Categoria: edilizia

  • OLI 426: COMUNE – I “cartelli di cantiere”, questi sconosciuti.

    La definizione di “regolamento” dal sito etimo.it

    A cosa servono i regolamenti? Per la definizione etimologica, una serie di prescrizioni per dare corso ad una legge. In questo caso si tratta del Regolamento edilizio del Comune di Genova che ottempera alla art. 2 della legge regionale 06.06.2008 n. 16, modificata l’ultima volta nel 2015. Tanto per cominciare, è inutile dire che il regolamento del Comune non è stato più aggiornato dal 2010, e che quindi alcuni riferimenti alla legge regionale, anche importanti, sono superati.
    Nel regolamento edilizio, all’articolo 31, comma 12, si dispone che “Dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire è data notizia al pubblico mediante affissione all’Albo pretorio con la specificazione delle opere da eseguire, del titolare e della località interessata. Gli estremi del permesso di costruire sono indicati nel cartello esposto presso il cantiere, secondo le modalità stabilite nel regolamento edilizio”. Si noti che l’esposizione nell’albo pretorio è limitata a 30 giorni, dopodiché è necessario conoscerne l’esistenza per poterne prendere visione presso gli uffici comunali.

    Un cartello di cantiere di un’opera pubblica.
    Foto dell’autore 

    La legge, per mettere il cittadino in grado di avere sufficienti informazioni per far valere eventualmente dei diritti (ma anche solo per il principio di trasparenza) obbliga all’esposizione di un cartello di cantiere dove sono indicati i dati salienti del permesso quali la ditta esecutrice, il nome del direttore dei lavori, la descrizione dell’opera e, in casi specifici, una grafica che riporti il risultato finale dei lavori. Nel caso di opere pubbliche, il nome del RUP, il Responsabile Unico di Procedimento, ossia la persona che ha l’incarico di gestire e vigilare su tutto lo svolgimento dei lavori, dalla emissione del permesso fino alla chiusura del cantiere.
    Come molti di voi avranno avuto modo di notare, magari alzando le spalle ormai abituati a vedere la violazione delle regole, in alcuni cantieri genovesi il cartello di cantiere non viene esposto. Si tratta di un comportamento lesivo del diritto della cittadinanza di sapere, ma di fatto l’amministrazione langue e non opera alcun tipo di controllo e tantomeno di sanzione in merito, come previsto dal regolamento edilizio. Che dire? Apriamo gli occhi, ed oltre a fermarci a guardare qualche volta quel cantiere accanto a casa nostra, dove si stanno scavando nuovi box o elevando nuovi volumi abitabili, cerchiamo il cartello di cantiere e, non trovandolo, segnaliamo la cosa alla Polizia Municipale e a qualche consigliere comunale di riferimento.
    Chissà che spingendo, anche in questo caso, qualcosa non possa ritornare sui binari corretti.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 423: COMUNE – Una modifica allo Statuto per salvare la partecipazione

    Il Permesso a costruire è un atto autorizzativo che viene emesso dagli uffici comunali a seguito di un lungo percorso burocratico al termine del quale viene approvato un progetto edilizio. Sono soggetti al permesso a costruire tutte quelle opere quali posteggi interrati, edifici civili e industriali che in questi anni hanno cambiato l’aspetto di Genova.
    Spesso, il percorso burocratico edilizio avviene, nel pieno rispetto della legge, all’interno degli uffici stessi, e i cittadini vengono al corrente di queste opere solo a cose ormai fatte, quando il ritiro di un permesso potrebbe essere solo effettuato mediante un ricorso al TAR o per effetto di una delibera di Consiglio comunale, con danni nei confronti del richiedente il permesso e quindi con una probabile richiesta risarcitoria anche onerosa per il Comune.
    Un esempio di macchina burocratica in questo senso è il parcheggio di Piazza Solari, intercettato dai cittadini a poche ore dal rilascio del permesso (o meglio dalla consegna materiale di un permesso già firmato). Ancora oggi la situazione di quel posteggio è in forse, in quanto il titolo sarebbe valido se fossero consegnate le fidejussioni richieste, unico motivo al momento per il quale il bosco è ancora lì. Un altro caso, meno fortunato, è il parcheggio di via Cadighiara, dove è stato dichiarato l’inizio del cantiere.
    Per ovviare a questo problema, sfruttando un percorso di revisione dello statuto del Comune, il Movimento 5 Stelle ha prodotto un emendamento per introdurre un margine di sicurezza temporale che consenta ai cittadini la visione dei permessi a costruire attraverso il sito web del Comune, prima che questi siano firmati dai dirigenti, in modo da evitare le richieste di danni in caso di opposizione da parte di qualcuno. E’ stato proposto un termine di trenta giorni, trascorsi i quali senza inconvenienti il dirigente potrà firmare il permesso certo che il percorso di informazione sia effettivo, oppure valutare insieme all’assessorato eventuali opposizioni e richieste derivanti da un percorso “cieco” della pratica.
    Si tratta di una proposta semplice, che andrà adesso vagliata insieme al Segretario generale per il parere di legittimità e poi accolta (o meno) a livello politico dal Consiglio comunale.
    Certo è che il Movimento intende mettere i gruppi consiliari di fronte alla responsabilità di un eventuale “no” nei riguardi della cittadinanza genovese che chiede trasparenza e maggiore voce in capitolo sull’andamento dell’edilizia nella propria città.
    (Stefano De Pietro)
  • OLI 346: CITTA’ – Gli illuminati costruttori genovesi

