Alla fine fu un atroce inganno e quello che parve a molti uno straordinario progetto di rinascita cultuale e politica si trasformò in una trappola tesa dal leader per individuare coloro che dissentivano.
Per questo leggere su Il fatto quotidiano del 29 giugno il titolo “Contro Renzi neocentrista una sinistra dei cento fiori” non sembra esattamente propedeutico alla fortuna del progetto.
Certo qualcosa bisogna comunicare, e dev’essere questo motivo che ha spinto Cofferati a scegliere la metafora della primavera cinese per lanciare l’idea che porterà in campo le energie di “chi ancora non c’è e chi si è allontanato”.
Alla sua generazione Cofferati assegna il compito di mettere a disposizione “l’esperienza” ricordando che “c’è bisogno del protagonismo dei giovani”, comunque, prima o poi, è sempre lì che si approda.
Alla festa nazionale della Fiom, dichiara Cofferati, si è parlato di “beni comuni, land grabbing, diritti della rete” ed è dai valori di riferimento che bisogna partire
Quindi, proprio nel momento in cui torna in edicola L’Unità ed anche le feste del PD si riappropriano del nome della testata – la parola “unità” per un certo periodo fu cancellata da solerti funzionari – viene lanciato il cantiere della nuova casa ché quella originaria è stata squattata.
Non è in agenda un bilancio politico del perché un partito con una storia così importante non sia stato presidiato, per essere ceduto a chi ne massacra ideali, magari riflettendo sul fatto che aver definito il PD “ditta” non faceva onore alla storia ed ai fini nobili dell’impresa, parafrasando le metafore aziendali.
Civati, compagno di esodo di Cofferati e Fassina, ha già un sito della nuova creatura battezzata “Possibile”, un prodotto politico dal marketing accattivante ma dai contenuti ancora un po’ vaghi.
Il rischio che si corre è che si metta in scena il gioco delle tre tavolette, imbarcando nel progetto volpi di partito che, quando dovevano proporre e presidiare, non l’hanno fatto.
Se è vero che a sinistra c’è una prateria da esplorare, sarebbe interessante capire perché Rete a Sinistra, che in Liguria ha fatto una dura campagna contro il PD, non abbia colto la sfida di dare il proprio voto per la Vice Presidenza del Consiglio Regionale ad Alice Salvatore di M5S, favorendo invece la carica di Pippo Rossetti, mentre a livello nazionale proprio Civati, referente politico di Rete a Sinistra, non disdegna il sostegno a M5S per promuovere i 7 referendum contro leggi volute dal PD di governo. Mistero
Nel frattempo, per il rotto della cuffia, Toti ha salvato il progetto “codice d’argento”, che garantisce l’assistenza domiciliare estiva a famiglie “economicamente fragili” che stava per saltare perché la giunta precedente, dopo averlo messo a bilancio, non aveva deliberato. La vicenda, sulle pagine locali per qualche giorno, ha registrato anche le dichiarazioni fatte al Secolo XIX da Anna Banchero – ex-coordinatrice nazionale dei progetti regionali destinati agli anziani – che, mentre stavano per saltare i fondi, ha dichiarato: “Questa non gliela perdonerò mai, parlo della giunta Burlando. Hanno dato contributi a cani e porci, e non sono stati in grado di trovare 200 mila euro per mandare avanti un progetto che ci invidia mezza Italia”.
Cani e porci. Chissà a chi si riferiva. Chissà che la sinistra dei 100 fiori non voglia approfondire.
