siano altri, e che per questi obiettivi serva proprio la caduta del governo Tsipras, per segnare uno ‘stop’ a qualunque ipotesi di spostamento a sinistra degli Stati europei.
    (Paola Pierantoni e Ivo Ruello – foto degli Autori)
  • OLI 427: GRECIA – Chi il conto non paga mai

    Qualunque sarà il risultato del referendum, segnerà l’Europa per sempre. Tra chi invoca i compiti a casa, e chi maledice questa Europa matrigna, a soffrire è intanto il popolo greco, ma c’è qualcuno che di certo non pagherà il conto: gli armatori greci. A febbraio Tsipras ventilò l’ipotesi che per rimettere in sesto i conti di Atene si sarebbe dovuto tassare i ricchissimi tycoon, 60 famiglie che detengono il 16% del mercato globale e generano il 7% del Pil ellenico, con la prima flotta al mondo per tonnellaggio, un primato riconquistato nel 2013 dopo averlo ceduto al Giappone al tempo della crisi e primo paese per ordini di navi da consegnare nei prossimi anni.
    Le fortune e le risorse accumulate nei decenni hanno fatto sì che gli armatori potessero aumentare sempre di più le proprie attività e i propri interessi fuori dal paese, centoquaranta miliardi di utili negli ultimi dieci anni, ma anche mantenere una salda presenza in patria. Quasi cinquemila navi dal valore complessivo di cento miliardi permettono di avere il sedici per cento del mercato e di dare lavoro a duecentocinquantamila persone, perciò gli oligarchi hanno risposto con calma olimpica: “Leviamo l’ancora e prendiamo residenza fiscale altrove. C’è solo l’imbarazzo della scelta: Monaco, Dubai, Singapore, oppure in Germania, dove ci sono agevolazioni fiscali fortissime …” hanno minacciato. Con più di nove miliardi di euro di investimenti lo scorso anno, gli armatori greci hanno poi dato un segnale inequivocabile a chi riteneva che la crisi storica che sta attraversando la Grecia li avrebbe affondati, ormai dominano la scena mondiale da più di cento anni. Perché?
    Perché dietro al loro successo vi è un regime fiscale eccezionalmente a loro favore, addirittura in Costituzione: infatti, in base all’articolo 107, gli armatori greci sono esentati dal dover pagare tasse sui profitti che provengono dalle proprie attività all’estero. Oltre ad essere essere armatori, sono petrolieri, editori, titolari di lavori pubblici nel Paese senza gare di appalto, possiedono squadre di calcio. Godono di Iva agevolata, ma soprattutto dell’esenzione fiscale sui profitti generati all’estero garantiti per la legge costituzionale del 1967.

    Mettere in discussione l’impossibile per Tsipras, applicare ciò che con la morbida legge sul blind trust del 2009 non è riuscito ai conservatori, mentre tutte le inchieste giudiziarie passate sul contrabbando di petrolio non hanno prodotto condannati: una“patrimoniale” di due miliardi e mezzo sui supermiliardari e altri due miliardi e mezzo dal recupero di tasse arretrate. Un provvedimento cucito su misura per i potentissimi armatori. “I nostri cittadini hanno pagato un prezzo carissimo alla crisi – aveva detto il premier mesi fa in Parlamento –  ora il conto lo devono saldare quelli che non hanno mai messo mano al portafoglio”. Già nel 2012, con la Grecia sull’orlo del default, l’ex premier Samaras chiese ai super-ricchi una “tassa temporanea di emergenza”, 500 milioni ad oggi. Perché Tsipras non è andato avanti?
    Nella disputa Grecia – Ue si parla soprattutto di pensionati, che sicuramente non hanno una quotidianità facile, ma della metà dei giovani senza lavoro non si parla. Del loro futuro, nemmeno.
    (Bianca Vergati – foto di Giovanna Profumo e Ferdinando Bonora)

  • OLI 400: GRECIA – Madre, dove vivo?

