Categoria: Marco Doria

  • OLI 427: COMUNE – Un bilancio partecipato?

    Sarà che probabilmente nelle linee programmatiche della giunta Doria non si trova nulla di specifico nella parte relativa alle finanze, ma le promesse della campagna del 2012 di aprire il comune alla partecipazione oggi si risolve, addirittura, in una specie di marcia forzata di soli 15 giorni per la votazione del bilancio 2015. E il percorso non riguarda solamente i documenti programmatici di bilancio, ma anche una serie di regolamenti e di delibere che interessano il Piano triennale dei lavori pubblici (224 milioni di euro in tre anni), il regolamento e i coefficienti IMU e TASI, il piano finanziario di Amiu e relativo regolamento e tariffe TARI (226 milioni di euro per il 2014),
    Tutto questo ha girato per pochi giorni anche nei Municipi, che si sono lamentati del poco tempo a disposizione per lo studio e la votazione del parere (comunque favorevole di tutti).
    Anche il percorso istituzionale in Comune ha segnalato dei cambiamenti che ripercorrono le fiducie proposte da Renzi in Parlamento: quest’anno nessuna commissione con le associazioni e i comitati cittadini per i lavori pubblici, una commissione “farsa” di poche ore per ascoltare tutti quelli che hanno risposto alla chiamata di lunedi mattina (Ascom e qualche altra associazione) su IMU, TASI, TARI, seduta tra l’altro sollecitata battendo i pugni dalla opposizione. Così come un’ultima commissione sul bilancio vero e proprio è stata nuovamente richiesta dall’opposizione un torrido giovedi pomeriggio, prima della chiamata in aula della delibera.
    Con questo nuovo metodo, inaugurato dopo la delibera della Gronda (con la quale Doria ha di fatto consegnato l’inutile opera autostradale alla conferenza dei servizi, ossia all’organo che ne delibererà la costruzione) e proseguito con la recente delibera sul trasferimento del personale tra partecipate (che ha richiesto ben tre consigli per essere votata per mancanza del numero legale), Doria ha consegnato la sua amministrazione in mano ai poteri forti della regione e ha escluso qualsiasi forma di partecipazione ed opposizione dalla sua amministrazione.
    Mentre a Parma il Consiglio dei 500 messo sù da Pizzarotti si prepara al percorso partecipativo che si pronuncerà sull’ingrandimento dell’inceneritore richiesto da Iren per bruciare, tra l’altro, i rifiuti liguri provenienti anche da quella Genova che per anni si è addormentata sulla propria discarica, subendone adesso le temibili conseguenze economiche e soprattutto ambientali.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 420: COMUNE – Mare, monti e molto affetto