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice)
Categoria: Claudio Burlando
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OLI 427: POLITICA – La sinistra dei 100 fiori, i cani e i porci
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OLI 426: SANITA’ – I precari cronici e le promesse della politica
20 maggio 2015. E’ alla manifestazione per lo sciopero della Cgil contro il Jobs Act che tra striscioni istituzionali si distingue, come un lenzuolo al sole, quello dei precari del Gaslini, iscritti al Nidil e temporanei cronici. In uno degli ospedali pediatrici più famosi d’Italia sono “centoventi ricercatori – tra biologi, biotecnologi, tecnici di laboratorio, data manager” – come spiega Patrizia De Marco, la loro portavoce – con un’anzianità da precariato di dieci, quindici anni con picchi che possono arrivare ai trentatre”. In tanti anni pochissimi concorsi, assenza di finanziamenti e volontà politica hanno generato questo vulnus al quale però il Gaslini attinge per vantare, anche all’estero, i progetti di ricerca del proprio istituto. Loro chiedono di essere stabilizzati, molti hanno fatto dei concorsi, ed hanno tutte le carte in regola. Ma fino ad oggi hanno ricevuto solo promesse, De Marco, delegata Nidil (Nuove Identità di Lavoro), parla “dell’assessore Montaldo, del presidente Burlando che hanno promesso un impegno nella stabilizzazione” delle loro figure professionali, ma in dieci anni di giunta “non hanno fatto assolutamente nulla” se non concedere delle deroghe senza sostenerle economicamente. E chi è entrato è stato grazie ai finanziamenti che l’istituto ha ottenuto autonomamente.
Al Gaslini arrivano anche bambini dal Centro e dal Sud e bambini stranieri per curare patologie uniche, De Marco si occupa della ricerca sulla spina bifida, ma i contratti possono essere rinnovati in base “alla disponibilità economica” dei capi servizio, e ai fondi disponibili.
C’è la precaria del San Martino-Ist da 25 anni che per tre mesi quest’anno è rimasta a casa, senza contratto. In tutto sono una ottantina, ma il numero è fluttuante perché c’è chi va e chi viene. Normalmente sono sei, otto mesi di contratto, al San Martino ottenere un contratto di un anno è un lusso.In corteo la parola finanziamenti assume contorni più definiti con loro che ti accompagnano tra le tipologie di finanziamenti per la ricerca: quelli finalizzati, del Ministero della Salute – quotati in base alla produttività scientifica dell’istituto, tradotto numero di pubblicazioni su riviste scientifiche di alto livello; ma spesso quei soldi vengono dirottati per pagare le persone strutturate. E i fondi finanziati da fondazioni private – San Paolo, associazioni per la ricerca su patologie specifiche, Airc – finanziamenti che quando finiscono vedono i ricercatori bloccati nel loro lavoro. Inoltre il cda del Gaslini, nel 2011, ha deliberato che i ricercatori non possono avere contratti per più di cinque anni, questo nell’ottica di favorirne la regolarizzazione. Quindi a giugno 2016, 49 persone rischiano di non poter più lavorare al Gaslini perché nel frattempo nessuna assunzione è stata prodotta e i cinque anni saranno finiti. Anche lo screening neonatale al Gaslini è affidato a precari: chi si occupa della diagnosi precoce di alcune malattie “dal 1 settembre 2001” ha subito ogni forma di contratto esistente: dalle borse di studio, ai contratti co.co.co alle prestazioni occasionali nonostante il lavoro svolto fosse sempre lo stesso. Il contratto scadrà tra un anno ed è coordinatrice, precaria, di laboratorio. Quello della collega ha un rinnovo di otto mesi. Fanno decine di migliaia di esami all’anno.
Il voto per le Regionali? Non sanno. Ma il manifesto con il quale Burlando garantiva la ricerca in Liguria quello no, non lo hanno dimenticato. Lei si chiamava Paola.
(Giovanna Profumo – immagini dell’autrice e da internet) -
OLI 409: ILVA – Al tempo di Burlando
I Rom sono stati fatti spostare. Alloggiati in corridoio. Praticamente un’unghia che, nella mappa delle aree di Cornigliano, si colloca tra Via Muratori e la palazzina della Film Commission, quella che un tempo ospitava la mitica direzione delle Acciaierie. Il corridoio è transennato. Nomadi, roulotte suppellettili sono tutti lì, circondati da una cancellata. Lontani dagli occhi, lontani dal cuore. Certo, non abitano più sul ciglio della strada, quindi, il rischio che un bambino finisca sotto una macchina, almeno sulla carta, dovrebbe essere ridotto.
Da lì all’accesso Est dell’Ilva il paesaggio è lunare: aree spelacchiate, lego di container colorati, il cantiere della strada a mare, cumuli di terra.