    La centralissima Piazza Monastiràki

    C’è una bella canzone scritta da Vangelis Korakàkis nel 1998, anno in cui la Grecia era ancora in piena illusione di crescita (con l’appuntamento delle Olimpiadi a breve scadenza, denaro circolante, bar, taverne e locali pieni di gente) il cui testo, curiosamente, sembra invece scritto oggi.
    Dicono i versi: “Madre, mi hai dato la vita nel tempo più difficile. Tutte le cose intorno mi urtano, tutto quello che vedo mi ferisce, ma tutti mi prendono per menagramo. La nostra speranza è perduta, e il nostro destino è scritto sul libro del diavolo. Madre, dove vivo? La barchetta che mi porta si è abbattuta su un fianco, e oscilla paurosamente, dimmi come posso reggermi, come posso restare in piedi”.
    L’abbiamo messa come sottofondo ad una serie di immagini colte lo scorso gennaio nelle vie del centro di Atene, proprio la zona che comprende le piazze e le vie più importanti della città, come se a Genova parlassimo di Corvetto, De Ferrari, San Giorgio, Via XX Settembre.
    Il cuore ‘nobile’ della capitale, come fossimo in una periferia degradata, è stato ricoperto da graffiti, e dopo un po’ che si gira tra queste superfici che ti rinviano immagini a volte belle, altre no, ma comunque per lo più aggressive, disperate o amaramente ironiche, senti proprio che è una crisi profonda che ti parla, attraverso ogni muro, ogni saracinesca.
    Un linguaggio espressionistico che grida uno stato, ma non indica direzioni da seguire.

    La città ti parla anche attraverso la sua segnaletica stradale: la grande maggioranza dei cartelli indicatori, non solo nel centro, bensì ovunque, anche nei quartieri residenziali, è stata resa il più possibile illeggibile attraverso la capillare, sistematica, opera di un esercito anonimo che ha cancellato le scritte con vernici e adesivi. Gli amici mi dicono che è il frutto del disprezzo ormai endemico che il greco medio nutre verso tutto ciò che è pubblico. Un’aggressività che trova sfogo nel sabotaggio autolesionistico.

    Ti parla la molta polizia che vedi ovunque, con agenti vestiti come andassero agli scontri armati: giubbotti antiproiettile, e altre protezioni da robocop. Un amico mi dice: “E ci credo! Qui è diventato comune sparare ai poliziotti, che peraltro fanno quel mestiere per una miseria”.
    Ti parlano le vetrine dei negozi chiusi, con incollate le scritte ‘si affitta’, ‘si vende’, destinate a rimanere senza risposta. I senza tetto, presenti ovunque. L’autostrada che va da Atene a Patrasso, incredibilmente vuota in giorno lavorativo ed ora di punta.
    Un disastro che ti entra dentro e ti lascia senza parole.
    Poi parli coi molti amici in difficoltà, e ti trovi davanti persone che combattono, che non si lamentano mai, che sono capaci di una allegria che è difficile trovare dalle nostre parti.
    Qui c’è una forza che ancora di più ti lascia senza parole.
    Speriamo che l’Europa prima o poi riesca a capirlo, e che si impegni a dare opportunità, e non a toglierle.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)

     
  • OLI 399: GRECIA – La fantapolitica che vede chiaro

    Atene, monumento all’ultima emissione della dracma

    L’ultimo giallo di Petros Marxaris (Pane, Istruzione Libertà, ancora non tradotto in Italia) inizia con una visione onirica: è l’ultimo dell’anno 2013, e la famiglia del commissario Charitos, riunita attorno al televisore, assiste ai festeggiamenti che si svolgono nella principale piazza di Atene. Ma non è un Capodanno come gli altri: col primo gennaio 2014 la Grecia tornerà alla dracma!
    La moglie del commissario ha in mano un biglietto da mille dracme, e lo accarezza dolcemente. La mano addirittura le trema per l’emozione. Sussurra: “Lo credereste? Mi è mancata!”, ma la figlia la gela: “Con quelle mille dracme domani non riuscirai nemmeno a berti un caffè!
    Improvvisamente lo schermo si riempie dell’immagine di migliaia di finti biglietti da cento, mille, cinquecento dracme lanciati dai palazzi. Uno speaker grida entusiasta: “Dal cielo piovono dracme!”. La gente nella piazza grida evviva!
    Quando tutta la famiglia Charitos si reca a Syntagma per vedere quel che accade, si trova di fronte a qualcosa di meno trionfale: non più di mille persone, disoccupati o precari “che attendono di essere pagati da mesi”, che gridano slogan: “Finealla schiavitù dell’Euro!”, “Se dobbiamo vivere poveri, meglio con la dracma!”, “vogliamo lanciare un messaggio agli altri Paesi del Sud: siamo qui uniti per combattere, Greci, Italiani, Spagnoli, Portoghesi, Ciprioti!” … Pochi passanti battono le mani, e qualcuno grida “Bravo!”