    Nella mestizia generale che, come una cappa, avvolge Genova per agenti, non solo atmosferici, può strappare un sorriso la lettura dei quotidiani.
    Due interventi meritano la palma per originalità.
    Il primo è del sindaco Marco Doria che, intervistato dal Secolo XIX, sulla vicenda Costa dichiara “siamo di fronte ad una società che non ha nessun affetto per Genova”, “una multinazionale le cui scelte sono totalmente anaffettive” . La mente cerca di ricordare quali aziende, negli ultimi anni, abbiano dato prova di un coinvolgimento che non fosse spinto dal profitto o dagli interessi economici. La stessa Costa, azienda in mano ad una storica famiglia genovese, è stata ceduta dalla proprietà ad una società americana anteponendo interessi di famiglia ad italianità del brand. Per non parlare del Secolo XIX, quotidiano che ospita l’intervista, probabile vittima di futuri tagli, dopo che la famiglia Perrone ha ceduto il 77% a John Elkann.
    E’ un fatto, purtroppo, che la dimensione affettiva ha poco a che fare con le decisioni aziendali e che, spesso, dipende dai lavoratori – Thyssen, Fiat, Indesit, Ilva sono dolorosi esempi– difendere con gli strumenti che hanno il proprio posto di lavoro o quello che ne resta. Alla politica il compito di mediatore serio e l’autorevolezza per valorizzare quello che c’è in risorse, competenze, capacità nelle aziende genovesi magari cercando di conoscere un po’ meglio i diversi contesti ed i problemi delle società che sono chiamati a tutelare.
    Il secondo intervento è di Emanuele Piazza, neo-assessore renziano all’Economia e al Patrimonio del Comune di Genova che, intervistato da Repubblica, presenta il suo ventaglio di idee e suggestioni spaziando dal futuro lavoro per gli ex dipendenti ILVA – sono già ex i cassintegrati del siderurgico? – alla Smart City.
    Il titolo del pezzo è accattivante: “Il nuovo assessore lancia la città verticale”. Non sembrerebbe una novità visti ascensori, funicolari e passerelle già raccontati da Luzzati in un bellissimo cartone. Ma poi con Piazza, ci si ritrova a Courmayeur, non Genova, nel leggere delle due telecabine che il comune ha nel cassetto. Una, già finanziata “pronta per fine anno” – di cui OLI aveva scritto – che collegherà Erzelli con Cornigliano. Indispensabile, sembra, per sorvolare sui banali problemi di trasporto pubblico che devono affrontare oggi i frequentatori della mitica collina. L’altra con “un progetto mare-monti” – nemmeno fosse una pizza – sarà “una funivia che dall’area del Porto Antico” salirà “fino ai forti”. Chissà dove verranno piantati i piloni di quest’opera accattivante e quale percorso, che non sia sopra le case, verrà tracciato per permettere a cavi e cabine di sorvolare il Centro Storico di Genova per arrivare fino ai monti. Certamente l’assessore terrà informati i cittadini. Per ora basterebbe potenziare la linea dei bus collinari. O riaprire l’ascensore che collega Brignole a Corso Montegrappa.
    Ma non ci dovrebbero essere problemi visto che tra piano Junker, dissesto idrogeologico, Erzelli, l’assessore dichiara che arriveranno “circa 500 milioni sulle linee strategiche della città”
    Mare e monti. A qualcuno verrà già l’acquolina in bocca.
    (Giovanna Profumo – immagine da Internet)

  • OLI 415: POLITICA – Alluvione a Genova, eppure c’è chi ci guadagna

    Sospironi di sollievo, paccate sulle spalle, sorrisetti a fior di labbra, un dileguarsi rapido in sala rossa al primo Consiglio comunale dopo l’alluvione: era magari passato il flash Ansa che Grillo era stato contestato proprio in città dai volontari del fango. Quasi una vittoria elettorale, rabbrividendo al ricordo della superiorità relativa dei 5stelle nelle ultime politiche in Liguria, mica ci si fida del 40 per cento del Pd alle europee.
    All’una e mezzo il portone di palazzo Tursi è semichiuso, dentro un nugolo di agenti della polizia municipale spiegano cortesi che “il pass si può già ritirare, ma il consiglio è rinviato di un’ora”, siamo ormai al numero trenta e meno di cento sono i posti a sedere. Intorno capannelli di persone, intravedi visi noti, in primis esponenti di Municipi non coinvolti dai tragici eventi, che solerti!
    Si aprono le porte del loggione della sala rossa, il pubblico si distribuisce; da sinistra partono urla, fischi: sono i contestatori che rumoreggiano, alzano un cartello trafugato con il tacito consenso della bionda vigilessa. Inizia il consiglio, qualche graffio, in verità un susseguirsi di carezze contropelo, le persone si guardano interdette, qualcuno cerca d’interrompere ma è subito zittito fragorosamente. Appare chiaro, anzi chiarissimo che la destra del loggione è presidiata dalla “gente Pd”, che si è mescolata anche tra i “facinorosi” e tra gli ignari. Si svela la strategia: occupare più posti a sedere per non far partecipare grillini, leghisti, chissà quali persone qualsiasi venute a protestare o più semplicemente ad assistere al Consiglio comunale. Che prosegue tranquillo, soltanto una voce  fuori dal coro, un solo consigliere 5stelle, che chiede le dimissioni del primo cittadino, mentre i suoi colleghi, pur intervenendo con critiche durissime non fanno altrettanto.
    Il resto è tutto uno stringersi stretti al sindaco Doria per “solidarietà a chi fa lo stesso mestiere”, come sottolinea il capogruppo nell’unico intervento a firma Pd in un Consiglio che poteva buttar male, preoccupato il Pd non tanto di far fare brutta figura al sindaco, ma delle sue possibili dimissioni, che manderebbero tutti a casa, in primis questo Pd. Una stretta mortifera.
    Non si  chiede però che cosa si farà per la sicurezza dei genovesi da qui alla fine delle grandi opere, ancorché necessarie, non si chiede conto dell’operato dei dirigenti comunali, brillanti assenti.
    L’attacco invece è a testa bassa, furente contro la Regione, con cui non c’è più sintonia, si enuncia senza troppo rammarico.Vengono in mente le stringenti prescrizioni regionali fatte al Puc, che esortavano, fra l’altro, ad una maggiore puntualità delle norme riguardo al dissesto idrogeologico: osservazioni impositive così fastidiose per il Pd. Tragica nemesi l’allerta mancata, le inefficienze dell’ente, probabilmente si attacca la Regione per l’incombente candidatura della Paita di La Spezia, per fortuna del Pd assessore con delega anche alla protezione civile.
    Quanti piccioni con una fava, si potrebbe cinicamente dire in questi giorni. In un sol colpo forse il Pd genovese si libera del governatore in scadenza, degli spezzini, compreso il giovane ministro della giustizia e potrà così sciogliere la riserva sulla candidatura alle elezioni regionali dell’attuale segretario Lunardon, comparso in consiglio comunale anche lui nel pubblico della sala rossa insieme allo staff: tutti adesso hanno il cappello renziano, ma i soliti noti sono sempre lì nel rispetto della continuità e non faranno per ora, bontà loro, cadere questa giunta, di cui detengono la maggioranza e, in ostaggio, Marco Doria, il sindaco espiatorio come l’ha definito il Manifesto, con i suoi limiti.
    Mentre in Liguria, a Genova, forse non vedremo più sulla cresta dell’onda le incredibili coppie a sinistra, Raffaella Paita, assessore regionale, e consorte Luigi Merlo, presidente Autorità Portuale, più Sara Armella, presidente Fiera, e consorte Giovanni Lunardon, segretario regionale Pd.
    (Bianca Vergati – foto Giovanna Profumo)

