Pomeriggio, due succhi di frutta in un bar di Via XX Settembre, pago 6 euro alla cassa, la signora mi consegna uno scontrino per un ammontare di 14 euro, replico: “questo scontrino non è mio”, lei, sul piano vicino alla cassa, cerca invano il mio tra una decina di scontrini un pò stropicciati, poi mi batte uno scontrino regolare da 6 euro. Bene, un errore.
Uscendo, su una colonna del bar vedo una grande scritta: “TRISTE ESEMPIO DI DISINFORMAZIONE?”, al di sotto la fotocopia di un articolo del Secolo XIX del 6 giugno, titolo: “Via Venti, caffè ‘corretto all’Iva’”, che denunciava la presenza negli scontrini del bar di una misteriosa voce “IVA 21%”. Nell’articolo i proprietari del locale replicavano che c’era stato un errore: si trattava del costo di un bicchiere d’acqua, battuto erroneamente sullo scontrino con una voce sbagliata. Il giorno successivo un nuovo articolo su Il Secolo XIX “E nel bar di Via Venti scompare l’Iva sul caffè”, rende conto della fine dell’errore, comunque a danno dei clienti.
Ma quanti errori … Freud, forse, parlerebbe di “atti mancati”.
(Ivo Ruello, foto dell’autore)
Categoria: Ivo Ruello
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OLI 349: SOCIETA’ – Freud e gli scontrini fiscali
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OLI 348: CITTA’ – Faber homeless?
In Oli 347 (*) Giovanna Profumo aveva commentato criticamente la “nuova casa” dei cantautori genovesi di Via del Campo 29 rosso.
Chi ha abbastanza anni ricorda le precedenti “case” di via del Campo, a partire dallo storico negozio di Mario Salvarani, contiguo a Porta dei Vacca, nei cui locali oggi si trova un’aula universitaria. Mario Salvarani, “un corpo da Hitchcock e una faccia un po’ come Totò”, come lo descriveva Gianni Tassio che lavorava con lui come commesso (**), vendeva dischi e strumenti musicali. Ricordo un negozio che, al sottoscritto allora quattordicenne, sembrava un po’ demodé, come una vecchia casa di campagna ingombra di mobili assortiti in maniera casuale: ma che fascino, tra quei vecchi banchi di legno consumato! Poi a Mario Salvarani seguì Gianni Tassio, il negozio fu ammodernato, in anni recenti si trasferì al 29 rosso, mantenendo comunque un carattere semplice, un po’ ruspante, che Gianni Tassio assicurava con la propria umanità e simpatia, offrendo al contempo un panorama completo sulla canzone d’autore locale. E questa è storia che non si ripete.
Giustamente Enzo Costa, nel suo commento all’articolo di OLI 347, rende merito alla giunta Vincenzi per aver evitato la chiusura definitiva del negozio di Tassio. Spiace però che tutto lo sforzo si sia risolto nel risultato poco esaltante che abbiamo sotto gli occhi: un luogo asettico, che non aiuta i visitatori ad entrare davvero in contatto né con la storia, né con la contemporaneità, della vita musicale genovese, e dove anche la chitarra “Esteve”, congelata nella sua teca di vetro, risulta incomprensibilmente estraniata e allontanata dal pubblico.Distrazione? Incompetenza? Carenza di capacità emotiva? In ogni caso un’occasione mancata. Sicuramente Faber, se fosse ancora tra noi, si aggirerebbe più volentieri nei vicoli circostanti, homeless tra le sue anime salve.
(*) http://www.olinews.info/2012/06/oli-347-citta-fabrizio-de-andre-in-un.html
(**) http://miziocontro.wordpress.com/2011/12/03/7-a-una-chitarra-al-cielo-un-negozio-in-posizione-strategica/
(Ivo Ruello – Foto dell’autore) -
OLI 346: COMUNE – Doria, Repetti, giunta: una telefonata cambia la vita
Qualcuno osserva: “Ma perché non l’ha chiamato? Insomma vede il suo nome sui giornali per un mese e non gli dà un colpo di telefono? Ma non ha senso! Bastava che lo chiamasse!”