    Mercatino a Ikaria

    Improvvisamente arriva un gruppetto di pensionati che gridano slogan diversi: “Ridateci L’Euro!”, “Con l’Euro prendiamo briciole, ma con la dracma non prenderemo nulla!”. Alle loro spalle vite da gastarbeiter in Germania. Guardano a quelli che manifestano per la dracma come a gente ‘cresciuta nella bambagia’ che pensa di salvarsi dallo spettro della povertà rifugiandosi nei sogni.
    I due gruppi si affrontano insultandosi, si rischia perfino lo scontro fisico. In altro punto del libro si vedrà un assalto dell’ultra destra a un alloggio di immigrati, sotto lo sguardo passivo e indulgente dei passanti.
    Una fantapolitica molto realistica, che descrive bene le emozioni che corrono per la Grecia, dove le persone vivono condizioni terribili e divise nel più assoluto buio politico. Tutti sanno che non c’è nessuna base da cui ripartire. Alle spalle un benessere appena intravisto, cresciuto sulla corruzione, sul clientelismo, sul debito incontrollato, su una crescita edilizia senza regole, sul concentramento della popolazione nelle città, sull’abbandono dell’agricoltura e delle attività che potevano derivarne, sull’illusione di un turismo ‘salva tutto’.

    Sulla nave Mitilini

    Ora che quel poco che c’era è stato raso al suolo da un’Europa cieca e indifferente per le conseguenze sociali e politiche dell’accanimento con cui ha agito, anche le navi che portano gli indispensabili turisti da un’isola all’altra stanno andando a pezzi.
    La salvezza possibile sta in Tsipras? Nell’intervista rilasciata a Repubblica lo scorso 7 febbraio pare voler buttare colpe, problemi e soluzioni tutti all’esterno. Così la crisi “è figlia delle asimmetrie dell’unione monetaria”, i movimenti populisti che stanno crescendo ovunque (in Grecia l’inquietante Alba Dorata è ormai il terzo partito) “sono il prodotto politico del liberismo”, e tutte le misure europee hanno il solo scopo di “salvare le banche che avevano titoli di Stato dei paesi altamente indebitati “.
    Nessun accenno all’altra faccia della luna, quella delle responsabilità nazionali, del patto che il potere politico ha stretto con la gente: consenso e voti, in cambio di clientelismo, privilegi, assenza di controlli sugli atti illeciti, tolleranza per l’evasione fiscale.
    Nessun accenno all’incapacità della sinistra greca di formulare prospettive credibili, fondate sui dati di fatto, oltre gli slogan e i vittimismi.
    (Paola Pierantoni – fotografie dell’autrice)