  • OLI 414: FIERA – Un affresco scelto dai cittadini, la vera partecipazione

    Ancora non si sono spenti i riflettori della stampa sull’affare Fiera così come impostato dal vice sindaco Stefano Bernini e dalla delibera di luglio 2014, che già sono apparsi due nuovi progetti, uno con la semplice intenzione dell’Autorità portuale di acquisto delle aree (a proposito, sono state cedute a Spim a meno di 300 euro al metro quadrato, ovvio che il presidente Merlo si sia fatto avanti), adesso l’ultimo con l’apparizione del solito archistar genovese, Renzo Piano, senatore a vita e risorsa delle giunte genovesi quando sono a corto di idee.

    Piano schizza (ma lui s’arrabbia, è un blue print) una fiera riscavata che diventa un grande ormeggio. Credevo impossibile che si potesse pensare di muovere terra da quelle parti, dopo che il mare è stato sacrificato per la creazione di quell’area. Se davvero dovesse accadere, mi piacerebbe avere anche una previsione da Nostradamus su quando le aree riportate al mare saranno nuovamente interrare nel futuro: 20 anni, 50 anni?
    Possibile che a Genova si riesca a parlare solo di scavi? Movimento terra, Terzo valico, Gronda, miniscolmatore, centri commerciali, nuove case: di manutenzione del territorio zero, nisba, nada. 
    Quale dovrebbe essere una soluzione che espunga dal percorso i soliti attori consunti?
    Cosa potrebbe restare per cambiare davvero registro?
    Facile, un semplice referendum per votare, da cittadini, idee distillate da un concorso europeo dove, uscendo anche dall’area genovese, qualcuno faccia dei progetti di utilità sociale e con lo scopo di creare micro lavoro.
    Direzione, quella della partecipazione dei cittadini, che Doria aveva fatto credere di voler utilizzare per far uscire Genova dall’immobilità nella quale ci troviamo. Inutile dire che erano le solite proposte elettorali, subito smentite, appena eletto, con le delibere sul salvataggio di Amt a luglio 2012, e poi nel 2013 con i piani (per ora sospesi) di privatizzazione. Ma arriveremo anche lì, credeteci.
    Ritornando alla Fiera, l’idea di un quartiere navale, per piccolo diporto è ovvia, non serviva certo scavare per tirarla fuori, ma come per il padiglione Jean Nouvel (la soluzione peggiore e più costosa, dicevano gli studi tecnici), l’idea di scavare, scavare e scavare per infilare acqua salmastra in canali maleodoranti spaventa, proprio perché è una soluzione “peggiore” e “costosa”. 
    Per questo, se per caso nelle strade di Genova vedessi passare qualcuno con un foglio di raccolta firme per un referendum sulla fiera, non esiterei a firmarlo. Pensateci, genovesi.
    (Stefano De Pietro)
  • OLI 409: COMUNE – Corso di città metropolitana