Dentro allo stabilimento il paesaggio è emotivo. Scandito, soprattutto, da articoli di stampa e voci da macchinetta del caffè. Si accenna ad una delegazione di siderurgici indiani venuta in visita in fabbrica, e si teme, dopo l’allontanamento di Enrico Bondi, che l’Ilva si avvii ad un rapido spacchettamento nei vari siti produttivi, per essere messa sul mercato, non come corpo organico ma a pezzi. Ipotesi, timori che si aggiungono alla preoccupazione che al 10 luglio non ci siano risorse per pagare gli stipendi
Puntuali le dichiarazioni del sindacato, senza salario millesettecento persone a Genova e 12mila nel territorio nazionale possono “diventare un problema”. Le modalità sono note alle prefetture, il copione già scritto.
La scelta governativa di sostituire Bondi con Gnudi costringe adesso a tornare ai blocchi di partenza cestinando un piano che presupponeva un investimento di capitale per il 2014 da 1,8 miliardi e una necessità di cassa da 3,5 miliardi. Cifre inimmaginabili senza un impegno concreto dello stato. Ma questo si sapeva. Come a Genova i dipendenti sanno che, a fine settembre,scadono i contratti di solidarietà e allora il governo dovrà immaginare qualcosa, visto che la creatività non difetta.
All’Ilva, si è accennato anche durante la tormentata assemblea di Confindustria il 30 giugno. In agenda: “I perché di un insuccesso – Evitare gli errori di ieri per le scelte di oggi”. Ma sono state allusioni a tavoli, ad aziende interessate, a ipotetici soggetti. E a “pezzettini” ha detto Burlando “che si liberano di Piaggio e di Ilva” sui quali qualche imprenditore potrebbe voler investire. Tutto di una vaghezza disarmante.
Poi, Burlando, riferendosi a certe dinamiche di Confindustria di cui pare sia stata vittima la sua azione politica, ha dichiarato: “io non ho più tempo da perdere”.
Davvero?(Giovanna Profumo – Foto dell’autrice)
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OLI 384: POLITICA – Un Piano per le regionali
Non si può certo dire che Genova non sia una fabbrica di idee. Considerata la chiusura delle fabbriche vere è un privilegio avere una classe politica così feconda di progetti e cantieri. E non ha nessuna importanza che per amministrare il quotidiano – vedi manutenzione strade, territorio, scuole, sanità, sicurezza – le risorse siano inesistenti, quando escono sulla stampa lenzuolate di grandi progetti e investimenti faraonici corredati dalla narrazione di incontri tra il nostro archistar Renzo Piano e Claudio Burlando.
Come ha ricordato Piero Ottone su Repubblica il 14 giugno, il primo Affresco dell’architetto fu presentato nel 2004 ma poi “Lo si è deliberatamente messo da parte perché disturbava interessi costituiti, posizioni di potere, che non volevano nessuna riforma, nessun cambiamento”.
Del primo Waterfront, Manlio Calegari aveva scritto su Oli, i suoi pezzi sono una fonte utile per comprendere dinamiche ed errori del passato.Ma oggi Piano non è stato coinvolto solo per il porto, ma anche per la sanità, durante un incontro con i direttori di Asl e Regione – di cui ha dato notizia Repubblica – nel quale ha presentato il suo progetto di ospedale ideale, immerso nel verde dove dovrebbero esserci “quattrocento metri quadri per ogni posto letto”. E’ stata una lezione “sull’ospedale modello” dove massima è l’attenzione agli aspetti umani, al rapporto di paziente e famiglia con il personale sanitario. L’esatto contrario di quanto avviene in molti reparti della regione. Burlando ha precisato che ha coinvolto Piano perché cercheranno di fare strutture nuove come l’ospedale di Taggia, il Galliera, quello del Ponente genovese e il San Martino, che Piano dichiara non va buttato via perché “è un capitale pazzesco”.
Ma non è finita qui. Il presidente Burlando spera che Piano possa coprire il ruolo di ambasciatore di Genova all’Expo 2015.