    Quando si dice:” Averne di questi imprenditori!”. Infatti a sentire la proposta del presidente di Assedil non si può che dargli ragione: “Le grandi opere sono lontane e invece bisognerebbe dedicarsi a tanti piccoli interventi nell’edilizia, a cominciare dalla ristrutturazione degli edifici scolastici così malandati”. Il costruttore pensa a salvare l’edilizia, parlando alla Festa del Muratore, invoca investimenti di relativa entità per non perdere posti di lavoro e dice la verità sulle nostre scuole, spesso in luoghi ed edifici inadeguati.
    Vedi l’ex Nautico di piazza Palermo, chiuso da anni e patrimonio comunale, di cui si era previsto persino di farne un autopark e che potrebbe, se ristrutturato, divenire Polo scolastico della Foce, mentre la scuola media Doria del quartiere sta pagando l’affitto.
    Dove trovare i soldi però? I Comuni sono in crisi di liquidità, è vero, ma si potrebbero ogni tanto utilizzare gli oneri di urbanizzazione, cioè quanto viene versato al Comune dal costruttore per edificare, per mettere a posto le scuole, invece di finire nella spesa corrente della gestione della macchina amministrativa. Come ad esempio i circa trecentomila euro di oneri per Villa Raggio, da pagare al Comune dilazionati in più anni, mentre gli appartamenti da duecento metri quadri ad ottomila euro al mq “in grezzo” sono già stati venduti e l’impresa in parte incassa prima.
    Alla fin fine, come nel caso della media Doria, si risparmierebbero pure i soldi dell’affitto.
    E di casi così ce ne sono sul territorio comunale.
    I ragionamenti degli edili si fanno però più interessanti e interessati in occasione del convegno dell’Associazione culturale La Maona quando, prendendo spunto dai decreti Monti per rilanciare l’Italia, si discute di grandi opere. Così a partire dai Comuni, a seguire i porti, l’idea è che sia l’impresa a presentare il progetto (e fin qui nessuna novità) al Comune che, se lo valuterà positivamente, lo metterà in gara, ed è qui la novità: all’imprenditore proponente resterà il diritto di prelazione, mentre il progetto verrà inserito automaticamente nelle opere pubbliche.
    Da sottolineare che l’inconsueto iter sarebbe al di fuori di normative nazionali ed europee.
    Quali le opere pubbliche individuate dall’associazione costruttori?
    Innanzi tutto lo scolmatore, opera da 400 milioni di euro in su, da farsi con “projet bond”, ovvero il Comune individua edifici di pari valore nel suo patrimonio immobiliare e propone di sottoscrivere dei bond che abbiano come garanzia quegli immobili: reggeranno le casse comunali?
    E poi, udite, udite, ben altre cinque importanti opere pubbliche.
    Ovvero, cinque megaparcheggi in centro città!
    Parcheggi possibili, già individuati dalle precedenti Amministrazioni. Ancora? Sempre meno abitanti e più vecchi, tutti nonni sprint e pluriautomuniti.
    Gli ineludibili park potrebbero essere sotto le stazioni Principe e Brignole: ma qui non c’è stata l’alluvione? Un altro potrebbe essere in piazza Santa Maria dei Servi, alla Foce, dove la biblioteca della Chiesa omonima posta nelle cantine, ha rischiato di finire sott’acqua. Si smantellerebbero poi i giardini delle Caravelle per far posto alle auto della polizia invece di fare una convenzione per le volanti con il park sotterraneo di piazza della Vittoria spesso vuoto, come quello di piazza Dante, dove anche qui si propone di farne un altro nuovo.
    Così mentre si auspica un maggior uso dei mezzi pubblici, si propongono altri parcheggi in città, accentratori di traffico secondo i più aggiornati studi sulla viabilità, e non si fanno i park d’interscambio.
    Illuminati i nostri costruttori genovesi, gran belle opere pubbliche.
    (Bianca Vergati – disegno di Guido Rosato)