    Genova, 20 giugno 2014, Marco Doria e Pierluigi Vinai spiegano la Città Metropolitana agli amministratori dei comuni dell’area genovese. Il nuovo organo che sostituisce la provincia ne avrà le stesse competenze più altre che saranno definite in ambito di statuto della Città Metropolitana.
    La proposta di Doria: fare un “listone” per il Consiglio metropolitano che rappresenti il territorio, 18 candidati scelti a tavolino prima delle elezioni, che poi formino una volta eletti un “comitato costituente” che lavori sullo statuto. Nulla vieta, comunque, di presentare liste concorrenti.


    (La redazione di Oli)

  • OLI 406 – CORNIGLIANO: Sul ciglio della strada

    Può capitare, la mattina, che le donne allattino i bambini. Se c’è il sole ne vedi sempre una che stende: strizza i panni e li dispone sulla corda tesa lungo la cancellata. Gli uomini spiluccano la colazione nel déhors mentre le ragazze sparecchiano.
    Dopo le cinque, nel pomeriggio, la comunità si fa più numerosa, bambini di diverse età corrono lungo la strada, vanno in bici, giocano, mentre gli uomini si fanno un giro di carte, le sedie messe in cerchio. A quell’ora una lunga fila di macchine fiancheggia il parcheggio accanto ai giardini di Villa Bombrini per svoltare a destra proprio davanti al campo che campo non è, ma è un domino di una quindicina di vecchie roulotte parcheggiate davanti alla carreggiata. I bambini sgusciano rapidi accanto alle auto, e chi è alla guida deve prestare attenzione a non investirli.
    Marco Doria, in occasione dell’incontro con Marco Revelli e la Lista Tsipras il 28 aprile u.s. riflettendo su sinistra e rappresentanza ha così descritto la situazione: “gli stessi operai dell’Ilva sono quelli che, magari – perché hanno due roulotte di rom fuori dalla strada di accesso allo stabilimento – mi dicono sul tema dei Rom delle cose che è veramente faticoso ricondurre a degli orizzonti di sinistra”. E’assolutamente vero. Anni di Lega Nord, anche nella roccaforte di Lotta Comunista, hanno prodotto narrazioni, parafrasando Vendola, di stampo profondamente razzista. Ma è legittimo chiedersi perché in questo ragionare su civiltà, sinistra e solidarietà, nell’orizzonte di un sindaco sia invece accettabile, ormai da mesi, che dei bambini vivano in quelle condizioni: sul ciglio della strada incastrati tra roulotte e traffico di pendolari senza nulla che li protegga e in assenza delle condizioni igieniche minime. I sentimenti che la comunità Rom genera nel quartiere sono quelli di cui Doria parla e basta un’occhiata ad un articolo  apparso negli ultimi mesi per capire che in quella posizione i Rom non sono protetti; né da se stessi, né dalla deriva estrema che una certa politica può produrre.
    Oltre ad essere la dimostrazione plastica del fallimento di un progetto che doveva restituire aree alla città e lavoro all’Ilva, il campo rom in quelle condizioni ci ricorda che questa non è la politica di sinistra che vogliamo.
    Come ulteriore beffa, alle spalle di quella strada, da anni, moltissimi metri quadri sono transennati, occupati dal nulla.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 391: COMUNE – Marco Doria da principe rosso a piccolo principe