Però, no. Dalla lettura di giornali pare non funzioni così la politica locale. Sembra invece caratterizzata da molti sussurri. Così è successo quando Burlando non parlava con Vincenzi e quando Vincenzi non veniva invitata a cena da Bersani e per quella passata alla storia come la cena dei bolliti, in cui si era parlato molto di sanità in assenza dell’assessore competente, Claudio Montaldo.
Una politica in cui gli interessati anche se diretti, non si parlano direttamente e si affidano a “amici” comuni o personalità della vita pubblica per comunicare. La stampa asseconda questo sistema, agendo da portavoce, mescolando tempi istituzionali e gossip politico. Così da parer fuori dal mondo anche a me, lettrice, che il direttore del Teatro Stabile Carlo Repetti potesse chiamare Doria.
Certo di cariche da vicesindaco non si può parlare al telefono, ma forse ha ragione chi suggerisce che un incontro vis a vis potevano concederselo.
Il piatto più amaro è riservato ai lettori di Repubblica, edizione genovese, il 2 e 3 giugno con l’intervista a Carlo Repetti e la relativa risposta di Marco Doria .
Il primo che – pur ammettendo di non aver “mai parlato” con il nuovo sindaco – dichiara che forse la sua presenza come vicesindaco era “troppo ingombrante” per Doria, “per età, esperienza amministrativa” e schiettezza. E aggiunge che il suo nome “è stato usato come coperchio di una pentola a pressione, il tam tam sulla giunta”, chiedendosi perché Doria non abbia avuto la cortesia di chiamarlo per avvisarlo che non se ne faceva nulla.
Doria che risponde all’intervista riconoscendo che il nome di Repetti gli era stato fatto dal Pd, che “trova irriguardoso” che venga ipotizzato che franchezza ed autonomia siano ragioni che possano indurlo a “non avvalersi della collaborazione di persone valide e competenti”, che non ha bisogno di yes men o yes women e che a fronte di “un compito impegnativo” – quello di formare una giunta – ha compiuto autonomamente scelte in maniera meditata, senza chiamare tutti quelli che la stampa citava come possibili assessori.Che il nuovo sindaco abbia agito in totale autonomia non ci sono dubbi. Giunta più nuova non ci poteva essere. Peccato che in squadra ci sia anche chi, “disgustato dall’attuale sistema politico”, non ha nemmeno votato ma esita a lasciare la propria occupazione per calarsi nel ruolo politico di assessore perché non può “stare fuori dal mercato per cinque anni”.
Peccato che Marco non abbia chiamato Carlo, e che Carlo non abbia chiamato Marco e che tutti i nomi che apparivano sui giornali non abbiano chiamato Marco perché, fedeli ai tempi istituzionali, aspettavano di essere chiamati.
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice e di Ivo Ruello) -
OLI 344: INFORMAZIONE – Il Doria conteso
Sono le 17,40 di lunedì 21 maggio, i risultati del ballottaggio per l’elezione a sindaco di Genova sono ormai acquisiti: ha vinto Marco Doria con circa il 60% dei voti. A Palazzo Tursi, nel salone di rappresentanza, per le varie emittenti televisive sono collocati diversi separè, in ognuno una/un giornalista, un cameramen, ed un tecnico attendono di poter effettuare l’intervista al sindaco e a Musso.