C’è nell’aria una brezza – non ancora un Maestrale – di elezioni regionali, previste proprio tra due anni, meglio prepararsi per tempo.Poi ci sono Gronda e Terzo Valico, praticamente il Santo Graal, le opere destinate a sfamare eserciti di edili – ma siamo sicuri che siano liguri? – anche se incerto è il loro effetto su un territorio estremamente fragile.
In questo scenario scoppiettante le aree di Cornigliano – per intenderci, quelle restituite alla città e in parte consegnate a Spinelli – sono di una desolazione disarmante e nulla è stato fatto, salvo arredare con dei giochi per bambini il piccolo polmone verde di villa Bombrini.
Mentre le aree produttive si stanno inesorabilmente svuotando, sorge il dubbio che non saranno la Gronda e il Terzo Valico a farle riempire, in assenza di un modello di sviluppo serio, con il rischio che queste opere facciano la fine di Malpensa 2000.
Ora si capisce perfettamente la necessità di predisporre il futuro, ma visti gli obbiettivi raggiunti e le occasioni sprecate e questo scollamento dalla realtà, siamo certi che Burlando e compagni siano ancora i politici di sinistra più adatti per rappresentare l’elettorato e guidare la Liguria?
E Renzo Piano perché è così generoso da cascarci una seconda volta?
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice) -
OLI 368: LIGURIA – Derivati, le regole della politica e quelle dei cittadini
Foto da internet La minaccia “derivati” ha fatto sentire i suoi effetti – dal passato – anche sul Comune di Genova. La miccia è stata accesa da Il Giornale, che ne ha ricavato un’inchiesta pubblicata a partire dall’8 febbraio con l’articolo d’esordio “Il Monte dei Paschi anche a Palazzo Tursi: 118 milioni di derivati” (8/2/2013). Lo si ricorda per i lettori inesperti di ingegneria finanziaria: il derivato è uno strumento, un contratto, un accordo il quale lega il suo valore a quello di un’attività. Nel caso dei derivati acquistati dal Comune di Genova, ci si basa sull’oscillazione dei tassi di interesse dei mutui. Ritornando al caso di Genova, Il Giornale ha sollecitato l’intervento dell’assessore al Bilancio Miceli che ha dichiarato “Si tratta di due contratti, il primo stipulato nel 2002 con Unicredit per un valore di 7.272.000 euro, il secondo stipulato con Bnl nel 2001 per 13.066.882 euro con scadenza 2020” (“Derivati, la Corte vuol fare i conti col Comune”, Il Giornale 9/2/13). Sull’onda dell’inchiesta, la Lega ha proposto un’interrogazione comunale, non ammessa per ora a discussione (Il Giornale 13/2/2013). Il modo di riportare le notizie segue l’orientamento ideologico della testata, tanto che Il Giornale in un primo momento minimizza il fatto che i derivati risalgano alla giunta Pericu, rimarcando le responsabilità a riguardo dell’attuale amministrazione, mentre in altri articoli gioca sul fatto che i derivati non siano stati annullati immediatamente dal Comune, ma – contemporaneamente – una sentenza del Tar Toscana solleva questioni che sono d’ostacolo alla possibilità per le P.A. di liberarsene (“Swap impossibili da annullare”, Il Sole 24 Ore 23/2/2013). Il Secolo XIX si occupa della questione e riporta la dichiarazione di Miceli, secondo cui “si tratta, come si è detto, di due contratti senza rischi occulti o non prevedibili, che hanno sole finalità di tutela da forti oscillazioni dei tassi, per cui si valuta che in questo momento non sia conveniente rescindere questi contratti per il pagamento delle penali” (Il Secolo XIX 1/3/2013). Rimane invece silenziosa sull’argomento la Repubblica – Lavoro. L’alone di mistero che sembra comunque continuare a circondare la faccenda (a quanto ammontano le penali che impediscono di rescindere da un contratto in cui il comune, comunque, è in perdita?) riporta alla mente vicende di simili derive e simili misteri: i derivati non sono una novità per la Liguria: nel 2011 la giunta Vincenzi aveva chiuso un contratto con BNP Paribas, che costava 24 milioni di euro soltanto di interessi e che era stato siglato poco prima del suo insediamento, ancora sotto la giunta Pericu. Nel 2007 invece era stata la Regione a finire nei pasticci: un ex impiegato della banca giapponese Nomura a Londra aveva denunciato enormi ricavi ottenuti da un prestito della Regione Liguria nel 2006, (Il Secolo XIX, 6 aprile 2007, vedi anche OLI 160). Anche in quel caso, l’accordo era circondato dal massimo segreto e riserbo: il governatore Burlando dichiarava di dover seguire le “regole”. Ma non si riferiva a quelle che tutelano il diritto dei cittadini di sapere e di pretendere trasparenza, bensì a quelle contenute nei contratti ed imposte dalle banche. Ritornando al presente, al momento il sito del comune non riporta alcuna indicazione riguardo alla stipula dei contratti derivati: la trasparenza rimane uno dei punti più dolenti delle iniziative finanziarie ad alto e medio rischio intraprese dalle pubbliche amministrazioni.