    Chi lo conosce dice che non si tirerà mai indietro
    E’ una frase sopravvissuta all’ascolto di una rassegna TV su AMT dalla quale la Sala Rossa risulta il campo devastato di una battaglia che, già anni fa, doveva essere combattuta altrove.
    Un campo arato con cura da leggi, scelte dissennate, silenzi sindacali. E tagli.
    Ma, facendo un passo indietro, il quesito potrebbe essere un altro:
    Chi conosce veramente Marco Doria?
    E – parafrasando la metafora calcistica tanto cara ai media – per che squadra gioca?
    All’incontro con gli iscritti del circolo Zenzero il 31 ottobre la domanda è stata sostanzialmente questa.
    A porla alcuni dei più vicini sostenitori, quelli che, sciarpe arancioni al collo, avevano salutato il cambiamento con un entusiasmo ragazzino e condiviso il suo programma.
    Tra loro lo sgomento è mediato dall’età e dalla consapevolezza che lui – il secondo sindaco più amato d’Italia– era parte dello stesso sogno, quello di una sinistra rinnovata che si batteva per le richieste del proprio elettorato.
    Allora cosa è successo?
    Doria ha la flemma principesca di chi è convinto di agire per il meglio. Non sono stato eletto solo da voi – è il refrain ribadito già in altre sedi – ma da 128mila elettori, un alto grado di legittimazione rappresentato, oltre che dai sei consiglieri della sua lista, anche dai dodici del PD. Le regole democratiche – dice – gli impongono uno sguardo che rappresenti tutti. Quelle del suo ingaggio erano chiare io ero un candidato alle primarie del centro sinistra. Quindi non ero uno che si muoveva fuori da una coalizione
    Nel gioco del rispetto delle parti quella del PD e di chi rappresenti davvero in città è rimasta fuori dalla discussione. Anche se solo i recenti fatti congressuali e un qualsiasi TG dovrebbero suggerire al sindaco il beneficio del dubbio. Ma Doria vuole salvare i partiti perché è nel partito che ha fatto il suo percorso giovanile di iscritto, militante, consigliere comunale. Ed è inutile sottolineare a Doria la distanza siderale certificata oggi tra loro e i cittadini.
    Allo Zenzero si evocano i comitati d’affari che continuano a contaminare il processo decisionale ed è forte la ferita di una promessa mancata, la delibera quadro sulla partecipazione e sulla cittadinanza. E chi gli dice che per pensare alla partecipazione bisogna organizzarla chiede a Doria quando il dibattito sui temi discussi dagli elettori in molti circoli cittadini potrà approdare finalmente in Comune. C’è chi gli ricorda che la delibera sulle partecipate è stata scritta dagli stessi che hanno portato al collasso situazioni sane. E a chi gli rinfaccia di avere una giunta targata PD, risponde con il  dato di fatto che il Partito Democratico ha solo tre assessori su undici – Bernini, Dagnino e Garotta – in una giunta che si è scelta da solo. Forse è proprio questo suo piglio da condottiero solitario che non gli ha permesso di mettere insieme una squadra che fosse solidale con il suo programma e governasse al suo fianco. Presunzione? Un pochino. Mescolata al tragico sospetto che Doria non avesse compreso le condizioni in cui versavano le aziende comunali e con quali risorse economiche avrebbe dovuto governare.
    Massacrato da vertenze aziendali e dai conflitti, bersaglio della sua stessa rigidità,  più che un  principe rosso appare come un piccolo principe caduto in un pianeta di cui stenta ad apprendere la lingua, che fatica a decifrare e di cui può essere vittima.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 391: COMUNE – Primi segni di rivolta dei lavoratori, opportunità per Genova

    Il cortile di Palazzo Tursi attrezzato per la visione televisiva del Consiglio Comunale