Al termine di un’intervista, Marco Doria viene condotto nello spazio dedicato alla RAI, il tecnico gli sistema l’auricolare, pare che tutto sia a posto, si parte: si avvicina un giornalista, anzi due, di RAI1 e RAI2, e comincia un duello su chi dei due dovrà intervistare il neosindaco. “Io sono in diretta!” “Ma questo è il mio spazio!” Uno smartphone cade, viene recuperato. Marco Doria assiste muto alla sfida, con l’aplomb che lo contraddistingue. Ad un certo punto arriva una giornalista di LA7: “Se non lo intervistate, me lo date, che sono in diretta!”, “me lo date” come se parlasse di un pezzo di formaggio, o di un cosciotto di agnello; gli uomini Rai non le danno ascolto, intenti alla contesa, che durerà alcuni minuti.Al termine, inizia l’intervista.(Ivo Ruello – foto dell’autore) -
OLI 344: CITTA’ – Palazzo Ducale, quando va in scena il sogno
Domenica 20 maggio: nel salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale a Genova, il Teatro Tascabile di Bergamo (TTB) mette in scena “Valse”, spettacolo di strada in cui quattro donne e quattro uomini su trampoli ballano con la musica di Strauss e Puccini. Il TTB, fondato nel 1972 da Renzo Vescovi, ha un ricco repertorio, articolato tra teatro di sala, spettacoli di strada, progetti per le scuole, al suo attivo vanta numerose tournée in Italia e nel mondo. Queste informazioni, tratte dal sito del TTB, non rendono però assolutamente merito ad uno spettacolo come “Valse”, né tantomeno possono restituire la magica e poetica atmosfera che ha conquistato domenica il pubblico di Palazzo Ducale. Nel salone del Maggior Consiglio lo spazio è in gran parte tenuto vuoto, destinato agli attori-danzatori della compagnia, mentre il folto pubblico, seduto, in piedi, a terra, accalca l’esigua porzione rimasta: inizia la musica, otto “giocolieri” fanno il loro ingresso, poco di meno di quattro metri di altezza ciascuno, figure deformate dalla vita in giù, gli abiti da sera nascondono i trampoli arrivando quasi fino a terra, ad altezza “umana”, dove altri due attori della compagnia, un maestro di cerimonia ed una fanciulla con un enorme palloncino, costituiscono quasi un trait d’union tra noi e loro: lassù va in scena un ballo, si balla, si scherza, ci si ubriaca, si cambia partner, il tutto con movimenti ora flessuosi ora acrobatici che metterebbero in difficoltà molti dei nostri “normali” arti inferiori, dotati di banali calzature, magari firmate.
All’improvviso, un lieve imprevisto, la fanciulla col palloncino scivola, cade nel mezzo del salone, si rialza immediatamente, non è successo nulla, ma la caduta pare accrescere la distanza tra il cielo e la terra, solo un “umano” può inciampare, lassù resta l’eleganza irreale dei ballerini, i profili stagliati contro il soffitto del salone. Un amico, all’uscita, li definirà “trampolieri”, termine suggestivo, che ben definisce gli artisti che domenica ci hanno regalato un sogno.
(Ivo Ruello, foto internet) -
OLI 343: IMMIGRAZIONE – Genova, Everyone is welcome
La recente apertura, in vico Croce Bianca a Genova del PADISS (Progetto Accoglienza Diurna Inclusione Sociale Sanitaria) era stata riportata nelle pagine genovesi de La Repubblica del 27 aprile scorso: il centro, nato da un progetto finanziato dal Ministero dell’Interno con il Fondo Europeo per l’Immigrazione, è gestito dalla Onlus Afet Aquilone con la cooperativa Mater Domina, e fornisce agli immigrati servizi di vario tipo, dalla doccia, al bucato, al barbiere, per arrivare a corsi di lingua, orientamento al lavoro e consulenza legale. “Everyone is welcome”, recitano i volantini affissi all’ingresso del PADISS, ognuno è il benvenuto: deve solamente fornire età, nazionalità e “nickname”, soprannome, per accedere ai servizi. Arrivano soprattutto uomini, dal Maghreb, ma recentemente anche un gruppo di donne maghrebine ha chiesto ospitalità per le proprie riunioni.
Lo scorso 4 maggio l’incontro svoltosi al PADISS con il Senatore Ignazio Marino ha permesso di fare il punto della situazione: secondo le parole di Rossella Ridella, responsabile del progetto, è stato stabilito un rapporto con l’ASL per le informazioni sul Servizio Sanitario Nazionale, con le associazioni Camici e Pigiami, e Ambulatorio Internazionale di Città Aperta, ma l’ambizione del centro è ampliare la rete di collaborazioni.
Dagli interventi del dibattito che si è volto tra il pubblico (composto in prevalenza da operatori del settore), è emersa pricipalmente la difficoltà per gli immigrati, anche regolari, di accedere alla medicina di base, provocando come conseguenza, da un lato l’utilizzo spesso improprio delle strutture di Pronto Soccorso, dall’altro lato il ricorso obbligato al volontariato.Per affrontare meglio questi problemi, affermano i responsabili del centro, si sta cercando di ampliare le collaborazioni con medici di base ed altre associazioni: a volte però ciò non è stato possibile.