(Eleana Marullo – foto da internet) -
OLI 359: DONNE – Femminicidio: la rete delle donne muove la politica
Il 28 novembre, nella sala Consiliare della Provincia, è avvenuto l’incontro della “Rete di donne per la politica” e di “Se non ora quando” con il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando, il sindaco di Genova Marco Doria e l’assessora regionale Rambaudi (vedi Oli 358, “Burlando, Doria e la rete delle donne“).Le donne ottengono un importante risultato: l’adesione di Regione e Comune alla Convenzione “No more”; l’aumento – previa approvazione del Consiglio Regionale – da 120.000 a 300.000 euro del fondo per i centri anti violenza, e l’impegno a salvaguardarne il sistema di ‘rete’ costruito in questi anni sul territorio dalla Provincia di Genova: centri anti-violenza, strutture di accoglienza, pronti soccorso, forze dell’ordine, servizi sociali, psicologi.
Ma al centro dell’incontro c’era anche l’aspetto politico e culturale e nell’affollata sala della Provincia sono stati espressi pensieri impegnativi. Anna Pesenti dell’Udi parla della violenza della negazione: quella di presentare come casi di ‘malamore’, e non come fatto politico, la violenza verso le donne, o quella della cancellazione dai libri di storia dello sguardo femminile, che produce un racconto non solo incompleto, ma falso: “le guerre non si raccontano così”. Poi Pesenti parla del ‘brivido’ che prova quando sente la parola famiglia, “perché è un coperchio su una pentola che ribolle”, e dice che dovremmo pensare a famiglie non solo ‘di sangue’.Silvia Neonato, consapevole della difficoltà del confronto, offre una sponda alle emozioni in campo sottolineando la diversità, rispetto ad altri temi di confronto politico, di quello della violenza verso le donne perché “suscita imbarazzi, vergogna, aggressività, impotenza”.
Una donna del ‘Gruppo donne di Oregina’ che si occupa di Teologia femminista interviene indicando la responsabilità della gerachia cattolica nella diffusione della violenza di genere.Nella discussione acquista evidenza anche l’inizio di una riflessione maschile che cresce nei gruppi “Maschile plurale”, “Uomini in cammino”, in quello degli uomini ex clienti di prostitute, nei centri di ascolto per uomini che usano violenza nelle relazioni di intimità.Anche gli amministratori accompagnano i loro impegni con riflessioni politiche. Burlando denuncia l’assenza, nell’azione del Governo, di qualsiasi riflessione e ‘cognizione’ dei costi in termini di perdita di coesione sociale che stiamo pagando a causa delle politiche di restrizione della spesa. In questa situazione mettere in campo una rete che permetta alla violenza verso le donne di venire alla luce è tanto più importante in quanto è difficile acquisire consenso, in tempi di ristrettezze, nel mettere risorse in un settore in cui ‘non c’è allarme sociale’.Doria avverte che Regione e Comune sono ormai diventate istituzioni fragili, colpite da uno scarto sempre più grande tra risorse disponibili e necessità di dare risposte.L’assessora Rambaudi sottolinea la necessità di promuovere cultura, fino dalla età primissima. Ringrazia la rete delle associazioni delle donne appunto per questo, perché in diverse forme “tutti i giorni fanno cultura”. Indispensable inoltre rafforzare una filiera di servizi in rete, e creare sul territorio punti di ascolto “dove ci sono non operatori, ma associazioni di donne che veicolano il rapporto con i servizi”. Forse più a suo agio dei suoi colleghi, Lorena Rambaudi offre anche qualche sorriso.