    Certo che fa sorridere quanto riportato su Il Secolo XIX di ieri (pag.14, “Doria sotto choc: non so se potremo andare avanti”), sulla  frase di stizza nei confronti del Movimento 5 Stelle da parte del consigliere del Pd Farello, sulle da lui presunte responsabilità dei grillini nella situazione di rivolta creatasi in Amt e nelle altre partecipate. “Soffiate sul fuoco”, avrebbe affermato, come se ci fosse bisogno di aggiungere il tiepido venticello di cinque consiglieri comunali di minoranza, cittadini prestati alla politica, di fronte al tifone causato da vent’anni di amministrazione dei professionisti del suo partito, a Genova e a Roma. Ma forse su una cosa Farello ha ragione: se non ci fosse stato proprio il Movimento a fine luglio a stoppare il Consiglio comunale con 800 emendamenti, per dar tempo ai lavoratori di organizzarsi contro questa proposta di delibera, oggi non ci sarebbe bisogno di fare scioperi: tutto sarebbe passato tranquillamente con un bel voto di maggioranza e senza nessuno scandalo per la perdita di verginità del sistema delle principali partecipate genovesi.
    Il governo centrale e l’Europa spingono alle privatizzazioni, proprio per questo chi invece sta usufruendo di un servizio pubblico che bene o male funziona non vorrebbe veder sventuto ai privati un bene comune. Non si capisce come mai la Giunta non abbia nemmeno provato la strada del rientro in “azienda speciale”, come chiedono da mesi i comitati dei beni comuni e altre associazioni, ai quali il Movimento è legato dai primi giorni di vita. Ed infatti proprio insieme a loro è stato formulato un maxi emendamento alla delibera, che chiede la costituzione di un Comitato di cittadini, inserito in statuto alle aziende, per prendere parte alla vita amministrativa delle partecipate, ritrasformate in aziende speciali, valutando la possibilità di cambiare il sistema di pagamento dal biglietto alla tassa di scopo, e utilizzando un sistema di trasferimento del personale tra partecipate: Questo ultimo strumento era stato proposto dalla giunta stessa prima dell’estate, nel Regolamento per il controllo delle aziende partecipate, ed era stato apprezzato, anche se l’impianto totale del Regolamento era stato ritenuto insoddisfacente perché inefficace.
    Chissà che con una organizzazione come quella proposta, la privatizzazione sia possibile ad opera dei lavoratori stessi, neo imprenditori della salute della propria città, senza andare a svegliare i soliti giganti pigliatutto. E non dimentichiamo la possiblità dell’azionariato diffuso.
    Dalle ultime notizie risulta che Doria intenda conservare Amt pubblica, e che Vesco, assessore regionale, confermi la proroga di altri due anni del contratto di servizio Amt. Finita la crisi Tpl, occorrerà continuare, insieme ai lavoratori di Amt, ad insistere per la messa in opera della proposta cinque stelle. E continuare ad opporsi anche per la vendita di Farmacie e Bagni Marina, alla privatizzazione di Aster e soprattutto di Amiu: l’arrivo del privato nel sistema dei rifiuti genovese significa inceneritore, chi potrebbe mai perdonarlo a Doria?
    (Stefano De Pietro – foto dell’autore)

  • OLI 391: LETTERA – Solidarietà al Sindaco Marco Doria

    Volevo esprimere la mia piena solidarietà al Sindaco Marco Doria, che sta cercando di preservare un diritto di tutti cittadini, quello alla Mobilità. Sta tentando come può di risolvere una bella “eredità”, mentre nessuno ha ancora chiesto conto a chi ha gestito in questi anni una situazione al limite dell’incompetenza, se non dell’illegalità.
    E’ ben vero che in qualunque parte d’Europa il trasporto pubblico in teoria non “rende”, anzi, almeno però si cerca un equilibrio economico ed a maggior ragione quando le risorse sono scarse perchè se un privato cerca (pericolosamente per un servizio pubblico) “il profitto” è altrettanto vero che non si può tamponare sempre anche tanti errori di gestione.
    E guai a cedere le reti essenziali per la società, per la vita dei cittadini.
    Per quelle immagini in Sala Rossa non ci sono parole però.
    Mi aspettavo un atteggiamento responsabile da parte dei sindacati: finito il feeling al circolo amt del Pd, fondato agli albori dal capogruppo Pd Farello in Comune?
    Ritengo sia essenziale salvare il servizio pubblico dei Trasporti ed essenziale scindere la questione Amt dalle altre Partecipate, che a parte Amiu pare siano tutte in rosso… E gli Amministratori che ne dicono, come giustificano tali risultati?
    Come mai tutte le Farmacie sono boccone ghiotto e non è tanto lontana la guerra del settore per impedire le liberalizzazioni, intanto il Comune vende le sue Farmacie? Perchè ad esempio nessuno, dicasi nessuno dei Gestori balneari molla la sua concessione e i Bagni Comunali sono in rosso? E a cosa servono Sviluppo Genova e le altre?
    Ora si ipotizza palazzo Nira o altro per tentare di coprire il buco e fariseicamente la Regione ha messo in campo la vendita del palazzo del Provveditorato agli Studi di via Assarotti, il suo Assessore dichiarava che “privatizzare “ è una scelta politica ed il giorno dopo quando gli si è chiesto come fare, sentirlo rispondere che risorse non ce ne sono più.
    Come viene gestito il patrimonio immobiliare pubblico è un bel mistero.
    Un esempio piccolo piccolo dal territorio, che poco ci azzecca, ma dà la misura. Nel mio Municipio c’è una scuola che da anni paga trecentomila euro di affitto l’anno a Religiosi: ora forse si arriverà a completare il restauro del Nautico per trasferirvi la suddetta scuola.