Ad esempio il tentativo di stabilire rapporti con i medici di base non è stato certamente favorito dall’Ordine dei Medici, preoccupato che ciò potesse privilegiare i medici più “disponibili”.Come non è stato possibile fondare una sezione genovese dell’associazione Avvocato di Strada, a cui non è stato fornito alcun riscontro da parte dell’Ordine degli Avvocati.
Se il centro PADISS di vico Croce Bianca costituisce una realtà sicuramente virtuosa, dove le energie sane della società collaborano, intristisce la sostanziale indifferenza di questi ordini professionali. Perché non abolirli, finalmente?
(Ivo Ruello – foto dell’autore) -
OLI 342: ELEZIONI – Marco Doria e l’appoggio del Pd
I dati sono chiari: il gap fra la percentuale di coalizione dei partiti per “Marco Doria candidato sindaco” e le preferenze per Marco Doria è di quasi il 3 per cento, tanto quanto sarebbe bastato per passare al primo turno. La sensazione sempre sotto traccia che non si stesse facendo tutto il possibile da parte di tutti i partiti la si è avuta anche nel piccolo, nei quartieri, tra la gente.
Tanti i banchetti o i volantinaggi. C’era chi propagandava la sua opposizione a Monti, il referendum contro il finanziamento dei partiti e siede a Tursi o in Regione ma non accenna a Doria.Chi parlava di sicurezza e valori socialisti, chi si è chiamato fuori e poi si è accodato con distinguo eppure era in Sala Rossa da quel dì, chi diceva che il risultato delle primarie è sacrosanto.. bla bla. Sono circolate molte mail di candidati al Consiglio comunale della coalizione, spesso nemmeno una parola sul futuro sindaco, al più in chiusura del “mi candido perché”.
Così meno di dieci circoli Pd in città hanno invitato Doria e non si sono viste manifestazioni per appoggiarlo. Tanti incontri per Doria con cittadini, associazioni, categorie e in giro aperitivi di singoli aspiranti, accompagnati dal padrino di turno per il proprio cantuccio elettorale. Si porta voti, vero, ma per chi?Dunque diciamolo chiaramente: si è fatta campagna per il Partito e meno per Marco Doria. Nella speranza nemmeno tanto peregrina che il gruppo forte a Tursi avrebbe avuto magari non tutte le stesse facce, sicuramente lo stesso “scudetto”. E così forse sarà. Se il ballottaggio vedrà vincente Doria, che con le sue liste ha raggiunto l’11 e mezzo per cento contro il 24 per cento circa del Pd,
il professore che sorride poco, sorriderà ancor meno perchè dovrà vedersela con il partito a cui ha stravolto le primarie e che è di nuovo maggioranza: neppure con Sinistra ecologia e libertà riuscirà a decidere in solitaria.
Strano destino: magari un aiutino non desiderato potrà arrivare dal Movimento 5 Stelle, che dichiarano essersi posti a mastini di guardia in sala Rossa.
C’è molto da lavorare. A meno non si avveri ciò che molto maldestramente il giornalista di Primocanale ha insinuato nel domandare ad Enrico Musso se pensa di “rubare voti anche presso quella parte del Pd che ha votato Doria perché di centro sinistra, ma non è tanto contento di sostenere la sua candidatura e potrebbe pensare ad un candidato più moderato, facendo riferimento a quella parte di partito democratico che in studio è rappresentata…” Ed a quel punto Roberta Pinotti, presente in studio per commentare i risultati, lo interrompe indignata e se ne va, chiarendo che lei avrebbe sostenuto lealmente chi aveva vinto le Primarie.
Imbarazzo e sorrisetti del candidato di destra. Tutto pare poi si sia ricomposto, visto che Pinotti è di nuovo lì, ma gli elettori di centro sinistra si chiedono perché sia stata “inviata” proprio la senatrice a rappresentarli in tv: gli inviti si può sempre declinarli.
(Bianca Vergati – foto di Ivo Ruello)










