Categoria: Unesco

  • OLI 425: BENI COMUNI – Stonehenge, tutto il mondo è paese

    Stonehenge è il sito di resti megalitici più noto di tutto il mondo, recentemente recuperato con un grandioso progetto che colloca la collina delle Pietre lontano da qualunque edificio, una volta gli ingressi erano ad un tiro di schioppo e i visitatori vi passeggiavano arrivando a toccarle. Un po’ come per le Piramidi di Giza a Il Cairo, che t’immagini sperdute nel deserto ed invece hanno l’edificato urbano a un soffio, cosicchè la grandiosità del monumento è sopraffatta da cammelli, chioschi e case fatiscenti. Ai megaliti di Stonehenge arrivi con pulmini che ti accompagnano sino ad un percorso pedonale, che ti tiene ben lontano, salvaguarda il sito e ti appare in lontananza in una visione ancora più suggestiva. Non è così per un sito a pochi chilometri da

    Stonehenge, che non è noto e non rientra nel circuito turistico mondiale. La località si chiama Avebury, vi si accede da un cancelletto aperto al pubblico, senza sicurezza, anche qui in un paesaggio da sogno, la verde campagna inglese con distese di prati gialli, i campi di colza, che in questa stagione pare d’essere in Provenza, una collina, un fossato intorno e un cerchio di pietre. Vicino ci sono però un paio di case, un pub è a pochi metri dal monumento e placida, incredibile, si srotola una strada. Sì, proprio una strada bella asfaltata, su cui passa indisturbato il traffico e che interrompe il magico cerchio. Povera Avebury, a quanto pare, non è Patrimonio dell’Unesco, anche se essere tutelati non vuol dire niente, vedi Pompei dove domenica scorsa, come prima domenica del mese ad ingresso gratuito, sono state fatte entrare trentatremila persone, al collasso la sorveglianza e lo stato della meravigliosa Pompei.
    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)

  • OLI 421: TURISMO – Non è una città per turisti

    Bel colpo, complimenti!
    Siamo a Genova in Strada Nuova, oggi via Garibaldi. Dal 2006 riconosciuta dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità nell’ambito del complesso dei Palazzi dei Rolli, l’originale sistema che tra 1576 e 1664 individuò e classificò circa 160 dimore private in grado di offrire degna ospitalità di Stato ai forestieri illustri.
    Trascorrono i secoli, cambiano gli stranieri e soprattutto il concetto di accoglienza. Il sontuoso palazzo che nel Cinquecento fu di Angelo Giovanni Spinola ospita oggi una banca dall’altisonante nome tedesco, ma il cartello posto all’entrata esprime una considerazione per coloro che vi si affacciano a dir poco insultante e molto genovese, secondo certi standard attuali. “PROPRIETÀ PRIVATA / Si pregano i / Sigg. Visitatori / di non / sporcare / l’atrio / BENI SOTTO TUTELA”.
    La falsa cortesia del “Si pregano i Sigg. Visitatori” si stempera subito nel perentorio invito a “non sporcare l’atrio”, dando a chiunque del potenziale sozzone. Il tutto sormontato da una lapidaria dichiarazione di proprietà privata, quasi che se fosse un bene pubblico potrebbe essere invece impunemente lordato. A rafforzare il concetto, il tutto è concluso dal’annotazione che si tratta di “beni sotto tutela”.

    Che ci si preoccupi della tutela del bene è chiaro anche per la cura con cui sono stati predispostii i vistosi cordoni corredati da targhe “VIETATO SEDERSI”, posti davanti ai due monumentali e solidi sedili in muratura concepiti e realizzati quattro secoli e mezzo fa per consentire a tutti di sostare, riposandosi nella bella atmosfera del vasto atrio affrescato. Essi sono tuttora in perfetto stato di conservazione, malgrado le innumerevoli terga che si sono appoggiate nel tempo sui loro lastroni di ardesia. A titolo di confronto, nell’atrio del poco distante Palazzo Rosso – di proprietà pubblica – due ben più delicate panche in legno dipinto sono a completa disposizione di chi desidera sedervisi. Evidentemente i responsabili della gestione di questo palazzo paventano orde di barbari invasori pronti a stravaccarsi sui sedili per farne scempio e a bivaccare spargendo immondizie. Meglio prevenire, anche a costo di suscitare i commenti ora infastiditi e ora sarcastici di coloro – italiani e stranieri  – che notano questi cartelli improntati a quella tipica genovesità fortunatamente sempre meno diffusa ma che stenta a morire, con la sua chiusura così ben sbeffeggiata da Fabrizio Casalino nell’esilarante ridoppiaggio di celebri film, giocato sul tema dell’accoglienza ligure:

    Sia pur con le migliori intenzioni, le suddette scritte ottengono uno sgradevole effetto respingente che ben si lega alla generale sciatteria presente ovunque ormai da anni tra cantieri eterni, marciapiedi e strade sconnesse, aiuole rinselvatichite, arredi urbani trasandati (in primis i vergognosi, luridi e sgangherati vespasiani di via Turati e soprattutto piazza Caricamento, a due passi dall’Acquario e accanto alla sosta dei pullman di comitive allibite).
    Genova è sicuramente “MORE THAN THIS” – come recita lo slogan del nuovo logo promozionale della città – ma fa ben poco per darlo a vedere. Cerchiamo tutti, cittadini e pubbliche amministrazioni, di dedicarci con impegno e orgoglioso entusiasmo a invertire la rotta.
    (Ferdinando Bonora – fotografie dell’autore – filmato da internet)

  • OLI 405: PROGETTI EUROPEI – Dai nuraghi all’Unesco

    A saper cercare bene nei Progetti Europei trova spazio proprio tutto e le risorse non sono mica poche.
    Il dipartimento di Genova dell’Istituto di Tecnologie Didattiche del CNR ha scovato una rarità della cultura italiana : ”l canto a tenore sardo”, una tradizione non recensita da alcun manuale, non scritta, ma tramandata oralmente. Col termine “tenore” si intende sia il canto stesso, sia il coro di quattro cantori che lo esegue, il solista canta un testo poetico in lingua sarda mentre gli altri tre cantori ne accompagnano il canto con sillabe nonsense e suoni. Il Canto a tenore dei pastori del centro della Sardegna, in Barbagia, è stato inserito dall’UNESCO nella Lista del Patrimonio Immateriale dell’Umanità, nell’anno 2006, dopo l’Opera dei pupi, il secondo bene intangibile italiano tutelato dall’Unesco per far conoscere al mondo e salvaguardare l’enorme patrimonio della cultura popolare di tradizione orale, come la musica e le danze, forme rituali e mitologiche, un patrimonio, proprio perché orale, facilmente vulnerabile Etichettato come solo folklore.
    Il canto a tenore si è tramandato in Sardegna attraverso i secoli: la prima testimonianza in una zona nuragica della Barbagia con un bronzetto VII secolo a.C., che raffigura un cantore con una mano appoggiata sul mento e l’altra sull’orecchio con due dita che piegano la cartilagine, nella tipica postura dei tenores. La performance di questo particolare canto con il gruppo  “Tenore Montalbo” di Siniscola, Nuoro, negli spazi del nuovo Mercato del Carmine, tempo fa a Genova, festeggiata con trofie al pesto dal Comune di Genova, ricercatori del CNR e funzionari di Bruxelles nell’ambito di un incontro del progetto i-Treasures, a cui Itd-Cnr partecipa accanto a numerose altre istituzioni europee. Obiettivo, salvaguardare e contribuire a trasmettere il know-how di espressioni artistiche ‘intangibili’ (Intangible Cultural Heritage), di cui spesso rimangono depositarie solo le generazioni più vecchie e la cui memoria rischia di andare perduta nel giro di pochi anni. Nasce così l’idea di utilizzare le nuove tecnologie per conservare questo raro sapere e metterlo a disposizione di chiunque voglia impararlo, anche sul web. “Non si tratta solo di digitalizzare contenuti culturali”, spiegano all’Itd-Cnr, “’i-Treasures’ mira infatti a utilizzare tecnologie come sensori multimodali, tecniche per catturare gli aspetti più caratterizzanti delle singole espressioni artistiche. Ora proveremo a mapparne voce e movimenti attraverso la messa a punto di un particolare iper-elmetto, uno strumento dotato di microfoni, sensori vocali, ottici e di movimento. Tecnologie che aiuteranno a indagare le capacità dell’apparato vocale durante il canto ma anche a far emergere le ‘pratiche nascoste’ che lo caratterizzano, magari non direttamente percepibili dai nostri sensi, ma tramandate di generazione in generazione”.
    L’Europa è anche questo, che ci piaccia o no. Pure Frank Zappa a Peter Gabriel sono impazziti per la voce primordiale dell’isola.
    (Bianca Vergati)