    Non si può più tollerare che i sindaci passino e i funzionari restino, mentre i grand commis (pure mediocri) si riciclano. Privatizzare, liberalizzare, rimanere pubblico, ma sull’efficienza e sui diritti dei cittadini chi risponde?
    (Bianca Vergati)

  • OLI 386: COMUNE – Le partecipazioni per le partecipate

    Un “matrimonio” tra pubblico e privato per salvare la situazione, con le “partecipazioni” inviate al Consiglio comunale in una delibera di fine luglio. Così il sindaco Doria ha finalmente calato la maschera, e si è allineato alle richieste che una parte preponderante del Pd sta avanzando da tempo, a cominciare dalla prima delibera Amt del giugno 2012, dove si dava mandato alla giunta di pensare ad una possibile entrata dei privati nella compagine sociale.
    Dopo un anno esatto la richiesta si allarga alle principali aziende quali Aster, Amiu, quest’ultima tra l’altro in attivo di bilancio, arrivando al progetto di alienazione totale su quanto considerato non strategico, ossia Bagni Marina – l’azienda che governa i bagni comunali – e sulle farmacie comunali. Naturalmente la mano nera colpisce ma ritrae l’artiglio, lasciando l’ingrato compito di presentare la cosiddetta “delibera partecipate” al Consiglio comunale a firma del Sindaco stesso e dell’assessore al bilancio e alle partecipate Miceli, Lasciando fuori una catastrofe come Fiera di Genova, anzi interessata da un’azione di salvataggio multimilionaria piuttosto strana ed effettuata sul filo della legalità (si parla di 40 milioni di euro, con l’affidamento al comune del padiglione blu che Fiera non riesce a pagare). Ma anche salvando Sportingenova da un palese fallimento: con i suoi 15 milioni di euro di debito accumulato non pagando le bollette, sarà chiusa, ma non prima di aver ricomprato gli impianti sportivi cedendo parte degli immobili di proprietà del Comune in uno scambio immobiliare che qualcuno in giunta ha definito a “costo zero”: davvero incredibile. Per Sportingenova la delibera viene fatta poi passare in Consiglio con un voto della maggioranza, senza aver avuto modo di leggere i bilanci, chiesti e richiesti e apertamente negati dalla Giunta in più occasioni.
    Dopo un’opposizione ferrea del Movimento 5 Stelle, che con più di 600 emendamenti e ordini del giorno presentati ha consentito di rimandare la delibera delle privatizzazioni al primo Consiglio comunale di settembre, seguito del successivo ritiro della stessa da parte della Giunta con la promessa di ripresentarla dopo una serie di consultazioni con OOSS e dirigenze, ci si aspetta adesso a giorni che ricompaia in commissione per la discussione e la “chiamata in aula”, atti istituzionali obbligatori.
    A seguito di questo ritardo favorevole, il M5S si è organizzato, invitando al confronto le OOSS, la dirigenza, ma anche direttamente i lavoratori e, novità assoluta per il Comune di Genova, i cittadini utenti. Fino ad oggi si sono susseguiti diversi incontri, tra i consiglieri cinquestellati e molte delle parti invitate, consentendo di chiarire i rispettivi punti di vista, talvolta fortemente contrari alla privatizzazione anche da parte della dirigenza, altre volte allineati con le direzioni della Giunta. Il punto di vista del M5S è quello di convincere l’amministrazione, tra le altre cose, che considerare Farmacie comunali e Bagni marina aziende non strategiche e quindi certamente cedibili è un grave errore sociale, che porterà conseguenze negative per i cittadini, aumenti di tariffazione, riduzione di servizi scomodi dal punto di vista commerciale ma necessari per il sostegno sociale a chi fosse più in difficoltà. E naturalmente di non privatizzare, visto che è ormai certo che si andrebbe incontro a tagli del personale, e alla formazione delle solite “bad company” che resterebbero a carico del Comune per salvare posti di lavoro rifiutati dai privati, i nuovi patron anche con la minoranza delle azioni, grazie agli inevitabili patti parasociali: vedi Ami e Amt ai tempi dell’ingresso dei francesi.
    Pubblicheremo i documenti del Consiglio man mano che perverranno alla redazione, per consentire ai lettori di seguire questo ennesimo capitolo nefasto della storia di Genova.
    Intanto, ecco la delibera di Luglio.
    (Stefano De Pietro)