Un appuntamento importante ora è per lunedì 10 dicembre alle 11 presso il “Tempio laico” al Cimitero di Staglieno dove, aderendo ad una proposta di “Usciamo dal silenzio”, il Comune scoprirà una targa “In memoria di tutte le donne morte per mano violenta di chi diceva di amarle. Perché le loro storie non affondino nel silenzio, ma risveglino coscienze e civiltà. Il Comune di Genova contro il femminicidio“. Interverranno l’assessora Fiorini e le donne della “rete”.(Paola Pierantoni – Foto dell’autrice) -
OLI 358: LETTERE – 28 novembre: Burlando, Doria e la rete delle donne
Cara Oli,
vi scrivo per informare che “La rete di donne per la politica” mercoledì 28 novembre in Provincia (Sala Consiliare, ore 17, Largo Lanfranco 1) incontra il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando e il sindaco di Genova Marco Doria per parlare di violenza maschile sulle donne.
Durante l’incontro, aperto al pubblico e a cui intervengono tra le altre Lidia Menapace e Rosangela Pesenti, la Rete, che raccoglie venti associazioni cittadine, chiederà al presidente e al sindaco di continuare a sovvenzionare i centri pubblici e privati operanti nella nostra Regione e di inserire nella loro agenda politica la Convenzione “No More” contro la violenza maschile sulle donne.La Convenzione No More – promossa da molte associazioni tra cui quelle impegnate nell’aiuto alle donne maltrattate e ai loro figli – chiede allo Stato italiano e a tutte le istituzioni di prevenire e combattere la violenza contro le donne, finanziando, prima di tutto, i molti Centri nei quali si sono già create competenze preziose. La Rete di Donne per la Politica si batte per l’applicazione di No More segnalando che sia le Nazioni Unite sia il Cedaw (Comitato internazionale per l’eliminazione di ogni discriminazione delle donne) hanno redarguito nel 2011 e 2012 lo Stato italiano per il suo scarso impegno nel contrastare la violenza contro le donne.
In Liguria esistono centri pubblici (istituiti dalla Regione con la legge 12 del 2007) e centri privati. La Rete ha già incontrato il 19 novembre l’assessore regionale Lorena Rambaudi che si è impegnata a sostenere la legge 12 investendo risorse finanziarie e progettuali nei Centri antiviolenza. Nel 2012 in Italia oltre cento donne sono state uccise da un uomo che nel 70 per cento dei casi conoscevano e avevano anche amato: il marito o ex marito, l’ex fidanzato, l’ex compagno, il padre, un altro parente. Nel 2011 sono state 137, significa una donna uccisa ogni 2 giorni.
La Rete di Donne per la Politica è punto di incrocio di molte associazioni o gruppi: Laboratorio politico di donne, UDI Genova 25 novembre 2008, Generazioni di donne, Marea, UDI Genova Biblioteca Margherita Ferro, Società per Azioni Politiche di Donne, Coordinamento Donne CGIL Genova e Liguria, Coordinamento pari opportunità UIL di Genova e della Liguria, Asociazione Usciamo dal silenzio, Rete delle donne per la rivoluzione gentile, AIED, Archinaute, Laboratorio AG-AboutGender, Co.Li.Do.Lat, Legendaria, Gruppo Mafalda Sampierdarena, Il Cerchio delle Relazioni, Arcilesbica, Rete 194.
Vi ringrazio dell’ospitalità, e mi auguro che le lettrici e i lettori di Oli raccolgano l’invito.
(Silvia Neonato – Foto di Paola Pierantoni)