  • OLI 398: GRECIA – Tra vecchi slogan e la ‘novità’ Tsipras

    “Pane, cultura, libertà” è lo slogan che identifica la lotta del Politecnico di Atene: quaranta anni fa, il 14 novembre 1973, gli studenti greci occuparono l’Università, e diedero vita ad una stazione radiofonica libera. Il primo messaggio fu: “Qui Politecnico! Popolo della Grecia il Politecnico è il portabandiera della nostra lotta, della vostra lotta, della nostra lotta comune contro la ditattura e per la democrazia”. Durò tre giorni.
    Il 17 novembre i tanks dell’esercito misero fine alla rivolta, 23 studenti morirono.
    Dopo la cacciata dei colonnelli questa data è diventata festa nazionale. Ma è stata anche subito adottata dalla organizzazione terroristica “17 Novembre”, nata nel 1975: all’attivo 25 omicidi ‘mirati’ e moltissimi tentati omicidi, ferimenti, attentati e rapine di ‘autofinanziamento’. Fu smantellata solo alla vigilia dei giochi olimpici del 2004.
    E’ necessario andare così indietro per capire qualche cosa della Grecia di oggi? Sì, e in direzione non scontata.
    Le tre parole del Politecnico, nella Grecia della crisi, sono tornate di moda: oggi campeggiano, come quaranta anni fa, sugli striscioni che fasciano tutta la zona universitaria.
    Collegamento comprensibile, dato il salto nella povertà che la Grecia ha fatto in questi anni.

    immagine da internet

    Ma quando le usa Petros Marxaris (vedi anche Oli 324 ) per dare il titolo al suo ultimo giallo ambientato nella Grecia della crisi economica, questo riferimento si colora di una profonda critica su quella che i greci chiamano ‘la generazione del Politecnico’, cioè i protagonisti di quella epica vicenda.
    Nel libro, i figli di alcuni di questi padri ‘eroici’ mettono a nudo le menzogne e le compromissioni in cui hanno visto incistarsi le vite dei genitori, che si sono fatti scudo di una breve stagione di lotta per conquistare posizioni di privilegio.
    Chiedo a un’amica ateniese un parere su questo quadro disincantato e pessimista.
    Lei mi dice di condividerlo. La sinistra in Grecia si è fatta scudo della retorica sui passati eroismi per coprire una gestione del potere corrotta, collusa, clientelare. Il Pasok si è alternato al governo col partito di centro destra, Nèa Dimokratìa, e ne condivide le colpe.
    Un altro amico mi dice che non ce la fa nemmeno più ad ascoltare le canzoni e le musiche (spesso bellissime) che hanno accompagnato e celebrato la stagione della lotta contro la dittaura dei colonnelli, per l’uso retorico che poi  ne è stato fatto.
    Non posso evitare di chiedere alla mia amica che ne pensi di Tsipras, il leader del partito Syriza che, come dicono i giornali, ‘ha sedotto la sinistra europea’ che lo ha candidato alla presidenza della Commissione Europea.
    Mi dice: “Tsipras è un populista. E’ una figura molto debole. E l’80 % degli aderenti a Syriza è gente che prima stava nel Pasok. Parlando con la gente in giro si vede che ha paura di votarlo, ma non vedono un’altra soluzione. La gente pensa di votarlo come atto di rabbia. Ormai la gente e’ disperata e pensa: cosa abbiamo di più da perdere? Al massimo torniamo alla dracma. Syriza conta sui disperati. Dice di essere ‘contro il sistema politico’, contro ‘il capitale’, ma poi rassicura la massa (per la gran parte impiegati nel settore pubblico, in grado di paralizzare lo stato con gli scioperi) dicendo che ‘nessuno perderà il proprio posto’. Non parla di controlli, di valutazione. Dice che il modello da seguire è Brasile … 
    Dice che il modello europeo, che prima era un sogno, ormai e’ diventato un’ incubo, le tasse sono devastanti e la gente non ce la fa piu’. E quindi? 
    Dice che mandera’ via la Troika. Come? Non ho ben capito. 
    Dice che la Merkel è la ‘cattiva’ della situazione. Ma come siamo arrivati alla Merkel?“.
    (Paola Pierantoni – Fotografia dell’autrice)

  • OLI 397: PAROLE DEGLI OCCHI – Preghiera per una crisi

    Foto di Paola Pierantoni
    Su un palazzo nel centro di Atene queste due mani in preghiera
  • OLI 396: ESTERI – Grecia, riso amaro

    Disoccupazione, povertà, licenziamenti, criminalità, suicidi, senza tetto.
    “Eccellente sviluppo! Bravo Antonio!”(il primo ministro greco si chiama Antonio Samaras)

     “6 anni alle elementari, 3 al ginnasio, 3 anni al liceo, 5 anni di università e ora con tutti questi anni emigrante all’estero per trovare lavoro?”

     “Buio, dottore! Non vedo niente! Forse che mi è capitato un distacco della retina?”
    “Dimitri, ci vedi benissimo! La realtà è proprio questa!”

  • OLI 393: GRECIA – Il rebetiko di Vinicio Capossela


    Manolis Pappos

    Mercoledì 3 dicembre, in contemporanea in una sessantina di sale cinematografiche italiane, è stato proiettato «Indebito», il film-documentario di Vinicio Capossela ed Andrea Segre sulla Grecia e sulla musica rebetika.
    Il rebetiko, un genere nato verso la fine dell’800, ha il periodo d’oro tra i primi anni 20 e l’inizio della seconda guerra mondiale: suoi principali protagonisti sono i profughi greci espulsi dalla Turchia nel 1922, alla fine del conflitto greco-turco (1919-1922). Circa due milioni di persone, che si rifugiarono principalmente nei porti di Salonicco e del Pireo, portandosi dietro cultura e musica: i temi trattati non sono mai politici, si parla di alcool, droga, amore, prigione, ma il rebetiko è comunque inviso al potere. Sarà questa sua «alterità» rispetto alle varie dittature succedutesi in Grecia (da Metaxas negli anni 30 al regime dei colonnelli tra il 1967 ed il 1974), a conferire al genere grande popolarità, favorita anche dall’attenzione di musicisti «colti», quali Mikis Theodorakis e Manos Hatzidakis.

    Evghenios Voulgaris

    Non stupisce che Vinicio Capossela, uno dei più «curiosi» musicisti italiani, dopo più di dieci anni di frequentazione della Grecia e delle sue tradizioni musicali, abbia prodotto, in sequenza, un CD (Rebetiko Gymnastas), un libro (Tefteri, ‘il libro dei conti in sospeso’), ed ‘Indebito’, film-documentario, in cui diversi musicisti ci descrivono il loro rapporto con la musica, gli stati d’animo ad essa sottesi, e ci fanno ascoltare le loro voci e i loro strumenti nell’ambiente più naturale, le taverne di Atene, del Pireo, di Salonicco, tra un bicchiere di ouzo, o di tsipuro, e qualche mezes.
    La Grecia di oggi non è solo rebetiko è, ovviamente, crisi economica: realtà ingombrante che in ‘Indebito’, nonostante il titolo, fa appena capolino.

    Dimitris Mitsakidis

    Ma tra rebetiko e crisi c’è una relazione. Nato per dare voce al dolore e alla speranza, in altri anni difficili questo genere musicale è stato uno strumento culturale ed emotivo che ha aiutato le persone che vivevano al margine ad affrontare le difficoltà e a rivendicare la dignità di una cultura e di uno stile di vita.
    Oggi torna ad essere un rifugio per non scomparire unicamente nella depressione, una finestra poetica da cui guardare a se stessi e allo ‘pseftiko dounià’, al mondo menzognero in cui viviamo.
    Capossela sembra avere perfettamente interiorizzato il mood, lo stato d’animo che pervade chi suona e chi ascolta questa musica. Ma dire ‘ascolta’ è improprio: chi siede nelle taverne di certo non si limita ad ascoltare, ma canta, beve, mangia, parla, piange, e se raggiune lo stato d’animo giusto chiede ai musicisti di eseguire la canzone più amata e la balla. Questo continua a succedere, ovunque, in Grecia, e come viene detto nel film davvero tutti partecipano a questo rito: dalle ragazze e ragazzi giovanissimi, alle persone con ormai molti anni addosso.
    Non è quindi difficile condividere con Vinicio Capossela una delle frasi-chiave del film: «questa musica è rivoltosa perché accende in noi la consapevolezza che ogni attimo è eterno perché è l’ultimo, ed è quello che ci invidiano gli dei».
    (Ivo Ruello, le foto di Paola Pierantoni ritraggono tre dei musicisti presenti nel film)

  • OLI 387: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

    Titolo razzista del New York Times: “I Rom sono primitivi, o semplicemente poveri?”
    Immaginate se invece della parola “Rom” ci fosse la parola “Ebrei”, per rendervi conto di quanto è razzista il New York Times o semplicemente è stupido, o entrambi.
    Il titolo del New York Times è del 19 ottobre 2013.  http://www.nytimes.com/2013/10/20/sunday-review/are-the-roma-primitive-or-just-poor.html?hp&_r=3&

    La ragazzina dai capelli biondi tra i rom in Grecia: un articolo razzista della Reuters.
    L’articolo riguarda la scoperta di una ragazzina bionda tra i rom. Il razzismo dell’articolo è particolarmente grave considerando le attività violente di Alba Dorata contro i Rom, gli immigrati e la sinistra. La giornalista dà per scontato che la coppia Rom coinvolta sia colpevole. Non c’è alcun riferimento alla violenza della polizia e di Alba Dorata contro i Rom e l’articolo potrebbe essere preso per un pezzo di propaganda. L’articolo della Reuters del 19 ottobre 2013 è pubblicato da Yahoo http://news.yahoo.com/greece-riveted-mystery-blonde-angel-150842127.html

    II razzismo scioccante e crescente in Israele contro gli immigrati africani.
    Articolo di The Electronic Intifada del 18 ottobre sulla situazione degli immigrati africani in Israele: “Quando i ministri del governo israeliano incitano le folle infuriate, descrivendo gli africani come “cancro”, stanno semplicemente esprimendo un altro volto del razzismo che i palestinesi hanno sempre vissuto.” L’articolo è accompagnato da un video che, secondo l’autore, sarebbe stato commissionato dal New York Times ma, dopo averlo visionato, si sarebbe rifiutato di pubblicare. http://electronicintifada.net/blogs/ali-abunimah/watch-video-israeli-racism-new-york-times-didnt-want-you-see

    Ateismo in Egitto
    Ne parla Magdy Samaan in articolo su The ZAM Magazine del 17 ottobre 2013: “Ci sono decine di siti web e pagine di social media, in Egitto, che ora usano le parole atei e ateismo, tra i quali: «Atei egiziani», «Atei senza frontiere», «La Fratellanza degli Atei», «Atei contro le religioni», « Ateo e fiero», «Ateo egiziana» e «Io sono ateo». Internet, con aggiunta lo stato d’animo rivoluzionario, ha incoraggiato sempre più persone a rompere il silenzio in questo senso. Il movimento ha persino superato il relativo anonimato di Internet. Lo scorso febbraio, una delle moschee del Cairo ha ospitato un dibattito tra un gruppo di atei ed un gruppo di religiosi musulmani, la maggior parte dei partecipanti atei erano giovani.”
    http://www.zammagazine.com/chronicle-3/38-atheists-rise-in-egypt

    Due mesi di presidenza Rouhani (Iran), 5 anni di presidenza Obama
    Il New York Times, in un articolo del 17 ottobre, dice che gli iraniani, due mesi dopo l’insediamento del nuovo presidente Rouhani, sono ancora in attesa dei grandi cambiamenti: “Quattro mesi dopo l’elezione di Mr. Rouhani e due mesi dopo il suo insediamento come presidente, la gente qui nella capitale è ancora in attesa dei grandi cambiamenti alle quali aspira la maggior parte di loro.” Sono passati soltanto due mesi, ditemi se non è grossolana esagerazione? Ditemi, invece, se non si possa dire la stessa cosa, forse senza alcuna esagerazione, circa gli Stati Uniti: “Cinque anni dopo l’elezione di Obama ed il suo insediamento come presidente, la gente qui a Washington sono ancora in attesa dei grandi cambiamenti che aveva promesso.
    http://www.nytimes.com/2013/10/18/world/middleeast/hopeful-city-buoyed-by-campaign-vows-waits-for-change-in-iran.html?ref=todayspaper
    (Saleh Zaghloul)